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domenica 9 novembre 2025

Venne deliberata anche l'unione della CGL di Napoli con quella di Bari


La "liberazione" nel sud Italia arrivò prima che nel nord del paese. Nel breve intervallo che intercorse tra la caduta del fascismo e l'occupazione alleata, nel meridione non sorse un movimento di resistenza ai tedeschi organizzato come invece avvenne nel nord Italia. Ci fu una immediata ed esplosiva reazione popolare che si espresse in mille episodi di opposizione e di protesta contro ciò che restava dell'apparato fascista e contro i nazisti, che furono scacciati dalla massa popolare, spesso, prima dell'arrivo delle truppe angloamericane (Napoli resta l'episodio più significativo della vitalità e dell'energia delle masse meridionali). La rabbia popolare, alimentata dalla delusione delle aspettative riposte nei "liberatori", sfociò nella protesta contro le condizioni di vita che subivano un ulteriore peggioramento all'indomani della liberazione. <1
La reazione del governo Badoglio fu la repressione poliziesca dei movimenti, con l'uccisione ed il ferimento di numerosi proletari. Gli alleati esercitavano un forte controllo sulla popolazione, dove essi non erano presenti, si faceva sentire, opprimente, il potere del governo Badoglio, intenzionato a restaurare la situazione politica e sociale prefascista. Le condizioni di questa parte dell'Italia risentivano dell'arretratezza economica e sociale che aveva caratterizzato la regione, fin dall'unificazione del paese, quale risvolto necessario allo sviluppo del capitalismo italiano. Ai fermenti sociali del proletariato meridionale faceva riscontro la fioritura di gruppi politici di sinistra. I militanti che avevano subito la repressione fascista, una volta rientrati nei loro paesi, avevano ripreso i contatti tra di loro, mantenendo in vita dei piccoli nuclei politici, anche prima della caduta del fascismo. Accanto ai seguaci del PCI, "comunisti ufficiali, cioè fedeli alla linea del centro del partito" <2, quali Vincenzo La Rocca, nella zona del nolano, Corrado Graziadei nel casertano, per citarne alcuni, che facevano capo ad Eugenio Reale - che dirigeva il movimento anche dal carcere di Civitavecchia - e a Clemente Maglietta - poi emigrato e combattente in Spagna, - operavano altri gruppi. Un nucleo composto da Mario Palermo, Vincenzo Ingangi e Eugenio Mancini era ritenuto trotzkista dai comunisti ufficiali, perché aveva espresso delle riserve sulla politica di Stalin. <3 In seguito, attorno a Ludovico Tarsia e Ugo Arcuno si riunì un certo numero di intellettuali su posizioni "bordighiane", ma che parteciparono alla ricostituzione della Federazione campana del PCI nel 1943, come pure "bordighiani" si definivano molti operai di Barra e di Pozzuoli e alcune cellule di marittimi del porto di Napoli. <4
Il sud era isolato dalla vita politica del resto del paese e dagli sviluppi che l'evolvere della situazione imprimeva alle svolte organizzative e politiche dei partiti antifascisti. Lontano dalle mediazioni che la lotta unitaria contro il fascismo imponeva alle organizzazioni socialiste tradizionali, nel meridione, l'impatto crudo con la realtà della"liberazione", dell'oppressione esercitate dagli alleati e dal governo Badoglio sulla popolazione alimentava un radicalismo che si espresse nella costituzione di gruppi politici e sindacali su una genuina e immediata spinta classista.
Nel novembre 1943, in un convegno sindacale tenuto a Napoli venne ricostituita la Camera del Lavoro di Napoli e il Segretariato Meridionale della CGL, le cui basi erano già state gettate in un precedente incontro ad ottobre. Venne eletto un comitato direttivo provvisorio nel quale erano rappresentate le forze politiche antifasciste - Gallo e Iorio per il PCI, Bosso e Di Bartolomeo per il PSIUP, Arminio e Gentile per il PdA, Enrico Russo, Segretario Generale meridionale e Iorio, Segretario della CdL di Napoli. 
