Powered By Blogger

martedì 23 dicembre 2025

La crisi del V ministero De Gasperi si apre molto presto


1.2.1. L’elezione di Luigi Einaudi, l’uomo di De Gasperi
1.2.1.1. Antefatto: la vittoria della Dc alle elezioni del 18 aprile
Forti dei risultati conseguiti l’anno precedente alle amministrative e regionali, il 23 gennaio 1948, il Pci di Togliatti e il Psi di Nenni costituiscono il Fronte democratico popolare, un’alleanza sancita allo scopo di affrontare compatti i democristiani alle imminenti elezioni politiche del 18 aprile. Dal canto suo, la Dc è affiancata dalle liste dei partiti laici di centro: il Blocco nazionale delle libertà, costituito da liberali e qualunquisti, l’Unione socialista (socialdemocratici e altri socialisti non appartenenti al Fronte) e il Pri. La Dc si presenta alle consultazioni, peraltro, con il favore dell’ambiente ecclesiastico, che teme una vittoria del Fronte, a maggior ragione dopo il colpo di Stato con cui in Cecoslovacchia si era instaurato il regime comunista. A destra, competono invece il Movimento sociale italiano e il Partito nazionale monarchico. Il “blocco del popolo” non raggiunge il risultato sperato: il 18 aprile la Democrazia cristiana vince con il 48,5% dei voti alla Camera (pari a 305 seggi su 574) e il 48,1% al Senato (pari a 131 seggi su 237), mentre al Fronte spetta soltanto il 31% (183 seggi alla Camera, 72 al Senato, peraltro distribuiti con un netto svantaggio per i socialisti) <26.
1.2.1.2. La [apparentemente] facile scelta (di De Gasperi) e la difficile elezione di Luigi Einaudi
L’esito delle consultazioni elettorali determina un mutamento radicale del contesto politico: la Dc dimostra di essere un partito in grado di raccogliere consensi diffusi senza l’apporto delle sinistre e non si rende quindi più necessaria una presidenza rappresentativa dell’unità nazionale (e politica), che aveva giustificato la candidatura di De Nicola due anni prima. Dal nuovo Presidente non ci si aspetta più un’attività di mediatore imparziale, garante dell’unità della Nazione, bensì una partecipazione al “processo di unificazione maggioritaria” <27. De Nicola, del resto, non è la persona adatta a ricoprire tale ruolo, considerati l’imparzialità e il rigore da giurista con cui ha esercitato le sue funzioni, in linea con la funzione prettamente garantista cui il Capo provvisorio dello Stato era preposto (si ricordano in questo senso, a titolo esemplificativo, il tentativo di dissuadere De Gasperi dall’affidare il ministero della Pubblica Istruzione a un democristiano, le ritrosie a firmare il trattato di pace, considerato troppo svantaggioso per l’Italia, ecc.) <28. Per questi motivi, i candidati presentati dalla Dc per la presidenza della Repubblica sono due uomini di governo nel IV ministero De Gasperi: Carlo Sforza (ministro degli esteri) e Luigi Einaudi (ministro del bilancio). Fallito il tentativo di elezione del primo, ritiratosi a causa delle spaccature interne al partito e del rifiuto di De Gasperi a un accordo con Saragat, la Dc porta avanti il secondo <29.
Dalla spaccatura democristiana tenta di trarre vantaggio il partito comunista, che si propone di votare per Einaudi allo scopo di privare la sua elezione del significato di promozione e arroccamento della maggioranza: se il Presidente viene eletto anche grazie al sostegno della sinistra, non è più il presidente della Dc. Per raggiungere questo risultato è necessario ai comunisti votare Einaudi al terzo scrutino, ossia quando il quorum è ancora di 2/3 e il loro apporto quindi indispensabile per un’elezione. Questo tentativo tuttavia fallisce perché i democristiani rifiutano di concedere ai gruppi (e quindi ai comunisti) una sospensione dei lavori per consultarsi: il diniego della democrazia cristiana a una partecipazione delle sinistre al supporto del proprio candidato suggella così in maniera inequivocabile il significato dell’elezione. L’11 maggio 1948, al quarto scrutinio, Einaudi viene eletto con 518 voti su 872 <30.
1.2.2. Il contesto: soggetti e avvenimenti nel settennato di Einaudi
2.2.1. Gli ultimi anni del centrismo: le crisi dei governi De Gasperi
Subito dopo l’elezione del Capo dello Stato, De Gasperi si dimette. Einaudi respinge le dimissioni, senza procedere a consultazioni: De Gasperi si limita quindi a un rimpasto governativo, modificando soltanto in parte la compagine ministeriale da presentare alle camere per il voto di fiducia e costituendo il 23 maggio il suo V ministero. E’ in questa occasione che per la prima volta vengono nominati dei Vicepresidenti del Consiglio e dei ministri senza portafoglio. Per la prima volta, inoltre, il conferimento della fiducia al governo dalla Camera dei deputati avviene non mediante la presentazione di un ordine del giorno, come era avvenuto nei primi anni della Repubblica, conformemente a una prassi statutaria, bensì con una mozione di fiducia, come prescritto dall’art. 94 r.C. 31.
