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venerdì 21 novembre 2025

Nel 1984 il Sismi negò all'allora Presidente del Consiglio Craxi l'esistenza del Piano Demagnetize


L'anno 1947 fu l'anno della frattura. Nel mondo, fra est e ovest, la divisione divenne esplicita. Fu la guerra fredda. E' importante il sostantivo (guerra), lo è anche l'aggettivo (fredda), che esprime cioè il proposito di evitare la catastrofe. La guerra fredda penetrò come attore in visione di ogni luogo. In Italia essa sembrò condizionare tutto, a partire dall'evento politico più riconoscibile: la crisi del maggio con la fine del governo di unità nazionale e della solidarietà antifascista. Come riferimenti «esterni» della rottura avevamo un simbolo americano, l'annuncio del piano di ricostruzione ERP (piano Marshall) e un simbolo sovietico, il Cominform, l'unità internazionale dei partiti comunisti (2).
Al momento delle elezioni del 1948 gli Stati Uniti si impegnarono a tutti i livelli, con una propaganda massiccia a forti tinte anticomuniste. William Colby, che fu capo della CIA dal 1973 al 1976, riferendosi al 1948, scrive: "la possibilità di una presa del potere comunista in ltalia - come risultato elettorale - aveva preoccupato molto gli ambienti politici di Washington prima delle elezioni italiane del 1948. Anzi, era soprattutto questa paura a portare alla creazione dell'Office Coordination, che dava alla CIA la possibilità di intraprendere operazioni politiche, propagandistiche e paramilitari segrete" (3).
Si può dire che il '48 sia la data di inizio per l'Italia di quella "guerra politica segreta" (4) che si combatte con operazioni 'coperte' della CIA e con l'utilizzo dei fondi segreti e delle azioni "non documentabili". L'importanza che rivestono documenti del National Security Council sta nel fatto che delineano uno scenario abbastanza significativo: in previsione di una possibile invasione dell'Italia da parte di forze militari provenienti dall'Europa Orientale, o nell'ipotesi che una parte dell'Italia cadesse sotto la dominazione comunista in seguito ad una insurrezione armata o ad altre iniziative illegali, il governo degli Stati Uniti predispose un piano articolato in sette punti, il cui ultimo paragrafo prevedeva di "dispiegare forze in Sicilia o in Sardegna, o in entrambe, con il consenso dei governo italiano legale e, dopo la consultazione con gli inglesi, in forze sufficienti ad occupare queste isole contro l'opposizione comunista indigena non appena la posizione dei comunisti in Italia indichi che un governo illegale dominato dai comunisti controlla tutta la penisola italiana" (5). Si rileva la preoccupazione che gli interessi degli Stati Uniti nell'area del Mediterraneo potessero essere seriamente minacciati dalla possibilità che il Fronte Popolare arrivasse al governo.
Un quadro d'insieme emerge con sufficiente chiarezza, malgrado il persistere di marginali zone grigie, la cui ricostruzione storica non è allo stato ancora possibile. Tuttavia, proprio tenendo presente la cornice della "guerra fredda", si possono trarre alcune considerazioni in riferimento al tema della ricerca:
a) le vicende più recenti relative alla strategia della tensione e delle stragi nel nostro Paese, vanno inquadrate nello scenario successivo alla seconda guerra mondiale;
b) in particolare, è la situazione di sovranità limitata che si instaura nei paesi del blocco occidentale ad offrire una chiave di lettura indispensabile per dissipare le ombre più fitte.