Enrico Russo aveva militato da lungo tempo nella Sinistra Comunista. Nato a Napoli nel 1895, nel 1910 si era iscritto al Circolo giovanile socialista "Pietro Casilli" e l'anno successivo al PSI. Operaio metallurgico al Silurificio, nel 1917 divenne segretario della FIOM di Napoli. La sua adesione al PCd'I avvenne nel 1924, dopo aver fatto parte della corrente terzinternazionalista del PSI, non concordando con Bordiga sulla scissione dal partito. Si distinse per la sua attività sindacale nella CdL di Napoli e nella CGL campana, fu in prima fila nell'organizzazione dello sciopero generale contro il carovita a Napoli nel 1925. Nel 1927 emigrò in Francia, dove fu membro del CC del PCI. Nel 1928, Russo presentò al Congresso dei Gruppi Comunisti Italiani di Parigi delle controtesi ispirate alla piattaforma dell'Opposizione di Sinistra del Partito Bolscevico. Nonostante l'intervento massiccio dei massimi esponenti del Partito francese, tra i quali Thorez e Vaillant-Couturier, il Congresso approvò a maggioranza le controtesi di Russo. L'esecutivo dell'Internazionale dichiarò non validi i deliberati del Congresso e convocò un nuovo congresso al quale inviò quale suo delegato Dimitrov. Anche al nuovo congresso le controtesi di Russo ebbero la maggioranza. In seguito a ciò l'Esecutivo della internazionale deliberò lo scioglimento dei gruppi comunisti italiani della regione parigina. <5 In seguito, Russo prese contatti con l'Opposizione di Sinistra Internazionale e con la Frazione di Sinistra, scrivendo anche sulle pubblicazioni della Sinistra Comunista, Prometeo e Bilan. Si trasferì in Belgio, al momento della guerra di Spagna prese parte alla "minoranza" della Frazione che auspicava l'intervento nella guerra civile a fianco dei repubblicani. Organizzò la brigata "Lenin", aderente al POUM combattendo in Spagna. Rientrato in Francia, fu internato nel campo di concentramento di Saint-Ciprien e in seguito consegnato alle autorità fasciste. Confinato alle isole Tremiti fu liberato nel settembre 1943.
Riflettendo e riportando le istanze classiste del proletariato meridionale, la CGL entrava in pieno contrasto con la politica condotta dal PCI a livello nazionale. La pregiudiziale antimonarchica era un motivo fondamentale nella linea dei comunisti e non si ammettevano espedienti tattici di accordi politici con il governo Badoglio. Gli esponenti di spicco della CGL erano molto critici nei confronti del partito e l'impostazione che il rinato sindacato aveva avuto, sotto l'impulso dei movimenti di lotta gli fruttò una "rapida ed entusiasta affermazione (...). In poco più di un mese la CGL riuscì a porsi in posizione di assoluta preminenza nella vita sindacale e politica, preminenza che conservò per circa un anno, pur sotto l'incalzare di un aspra polemica, che dall'aprile '44 in poi divenne aperta rottura con il PCI". <6 I militanti del PCI che operavano nel napoletano, Eugenio Reale in particolare, si resero ben presto conto del pericolo che poteva costituire una forza sindacale autonoma dalle direttive del PCI e radicalizzata dalle spinte della base e cercarono di porre degli ostacoli all'attività della CGL. Questa fu l'origine della "scissione di Montesanto", la quale mise in luce le forze dell'opposizione di sinistra alla politica del PCI all'interno della CGL ed il peso notevole che essa aveva acquistato nella conduzione della lotta a fianco della classe operaia. Il 24 ottobre nella sede della Federazione napoletana della CGL, in via Salvatore Tommasi, doveva avere luogo la riunione di una commissione formata da Iorio, Mancini, Ingangi, Russo e Avieta, incaricati della preparazione di un'assemblea per le elezioni delle cariche e per esaminare le domande di iscrizione. Spano e Reale fecero chiudere la sede prevedendo di avere la minoranza. I militanti si recarono allora alla sede degli autoferrotranvieri a piazza Montesanto e decisero la scissione dalla minoranza. Il PCI attaccò con i metodi ben noti la maggioranza scissionista, ma organizzativamente essa non poteva godere di una autonomia sufficiente: la scissione rientrò dopo 45 giorni, il 12 dicembre. Questo non significò la ritrovata unità ideologica e politica e l'opposizione continuò, aspra, all'interno e contro la CGL.
