Powered By Blogger

giovedì 19 ottobre 2023

Al momento del ritiro, la IV armata conta ancora centomila uomini, di cui circa 60.000 combattenti, sparsi tra la Provenza e la Liguria


Per una più attenta riflessione sulle culture e sui rapporti tra le formazioni partigiane nelle Langhe, ci è sembrato utile, anziché ripercorrere cronologicamente la guerra di liberazione, trattare alcune delle sue tematiche e caratteristiche. Questa scelta, se è dovuta in parte all'esistenza di esaurienti studi sulla storia del movimento di liberazione nelle Langhe, <85 è altresì determinata dall'esigenza di far emergere quelle peculiarità che hanno dato originalità al movimento di liberazione nelle Langhe e nel basso Piemonte.
Partendo comunque dai fatti, abbiamo deciso di selezionare alcuni di questi al fine di mettere in luce le tematiche che più ci interessano ai fini della ricerca, rimandando ai testi citati in nota per gli aspetti generali.
Lo sbandamento della IV armata nella provincia di Cuneo
"[...] una processione continua di truppe sbandate, di soldati a piedi, in bicicletta, a cavallo, la folla immensa dei senza gradi alla ricerca disperata di una via di scampo. Rotolano su Cuneo cinquantamila soldati. Non l'ombra di un colonnello, non l'ombra di un generale". <86
In Piemonte, all'indomani dell'8 settembre, vengono a realizzarsi una serie di circostanze che in breve tempo pongono la regione in una situazione alquanto particolare rispetto agli altri territori del nord Italia. La circostanza più densa di conseguenze sul piano militare, e poi su quello politico, è il ritiro della IV armata dalla Francia e il suo sbandamento in territorio cuneese. <87
L'armata, comandata dal generale Mario Vercellino, era dislocata in Provenza fin dal 1940 con circa 150.000 uomini. Pochi giorni prima dell'armistizio il comando si stava preparando per il rientro in Italia, dovendo essere sostituita nell'occupazione della regione da un'armata tedesca. <88 L'8 settembre coglie ufficiali e soldati di sorpresa, come accade del resto in ogni teatro operativo. La loro fortuna è trovarsi a pochi chilometri dall'Italia, per di più dalla regione, il Piemonte, dalla quale provenivano la maggior parte degli ufficiali e soldati e dove aveva sede il comando militare dell'armata.
La ritirata in territorio piemontese non è però priva di ostacoli. Di diversi episodi di resistenza si rendono protagonisti gli alpini lungo la zona di confine: Grenoble, Chambery, al passo del Moncenisio e quello in cui fu protagonista l'11° reggimento Alpini del col. Domingo Fornara. <89 A Nizza poi, solo la resistenza del presidio italiano in servizio alla stazione contribuisce ad agevolare il rientro dei soldati dell'armata in Italia. <90 La ritirata comporta quindi un prezzo molto alto in termini umani e materiali, in quanto durante le operazioni di rientro diversi reparti vengono disarmati da parte dei tedeschi lungo tutta la Costa Azzurra e condotti nei campi di prigionia. <91
Al momento del ritiro, la IV armata conta ancora centomila uomini, di cui circa 60.000 combattenti, sparsi tra la Provenza e la Liguria. La sera dell'8 settembre solo la II divisione celere è in territorio piemontese, presso Torino, mentre la divisione alpina “Pusteria” si trova parte in Savoia in marcia verso il Piemonte e parte a Ventimiglia. <92
Con le forze presenti in Italia, il comando della IV armata tenta di creare una linea difensiva nella parte occidentale del Piemonte, dapprima coinvolgendo l'11° reggimento alpini nella valle Dora Riparia, a ovest di Torino, poi una volta giunta notizia della disfatta del reggimento, viene tentata una seconda linea di difesa utilizzando la II divisione celere (10 settembre). Ma, la rapidità dei movimenti tedeschi lungo i passi montani e nell'avvicinamento a Torino fanno decidere il comando a spostare la II divisione nella zona di Cuneo, mentre nello stesso pomeriggio del 10 Torino viene occupata dai tedeschi. <93 Proprio l'occupazione del capoluogo e di altre città piemontesi <94 induce Vercellino a sciogliere ciò che rimane dell'armata. <95