E' pur vero che c'era e c'è uno Stato di diritto, una democrazia pluralista e nello stesso tempo uno scontro sociale e politico; ma vi era un limite invalicabile e ufficialmente non scritto e cioè l'impossibilità di mutare gli assetti politici realizzati nei paesi della sfera di influenza. Ha scritto, tracciando un problematico bilancio di quegli anni, Angelo Panebianco: "Quella che è finita con la sconfitta (dissoluzione) dei blocco sovietico è stata a tutti gli effetti una guerra. Una guerra mai passata dal "freddo" al caldo [...] Ma comunque una guerra. Brutta, sporca e cattiva. Come tutte le guerre.[...]. L'identificazione tra nemico interno e nemico esterno, vera architrave della Guerra Fredda, metteva le democrazie occidentali, proprio perché democrazie, di fronte a contraddizioni insanabili, ossia apriva varchi all'illegalità in nome della sicurezza. [...]. L'identificazione tra nemico esterno e nemico interno e, per essa, la contraddizione fra esigenze di legalità ed esigenze di sicurezza assumeva forme esasperate quali non si riscontrano negli altri paesi occidentali (con l'eccezione, in certe fasi, della Francia). E' in quel vizio di origine la radice di tutte le deviazioni (dalla legalità) degli anni 60 e '70" (6). Panebianco afferma che in quella fase storica il "dilemma insolubile" delle democrazie ha contribuito a fare dei governanti occidentali dei "Giano bifronte", "servi di due padroni", sottoposti al doppio vincolo di dover rispettare le leggi interne e, contemporaneamente assicurare la sicurezza nazionale. "Nessuno può eludere il dilemma [...] Una zona grigia nella quale i confini tra ciò che è legale, semi-legale e illegale sono sempre più sfumati" (7). Ci fu in quegli anni nel nostro paese una "guerra" non dichiarata, a bassa intensità militare ma ad alta valenza politica che fu "combattuta" nella nostra società a partire dalla fine degli anni '40 e, con graduazioni e modificazioni anche sostanziali, almeno fino all'inizio degli anni '70, quando l'evoluzione del quadro internazionale fece perdere gran parte del retroterra internazionale che la aveva motivata. E non per ultimo, strumentalizzazioni personali e politiche, a fini interni, che potessero "giustificarla".
Nel volume sulla storia dei servizi segreti "Il lato oscuro del potere" Giuseppe De Lutiis offre una valida documentazione, finora inedita, sulla guerra psicologica che governi occidentali conducevano contro il comunismo, in particolar modo in Italia e in Francia dove più forte era la presenza dei partiti comunisti occidentali. A questi due Paesi è rivolta l'attenzione del NSC, la struttura precedentemente citata, che coordina l'attività dì "contenimento" del comunismo varata dal Presidente Harry Truman nel 1948 e concretizzata poi nel Piano Demagnetize. Ufficialmente ignoto alle massime autorità del nostro governo, il Piano Demagnetize, come appunto dice il nome, prevedeva di "smagnetizzare", cioè di
depotenziare le capacità organizzative dei partiti comunisti francese e italiano. Nel 1984 il Sismi negò all'allora Presidente del Consiglio Craxi l'esistenza di questo piano "e di altri che ponessero nostri servizi in posizione di subordinazione di altri", malgrado interi passi del documento fossero stati già pubblicati da alcuni studiosi (8). Non si ha la certezza che il testo del Piano Demagnetize (9), conosciuto e acquisito dalla Commissione Stragi, sia completo, ma negli archivi della "Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi", vi sono documenti, elaborati in data 13 novembre 1951 dalla Commissione "C" del Psycological Strategy Board, commissione composta da rappresentanti del Dipartimento di Stato, del Dipartimento alla difesa e della CIA, incaricati di perfezionare piani per la "discriminazione politica che il governo De Gasperi avrebbe dovuto condurre contro i cittadini iscritti al PCI" (10). Gli "specialisti Usa" chiedevano al Governo italiano di screditare i comunisti allontanandoli dalle cariche amministrative pubbliche, in sostanza "licenziare la manodopera comunista, e prosciugare le fonti di reddito in Italia del Partito Comunista" (11).