In questo quadro va inserita la proposta, lanciata al I congresso del PCI delle province liberate (21 e 22 dicembre 1943), dalla Federazione Comunista di Napoli, di tenere un convegno sindacale a Bari per la costituzione di una nuova CGL. Il Convegno si tenne il 29 gennaio 1944, contemporaneamente al congresso dei CLN, ma si risolse in un fallimento. Le altre forze politiche, socialisti ed azionisti, ne denunciarono il carattere formale e l'inconsistenza politica, e l'iniziativa morì sul nascere. La CGL formatasi a Bari non fu tuttavia sciolta. La CGL conservò il proprio peso e l'importanza che aveva assunto si espresse chiaramente nel congresso tenuto a Salerno il 18, 19 e 20 febbraio 1944. Contemporaneamente uscì anche il primo numero del giornale della CGL Battaglie sindacali, <7 per la pubblicazione del quale si era dovuto duramente lottare contro il veto imposto dagli alleati alla pubblicazione (la CGL e la Frazione di sinistra dei comunisti e dei socialisti italiani erano gli unici due gruppi di opposizione ai quali non era ancora consentita la pubblicazione dei giornali). Gli interventi di Russo, Villone e Di Bartolomeo al congresso sottolinearono il ruolo che essi attribuivano al sindacato, per l'unità di tutti i lavoratori in una lotta che doveva condurre all'eliminazione di ogni forma di sfruttamento. Veniva rigettata la partecipazione alla guerra nazionale al fianco delle altre forze borghesi. La presenza azionista influenzò il congresso, venne deliberata anche l'unione della CGL di Napoli con quella di Bari. Sulle conclusioni del congresso, dal quale le posizioni della Sinistra uscirono "annacquate", pesava anche l'atteggiamento di Russo verso il PCI, che egli credeva di poter ricondurre, dall'interno, su una linea rivoluzionaria. Gli scissionisti rientrati che non si adeguarono alla linea del PCI furono espulsi e le speranze di Russo e di altri militanti di poter incidere in qualche modo sulla politica del partito, si rivelarono vane. Le agitazioni che si verificarono nel marzo 1944 videro la CGL in prima fila, quale portavoce delle istanze della base contro il governo Badoglio. I partiti antifascisti cercarono di controllare la spinta popolare, ma a rendere vane tutte le proteste e i movimenti contro Badoglio arrivò, all'indomani del ristabilimento delle relazioni diplomatiche dell'Italia e dell'URSS, la "svolta" di Salerno. Togliatti, giunto a Napoli, cercò di condurre Russo sulle posizioni del PCI, ma inutilmente. <8 Da allora la CGL fu sistematicamente attaccata sulle pagine de L'Unità. Si preparava la sua liquidazione. La celebrazione del 1° maggio, tradizionalmente organizzata dagli organismi dei lavoratori, costituì un altro motivo di attrito. Il PCI voleva, insieme al PSIUP, organizzare la manifestazione, sostituendosi alla CGL. Si arrivò alla redazione di appelli distinti, quello dei partiti e quello della CGL, all'interno della stessa manifestazione. Contemporaneamente iniziava a funzionare un ufficio di consulenza sindacale, parallelo alla CGL, continuavano gli attacchi del PCI e cominciavano le prime espulsioni dal partito, legate alla polemica con la CGL. Con i patti di Roma nacque la CGIL, avvenimento del quale la CGL ebbe notizia dall'intervista di Di Vittorio pubblicata sul giornale Il Risorgimento. <9
La CGL denunciò la natura del nuovo sindacato, nato dall'accordo fra i partiti e non dalla spinta e dalla volontà della massa lavoratrice, ma le manovre della CGIL condussero nella confusione il gruppo dirigente del sindacato napoletano, che nell'agosto finì per aderire al nuovo sindacato. La formula usata fu quella di "adesione critica", ma ciò che in realtà avvenne fu la distruzione della CGL di Napoli.
