Nel corso dei primi mesi successivi al conflitto personalità ed enti ebraici in Italia fecero dei tentativi a livello istituzionale allo scopo di far entrare, legalmente, dei displaced ebrei nel paese. Di una prima richiesta, effettuata anche a nome del Comitato ricerche deportati ebrei e del Comitato europeo dei rabbini ortodossi degli Stati Uniti e del Canada, si fece carico nell’estate 1945 Angelo Donati, ebreo d’origine modenese trasferitosi a Parigi nel 1919 e attivo già durante la guerra nel salvataggio dei profughi ebrei presenti soprattutto nel Sud della Francia <278. Il piano riguardava 2000 minori d’età compresa fra i 4 e i 16 anni, “ritrovati nei vari territori della Germania, privi dei genitori che furono massacrati dalla ferocia nazista” <279.
Quello degli unaccompanied minors rimasti soli al mondo, senza nessuno che si prendesse cura di loro, fu il maggiore problema con cui l’Unrra [l’United Nations Relief and Rehabilitation Administration] dovette confrontarsi: in base ai dati forniti da Malcom J. Proudfoot, il 60% di essi era costituito da ebrei. L’organizzazione assistenziale delle Nazioni Unite calcolava che i giovani ebrei presenti nel 1946 in Germania - il paese dove il loro totale risultava maggiormente consistente - fossero circa 22.000: di questi, 2500-2600 erano orfani <280. Erano bimbi e adolescenti sopravvissuti ai Lager nazisti, spesso gli unici ormai in vita di interi nuclei familiari, giovani e giovanissimi riusciti a salvarsi nascondendosi o vivendo in clandestinità, ma anche minori ritornati nei paesi dove avevano vissuto in precedenza e messisi poi nuovamente in cammino, insieme a molti adulti, verso Ovest. Lo scrittore Aharon Appelfeld, originario di Czernowitz in Bucovina, aveva sette anni allo scoppio della guerra; persi entrambi i genitori, ormai solo, riuscì a sopravvivere nascondendosi per mesi nei boschi dell’Ucraina o lavorando presso contadini, ai quali mai raccontò di essere ebreo. Arrivato in Italia con un gruppo di altri ragazzi, incontrati a Zagabria, tutti più o meno della stessa età, soggiornò qualche mese vicino a Napoli - “Italy for me - ricorda - is the best memory after I lost my world” <281 - per poi emigrare in Palestina <282. In aiuto di bambini e adolescenti sopravvissuti alla shoah intervennero vari organismi, quali la Croce Rossa Internazionale, l’Ose (OEuvre de secours aux enfants), l’Ort (Obschtschestwo Rasprostranenja Truda, Organizzazione per la ricostruzione e il lavoro), la Jewish Agency for Palestine, il Central British Fund for Jewish Relief and Rehabilitation e The Refugee Childrens Movement; queste ultime due operarono al fine di condurre numerosi minori da Bergen Belsen in Gran Bretagna. L’alyah hana’or, fondata già nel 1933 a Berlino da Recha Freier, si occupava invece dell’emigrazione giovanile in Palestina <283.
Angelo Donati, nel perorare la causa di far arrivare in Italia questo gruppo di 2000 minori, assicurò che il periodo della loro permanenza nel paese sarebbe stato limitato ad uno o al massimo a due anni e che le spese per il loro mantenimento sarebbero state sostenute dal Comitato europeo dei rabbini ortodossi. Sia il Ministero degli esteri che la Presidenza del consiglio si espressero positivamente in merito all’accoglimento della domanda <284; anche l’azionista Emilio Lussu, ministro dell’Assistenza post-bellica nel governo Parri, si dichiarò “favorevole alla proposta, per motivi umanitari e politici” <285. Della questione era stata interessata anche l’Unrra, ma la risposta di Antonio Sorieri era stata che la politica dell’Afhq, considerate le difficili situazione in cui versava il paese e la scarsità dei certificati disponibili per la Palestina, era di non farvi affluire apolidi e stranieri non rimpatriabili. Sarebbe stato
insensato (unsound), scrisse inoltre, aggiungere ulteriori displaced ebrei alle migliaia già presenti nel paese <286. La pratica, anche se con lentezza, nel frattempo procedeva e furono presi contatti con organismi per l’assistenza all’infanzia - la fondazione Figli italiani all’estero e il Commissariato nazionale della gioventù italiana - al fine di reperire strutture adeguate, cosa peraltro non facile, ad ospitare questo gruppo di giovani in Italia. Il 23 novembre 1945 una lettera del Comitato ricerche deportati ebrei pose fine alla questione: si riferì infatti che questi minori avevano già trovato ospitalità in Francia e Inghilterra <287.
