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giovedì 9 ottobre 2025

Facce scure in casa socialista


Le ultime ore di campagna elettorale [elezioni politiche del 1976] scivolano veloci anche a Via del Corso [sede centrale del PSI]. Una campagna elettorale particolarmente difficile, spiega Bettino Craxi, «schiacciati come siamo dai due maggiori partiti del Paese e decisi invece a difendere questa nostra posizione autonoma che non si rassegna ad essere ausiliaria né della Dc né del Pci» <334. Francesco De Martino forse non coglie il fatto che la ribadita autonomia dal Pci, pronunciata apertamente dal suo vice a Via del Corso, rischia di trasformarsi agli occhi dell’elettorato «in un pericoloso ritorno al frontismo, anche se nel nuovo scenario del compromesso storico» <335. Rispetto agli anni del Patto d’Azione, però, oggi il Psi è «l’ago della bilancia in quanto non possibile alcuna soluzione di governo senza i socialisti, tenuto conto dei rapporti di forza che ci sono in Italia» <336. E così, rispondendo ai giornalisti che lo incalzano in televisione, il segretario socialista spiega: «la politica di centro-sinistra per noi è finita e nessuno può illudersi che sarà ripresa dopo le elezioni, qualunque sia il risultato del voto. Pensiamo che sia nell’interesse del sistema democratico in Italia, in particolare nell’attuale momento, associare alla responsabilità della maggioranza governativa il Pci. Di conseguenza, ovviamente, non riteniamo possibili per noi altre soluzioni di governo che siano al di fuori di questa visione» <337.
Volendo sintetizzare, non sfugge che negli ultimi mesi i socialisti hanno parlato di rapporto preferenziale con la Dc, di fine del centro-sinistra, di alternativa, di governo delle sinistre, di governo di emergenza e, ultimo in ordine di tempo, addirittura di monocolore socialista. Una girandola, una sovrapposizione di formule e di proposte politiche che non fa che trasformare la campagna del Psi in una «propaganda scandita da slogan indecifrabili» <338 alla gran parte del corpo elettorale. Lo stesso proposito di includere i comunisti nell’area governativa, annota Gianfranco Bettin, ripetuto a poche ore dal voto dal segretario socialista di fronte a milioni di telespettatori, non può che avere drastiche conseguenze: «una parte dell’elettorato socialista, il cosiddetto elettorato di area, ma probabilmente anche frange di militanti che non gradiscono gli avvicinamenti del Psi alla Dc, voterà per il Partito Comunista» e «un’altra parte dell’elettorato filosocialista, che vuole però una netta separazione dal Pci, si allontanerà dal Psi votando per altre formazioni» <339.
Eppure i socialisti continuano fino all’ultimo a sperare nella benevolenza degli elettori, in un pronunciamento degli italiani che consenta quantomeno al partito di riequilibrare il successo comunista dell’anno precedente. «Le elezioni del 1976 - scrive Alessandro Pizzorno - furono vissute in un clima di straordinarietà ed entusiasmo. Molti pensavano che sarebbero state risolutive per le immobilità e le impotenze del sistema politico italiano. […] L’entusiasmo con cui si partecipa alle elezioni del ’76 sembra esprimere un estremo moto di speranza. Si vuol tornare a credere nella possibilità di una direzione politica che faccia finalmente uscire l’Italia dal marasma» <340.
Il dato che appare subito evidente, all’indomani del 21 giugno, è il forte recupero della Democrazia Cristiana, l’ulteriore avanzata comunista ed il tracollo dei partiti laici minori341. I risultati elettorali premiano il partito cattolico, che raggiunge quota 38.7%, stessa percentuale di voti ottenuta nelle politiche del 1972, con un aumento del 3.2% rispetto alle amministrative dell’anno precedente. Il tanto temuto sorpasso comunista non avviene: nonostante la straordinaria crescita del partito di Berlinguer, che tocca il valore percentuale più alto della sua storia elettorale (il 34.4%) <342, lo Scudo crociato conserva il suo primato, la «distanza di sicurezza» - come scrive Moro in una lettera agli elettori del suo collegio - rispetto a Botteghe Oscure. Piazza del Gesù beneficia, in particolare, del netto declino delle forze intermedie e dello stesso calo dei missini <343. Con riferimento al voto del giugno 1975, Psdi, Pli e Msi perdono rispettivamente il 2.2%, l’1.2% e lo 0.7% dei suffragi. Il Partito Repubblicano ha un calo irrisorio rispetto alle amministrative (le liste dell’edera perdono lo 0.2%) ma è l’unica forza dell’area laico-socialista che, oltre «a non subire le pesanti perdite accusate da tutti i partner di governo della Dc» <344, registra un lievissimo aumento (ancora lo 0.2%) rispetto alle politiche del 1972 <345.