C'è quindi la presenza indiscutibile di un 'made in Usa' nelle vicende storico-politiche del nostro Stato; una sorta di lente d'ingrandimento sopra la classe dirigente italiana, che ne condiziona, ma quasi mai passivamente (12) l'azione. Sulla base dei documenti raccolti, alcuni inediti, altri ampiamente censurati, Perrone delinea un quadro articolato e concreto del ruolo italiano, un 'made in ltaly', nell'opera di 'smagnetizzazíone', sempre sotto ìl controllo e la supervisione della Casa Bianca. Così, per esempio, rispondono dal Dipartimento di Stato a un'esplicita richiesta del Presidente del Consiglio De Gasperi che si informava su un possibile intervento armato delle forze militari statunitensi per 'quietare' una eventuale sommossa delle forze comuniste: "il nostro appoggio non contemplerebbe, RIPETO NON, l'assistenza delle forze armate degli Stati Uniti" (13).
Nei documenti americani l'elemento prioritario è che l'Italia fosse un Paese a "rischio dei comunisti". Per la conferma di questa tesi, non eccessivamente gradita agli ambienti politici italiani, basta far riferimento alle dichiarazioni di Paolo Emilio Taviani (14), a proposito dell'ingresso italiano nella Nato: "Gli Americani non ci volevano nel Patto. Fummo noi DC da un lato e i repubblicani dall'altro che insistemmo per essere inclusi" (15). 
Sul rapporto Stati Uniti-Italia in riferimento al problema del comunismo la documentazione degli archivi statunitensi è ormai da anni al vaglio degli storici. E proprio sulla base di questi documenti si può arrivare alla conclusione che la vita politica italiana è stata segnata dalla "guerra politica segreta, combattuta tra lo Stato e alcuni suoi cittadini in nome della frattura ideologica tra Est e Ovest [...] Gli eventi sanguinosi, le stragi e fondamentalmente tutte le principali espressioni della devianza del potere (servizi deviati, poteri occulti, finanza corsara) non avrebbero potuto ripetersi se non fossero stati inquadrati in un disegno politico strategico comune, con tutta probabilità, il mantenimento del nostro Paese nel campo dell'Alleanza Atlantica" (16).
[NOTE]
(2) V. Foa, Questo Novecento, Einaudi, Torino 1996, pag. 220-221.
(3) W. Colby, La mia vita nella CIA, Mursia, Milano 1981, pag. 82.
(4) Il termine compare per la prima volta in un memorandum del 3 Giugno del 1948 del NSC (National Security Council).
(5) Direttiva del National Security Council 1, 2, 10 febbraio 1948. Foreign Relations, 1948 vol III, pag. 769.
(6) A. Panebianco, Logica della democrazia e ragion di Stato: il dilemma insolubile, in "Corriere della Sera", 21 febbraio 1991.
(7) Ibidem.
(10) Il documento viene citato per la prima volta in Commissione Stragi, resoconti stenografici delle sedute, X leg., vol.VII, p. 363,365.
(11) P. Cucchiarelli & A. Giannuli, Lo Stato parallelo, Gamberetti, Roma 1997, pag. 34
(12) Come emerge dal lavoro di Nico Perrone, De Gasperi e l'America, un dominio pieno e incontrollato, edito nel 1995.
(13) N. Perrone, De Gasperi... cit. Intanto le direttive del 13 Novembre 1951 trovarono applicazione nelle disposizioni dell'allora Ministro della Difesa Pacciardi. Infatti i licenziamenti non colpiscono solo i lavoratori comunisti del porto di Livorno, ma anche quelli degli impianti che costruiscono le turbine Fiat e la stessa azienda torinese manda a casa 400 attivisti del PCI.
(14) E' ministro della Difesa nel IX° Gov. ital., 1953, coalizione DC, PRI.
(15) N. Perrone. De Gasperi... cit., p.175
(16) G.I. G. Salvini, Sentenza-ordinanza in Archivio Commissione Stragi (d'ora in poi CSA), 1995: Gli ordini, contrordini e le coperture che scattarono in tutta ltalia.
