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sabato 18 novembre 2023

Un numero monografico di Propaganda imbastì la risposta del partito alla scomunica comminata a luglio ai suoi militanti


Dopo la grande diffusione degli spunti per l’attacco alle gerarchie ecclesiastiche basati sulla partecipazione del Vaticano agli aspetti peggiori dell’economia capitalistica, ancora più a ridosso del 18 aprile [n.d.r.: 18 aprile 1948, data di svolgimento delle prime elezioni politiche del secondo dopoguerra] la propaganda di sinistra si concentrò su un altro tema che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto contribuire all’immagine di un alto clero cattolico ormai assai distante dallo spirito di libertà e giustizia proprio del cristianesimo, ma che avrebbe finito per portare «grave discredito» per il Fronte popolare e per allontanare da qualunque «analisi seria sulla linea politica della Santa Sede» <419. La pubblicazione avvenne a quindici giorni dal voto, il 3 aprile, e continuò il 4, giorno in cui con l’uscita della "Lettera aperta" il Fronte rivendicava la propria partecipazione alla migliore tradizione cristiana: in quei due numeri, la terza pagina dell’Unità fu interamente dedicata alla presentazione di alcuni "Documenti segreti della diplomazia vaticana", nell’ambito di un’inchiesta che sarebbe continuata nei giorni seguenti. Il quadro presentato rivelava una serie di dirette pressioni della Curia dapprima sugli ambienti della corte, e dal 2 giugno sulla DC: in cambio di finanziamenti per la campagna elettorale, le gerarchie ottennero l’uscita delle sinistre dal governo e l’attuazione di una politica estera rigidamente antisovietica. L’intrusione ecclesiastica, oltre ad essere una indebita ingerenza negli affari interni di un paese sovrano e costituzionalmente laico, appariva tanto più criticabile, dal momento che la diplomazia vaticana non sembrava escludere la possibilità di un intervento per favorire il ritorno di un regime autoritario <420.
Nello stesso giorno della pubblicazione da parte dell’Unità, sull’Avanti! si diede risalto alla nuova documentazione, mettendo in evidenza soprattutto il possibile ruolo dei gesuiti nell’intesa tra Chiesa e gruppi di destra per un possibile rovesciamento del regime democratico in caso di prevalenza del Fronte alle urne <421. Anche Il Paese, il 4 aprile, dedicò la propria terza pagina alla presentazione di tali documenti ritenuti dal commentatore assolutamente eccezionali, per la loro chiarezza nel dare una spiegazione su un atteggiamento che la Chiesa cattolica teneva nascosto ai suoi stessi fedeli <422.
La replica cattolica partì il 6 aprile, con una serie di articoli dell’Osservatore Romano tesa a dimostrare la scarsa credibilità delle informazioni raccolte dal Fronte. Ciò che era stato pubblicato nei giorni precedenti era tratto essenzialmente dal volume "Documenti Segreti della diplomazia vaticana", che si dichiarava pubblicato poco prima a Lugano. Secondo il quotidiano vaticano, però, i caratteri con cui era stato impostato tradivano la sua origine italiana, poiché rinviavano alla tipografia UESISA di Roma, il laboratorio da cui generalmente si serviva il PCI. Il lavoro, si veniva ancora a sapere, era stato curato da Virginio Scattolini, falsario noto già ai tempi del fascismo <423, ed era piuttosto affrettato: i documenti erano privi di riferimento archivistico, non si spiegava come si avesse avuto accesso a conversazioni e contatti riservati di cui si riportava il resoconto, gli spostamenti di alcuni personaggi potevano essere facilmente smentiti. L’impressione generale era riassunta in un brano dell’ultimo editoriale dell’Osservatore Romano relativo all’argomento:
«Mai era accaduto nella storia che, con un colpo di scena sensazionale, fossero rivelati i misteri di una delle più ermetiche e impenetrabili diplomazie». Queste parole stampate nel retro del leggendario volume dei “Documenti secreti” vaticani, rilette oggi hanno il sapore di una atroce ironia. Mai era infatti accaduto nella più modesta storia delle competizioni politiche ed elettorali, che, con un simile colpo di scena sensazionale, gli asseriti documenti avessero servito a documentare il falso di chi li raccolse e divulgò […] <424.