Il 31 ottobre 1949 i ministri e i sottosegretari socialdemocratici rassegnano le dimissioni dal governo a seguito di una delibera approvata dalla direzione del Psli. La Dc, smentendo le voci sulla possibilità di costituire un monocolore, rimane fedele alla precedente coalizione governativa: De Gasperi si limita ad affidare ad interim gli incarichi dei dicasteri lasciati dai socialdemocratici, rimandando il rimpasto a gennaio, dopo il Congresso del Psli <32.
Nel novembre del 1949, intanto, nasce un terzo partito socialista, il Partito socialista unitario (Psu), frutto della confluenza dei secessionisti del Psi di Romita, dell’Unione dei socialisti e della corrente di sinistra del Psli di Saragat <33.
La crisi del V ministero De Gasperi si apre molto presto, con le dimissioni, l’11 gennaio 1950, di tutti i membri del governo. La necessità di un chiarimento politico, come anticipato, si era già manifestata in seguito all’uscita dei socialdemocratici dalla compagine governativa. Tuttavia, i tempi si stringono a causa dell’urgenza di una convocazione straordinaria delle Camere a seguito di alcuni sanguinosi scontri avvenuti a Modena tra forze dell’ordine e operai in sciopero. Nonostante alcuni tentativi in senso opposto operati dai socialisti, Einaudi, ligio alla propria volontà di attenersi strettamente alle indicazioni dei gruppi parlamentari di maggioranza, incarica nuovamente De Gasperi, il quale costituisce il proprio VI ministero composto da democristiani, socialdemocratici e repubblicani <34.
Il VI ministero De Gasperi non ha tuttavia vita facile: infatti, l’11 marzo 1951, Psi e Psu giungono a un accordo (c.d Saragat-Romita) per la costituzione di un nuovo partito unificato, con l’intesa che, una volta proclamata l’unificazione (fissata per il 1° maggio), il nuovo partito socialista si sarebbe collocato non più nella compagine governativa, bensì all’opposizione. In data 4 aprile i ministri e i sottosegretari socialdemocratici si dimettono, sottolineando, tuttavia, che tale scelta non deve ricondursi a una diversità di opinioni rispetto alla linea politica governativa, bensì nella necessità di riunire i socialisti democratici italiani, ossia a un “fatto interno al partito” <35. De Gasperi, scartata la possibilità di aprire una crisi di governo, si limita a sostituire i ministri dimissionari con un rimpasto. In data 1° maggio nasce il nuovo partito socialista (Psdi), guidato da Saragat <36. Molto presto, tuttavia, si apre una vera e propria crisi del ministero De Gasperi, causata dai risultati delle prime elezioni amministrative, tenutesi tra maggio e giugno, e dalle critiche mosse da alcune correnti della maggioranza alle politiche governative in materia economica. Sul punto, alcune indiscrezioni vedono schierarsi anche il Capo dello Stato, che in un colloquio con De Gasperi avrebbe espresso opinione favorevole alla “linea” di Pella, ministro del bilancio <37. La situazione precipita quando il 14 luglio il Comitato direttivo del gruppo parlamentare Dc presso la Camera dei deputati si riunisce e con una votazione la corrente dossettiana e alcuni esponenti del centro mettono in minoranza (10 voti contro 6) la politica economico-finanziaria di Pella. Nonostante tale votazione venga in parte temperata da alcune dichiarazioni del Comitato direttivo del gruppo parlamentare Dc al Senato, che evidenzia la mera opportunità di un rimpasto, ma non di una crisi, Pella si dimette. Il 16 luglio De Gasperi si dimette. Seguono le usuali consultazioni del Capo dello Stato, che incarica nuovamente il Presidente dimissionario. In data 26 luglio 1951 si costituisce il VII ministero De Gasperi, costituito da democristiani e repubblicani <38.
[NOTE]
26 Cfr. A. Baldassarre - C. Mezzanotte, op. cit., pp. 32-33; A. Gigliotti, op. cit., pp. 4 ss. Si ricorda che le elezioni si svolgono con il sistema elettorale di tipo proporzionale introdotto con decreto legislativo luogoteneziale n. 74 del 10 marzo 1946 per l’elezione della Costituente. Tale sistema elettorale viene recepito come legge elettorale per la Camera dei deputati con legge n. 6 del 20 gennaio 1948. La legge elettorale del Senato, anch’essa disciplinante un sistema proporzionale, sebbene con qualche correttivo in senso maggioritario, è invece disciplinata dalla legge n. 29 del 6 febbraio 1948.