Lorenzo Pinto, Le "stragi impunite". Nuovi materiali documentari per una ricerca sulla strategia della tensione, Tesi di laurea, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno accademico 1996-1997

domenica 9 novembre 2025

Venne deliberata anche l'unione della CGL di Napoli con quella di Bari


La "liberazione" nel sud Italia arrivò prima che nel nord del paese. Nel breve intervallo che intercorse tra la caduta del fascismo e l'occupazione alleata, nel meridione non sorse un movimento di resistenza ai tedeschi organizzato come invece avvenne nel nord Italia. Ci fu una immediata ed esplosiva reazione popolare che si espresse in mille episodi di opposizione e di protesta contro ciò che restava dell'apparato fascista e contro i nazisti, che furono scacciati dalla massa popolare, spesso, prima dell'arrivo delle truppe angloamericane (Napoli resta l'episodio più significativo della vitalità e dell'energia delle masse meridionali). La rabbia popolare, alimentata dalla delusione delle aspettative riposte nei "liberatori", sfociò nella protesta contro le condizioni di vita che subivano un ulteriore peggioramento all'indomani della liberazione. <1
La reazione del governo Badoglio fu la repressione poliziesca dei movimenti, con l'uccisione ed il ferimento di numerosi proletari. Gli alleati esercitavano un forte controllo sulla popolazione, dove essi non erano presenti, si faceva sentire, opprimente, il potere del governo Badoglio, intenzionato a restaurare la situazione politica e sociale prefascista. Le condizioni di questa parte dell'Italia risentivano dell'arretratezza economica e sociale che aveva caratterizzato la regione, fin dall'unificazione del paese, quale risvolto necessario allo sviluppo del capitalismo italiano. Ai fermenti sociali del proletariato meridionale faceva riscontro la fioritura di gruppi politici di sinistra. I militanti che avevano subito la repressione fascista, una volta rientrati nei loro paesi, avevano ripreso i contatti tra di loro, mantenendo in vita dei piccoli nuclei politici, anche prima della caduta del fascismo. Accanto ai seguaci del PCI, "comunisti ufficiali, cioè fedeli alla linea del centro del partito" <2, quali Vincenzo La Rocca, nella zona del nolano, Corrado Graziadei nel casertano, per citarne alcuni, che facevano capo ad Eugenio Reale - che dirigeva il movimento anche dal carcere di Civitavecchia - e a Clemente Maglietta - poi emigrato e combattente in Spagna, - operavano altri gruppi. Un nucleo composto da Mario Palermo, Vincenzo Ingangi e Eugenio Mancini era ritenuto trotzkista dai comunisti ufficiali, perché aveva espresso delle riserve sulla politica di Stalin. <3 In seguito, attorno a Ludovico Tarsia e Ugo Arcuno si riunì un certo numero di intellettuali su posizioni "bordighiane", ma che parteciparono alla ricostituzione della Federazione campana del PCI nel 1943, come pure "bordighiani" si definivano molti operai di Barra e di Pozzuoli e alcune cellule di marittimi del porto di Napoli. <4
Il sud era isolato dalla vita politica del resto del paese e dagli sviluppi che l'evolvere della situazione imprimeva alle svolte organizzative e politiche dei partiti antifascisti. Lontano dalle mediazioni che la lotta unitaria contro il fascismo imponeva alle organizzazioni socialiste tradizionali, nel meridione, l'impatto crudo con la realtà della"liberazione", dell'oppressione esercitate dagli alleati e dal governo Badoglio sulla popolazione alimentava un radicalismo che si espresse nella costituzione di gruppi politici e sindacali su una genuina e immediata spinta classista.
Nel novembre 1943, in un convegno sindacale tenuto a Napoli venne ricostituita la Camera del Lavoro di Napoli e il Segretariato Meridionale della CGL, le cui basi erano già state gettate in un precedente incontro ad ottobre. Venne eletto un comitato direttivo provvisorio nel quale erano rappresentate le forze politiche antifasciste - Gallo e Iorio per il PCI, Bosso e Di Bartolomeo per il PSIUP, Arminio e Gentile per il PdA, Enrico Russo, Segretario Generale meridionale e Iorio, Segretario della CdL di Napoli. 