Facce scure in casa socialista. I toni fiduciosi e trionfalistici della vigilia lasciano spazio allo sbandamento ed alla delusione mentre sono ancora in corso le operazioni di scrutinio: il Psi rimane fermo al minimo storico, quel 9.6% già toccato quattro anni prima.
[...] L’interpretazione di queste elezioni non lascia spazio ad equivoci: il voto accentua i connotati bipolari del sistema politico italiano e consegna al Paese due vincitori <350: Dc e Pci totalizzano congiuntamente il 73.1% dei voti, conquistando il 77.8% della rappresentanza parlamentare complessiva (in termini di seggi alla Camera). I due “partiti Chiesa” <351 raccolgono voti in maniera speculare in termini geografici e rispetto alle caratteristiche sociologiche. Il voto democristiano, oltre che interclassista, sembra diventato un voto periferico, espressione degli strati sociali più poveri e più lontani dai processi di industrializzazione e urbanizzazione <352. Botteghe Oscure, oltre a confermare la capacità di presa sull’elettorato giovanile, registra un’omogeneizzazione geografica della propria presenza grazie ad una forte crescita al Sud <353.
La fisionomia bipolare del quadro politico non risolve tuttavia il problema della governabilità del Paese: «in concreto, le difficoltà di aggregare le forze necessarie alla formazione del governo appaiono enormi sia per la Dc sia per il Pci» <354. La nuova composizione del Parlamento rende impossibile un ritorno al centrismo, cui mancano ormai i numeri necessari. E l’indisponibilità dei socialisti non consente neppure al partito cattolico di ripercorrere la strada del centro-sinistra. Per questioni numeriche appare irrealizzabile anche un governo delle sinistre. E la possibilità di una più larga coalizione laica e progressista con il Pci a fare da perno, è sconfessata alla luce dei rapporti politici esistenti <355. Lo stesso De Martino, in un commento a caldo, appare categorico: «secondo me, l’accentuarsi di una sproporzione di forze tra socialisti e comunisti non è un fatto positivo» <356.
All’indomani del voto - scrive Arturo Gismondi - due frasi di Berlinguer spiccano su tutte, quasi a definire quale sarebbe stata la linea politica e la proposta di Botteghe Oscure per la legislatura. La prima: «In questa Dc esiste una componente popolare e antifascista sulla quale continueremo a far leva». La seconda: «Si apre la prospettiva delle più ampie convergenze fra le forze popolari» <357.
Il risultato elettorale, insomma, alimenta le prospettive dell’incontro tra cattolici e comunisti, forti ma entrambi prigionieri dei partiti minori, aprendo la strada agli sviluppi consociativi degli anni successivi <358. Da questo momento, tutta la vicenda politica degli anni fra il 1976 e il 1978 verrà vissuta dal gruppo dirigente del Pci e da quello della Dc come «questione esclusiva dei due grandi partiti di massa, verso cui il dovere “democratico” degli altri partiti, in primo luogo del Psi, era quello d’inserirsi e di adeguarsi senza sollevare troppe questioni e obiezioni» <359.
[NOTE]
334 “Avanti!”, 19 giugno 1976. Sono interessanti le parole che Craxi, sotto forma di lettera, rivolge agli elettori del collegio Milano-Pavia nel quale, dopo l’elezione del 1972, si ripresenta candidato per la Camera: «[…] Ho lavorato sodo in questi anni. Credo di non aver demeritato la vostra fiducia. Ho concluso molto meno di quello che avrei voluto. Benché abbia sempre avuto l’appoggio di compagni eccellenti e generosi, ho trovato lungo la strada molti ostacoli, avversari agguerriti, e gente di cattiva fede. E tuttavia, le idee per le quali ci battiamo avanzano sia pure tra grandi difficoltà e sono destinate ad avanzare e così pure le possibilità di creare in Italia un grande partito socialista di tipo europeo. [...] La Dc - scrive Craxi - tenta disperatamente di difendere il suo potere agitando lo spettro del comunismo. A sinistra però, non c’è solo il partito comunista. A sinistra c’è anche e soprattutto il Psi, forza tradizionale della democrazia, del progresso, della libertà. Spero di poter contare ancora su di voi, sulla vostra amicizia, sul vostro appoggio politico e fra alcuni giorni, il 20 giugno, sul vostro voto [...]». Si tratta di un dattiloscritto di Bettino Craxi, privo di data ma che ovviamente si riferisce al voto del 20 giugno 1976, conservato negli Archivi della Fondazione Craxi, Fondo Bettino Craxi, Sezione I: Attività di partito, Serie Partito Socialista Italiano (1965-1976).