La scoperta dell’inaffidabilità dei documenti ebbe immediata eco sulla stampa cattolica ed in generale non comunista: diversi numeri del Quotidiano ospitarono interventi in proposito <425, e su Oggi si diede risalto, nel giorno stesso delle elezioni, alla «grande risata del Vaticano» causata dalla scoperta di simili falsificazioni <426.
Dopo il 18 aprile: una polemica sottotraccia
Forse, proprio la magra figura rimediata con i "Documenti segreti" contribuì ad una modifica nella strategia di comunicazione comunista sugli argomenti relativi alla religione e alla Chiesa negli anni successivi al 1948. L’unica ripresa sistematica di spunti ostili verso le istituzioni religiose cattoliche, da parte della propaganda istituzionale del PCI, si ebbe alla fine del 1949, quando dopo alcuni mesi di attesa <427 un numero monografico di Propaganda imbastì la risposta del partito alla scomunica comminata a luglio ai suoi militanti. Le “Direttive di lavoro” che introducevano l’esposizione di materiale invitavano da subito i militanti ad «evitare la lotta antireligiosa che poteva dividere gli italiani», continuando ad impegnarsi soprattutto a «denunciare la funzione reazionaria del clero, che ricordava quella che esso ebbe nei momenti più critici della vita sociale di ogni epoca» <428. Gli articoli e le illustrazioni proposte in seguito riprendevano le inchieste precedenti sul potere economico e finanziario degli ambienti vaticani, con slogan come «Le chiavi del Vaticano aprono tutte le casseforti», e interventi in base ai quali l’amicizia della Chiesa cattolica con gli Stati Uniti era conseguenza della politica di «capitalismo aggressivo» d’Oltretevere <429.
La linea di continuità con i messaggi che avevano caratterizzato le precedenti campagne di comunicazione non era comprovata soltanto dalla persistenza dell’ormai radicato utilizzo del termine Vaticano, sia come aggettivo che come sostantivo, per indicare i vertici cattolici nei loro atteggiamenti più biasimevoli, quasi a negare appellativi connotati da maggiore sacralità. Al ritratto delle gerarchie ecclesiastiche era contrapposta, come già in precedenza, «la speranza cristiana di milioni di diseredati» realizzata «nella società socialista». Accompagnati da disegni esplicativi, in alcune pagine erano riportati passi delle Sacre scritture, affiancati per una comparazione con alcuni articoli della Costituzione sovietica del 1936: ad esempio, il passo di Giovanni «Dio ha scelto coloro che noi chiamiamo poveri» era avvicinato all’articolo 1, «La Costituzione Sovietica affida il potere dello Stato a chi produce e lavora»; la frase di San Paolo «Chi non lavora non mangia» era presentata come realizzata dall’articolo 12, «il lavoro è nell’URSS dovere e pegno d’onore per ogni cittadino atto al lavoro, secondo il principio: “Chi non lavora non mangia”»; alcune frasi degli Atti degli apostoli sul comunismo dei primi cristiani erano vicine all’articolo 6, che poneva la terra e i mezzi di produzione in proprietà collettiva; il motto evangelico «ogni albero che non dà buon frutto sarà sradicato e gettato nel fuoco» era commentato con le seguenti parole: «nell’URSS è stato abbattuto l’albero marcio dello sfruttamento e del privilegio» <430.
Tutte queste proposte trovarono ampi riscontri nei prodotti propagandistici elaborati su scala locale, come in un opuscolo diffuso dalla Camera del Lavoro di Roma, alla cui conclusione tutti gli argomenti polemici erano sintetizzati in un unico quadro:
"La scomunica di fatto è l’estremo tentativo che fa non solo il Vaticano, considerato come grande potenza finanziaria, ma tutto il capitalismo mondiale, per sanare le contraddizioni interne sul terreno della guerra santa contro i paesi del socialismo e i paesi a democrazia popolare […]. La scomunica è in sostanza un atto contro tutti coloro che soffrono, che lavorano, che guadagnano il pane con il sudore della fronte e con la loro intelligenza […]. La scomunica è un atto contro il socialismo, contro l’umanità […]. La scomunica infine è un atto conto la legge fondamentale del Vangelo, che ha spinto milioni di schiavi a soffrire e a morire per realizzare la grande aspirazione dell’amore e della fratellanza fra gli uomini". <431
Ma in molti degli articoli che avevano maggiore risalto nel fascicolo di Propaganda, la critica anticlericale era presentata come strettamente intrecciata, quasi fusa, con altri spunti polemici: le gerarchia cattolica era presentata come una forza antipopolare essenzialmente per il suo ruolo antinazionale, svolto fin dal Medioevo e soprattutto nel corso del Risorgimento, e per la sua opposizione a qualunque tentativo di sviluppo sociale e di diffusione del benessere. Il Vaticano, insomma, avrebbe svolto un ruolo negativo in relazione a tutti i grandi valori di cui il Partito comunista si proponeva come difensore e realizzatore <432. Negli anni successivi, la ripresa di spunti critici verso la Chiesa sull’Unità o negli opuscoli del PCI si svolse soprattutto in questi termini indiretti, come un fiume carsico che veniva richiamato all’attenzione del pubblico nel corso di polemiche più ampie e spesso apparentemente lontane da temi religiosi.