Enrico Russo aveva militato da lungo tempo nella Sinistra Comunista. Nato a Napoli nel 1895, nel 1910 si era iscritto al Circolo giovanile socialista "Pietro Casilli" e l'anno successivo al PSI. Operaio metallurgico al Silurificio, nel 1917 divenne segretario della FIOM di Napoli. La sua adesione al PCd'I avvenne nel 1924, dopo aver fatto parte della corrente terzinternazionalista del PSI, non concordando con Bordiga sulla scissione dal partito. Si distinse per la sua attività sindacale nella CdL di Napoli e nella CGL campana, fu in prima fila nell'organizzazione dello sciopero generale contro il carovita a Napoli nel 1925. Nel 1927 emigrò in Francia, dove fu membro del CC del PCI. Nel 1928, Russo presentò al Congresso dei Gruppi Comunisti Italiani di Parigi delle controtesi ispirate alla piattaforma dell'Opposizione di Sinistra del Partito Bolscevico. Nonostante l'intervento massiccio dei massimi esponenti del Partito francese, tra i quali Thorez e Vaillant-Couturier, il Congresso approvò a maggioranza le controtesi di Russo. L'esecutivo dell'Internazionale dichiarò non validi i deliberati del Congresso e convocò un nuovo congresso al quale inviò quale suo delegato Dimitrov. Anche al nuovo congresso le controtesi di Russo ebbero la maggioranza. In seguito a ciò l'Esecutivo della internazionale deliberò lo scioglimento dei gruppi comunisti italiani della regione parigina. <5 In seguito, Russo prese contatti con l'Opposizione di Sinistra Internazionale e con la Frazione di Sinistra, scrivendo anche sulle pubblicazioni della Sinistra Comunista, Prometeo e Bilan. Si trasferì in Belgio, al momento della guerra di Spagna prese parte alla "minoranza" della Frazione che auspicava l'intervento nella guerra civile a fianco dei repubblicani. Organizzò la brigata "Lenin", aderente al POUM combattendo in Spagna. Rientrato in Francia, fu internato nel campo di concentramento di Saint-Ciprien e in seguito consegnato alle autorità fasciste. Confinato alle isole Tremiti fu liberato nel settembre 1943.
Riflettendo e riportando le istanze classiste del proletariato meridionale, la CGL entrava in pieno contrasto con la politica condotta dal PCI a livello nazionale. La pregiudiziale antimonarchica era un motivo fondamentale nella linea dei comunisti e non si ammettevano espedienti tattici di accordi politici con il governo Badoglio. Gli esponenti di spicco della CGL erano molto critici nei confronti del partito e l'impostazione che il rinato sindacato aveva avuto, sotto l'impulso dei movimenti di lotta gli fruttò una "rapida ed entusiasta affermazione (...). In poco più di un mese la CGL riuscì a porsi in posizione di assoluta preminenza nella vita sindacale e politica, preminenza che conservò per circa un anno, pur sotto l'incalzare di un aspra polemica, che dall'aprile '44 in poi divenne aperta rottura con il PCI". <6 I militanti del PCI che operavano nel napoletano, Eugenio Reale in particolare, si resero ben presto conto del pericolo che poteva costituire una forza sindacale autonoma dalle direttive del PCI e radicalizzata dalle spinte della base e cercarono di porre degli ostacoli all'attività della CGL. Questa fu l'origine della "scissione di Montesanto", la quale mise in luce le forze dell'opposizione di sinistra alla politica del PCI all'interno della CGL ed il peso notevole che essa aveva acquistato nella conduzione della lotta a fianco della classe operaia. Il 24 ottobre nella sede della Federazione napoletana della CGL, in via Salvatore Tommasi, doveva avere luogo la riunione di una commissione formata da Iorio, Mancini, Ingangi, Russo e Avieta, incaricati della preparazione di un'assemblea per le elezioni delle cariche e per esaminare le domande di iscrizione. Spano e Reale fecero chiudere la sede prevedendo di avere la minoranza. I militanti si recarono allora alla sede degli autoferrotranvieri a piazza Montesanto e decisero la scissione dalla minoranza. Il PCI attaccò con i metodi ben noti la maggioranza scissionista, ma organizzativamente essa non poteva godere di una autonomia sufficiente: la scissione rientrò dopo 45 giorni, il 12 dicembre. Questo non significò la ritrovata unità ideologica e politica e l'opposizione continuò, aspra, all'interno e contro la CGL.