335 Cfr. S. Colarizi, M. Gervasoni, La cruna dell’ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, cit., p. 17.
336 Cfr. il resoconto della Conferenza stampa di Francesco De Martino a “Tribuna elettorale” il 14 giugno 1976, in “Avanti!”, 15 giugno 1976.
337 Ivi. Antonio Landolfi scrive che tutta l’Italia ebbe da quelle parole, pronunciate da De Martino in televisione, «la netta convinzione che il Psi non era più un protagonista della politica italiana. Che suo compito era ormai quello di “tirare la volata” al Pci», cfr. A. Landolfi, Storia del Psi, cit., p. 333.
338 Cfr. S. Colarizi, M. Gervasoni, La cruna dell’ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, cit., p. 17. Cfr. anche P. Mieli, La crisi del centro-sinistra, l’alternativa, il «nuovo corso» socialista, cit., p. 251.
339 Cfr. G. Bettin, Il Psi e il trend plebiscitario, cit., p. 29.
340 Cfr. A. Pizzorno, Le trasformazioni del sistema politico italiano 1976-1992, in Storia dell’Italia repubblicana, vol. III, t. 2, Einaudi, Torino, 1997, pp. 303 - 344, in part. pp.303 e 311.
341 Per un’analisi approfondita del voto del 20 e 21 giugno 1976 si vedano: i saggi raccolti in A. Parisi, G. Pasquino (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia. Le elezioni del 20 giugno 1976 e il sistema politico italiano, Il Mulino, Bologna, 1977; P. Corbetta et al. , Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Il Mulino, Bologna 1998; M. Caciagli, A. Spreafico (a cura di), Vent’anni di elezioni in Italia 1968-1987, Liviana, Padova, 1990; C. Ghini, Il voto degli italiani, 1946-1976, Editori Riuniti, Roma, 1976; M.S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia dal 1848 ad oggi, Laterza, Roma - Bari, 1995; A. Parisi, Mobilità senza movimento, Il Mulino, Bologna, 1980; G. Martinotti, Le tendenze dell’elettorato italiano, in A. Martinelli, G. Pasquino (a cura di), La politica nell’Italia che cambia, Feltrinelli, Milano, 1978.
342 Il Partito Comunista raggiunge il 34.4%, con un balzo di 7.2 punti sul totale dei voti rispetto al 1972. In soli quattro anni il Pci accresce la sua forza, in termine di consensi, più che nel quarto di secolo fra il ’48 e il ’72, Cfr. G. Are, Radiografia di un partito. Il Pci negli anni ’70: struttura ed evoluzione, Rizzoli, Milano 1980, pp. 16 - 19. Simona Colarizi precisa che la nuova immagine del Partito Comunista - rivoluzionaria e riformista al tempo stesso - «fa presa anche su un nuovo elettorato di ceto medio, emerso dalla rivoluzione degli anni Sessanta con forti connotati democratici e progressisti», cfr. S. Colarizi, L’area laico socialista, in in F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, cit., p. 126. Per Ernesto Galli della Loggia «l’ultimo velo è caduto, l’anticomunismo è finito ed il partito comunista partecipa virtualmente al governo del paese». Lo studioso non manca però di notare il paradosso determinato dal risultato elettorale: «L’anticomunismo è dunque finito ma è finito in bellezza, con un indiscusso successo della Democrazia Cristiana. Nulla di più naturale, perché se è vero che a causa della strategia seguita da sempre dal Pci è morto l’anticomunismo ideologico, invece tuttora ben vivo e vegeto l’anticomunismo antiriformistico, l’anticomunismo degli interessi, quello che ha nella Dc il suo baluardo. E proprio perché anticomunismo degli interessi, anticomunismo politico-pratico, è questo anticomunismo quello che può - e da un punto di vista storico generale forse deve - stipulare l’accordo col partito comunista, così come è proprio con questo anticomunismo che i comunisti hanno più interesse a scendere a patti. Ma già vedere le cose in questi termini non solo distrugge ogni compiaciuta ipotesi di “bipolarismo” (che razza di bipolarismo è quello che mette capo a un accordo tra i due “poli”?) ma vale altresì a mettere in una certa crisi, fin dalle premesse, l’idea che il vero significato del “compromesso storico” sia quello di essere una politica di riforme. La situazione è più aggrovigliata», E. Galli della Loggia, Una vittoria tra fallimenti e compromessi, in “Il Leviatano”, luglio - ottobre 1976.