Dall’iter più complesso e controverso si rivelò un’ulteriore richiesta, la cui vicenda fece emergere differenze di visioni e posizioni in merito all’accoglienza dei displaced ebrei nel paese. Il 6 novembre Giuseppe Nathan, commissario governativo dell’Unione delle comunità, si rivolse a Ferruccio Parri, all’epoca presidente del consiglio, chiedendo di poter far entrare in Italia circa 3000 ebrei provenienti da paese dell’Europa centro-orientale; nella lettera, Nathan metteva in risalto l’antisemitismo ancora ben presente in quei territori <288. La riposta del Capo di gabinetto della Presidenza fu molto comprensiva e disponibile: "Il Governo Italiano considera giusto e doveroso dare aiuto agli ebrei costretti a lasciare altri paesi a causa della persecuzione razziale; spiacente che le attuali condizioni dell’Italia non consentano di provvedere alla loro assistenza, esso confida che gli immigrati possano trovare nel nostro Paese almeno quello spirito di libertà e di solidarietà umana che anima il popolo italiano nel suo risorgimento" <289.
Non si ravvisavano in sostanza difficoltà - si legge nella risposta - nel rilasciare permessi di soggiorno agli ebrei intenzionati a sostare per un breve periodo in Italia, anche se, date le condizioni in cui versava il paese, andavano posti dei limiti all’ospitalità: la permanenza doveva essere circoscritta nel tempo e il sostentamento doveva essere a carico di chi arrivava, cioè, in sostanza non pesare sul bilancio dello stato. Nathan diede rassicurazioni su entrambi i punti, scrivendo che sia l’Unrra che il Joint si erano impegnati a provvedere al mantenimento di queste persone <290. Dal canto suo, Raffaele Cantoni avrebbe fornito qualche mese dopo un’interessante motivazione - sintomatica dell’elevato grado di organizzazione di questi flussi - sul perché fosse stata inoltrata tale domanda, mirata, a quanto si legge, ad una ben determinata gruppo di she’erith hapletah: "La richiesta di ammissione di profughi, con regolare permesso, quando tanti ne arrivano illegalmente è fondata sulla necessità di provvedere a coloro i quali per le loro condizioni di età, di stato fisico od altro non avrebbero modo di venire altrimenti a salvamento in Italia" <291.
E’ una differenziazione che riflette perfettamente quelle che possiamo definire le due categorie di displaced presenti nei primi mesi del 1946 nella zona americana in Austria: da un lato vi erano gli infiltrees, inseriti per breve tempo nei campi di smistamento che venivano fatti proseguire subito, dall’altro vi erano quelli che Thomas Albrich definisce gli “echte”, i veri displaced, alloggiati in campi “residenziali”, troppo anziani o malati per affrontare viaggi faticosi e difficoltosi, oppure semplicemente stanchi di spostarsi in clandestinità e intenzionati ad emigrare solo legalmente. Cantoni, non da ultimo, pare proprio essere stato ben a conoscenza di come funzionasse il sistema <292.
Messo al corrente della richiesta inoltrata da Giuseppe Nathan, la replica del capo della polizia fu tutt’altro che conciliante nei toni e nelle posizioni: "Dell’intesa intercorsa […] questo Ministero non aveva avuto prima d’ora conoscenza, ciò premesso e date le attuali contingenze vedrà codesta On. Presidenza se convenga favorire ancora nuove immigrazioni le quali aggraverebbero le già difficili condizioni del momento, mentre sembrerebbe che i predetti ebrei evidentemente diretti in Palestina non possono trasferirvisi rapidamente" <293. A quanto si riesce a desumere dalla lettera - il passaggio non è esplicitato in modo così chiaro - già 207 ebrei si sarebbero trovati a Modena in attesa di ulteriore destinazione <294. Se dunque vi era stato da parte di settori della politica italiana uno slancio favorevole nei confronti di questi ingressi - già Parri aveva fatto esprimere pubblicamente alla Conferenza sionistica mondiale di Londra dell’agosto 1945 dal delegato italiano, Carlo Alberto Viterbo, il positivo atteggiamento del governo nei confronti del sionismo <295 - di idee diverse risultava essere la Direzione generale di pubblica sicurezza. Luigi Ferrari, capo della polizia dal luglio 1944 <296, ribadì circa un mese dopo alla Presidenza del consiglio la sua posizione: "Nel caso in esame si aggiunge che gli ebrei in questione […] verrebbero in Italia per un periodo di tempo che solo teoricamente è limitato a sei mesi, in quanto la loro