In questo quadro va inserita la proposta, lanciata al I congresso del PCI delle province liberate (21 e 22 dicembre 1943), dalla Federazione Comunista di Napoli, di tenere un convegno sindacale a Bari per la costituzione di una nuova CGL. Il Convegno si tenne il 29 gennaio 1944, contemporaneamente al congresso dei CLN, ma si risolse in un fallimento. Le altre forze politiche, socialisti ed azionisti, ne denunciarono il carattere formale e l'inconsistenza politica, e l'iniziativa morì sul nascere. La CGL formatasi a Bari non fu tuttavia sciolta. La CGL conservò il proprio peso e l'importanza che aveva assunto si espresse chiaramente nel congresso tenuto a Salerno il 18, 19 e 20 febbraio 1944. Contemporaneamente uscì anche il primo numero del giornale della CGL Battaglie sindacali, <7 per la pubblicazione del quale si era dovuto duramente lottare contro il veto imposto dagli alleati alla pubblicazione (la CGL e la Frazione di sinistra dei comunisti e dei socialisti italiani erano gli unici due gruppi di opposizione ai quali non era ancora consentita la pubblicazione dei giornali). Gli interventi di Russo, Villone e Di Bartolomeo al congresso sottolinearono il ruolo che essi attribuivano al sindacato, per l'unità di tutti i lavoratori in una lotta che doveva condurre all'eliminazione di ogni forma di sfruttamento. Veniva rigettata la partecipazione alla guerra nazionale al fianco delle altre forze borghesi. La presenza azionista influenzò il congresso, venne deliberata anche l'unione della CGL di Napoli con quella di Bari. Sulle conclusioni del congresso, dal quale le posizioni della Sinistra uscirono "annacquate", pesava anche l'atteggiamento di Russo verso il PCI, che egli credeva di poter ricondurre, dall'interno, su una linea rivoluzionaria. Gli scissionisti rientrati che non si adeguarono alla linea del PCI furono espulsi e le speranze di Russo e di altri militanti di poter incidere in qualche modo sulla politica del partito, si rivelarono vane. Le agitazioni che si verificarono nel marzo 1944 videro la CGL in prima fila, quale portavoce delle istanze della base contro il governo Badoglio. I partiti antifascisti cercarono di controllare la spinta popolare, ma a rendere vane tutte le proteste e i movimenti contro Badoglio arrivò, all'indomani del ristabilimento delle relazioni diplomatiche dell'Italia e dell'URSS, la "svolta" di Salerno. Togliatti, giunto a Napoli, cercò di condurre Russo sulle posizioni del PCI, ma inutilmente. <8 Da allora la CGL fu sistematicamente attaccata sulle pagine de L'Unità. Si preparava la sua liquidazione. La celebrazione del 1° maggio, tradizionalmente organizzata dagli organismi dei lavoratori, costituì un altro motivo di attrito. Il PCI voleva, insieme al PSIUP, organizzare la manifestazione, sostituendosi alla CGL. Si arrivò alla redazione di appelli distinti, quello dei partiti e quello della CGL, all'interno della stessa manifestazione. Contemporaneamente iniziava a funzionare un ufficio di consulenza sindacale, parallelo alla CGL, continuavano gli attacchi del PCI e cominciavano le prime espulsioni dal partito, legate alla polemica con la CGL. Con i patti di Roma nacque la CGIL, avvenimento del quale la CGL ebbe notizia dall'intervista di Di Vittorio pubblicata sul giornale Il Risorgimento. <9
La CGL denunciò la natura del nuovo sindacato, nato dall'accordo fra i partiti e non dalla spinta e dalla volontà della massa lavoratrice, ma le manovre della CGIL condussero nella confusione il gruppo dirigente del sindacato napoletano, che nell'agosto finì per aderire al nuovo sindacato. La formula usata fu quella di "adesione critica", ma ciò che in realtà avvenne fu la distruzione della CGL di Napoli.
