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lunedì 10 marzo 2025

Nenni parlò della crisi appena passata


Il '64 non aveva ancora finito con i colpi di scena: per la prima volta (e non certo ultima) nella storia della prima Repubblica, si tentò di sovvertire l'ordinamento democratico. Per saperne di più, si dovette attendere il 14 maggio 1967 quando Lino Jannuzzi pubblicò sul giornale l'Espresso un articolo dal titolo eloquente: "Finalmente la verità sul Sifar. 14 luglio 1964. Complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparavano il colpo di Stato" <14. Nel 1969, poi, una veemente campagna stampa costrinse il governo a nominare una Commissione d'inchiesta sugli eventi dell'estate 1964 <15.
Le relazione di maggioranza e quella di minoranza (presentata da esponenti delle sinistre come Umberto Terracini e Carlo Galante Garrone) concordarono nel ricostruire le misure predisposte da De Lorenzo, tuttavia il giudizio su di esse divergeva completamente. Per la relazione di maggioranza certe misure erano state concepite in chiave prettamente difensiva: seppur inammissibili, certe disposizioni non corrispondevano alla volontà di costituire una minaccia per lo status quo né sarebbero state finalizzate a un colpo di Stato. La Commissione di maggioranza concludeva riconducendo la «deplorevole iniziativa [..] alla responsabilità primaria del generale De Lorenzo» <16; il Piano Solo, dunque, sarebbe stato l'assurdo capriccio di un singolo.
Per la relazione di minoranza, invece, De Lorenzo avrebbe agito per «colpire profondamente le istituzioni, al di là della loro sopravvivenza formale, e la Costituzione» <17. Ma che cosa era veramente accaduto in quel luglio del '64?
L'allora Presidente della Repubblica, Antonio Segni, aveva appena incaricato Moro di formare un nuovo governo. L'avversione di Segni verso l'ipotesi di una ennesima coalizione con i socialisti era nota, tant'è che egli non tardò a mostrare i primi segni di impazienza dovuti al prolungarsi dei negoziati fra i partiti. Il 15 luglio, Segni prese l'anomala iniziativa di convocare al Quirinale il generale Giovanni De Lorenzo. Nominato comandante del Servizio segreto dell'esercito italiano (SIFAR) nel 1955, De Lorenzo dal '59 aveva cominciato a collezionare esaurienti fascicoli riguardanti i principali politici italiani «che possono assurgere ad alte cariche o comunque inserirsi o essere interessati alle principali attività della vita nazionale, in qualsiasi campo <18», sotto esplicita richiesta degli Stati Uniti. Nel 1962, venne nominato comandante dei carabinieri e, per merito della sua abilità, fu in grado di costituire un reparto personale dell'esercito, una piccola milizia superiore per disciplina ed efficienza al resto delle forze armate. Nello stesso '64, De Lorenzo aveva provveduto alla stesura del cosiddetto Piano Solo: un piano anti-insurrezionale, con metodiche tuttavia sovversive. Il piano prevedeva, in prima battuta, la redazione di liste contenenti i nominativi delle persone pericolose per la sicurezza pubblica. Complici gli omissis statali, il documento non fu mai rinvenuto, tuttavia è largamente probabile che tra di loro emergessero leader comunisti, socialisti e sindacali. All'arresto di questi ultimi, avrebbe conseguito l'occupazione delle prefetture, delle radio-televisive, delle centrali telefoniche e delle direzioni di alcuni partiti politici.
Sorprende come le disposizioni del piano di De Lorenzo somiglino a quelle contenute nel piano Prometeo del colonnello Papadopoulos, promotore dell'instaurazione di un governo militare in Grecia, nell'aprile 1967: ciò lascia sorpresi soprattutto alla luce delle dichiarazioni della Commissione di maggioranza la quale, lo ricordiamo, riconobbe soltanto la natura difensiva del fenomeno Solo.
Ad oggi, il ruolo di Segni in questa vicenda rimane irrisolto: certamente il Presidente non era interessato al colpo di Stato, né possiamo affermare che fosse a totale conoscenza delle intenzioni eversive di De Lorenzo. Tuttavia, è probabile che Segni intravedesse nel generale la possibilità di porre fine all'esperienza del centro-sinistra, di istituire un governo tecnico e, forse, un accrescimento del potere presidenziale, in pieno stile gollista.
La minaccia del golpe tuttavia bastò per evitarne l'attuazione: la mancata organizzazione, ma soprattutto l'accelerazione dei negoziati politici scongiurarono il pericolo. Pietro Nenni (vice Presidente del precedente Governo Moro) e i socialisti cercarono di evitare ogni obiezione.
Nenni parlò in questi termini della crisi appena passata: "Improvvisamente i partiti e il Parlamento hanno avvertito che potevano essere scavalcati. La sola alternativa... è stata quella d'un governo di emergenza, affidato a personalità cosiddette eminenti, a tecnici, a servitori disinteressati dello Stato, che nella realtà del Paese qual è, sarebbe stato il governo delle destre, con un contenuto fascistico-agrario-industriale, nei cui confronti il ricordo del luglio 1960 sarebbe impallidito" <19.