partenza dal Regno è subordinata a condizioni del tutto aleatorie, come quella delle concessione del visto di ingresso da parte di altro Stato in un momento in cui tali concessioni sono sempre più difficili. […] A quanto risulta dalle stesse ammissioni fatte dal rag. Cantoni, la Commissione Alleata non è d’accordo circa il trasferimento in Italia dei tremila ebrei, tanto che occorrerebbe evitare che le Autorità Alleate possano venire a conoscenza dell’ingresso nel regno di una così considerevole massa di stranieri" <297. Ferrari scriveva inoltre che l’Unrra non era stata affatto informata della questione e che, anzi, Raffaele Cantoni temeva che questa avrebbe potuto, se ufficialmente interpellata dal governo, sollevare obbiezioni. Cosa che in effetti si verificò mesi dopo: alla richiesta di Cantoni che l’ente assistenziale si prendesse cura di questo gruppo di ebrei una volta entrati nel paese, Keeny, direttore della Missione Unrra in Italia, risponderà - siamo nel maggio 1946 - di concordare con la posizione alleata, decisa mesi prima, di non consentire ulteriori ingressi se non ai displaced da rimpatriare <298. Ferrari proseguiva scrivendo come, considerati gli “affidamenti già dati dal governo Italiano”, si dovesse ormai dare concreta attuazione al trasferimento, ma nondimeno dovevano essere definite alcune questioni: era importante informare le autorità alleate dell’ingresso dei profughi, che non dovevano arrivare alla spicciolata - per evitare, probabilmente, che ne arrivassero in numero maggiore al dovuto, cosa che, si evince chiaramente, era assai temuta - e andava stabilito tramite l’Unrra in quali campi essi avrebbero dovuto essere sistemati. Si voleva infatti evitare che i rifugiati si trasferissero in grandi città, si legge, dove "come a Roma, sono dilagate masse considerevoli di stranieri sbandati e senza mezzi, che si dedicano alle attività più losche" <299. La Direzione generale affari politici del Ministero degli esteri, interpellata sulla questione, rispose oltre un mese dopo di concordare con le indicazioni e le proposte della Direzione generale di pubblica sicurezza, ma di ritenere inoltre "opportuno in linea di massima da un punto di vista politico e per considerazioni di umanità, di favorire il trasferimento in Italia di ebrei provenienti dall’Europa Centrale, sempreché la temporanea dimora in Italia sia limitata al tempo necessario per il proseguimento del viaggio verso la Palestina o l’America" <300.
La vicenda si protrasse dunque per mesi, senza, a quanto pare, portare ad alcun risultato concreto e positivo. Il 5 maggio 1946 Raffaele Cantoni, ormai presidente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, scriveva all’Unrra che il progettato trasferimento non si era ancora potuto attuare “poiché varie difficoltà si sono venute a verificarsi”, le quali, però, sarebbero ormai state “alla fine” <301. In luglio riferiva invece - ed erano passati oltre nove mesi dall’invio della richiesta - che per non meglio specificate “circostante interne” si era verificato “un arresto nelle trattative” <302.
Sul possibile arrivo di questo gruppo di ebrei erano insomma emerse posizioni diverse: le autorità di polizia paventavano ulteriori ingressi di stranieri, visti come possibile pericolo per l’ordine pubblico, mentre il Ministero degli esteri, pur con qualche cautela, parlava di “opportunità politica” nell’appoggiare la richiesta. Vedremo in seguito come un atteggiamento benevolo nei confronti della she’erith haletah presente nella penisola, o intenzionata ad arrivarci, venisse considerato da alcuni come un’opportunità, da parte italiana, di offrire una rinnovata immagine del paese, anche in vista della stipula del trattato di pace. Una strategia che contemplò, fra il resto, e ne parleremo, anche quello che Guri Schwarz ha definito un “uso politico del passato prossimo”: fornire cioè della persecuzione antiebraica in Italia fra il 1938 e il 1945 una rappresentazione ampiamente auto-assolutoria e rassicurante <303.
[NOTE]
278 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0849, Italy Mission: Chief of Mission. Office of the Special Assistant to the Chief of Mission for Government Liaison, PAG-4/3.0.14.0.2.:7 “Displaced Persons - Non - Italian”, Angelo Donati a Ambasciatore, 25 luglio 1945; Alberto Cavaglion, Donati, Angelo in Laqueur (a cura di), Dizionario dell’Olocausto cit., p. 120.