[NOTE]
1 "Ma lo sbocco finale della Resistenza non corrisponde alle premesse gettate dall'insurrezione nazionale: poiché c'è ovunque l'occupazione angloamericana a smorzare l'impeto, a rendere difficile l'affermazione della volontà popolare." in R. BATTAGLIA, cit., p. 561. "Le masse credevano, dopo la liberazione, di poter cambiare i rapporti di forza tra le classi, anche se non pensavano a una soluzione a breve scadenza. Credevano nel PCI (soprattutto). Si ricreava la contraddizione fra mediazione e movimento, ma non tra le organizzazioni operaie, partiti, sindacati. L'epurazione ne fu un esempio.", in V. FOA, cit., p. 1817.
2 Rocco D'AMBRA, I gruppi antifascisti, in Pasquale SCHIANO, La Resistenza nel napoletano, Napoli, 1965.
3 Eugenio Mancini era nato nel 1881, suo fratello Pietro era deputato socialista. Nel 1923 rivestì la carica di segretario della frazione terzina. L'anno successivo passò al PCd'I. Nel 1928 fu arrestato, dal confino chiese la grazia, a differenza degli militanti del PCd'I. Durante le quattro le giornate di Napoli ebbe un ruolo di notevole importanza e fu tra i promotori della scissione di Montesanto.
Cfr. A. PEREGALLI, L'altra Resistenza..., cit., p. 27, nota 12.
4 P. SCHIANO, cit., p. 153.
5 Clara DE MARCO, La costituzione della confederazione generale del lavoro e la scissione di Montesanto 1943-1944, in Giovane Critica, 1971, p. 53, nota 27.
6 Ibid., p. 54.
7 Enrico Russo era il direttore e Libero Villone era il redattore capo.
8 C. DE MARCO, cit., pp. 69-70.
9 Il Risorgimento del 10 aprile 1944. Per una storia del giornale, definito "anche e soprattutto una creatura degli alleati", cfr. Patrizia SALVETTI, Il Risorgimento di Napoli (4 ottobre 1943-4 giugno 1944), in L'altro dopoguerra..., cit., pp. 493-505. "Non solo la CGIL fu creata per diretta iniziativa dei tre grandi partiti antifascisti di massa, ma è persino possibile cogliere nei suoi primi passi una pesante tutela dei sindacati "amici" - soprattutto angloamericani - che erano allora vere e proprie agenzie delle potenze per garantire anche a livello della società gli equilibri pattuiti in sede diplomatica.", in V. FOA, cit., p. 1815. "Storicamente, la formazione della CGIL unitaria a Roma fu il risultato di un accordo politico tra i partiti antifascisti, accordo che si innestò istituzionalmente sul tronco burocratico della nomina dei commissari sindacali avvenuta durante il governo Badoglio. Questa nomina era avvenuta nel chiaro intento di dare, attraverso l'istituzionalizzazione dell'apparato sindacale, uno strumento interno di controllo di freno delle masse." in A. PEPE., cit., p. 126.
Angela Ottaviani, La sinistra comunista dai Fronti Popolari alla Resistenza, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Anno Accademico 1990-1991