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sabato 15 marzo 2025

Combattere il comunismo non aveva limiti


La guerra civile italiana fu un conflitto sanguinoso che aprì uno squarcio nel tessuto sociale del paese; probabilmente era fin dal 1922 che l’unità nazionale era stata compromessa, forse lo stato post-risorgimentale non è mai stato unito e non lo è neanche ai giorni nostri. È a partire dalla divisione socio-politica che si sviluppò il periodo delle stragi in Italia; questa frattura è difficilmente riconciliabile e porta in superficie tutte le contraddizioni italiane. Inoltre occorre sottolineare una certa continuità tra ventennio fascista e democrazia italiana. Il fascismo, nonostante la temporanea sconfitta, aveva presto risaldato le sue file ed era pronto a farsi largo nuovamente. Alla giustizia sommaria seguì l’impunità per artefici e protagonisti della dittatura. «La gran parte di loro, non tutti, vennero accusati dalla Jugoslavia, dalla Grecia, dall’Albania, dalla Francia e dagli angloamericani di crimini di guerra al termine del conflitto. Nessuno venne mai processato in Italia o effettivamente epurato, nessuno fu mai estradato all’estero o giudicato da tribunali internazionali, tutti furono reinseriti negli apparati dello Stato postfascista con ruoli di primo piano, divenendo questori, prefetti, capi dei servizi segreti, deputati e ministri della neonata Repubblica democratica. In quest’ottica, dunque, le loro biografie non rappresentano “vicende personali” o “casi atipici”, quanto piuttosto elementi “visivi” di un segmento del complessivo processo di continuità dello Stato caratterizzato dalla reimmissione e dal reimpiego nei gangli istituzionali di un personale politico e militare non soltanto organico al Ventennio fascista ma il cui nome, nella maggior parte dei casi, era stato inserito in liste “War Crimes” delle Nazioni Unite» <7.
Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Italia faceva i conti con la distruzione causata dai bombardamenti. Ma la nazione, nata solamente circa ottanta anni prima, non aveva a che fare solo con la sfida della ricostruzione, ma con una sfida forse più complessa: ricostituire la comunità nazionale, quella stessa comunità nazionale che era stata attraversata da un conflitto fratricida. La guerra appena conclusa, aveva avuto diverse dimensioni: guerra nazionale contro i tedeschi, guerra civile tra antifascisti e fascisti e una guerra sociale, cioè lotta di classe. Quando le operazioni belliche terminarono, internamente le ostilità non cessarono, il sangue continuò a scorrere nelle settimane successive. Una guerra civile implica un’ostilità feroce tra le parti, l’affermazione di una comporta l’eliminazione dell’altra, molto spesso fisica. Il conflitto è stato descritto attraverso il rimando alla guerra di liberazione nazionale, il fascista era solo funzionale all’occupazione nazista, tuttavia il grande conflitto tra fascisti e antifascisti non poteva essere negato, anche se sul piano politico veniva quasi nascosto.
In questa fase la prospettiva di una nuova guerra civile era tutt’altro che remota: vari cittadini, molti dei quali avevano fatto parte delle repubbliche partigiane, avevano ancora armi a disposizione. Non si poteva escludere lo scoppio di una nuova ondata di quella guerra civile cominciata nel 1936, quando in Spagna si iniziò a combattere il conflitto tra repubblicani e franchisti. Conflitto che vide la partecipazione di molti italiani, sia da una parte che dall’altra, col regime fascista che, appoggiando Francisco Franco, dette il via, non solo a una nuova dittatura nel cuore dell’Europa mediterranea, ma anche a quella collaborazione col cancelliere tedesco Adolf Hitler, che condurrà l’Italia nel baratro della guerra nazi-fascista. L’esperienza della resistenza lascia «una duplice e contraddittoria eredità» <8, se da una parte vi era la consapevolezza di aver combattuto in un fronte unito contro la Germania nazista, dall’altra parte si vede «il discrimine comunismo/anti-comunismo lacerare quel tessuto comune e dividere nettamente chi si schiera su un versante e chi si schiera sull’altro» <9.