279 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 2-3-2 N. 15.539 “Comitato Ricerche Deportati Ebrei”, Ministero degli affari esteri a Presidenza del consiglio dei ministri, 24 agosto 1945. Il Comitato Ricerche Deportati Ebrei di Roma, creato il 26 settembre 1944 sotto l’egida dell’Unione delle omunità israelitiche italiane, si mosse per rintracciare gli ebrei sopravvissuti ai campi, ma anche per reperire i nominativi degli ebrei morti in deportazione; Picciotto, Il libro cit., pp. 19-20; Liliana Picciotto Fargion, La liberazione dai campi di concentramento e il rintraccio degli ebrei italiani dispersi in Michele Sarfatti (a cura di), Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Giuntina, Firenze 1998, p. 20.
280 Proudfoot, European Refugees cit., p. 268; Chaim Schatzker, The Role of the Alyat Hanoar in the Rescue, Absorption and Rehabilitation of Refugee Children in Gutman e Saf (a cura di), She’erit Hapletah cit., p. 371.
281 Intervista ad Aharon Appelfeld, Gerusalemme, 25 febbraio 2008.
282 Ibid.; sulle sue vicende nel corso della guerra: Appelfeld, Storia cit.
283 Joanne Reilly, Belsen. The liberation of a concentration camp, Routlidge, London and New York 1998, p. 163; Nili Keren, Bambini in Laqueur (a cura di), Dizionario dell’Olocausto cit., p. 69; Schatzker, The Role of the Alyat Hanoar cit., p. 372; Klaus Voigt, Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940-1945, La Nuova Italia, Firenze 2002, p. 23. L’Ort, creato nel 1880 in Russia e la cui sede principale, dalla fine della prima guerra mondiale sino alla salita al potere di Hitler, rimase a Berlino, si occupava di incentivare il lavoro agricolo e artigianale. All’epoca si attivò per fornire ai displaced un addestramento in campo artigianale, oltre a impartire lezioni di ebraico e di storia degli ebrei in vista del loro trasferimento in Palestina; Angelika Königseder, Flucht nach Berlin. Jüdische Displaced Persons 1945-1948, Metropol, Berlin 1998, p. 131; Le origini della Ort in “Israel”, a. XXXIII, n. 16, 25 dicembre 1947, p.4.
284 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 2-3-2 N. 15.539 “Comitato Ricerche Deportati Ebrei”, Ministero degli affari esteri a Presidenza del consiglio dei ministri, 24 agosto 1945; Presidenza del consiglio dei ministri, Gabinetto a Comitato ricerche deportati ebrei, 25 settembre 1945.
285 Ibid., Emilio Lussu a Ferruccio Parri, 10 ottobre 1945.
286 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0849, Italy Mission: Chief of Mission. Office of the Special Assistant to the Chief of Mission for Government Liaison, PAG-4/3.0.14.0.2.:7 “Displaced Persons - Non-Italian”, Comitato ricerche deportati ebrei a Unrra, 17 agosto 1945; Sorieri a Comitato Ricerche Deportati Ebrei, 8 settembre 1945.
287 Ibid., Commissariato nazionale della gioventù italiana presso il Ministero della pubblica istruzione a Presidenza del consiglio dei ministri, 6 settembre 1945; Presidenza del consiglio dei ministri, Gabinetto a Comitato ricerche deportati ebrei, 25 settembre 1945; Comitato ricerche deportati ebrei a presidenza del consiglio, 23 novembre 1945.
288 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del Consiglio dei ministri, 6 novembre 1945. Copia in: UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Mission, PAG-4/3.0.14.0.0.3:2, fasc. “D.P.”.
289 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Presidenza del consiglio dei ministri a Commissario governativo dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, 27 novembre 1945; lettera anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947”.
290 Ibid.; Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del consiglio dei ministri, 29 novembre 1945.
291 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0382, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P. Operations (Italy) 409 Jewish Refugees”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione UNRRA in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946.
292 Albrich, Exodus cit., p. 49.
293 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, appunto per il gabinetto della Presidenza del consiglio dei ministri, 18 gennaio 1946.
294 Ibid.
295 Il discorso del Delegato dei Sionisti Italiani in “Israel”, a. XXXI, n. 1-2, 13 settembre 1945, p. 3; Toscano, La “Porta di Sion” cit., p. 53. In previsione della Conferenza sionistica mondiale, Viterbo aveva inviato un memorandum al governo italiano, chiedendo che venisse “confermata la politica prosionistica del periodo pre-fascista”. Parri, disse Viterbo nel corso del suo intervento, aveva anche preso in considerazione l’ipotesi di inviare un messaggio, ma cautele di politica estera l’avrebbero fatto propendere per una scelta più cauta. Viterbo era stato comunque autorizzato a fornire “l’assicurazione della miglior considerazione e del più favorevole atteggiamento da parte del governo italiano”, un atteggiamento da lui ritenuto essenziale anche per quanto riguardava l’accoglienza ai displaced ebrei e la creazione di centri per l’addestramento agricolo; Il discorso del Delegato dei Sionisti Italiani in “Israel”, a. XXXI, n. 1-2, 13 settembre 1945; Toscano, La “Porta di Sion” cit., pp. 48-49.