È il 12 settembre. <96 A questo punto i soldati si trovano senza guida. Come abbiamo detto, molti dei militari dell'armata sono piemontesi, pertanto il ritorno alle proprie famiglie diventa possibile, e in alcuni casi auspicabile, dato il catastrofico momento che sta vivendo l'esercito, ma buona parte del resto dei soldati, tra cui anche alcuni ufficiali, è di origine meridionale. A questi è impedita ogni possibilità di un rapido rientro a casa, e sono pertanto costretti a rimanere in Piemonte, possibilmente nascosti. È il momento di decidere cosa fare, non solo per questi ultimi, che non hanno alternative tra consegnarsi ai tedeschi e restare in Piemonte, ma anche per gli stessi soldati di origine piemontese, per i quali un rientro a casa, seppur desiderato e possibile, comporterebbe dei rischi per sé e per le proprie famiglie. Se nella penisola la soluzione prevalente è il «tutti a casa», i “superstiti” della IV armata si trovano nella condizione di poter fare una sola scelta di fronte all'occupazione tedesca. Mentre i soldati e gli ufficiali piemontesi dell'armata si trovano già «a casa», i soldati meridionali sono costretti a seguire i propri ufficiali e accettare l'accoglienza della popolazione locale. <97 Per i primi, il legame con la propria terra è stato sicuramente un'ulteriore motivazione alla resistenza contro l'occupante tedesco, mentre i secondi si trovano in una situazione che non offre molte altre sicure alternative. Per le circostanze in cui si verifica, la scelta di questi soldati è in parte dovuta a ragioni di sopravvivenza e in parte a spirito di resistenza. <98 Molti soldati, una volta caduto il comando, di fronte a un momento di vuoto di potere seguono i propri ufficiali. Pompeo Colajanni, “Nicola “Barbato”, tenente del cavalleggeri a Cavour, dopo aver visto giungere gruppi di sbandati della IV armata la mattina del 9 e soldati in fuga dalla caserma di Pinerolo, che nel frattempo veniva circondata dai tedeschi, la sera del 10 raduna una quindicina di uomini, tutti meridionali, prende un camion e si dirige verso Barge, dove nella casa di Virginia e Ludovico Geymonat li attendono veterani e staffette del partito comunista di Torino. <99
La particolarità della provincia di Cuneo sta nell'avere a disposizione un gran numero di uomini, in parte armati ed equipaggiati, addestrati alla guerra e guidati da quegli ufficiali che hanno deciso di restare accanto ai propri uomini. <100 Ciò che rimane della IV armata «rappresentò fin dall'inizio una cospicua riserva di uomini e di mezzi, che in un momento di grave crisi riversò tra le montagne un gran numero di ufficiali e sottufficiali, quasi sempre seguiti dai loro soldati». <101 La presenza di militari, pur dotati di un certo spontaneismo sia militare che politico, non è però circostanza sufficiente allo sviluppo del movimento partigiano in provincia di Cuneo. È necessario individuare altri
elementi che hanno permesso lo sviluppo di un'organizzazione partigiana continuativa in territorio occupato. Si possono considerare tre fattori principali: le circostanze dello sbandamento della IV armata, il territorio in cui esso si verifica e l'assenza di armate tedesche di grandi dimensioni dislocate nel Piemonte occidentale agli inizi di settembre. <102 I soldati della IV armata, rispetto ad altri contingenti italiani, hanno in primo luogo il vantaggio di essere già in fase di rientro verso l'Italia nei giorni immediatamente successivi all'armistizio. Per i tedeschi risulta più difficile attuare il disarmo e l'arresto di truppe che sono in viaggio, sparse su un territorio lungo centinaia di chilometri. Per i soldati acquartierati in caserma, come quelli di Pinerolo, il destino è segnato. <103 Lungo il viaggio dalla Provenza alla provincia di Cuneo la IV armata, pur subendo molte perdite a causa dell'azione tedesca, riesce a mantenere compatti alcuni reparti fino all'arrivo in territorio italiano. Qui, per molti soldati è come essere tornati a casa: conoscono il territorio, il dialetto, la popolazione. Inoltre, subito dopo lo scioglimento dell'armata, sanno dove nascondersi e possono ricevere aiuto dalle popolazioni che abitano quelle zone.