27 L’efficace espressione è di A. Baldassarre - C. Mezzanotte, op. cit., p. 36. Per una approfondita analisi del significato dell’elezione di Einaudi, cfr. diffusamente ibidem, pp. 33 ss.
28 Per un elenco più esaustivo dei molteplici episodi in cui De Nicola ha occasione di dimostrare il proprio rigore, cfr. A. Baldassarre - C. Mezzanotte, op. cit., pp. 37-38.
29 Sulle spaccature interne al partito, e in particolare sul ruolo che Amintore Fanfani, dossettiano, riveste nella mancata elezione di Sforza, candidato non gradito perché anticomunista e filo-americano, cfr. P. Guzzanti, op. cit., pp. 42 ss., il quale ritiene che la ribellione di Fanfani alle direttive di partito sia precursore delle spaccature che di lì a qualche anno avrebbero portato alla formazione di due correnti democristiane contrapposte, una a favore dell’integrazione con i socialisti (sostenuta da Fanfani e dal successore di Einaudi alla presidenza della Repubblica, Gronchi), l’altra interessata a mantenere lo status quo. Sul fallimento della candidatura di Sforza e sulla scelta di Einaudi cfr., diffusamente, V. Gorresio, Il sesto presidente, Milano, Rizzoli, 1972, pp. 21 ss. Luigi Einaudi nasce a Carrù (Cuneo) il 24 marzo 1874. Laureato in giurisprudenza, è redattore de “La Stampa” e del “Corriere della Sera” fino al 1926, corrispondente di “The Economist” e direttore di due riviste. Nel periodo fascista abbandona l’attività giornalistica. Professore presso l’Università di Torino e presso l’Università Bocconi, è autore di numerose pubblicazioni. Inoltre, da proprietario terriero, si dedica alla conduzione della propria azienda agricola. E’ componente prima della Consulta Nazionale, poi della Costituente. Promuovendo come ministro una serie di provvedimenti volti a una ripresa economica all’insegna dell’economia liberista, contribuisce a una forte riduzione dell’inflazione, giovando non poco alla popolarità del governo De Gasperi. Non a caso, quindi, sin dalla vittoria del 18 aprile, De Gasperi sonda la generica disponibilità di Einaudi a una collaborazione con il ministero. Fornendo una risposta affermativa, Einaudi elenca una serie di condizioni di politica economica e sociale cui sottopone l’accettazione della collaborazione, ponendo le premesse di quello che sarebbe stato, effettivamente, un settennato caratterizzato dal tentativo di fornire opinioni e suggerimenti, spesso non richiesti, sulle politiche governative. Muore il 30 ottobre 1961. (cfr. G. Mammarella - P. Cacace, op. cit., pp. 35-39; www.quirinale.it).
30 Cfr. A. Baldassarre - C. Mezzanotte, op. cit., pp. 39-43; G. Mammarella - P. Cacace, op. cit., pp. 39-40; P. Nenni, op. cit., 1981, 10 e 11 maggio 1948, p. 429.
31 Cfr. P. Nenni, op. cit., 1981, 12-22 maggio 1948, pp. 429-432. Sul dibattito in aula circa la legittimità della nomina dei Vicepresidenti del Consiglio e dei ministri senza portafoglio, perché organi non previsti in Costituzione, e il
mancato rinnovato giuramento dei ministri che avevano già giurato nelle mani di Einaudi, cfr. A. Gigliotti, op. cit., pp. 9-11.
32 Cfr. ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 3; P. Nenni, op. cit., 22 novembre 1949, p. 495.
33 Cfr. P. Nenni, op. cit., 1981, 20 novembre 1949, nota 7, p. 495.
34 Cfr. ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 4; F. Damato, op.cit., pp. 43-44; P. Nenni, op. cit., 1981, 9-13 gennaio 1950, pp. 501-502.
35 I ministri dimissionari rivolgono una lettera di questo tenore al Presidente del Consiglio. Il testo della lettera è riportato in ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 5.
36 Cfr. ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, buste 4 e 5. Sul cambiamento che le dimissioni della componente socialista comporta rispetto alla “formula del 18 aprile” e sulla
necessità di aprire una crisi di governo, cfr., tra gli altri, La crisi del VI Gabinetto De Gasperi aperta dalle dimissioni dei tre Ministri del Psli, in Il Paese, 5 aprile 1951, in ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 4.
37 Cfr. In difesa della politica del Tesoro aperta inframmettenza del Presidente Einaudi?, in “Il Popolo di Roma”, 30 giugno 1951.
38 Cfr. ASPR, Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, Crisi di governo-Diari, busta 5.
Elena Pattaro, I "governi del Presidente", Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015