Il SIFAR (accusato di aver travalicato i propri limiti, arrogandosi il diritto di compilare le liste) cessò di esistere formalmente nel novembre del 1965, sostituito dal nuovo Servizio informazioni della Difesa (SID), sebbene struttura e strategia restassero immutate. Inoltre, l'indifferenza nutrita nei confronti dei responsabili del Piano Solo lasciava irrisolte alcune questioni: perché le reti eversive non erano state punite? Perché si lasciò che il piano di De Lorenzo fosse il primo passo di un cammino che condusse alla strategia della tensione? Su quali culture e quali complici si poté contare?
Il periodo della tensione fu una parentesi complicata: per una cognizione del fenomeno che rifiuti semplicistiche interpretazioni, è bene rivelare le dinamiche che ne furono all'origine, così da comprendere le ragioni che hanno reso difficile l'individuazione delle relative responsabilità e la punibilità di queste ultime.
Bisogna dunque risalire ai primordi della Repubblica per delineare il contesto in cui, un quarto di secolo più tardi, conflagreranno le ondate del terrorismo e dello stragismo. Le tristi vicende che avrebbero intasato la storia della prima Repubblica non troverebbero comprensibile collocazione se il Bel Paese non fosse prima inserito in un più ampio contesto: "[Bisogna] ricordare quale fosse la nostra collocazione geopolitica durante la guerra fredda. Noi eravamo un Paese doppiamente di confine: c’era un limes esterno, con i Paesi dell’Est, ma allo stesso tempo esisteva un limes interno, giacché la cortina di ferro attraversava l’Italia e la spaccava in due, occidentali amici dell’America e orientali amici dell’Unione Sovietica. L’Italia era segnata da una contrapposizione ideologica e di civiltà. Gli equilibri politici nazionali erano condizionati dalla costellazione geopolitica mondiale. [..] È chiaro che in questa condizione l’Italia era più un oggetto che un soggetto della politica internazionale" <20.
L'anticomunismo accomunò molti attori politici, dal fronte più moderato a quello più estremo delle forze neofasciste. Certo, l'apertura a sinistra avallata, tra gli altri, anche da John Kennedy, aveva suggerito una certa distensione anche a livello internazionale, tuttavia non si fatica a credere che già nel primissimo dopoguerra si fosse lavorato alla preparazione della forze armate in funzione di una lotta anticomunista, alla formazione di un soldato forgiato per fronteggiare la minaccia del pericolo rosso.
[NOTE]
14 L'articolo di Jannuzzi è consultabile su http://temi.repubblica.it
15 La Commissione parlamentare d'inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964 venne istituita con la legge del 31 marzo 1969 n. 93 e chiuse i propri lavori il 15 dicembre 1970 con la presentazione di una relazione di maggioranza e di quattro relazioni di minoranza. L'archivio della Commissione fu poi versato in un unico fondo segreto. Le relazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, V Legislatura, sono consultabili su http://www.senato.it.
16 Commissione parlamentare d'inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, G. Alessi, Relazione di maggioranza, volume I, p. 1316. Consultato su http://www.senato.it , in data 17 novembre 2017.
17 Commissione parlamentare d'inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, U. Terracini, U. Spagnoli, N. D'Ippolito,
A. Galante Garrone e F. Lami, Relazione di minoranza, volume II, pp. 301-302. Consultato su http://www.senato.it, in data 17 novembre 2017.
18 A. Silj, Malpaese. Criminalità, corruzione e politica nell'Italia della prima Repubblica 1943-1994, Donzelli, Roma 1994, p. 55.
19 Pietro Nenni, Avanti!, 26 luglio 1964. Facendo appello agli eventi del 1960, Pietro Nenni vuol ricordare il periodo della coalizione di centro-destra che comprese gli anni dal 1957 al 1960. L'esperimento di centro-destra raggiunse il suo apice quando Fernando Tambroni, incaricato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, decise di costituire un governo di soli democristiani, avvalendosi dei voti dei parlamentari del Movimento sociale italiano al momento del voto di fiducia. L'appello rivolto agli esponenti del MSI destò reazioni negative sia tra i partiti centristi che fra i partiti di sinistra; essi considerarono la manovra politica di Tambroni un tradimento degli ideali su cui era stata costruita la Repubblica. Ad aggravare i malumori, si aggiunse il permesso concesso al MSI da parte di Tambroni, di tenere il suo congresso a Genova, città che, tra le altre cose, aveva ricevuto la medaglia d'oro per la partecipazione alla Resistenza. Le rivolte scoppiarono nel capoluogo ligure come in altre città d'Italia; il congresso venne rinviato e Tambroni fu costretto alle dimissioni. Il luglio del 1960 viene ricordato per le violenze verificatesi durante le contestazioni.
20 F. Cossiga, intervista di L. Caracciolo, Perché contiamo poco, in Limes. Una rivista politica, 3 giugno 1995. Consultato su http://www.limes.espresso.repubblica.it in data 6 novembre 2017.
Beatrice Doccini, Storia della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia massonica P2, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, 2018