343 Per Arnaldo Forlani «la Democrazia Cristiana si era salvata divorando i suoi figli, ossia sottraendo voti a quei partiti di centro che fungevano da cuscinetto tra il partito di maggioranza relativa e la sinistra». Cfr. I. Montanelli, M. Cervi, L’Italia degli anni di piombo (1965-1978), cit., p. 158. Per A. Parisi e G. Pasquino la ripresa democristiana appare un elemento congiunturale. Il recupero dello Scudo crociato scrivono i due studiosi «avviene non grazie alla riconquista del tradizionale elettorato democristiano, cioè di quei settori spostatisi a sinistra tra il 13 maggio 1974 e il 15 giugno 1975, ma in seguito alla conquista di un elettorato “nuovo” sostanzialmente a scapito delle forze laiche intermedie […]. In sostanza, è stato possibile alla Democrazia Cristiana arrestare momentaneamente il declino, come è avvenuto congiunturalmente, ma è molto improbabile che la tendenza venga capovolta nel futuro prossimo», cfr. A. Parisi, G. Pasquino, 20 giugno: struttura politica e comportamento elettorale, in Idd. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, cit., pp. 11-65. Si veda anche R. Ruffilli, La Democrazia Cristiana nella crisi dei partiti, in AA. VV., La Democrazia Cristiana degli anni ’80 tra crisi dei partiti e domande della società civile, Cinque Lune, Roma, 1981, p. 147; F. Malgeri, La Democrazia Cristiana, in F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, cit., p. 53; S. Fontana, L’identità minacciata. La Democrazia Cristiana da Moro a De Mita, Sugarco, Milano, 1986, p. 22.
344 Cfr. S. Colarizi, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, cit., p. 441.
345 Lo stato d’animo dei repubblicani può essere sintetizzato da una nota della segreteria del 23 giugno 1976: «[…] La polarizzazione attorno alla Dc e al Pci e le posizioni dei due partiti accentuano la radicalizzazione della lotta politica e quindi il rischio dell’ingovernabilità . […] Da qui la necessità di ricercare in maniera concreta e in aderenza ai problemi, le vie per il superamento della crisi», cfr. “La Voce Repubblicana”, 24 giugno 1976.
350 Cfr. P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., p. 633; cfr. anche A. Ronchey, Accadde in Italia, 1968-1977, Garzanti, Milano, 1977, p. 128.
351 La teoria delle “due Chiese” viene esposta per la prima volta da Roberto Guiducci all’indomani delle amministrative del 1975: cfr. Le elezioni e le due Chiese, “Corriere della Sera”, 21 giugno 1975.
352 Cfr. B. Bartolini, Insediamento subculturale e distribuzione dei suffragi, in A. Parisi, G. Pasquino (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, cit., p. 137.
353 Cfr. G. Sani, Le elezioni degli anni Settanta: terremoto o evoluzione, ivi, pp. 67 - 101.
354 Cfr. S. Colarizi, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, cit., p. 470.
355 «Psdi e Pri - scrive Simona Colarizi - non hanno sciolto la pregiudiziale anticomunista, anche se il loro atteggiamento si è notevolmente ammorbidito», Ivi, p. 470.
356 “Avanti!”, 23 giugno 1976.
357 Cfr. A. Gismondi, Alle soglie del potere. Storia e cronaca della solidarietà nazionale: 1976-10:06 09/10/20251979, Sugarco, Milano, 1986, p. 67.
358 Cfr. A. Giovagnoli, Il partito italiano. La Democrazia Cristiana dal 1942 al 1994, cit., p. 177. Si veda anche P. Scoppola, La Repubblica dei partiti, cit., p. 390.
359 Cfr. F. Cicchitto, Il Psi e la lotta politica in Italia dal 1976 al 1994, Spirali/Vel, Milano, 1995, p. 38.
Andrea Spiri, Le trasformazioni del Psi e i mutamenti del sistema politico italiano (1975-1981), Tesi di Dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2007