L'aiuto si manifesta in forme diverse. Oltre a vestire di abiti civili i militari, la popolazione della provincia di Cuneo dà informazioni stradali, offre ospitalità temporanea che, in alcuni casi, si traduce in integrazione nel nucleo famigliare, presso cui diversi ex militari svolgono lavori nei campi o altro tipo di attività. <104 Mario Giovana scrive infatti che l'inevitabile connivenza con il movimento partigiano si realizza nell'ottica di un aiuto che viene offerto non tanto al partigiano militante quanto «[al] proprio congiunto buttatosi alla macchia e con quelli che hanno bisogno di aiuto come lui e rifiutano […] di essere “carne da macello” delle dissennate carneficine nazifasciste [tutto in corsivo nel testo]». <105
La famigliarità del luogo è sicuramente un elemento coadiuvante per la formazione di un'organizzazione clandestina in territorio occupato. Dà il vantaggio sul nemico, il quale è costretto a organizzarsi in brevissimo tempo e non può nell'immediato realizzare un controllo capillare del territorio a esclusione dei centri più grandi. Ne è un esempio il fatto che mentre città come Torino, Cuneo e Alba vengono occupate immediatamente dopo l'8 settembre, i tedeschi giungono a Boves solo il 19, e vi combatteranno per ben quattro giorni prima di espugnarla.
Se diamo uno sguardo alla logistica delle forze tedesche in Italia alla vigilia dell'8 settembre, notiamo che le divisioni tedesche sono presenti in tutte le regioni italiane, o in aree direttamente confinanti, come ad esempio la parte orientale della penisola e del centro-nord, mentre nel nord-ovest, eccetto per la Liguria, dove stazionano tre divisioni, non sono presenti stabili truppe tedesche. <106 In Piemonte sono tuttavia presenti gruppi non indivisionati e, in arrivo dalla Provenza, le divisioni tedesche dell'Armata comandata da von Runstedt, che andavano a sostituire i soldati della IV armata. <107 Questa circostanza consente un certo margine di manovra per i soldati italiani scampati agli arresti, ma le scarse o contraddittorie comunicazioni tra i comandi centrali e quelli divisionali periferici non consente una rapida riorganizzazione delle truppe italiane ancora in movimento. <108
[NOTE]
85 Si vedano gli studi di D. Masera, Langa partigiana '43-'45, Guanda, Parma, 1971; di D. Carminati Marengo, Il movimento di resistenza nelle Langhe, Tesi di Laurea in Scienze politiche presso Università di Studi di Torino, anno 1964/65, rel. Guido Quazza, conservata presso la biblioteca dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea Giorgio Agosti di Torino; di M. Giovana, Guerriglia e mondo contadino, cit., e, per una storia della resistenza in Piemonte, dello stesso autore, La Resistenza in Piemonte. Storia del CLN regionale, Feltrinelli, Milano, 1962
86 N. Revelli, Il mondo dei vinti, cit., p. 44
87 All'annuncio dell'armistizio, parte della IV armata era ancora ferma nelle basi in Francia, mentre un'altra parte stava ritornando in Italia. Precisamente, stavano rientrando in Italia alle ore 20.00 dell'8 settembre le divisioni di fanteria “Taro”, l'alpina “Pusteria” e la 2ª celere del XII corpo, in M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio storico, Roma, 1975, pp. 55-6; si veda inoltre, A. Bartolini, A. Terrone, I militari nella guerra partigiana in Italia. 1943-45, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, Roma, 1998, p. 190
88 In base agli accordi presi a Casalecchio, nei pressi di Bologna, tra comandi supremi italiano e tedesco il 15 agosto 1943, la sostituzione del contingente italiano in Provenza con quello tedesco avrebbe dovuto ultimarsi entro il 9 settembre '43. Mentre le operazioni si stavano ultimando, giunse al comando dell'armata una comunicazione, “Memoria 44”, in cui in previsione di una possibile aggressione tedesca veniva disposto che le divisioni “Pusteria” e “Taro” della IV armata fossero raccolte nelle valli Roja e Vermenagna «per interrompere le vie di comunicazione della Cornice [area montuosa che separa l'Italia e la Francia nella zona meridionale, NdA]», in M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., p. 146; si veda inoltre Aa. Vv., 8 settembre. Lo sfacelo della quarta armata, cit., in particolare di Burdese P., Calandri M, Oreggia A., “8 settembre 1943 e scioglimento della 4ª armata nella provincia di Cuneo”, di Belmondo R., Fissore P., Re S., Revelli A., Ristorto G., Serra R., “L'8 settembre e lo sfacelo della 4ª armata: riflessi nel Cuneese” e di Revelli P., “L'8 settembre nelle Langhe”
89 A. Bartolini, A. Terrone, I militari nella guerra partigiana in Italia, cit., 1998, p. 191
90 Si veda A. Petacco, G. Mazzuca, La Resistenza tricolore. La storia ignorata dei partigiani con le stellette, Oscar Mondadori, Milano, 2011
91 G. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich. 1943-1945, Stato Maggiore dell'Esercito-Ufficio Storico, 1992, pp. 173-4, dove si legge, sulla base dei documenti prodotti dalla 19ª armata tedesca, che a fine settembre il numero di soldati italiani disarmati e condotti in prigionia è di 58.722 unità.