Sui fogli più direttamente ispirati all’anticlericalismo tradizionale, i richiami alle polemiche con la Chiesa rimasero abbastanza frequenti, soprattutto per quanto riguardava gli interventi culturali di terza pagina. Sul Paese, numerosi autori dedicarono i loro interventi alle proteste per le difficoltà che le minoranze religiose protestanti incontravano nell’esercizio dei loro culti, nonostante le garanzie della Costituzione e della legislazione ordinaria, a causa delle pressioni dei prelati locali sulle forze dell’ordine. Nel febbraio del 1953, su questo tema, uscì sul quotidiano romano una lunga e documentata inchiesta dell’avvocato Giacomo Rosapepe, che attraverso la trattazione di casi concreti raccolse gli spunti lanciati nel corso degli anni da collaboratori più assidui come Arturo Labriola e Mario Berlinguer <433.
[NOTE]
419 I giudizi riportati sono quelli di G. Miccoli, “Cattolici e comunisti…” cit., p. 78.
420 “I documenti segreti della diplomazia vaticana”, L’Unità, 3/IV/1948, p. 3, e 4/IV/1948, p. 3.
421 “L’ombra del ‘papa nero’ oscura il ‘papa bianco’”, Avanti!, 4/IV/1948, pp. 1-2.
422 “Una spietata accusa contro la DC docile pedina della Segreteria di Stato”, Il Paese, 4/IV/1948, p. 3.
423 Documenti segreti della diplomazia Vaticana, Lugano, SCOE, 1948, pp. 313.
424 “Una pessima carta”, L’Osservatore Romano, 10/IV/1948, p. 1.
425 Cfr. ad es. “Perché il preteso diario è un falso costruito male”, Il Quotidiano, 8/IV/1948, p. 1.
426 V. Favori, “La grande risata del Vaticano”, Oggi, IV, 16, 18/IV/1948, pp. 6-7.
427 Parziale eccezione fu il foglio speciale del Propagandista (I, 2, 18/VII/1949), che proponeva già in una presentazione scarna e sintetica alcuni spunti sviluppati in seguito.
428 Propaganda, 26, 30/XI/1949, p. 1.
429 Cfr. “Il Vaticano potenza capitalistica” e “La politica del Vaticano è oggi quella del capitalismo aggressivo”, Ibid., pp. 15-16 e 20.
430 “La speranza cristiana di milioni di diseredati si realizza nella società socialista”, Ibid., pp. 45-47.
431 La scomunica arme di classe, a cura dell’Ufficio Stampa e Propaganda della Camera del Lavoro di Roma e Provincia, Roma, 1949, pp. 12-13.
432 Cfr. “Il Vaticano contro il Risorgimento”, “L’Unità d’Italia bestia nera del Vaticano”, “Il Vaticano contro i grandi italiani”, “Con le armi straniere contro la libertà del popolo italiano”, “Contro il progresso e la civiltà”, Propaganda, 26, 30/XI/1949, pp. 31-33.
433 Per alcune informazioni sulle pressioni cattoliche contro le manifestazioni pubbliche del culto protestante negli anni successivi al 1948, cfr. l’ampia documentazione raccolta in P. Soddu, L’Italia del dopoguerra cit., passim e spec. Pp. 99 e ss.
Andrea Mariuzzo, Comunismo e anticomunismo in Italia (1945-1953). Strategie comunicative e conflitto politico, Tesi di perfezionamento in discipline storiche, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2007