L’Italia del dopoguerra nacque sulle ceneri di un regime cruento, fondandosi sul principio che è il fondamento della Costituzione: l’antifascismo. I vari attori politici che entrano a far parte del CLN, Comitato di Liberazione nazionale, formarono il primo governo della Repubblica italiana, proclamata il 2 giugno 1946. DC-PCI-PSIUP-PRI formano la coalizione di quel governo, con Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio, dando vita alla stagione dei governi democristiani che si concluderà solamente con la fine della cosiddetta Prima Repubblica, a seguito dello scandalo di Tangentopoli degli anni '90 <10.
Nel contesto della contrapposizione ideologica tra Usa e Urss, i governi a guida democristiana si trovarono ad assumere un ruolo molto delicato data la massiccia presenza e la rilevanza del PCI sul territorio italiano. I governi di stampo democristiano di De Gasperi, fecero tutto il possibile per far pensare agli Stati Uniti che l’Italia fosse meritevole degli aiuti economici garantiti dal Piano Marshall. Il viaggio in America del Presidente De Gasperi nel 1947 fu l’occasione da tempo cercata per avviare un rapporto privilegiato con la potenza ormai egemone nel mondo occidentale. Il leader democristiano, in sintonia col Vaticano, aveva individuato da tempo negli Stati Uniti il riferimento essenziale per la ricostruzione democratica del paese. È l’America che non aveva ancora deciso se considerare l’Italia un luogo importante nella sua strategia di potenza mondiale, mentre si inaspriva lo scontro con l’Unione Sovietica <11. De Gasperi si dimostrò un buon politico e un fedele alleato degli Usa: ciò fu sancito ulteriormente dalla partecipazione dell’Italia alla firma del trattato fondatore della Nato. Il capo del governo italiano perseguiva una prospettiva di tendenza moderata, con un’inedita egemonia cattolica che favoriva il passaggio indolore dall’esperienza nazionalistico-conservatrice della monarchia e del fascismo alle forme rinnovate della repubblica democratica.
Un rinnovamento “moderato” che assicurava la continuità delle più consolidate realtà socio-politiche nazionali: la Chiesa Cattolica, i maggiori interessi economici, gli apparati (burocratici, giudiziari, militari), le aspirazioni sociali alla stabilità degli individui e dei gruppi familiari <12. Gli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale furono molto duri. La popolazione sfiancata dal conflitto, rimetteva insieme i pezzi di una vita totalmente da ricostruire e piangeva chi, purtroppo, dal fronte non era più tornato.
Fu in questo periodo di trambusto che gli Usa, consapevoli dell’importanza del Partito Comunista sulla scena politica, avviarono un’azione di “contenimento”. Essa venne attuata attraverso organizzazioni più o meno legali, che si costituirono nei paesi occidentali, e che avevano la finalità di contrastare la forza espansiva del comunismo facendo ricorso, oltre che a misure economiche e politiche, a misure aventi “implicazioni di carattere militare” come azioni di guerriglia, di sovversione, e altre azioni coperte. A dimostrazione del peso del sostegno militare, basti pensare che, alla fine del 1951, il governo americano destinò ai paesi europei del Patto equipaggiamenti militari per un valore di 85 miliari di dollari <13.
Ciò a mio avviso riflette quello che stava alla base del terrorismo nero in Italia: combattere il comunismo non aveva limiti, bisognava farlo e riuscirci a tutti i costi; non esistevano rimorsi e premura, non esisteva compassione per le vittime innocenti.
[NOTE]
7 Davide Conti, Gli uomini di Mussolini, prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Torino, Einaudi, 2018, pp. 3-4.
8 Angelo Ventrone, La strategia della paura, eversione e stragismo nell’Italia del novecento, op cit., p. 104.
9 Ibidem
10 www.governo.it, consultato il 20/10/2020
11 Francesco Barbagallo, l’Italia repubblicana, dallo sviluppo alle riforme mancate (1945-2008), Carocci editore, Roma, 2009, p.23
12 ibidem
13 T. Judt, Postwar: la nostra storia 1945-2005, op cit., p.191
Pietro Menichetti, L’Italia del terrore: stragi, colpi di Stato ed eversione di destra, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2019-2020