92 M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., p. 152
93 «A Torino, ad esempio, aveva sempre avuto sede il comando della 4ª Armata, che all'8 settembre si trovava in grosse difficoltà anche per l'affrettato rientro dalla Francia delle sue truppe dislocate oltre il confine», in A. Bartolini, A. Terrone, I militari nella guerra partigiana in Italia, cit., p. 189; M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., p. 156
94 La sera dell'11 vengono occupate Asti, Alba, Bra e Alessandria
95 La sera dell'11 la IV armata disponeva di poche unità del Comando XV corpo, delle divisioni costiere, dell'artiglieria e del genio di armata, di alcuni reparti territoriali dell'intendenza, di un reggimento alpino della “Pusteria”, di reparti della Guardia alla Frontiera e della II divisione celere, in cui si verificano vaste defezioni, in M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., p. 158-9
96 “Ai miei soldati”, Proclama del Comandante della 4ª Armata, 12.9.43, in M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., p. 146
97 «[...] i primi nuclei armati trovarono consistente appoggio da parte dei civili in quanto erano espressione del disciolto esercito che, oltre a buona parte di reparti alpini, annoverava molti meridionali impossibilitati a raggiungere i propri paesi di origine», M. Bogliolo, “Langhe” in ISRP (a cura di), L'insurrezione in Piemonte, Franco Angeli - Consiglio regionale del Piemonte, Milano, 1987, p. 383
98 Guido Quazza scriveva, a proposito del primo fronte resistenziale, come dopo l'8 settembre, «vera data di nascita dell'antifascismo come “forza” decisiva», fosse nato, nel contesto di crisi dell'autorità monarchica, quell'antifascismo spontaneo di cui sono protagonisti non solo il vecchio militante antifascista o il garibaldino di Spagna, ma anche «l'ufficiale che si ribella a Roma o in Piemonte o nel Veneto», si veda G. Quazza, Resistenza e storia d'Italia. Problemi e ipotesi di ricerca, Feltrinelli, Milano, 1976, pp. 124-128
99 Maurizio Rizza (a cura di), Pompeo Colajanni. “Le cospirazioni parallele”, Edizioni La Zisa 2009, pp. 22, 73-75
100 Purtroppo, dal punto di vista dell'equipaggiamento, la IV armata era molto debole. Già a inizio settembre, al momento del rientro in Italia, mancavano i mezzi di trasporto necessari per lo spostamento delle truppe; giunti in Italia, i militari dell'armata e quelli presenti in territorio nazionale abbandonano le caserme, obiettivo primario dei tedeschi, dove vengono lasciati alla mercé della popolazione viveri e materiale di ogni genere, in R. Belmondo et alii, “L'8 settembre e lo sfacelo della 4ª armata: riflessi nel Cuneese” in Aa. Vv., 8 settembre. Lo sfacelo della quarta armata, cit., pp. 194-7
101 A. Bartolini, A. Terrone, I militari nella guerra partigiana in Italia, cit., p. 189
102 M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., pp. 59-61
103 L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia. 1943-1945, Bollati Boringhieri, Torino, 1996
104 R. Belmondo et alii, “L'8 settembre e lo sfacelo della 4ª armata: riflessi nel Cuneese” in Aa. Vv., 8 settembre. Lo sfacelo della quarta armata, cit., p. 200
105 Ivi, p. 50
106 In Liguria sono presenti, alle ore 20.00 dell'8 settembre, le divisioni di fanteria 76ª, la 94ª e la 305ª del LXXXVII corpo d'armata tedesco, mentre in movimento verso la Provenza quattro divisioni comandate dal feldmaresciallo Gerd von Rundstedt, in M. Torsiello (a cura di), Le operazioni delle unità italiane, cit., pp. 57-8
107 M. Torsiello, Settembre 1943, Istituto editoriale cisalpino, Milano-Varese, 1963, p. 130-37
108 Pompeo Colajanni, a Cavour, dove ha sede il comando del suo squadrone, riceve da Pinerolo l'ordine «assurdo» di restare consegnati in caserma, circostanza che in altre zone aveva permesso ai tedeschi di eseguire arresti e disarmi con più rapidità e agevolezza, in P. Colajanni, Le cospirazioni parallele, cit., p. 75; ordine ricevuto anche dalla caserma “Tornaforte” di Cuneo, testimonianza del caporalmaggiore Luigi Peano in Aa. Vv., 8 settembre. Lo sfacelo della quarta armata, cit., p. 187
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013