[NOTE]
1 "Ma lo sbocco finale della Resistenza non corrisponde alle premesse gettate dall'insurrezione nazionale: poiché c'è ovunque l'occupazione angloamericana a smorzare l'impeto, a rendere difficile l'affermazione della volontà popolare." in R. BATTAGLIA, cit., p. 561. "Le masse credevano, dopo la liberazione, di poter cambiare i rapporti di forza tra le classi, anche se non pensavano a una soluzione a breve scadenza. Credevano nel PCI (soprattutto). Si ricreava la contraddizione fra mediazione e movimento, ma non tra le organizzazioni operaie, partiti, sindacati. L'epurazione ne fu un esempio.", in V. FOA, cit., p. 1817.
2 Rocco D'AMBRA, I gruppi antifascisti, in Pasquale SCHIANO, La Resistenza nel napoletano, Napoli, 1965.
3 Eugenio Mancini era nato nel 1881, suo fratello Pietro era deputato socialista. Nel 1923 rivestì la carica di segretario della frazione terzina. L'anno successivo passò al PCd'I. Nel 1928 fu arrestato, dal confino chiese la grazia, a differenza degli militanti del PCd'I. Durante le quattro le giornate di Napoli ebbe un ruolo di notevole importanza e fu tra i promotori della scissione di Montesanto.
Cfr. A. PEREGALLI, L'altra Resistenza..., cit., p. 27, nota 12.
4 P. SCHIANO, cit., p. 153.
5 Clara DE MARCO, La costituzione della confederazione generale del lavoro e la scissione di Montesanto 1943-1944, in Giovane Critica, 1971, p. 53, nota 27.
6 Ibid., p. 54.
7 Enrico Russo era il direttore e Libero Villone era il redattore capo.
8 C. DE MARCO, cit., pp. 69-70.
9 Il Risorgimento del 10 aprile 1944. Per una storia del giornale, definito "anche e soprattutto una creatura degli alleati", cfr. Patrizia SALVETTI, Il Risorgimento di Napoli (4 ottobre 1943-4 giugno 1944), in L'altro dopoguerra..., cit., pp. 493-505. "Non solo la CGIL fu creata per diretta iniziativa dei tre grandi partiti antifascisti di massa, ma è persino possibile cogliere nei suoi primi passi una pesante tutela dei sindacati "amici" - soprattutto angloamericani - che erano allora vere e proprie agenzie delle potenze per garantire anche a livello della società gli equilibri pattuiti in sede diplomatica.", in V. FOA, cit., p. 1815. "Storicamente, la formazione della CGIL unitaria a Roma fu il risultato di un accordo politico tra i partiti antifascisti, accordo che si innestò istituzionalmente sul tronco burocratico della nomina dei commissari sindacali avvenuta durante il governo Badoglio. Questa nomina era avvenuta nel chiaro intento di dare, attraverso l'istituzionalizzazione dell'apparato sindacale, uno strumento interno di controllo di freno delle masse." in A. PEPE., cit., p. 126.
Angela Ottaviani, La sinistra comunista dai Fronti Popolari alla Resistenza, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Anno Accademico 1990-1991