296 Tosatti, Storia cit., p. 233. Consigliere di Cassazione, Ferrari era stato scelto da Bonomi come capo della polizia, carica che lasciò il 10 settembre 1948, pare per divergenze con il ministro dell’Interno Scelba; ibid.
297 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza a Presidenza del consiglio dei ministri, 13 febbraio 1946; copia anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947” e in ibid, Ministero dell’interno, gabinetto 1948, b. 80, fasc. 1 “Ebrei stranieri in Italia”.
298 Ibid.; UNA, Unrra 1944- 1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P.”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione UNRRA in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946; Sporgeun M. Keeny a Raffaele Cantoni, 5 maggio 1946.
299 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza a Presidenza del consiglio dei ministri, 13 febbraio 1946; copia anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947” e in ibid, Ministero dell’interno, gabinetto 1948, b. 80, fasc. 1 “Ebrei stranieri in Italia”.
300 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero degli esteri, Direzione generale affari politici a Presidenza del consiglio dei ministri, 29 marzo 1946.
301 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P.”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione Unrra in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946.
302 UCEI, CB, AS, Attività dell’Unione delle comunità israelitiche italiane dal 1934, Verbali del consiglio dal 16-3-1946 al 30.9. 1948, verbale della seduta del Consiglio dell’Unione delle comunità israelitiche italiane del 23 e 24 luglio 1946, p. 58; ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del Consiglio dei ministri, 6 novembre 1945. Copia in: UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Mission, PAG-4/3.0.14.0.0.3:2, fasc. “D.P.”.
303 Schwarz, Ritrovare cit., pp. 124-140.
Cinzia Villani, Infrangere le frontiere. L’arrivo in Italia delle "displaced persons" ebree 1945-1948, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trento, 2009
Quello degli unaccompanied minors rimasti soli al mondo, senza nessuno che si prendesse cura di loro, fu il maggiore problema con cui l’Unrra [l’United Nations Relief and Rehabilitation Administration] dovette confrontarsi: in base ai dati forniti da Malcom J. Proudfoot, il 60% di essi era costituito da ebrei. L’organizzazione assistenziale delle Nazioni Unite calcolava che i giovani ebrei presenti nel 1946 in Germania - il paese dove il loro totale risultava maggiormente consistente - fossero circa 22.000: di questi, 2500-2600 erano orfani <280. Erano bimbi e adolescenti sopravvissuti ai Lager nazisti, spesso gli unici ormai in vita di interi nuclei familiari, giovani e giovanissimi riusciti a salvarsi nascondendosi o vivendo in clandestinità, ma anche minori ritornati nei paesi dove avevano vissuto in precedenza e messisi poi nuovamente in cammino, insieme a molti adulti, verso Ovest. Lo scrittore Aharon Appelfeld, originario di Czernowitz in Bucovina, aveva sette anni allo scoppio della guerra; persi entrambi i genitori, ormai solo, riuscì a sopravvivere nascondendosi per mesi nei boschi dell’Ucraina o lavorando presso contadini, ai quali mai raccontò di essere ebreo. Arrivato in Italia con un gruppo di altri ragazzi, incontrati a Zagabria, tutti più o meno della stessa età, soggiornò qualche mese vicino a Napoli - “Italy for me - ricorda - is the best memory after I lost my world” <281 - per poi emigrare in Palestina <282. In aiuto di bambini e adolescenti sopravvissuti alla shoah intervennero vari organismi, quali la Croce Rossa Internazionale, l’Ose (OEuvre de secours aux enfants), l’Ort (Obschtschestwo Rasprostranenja Truda, Organizzazione per la ricostruzione e il lavoro), la Jewish Agency for Palestine, il Central British Fund for Jewish Relief and Rehabilitation e The Refugee Childrens Movement; queste ultime due operarono al fine di condurre numerosi minori da Bergen Belsen in Gran Bretagna. L’alyah hana’or, fondata già nel 1933 a Berlino da Recha Freier, si occupava invece dell’emigrazione giovanile in Palestina <283.
Angelo Donati, nel perorare la causa di far arrivare in Italia questo gruppo di 2000 minori, assicurò che il periodo della loro permanenza nel paese sarebbe stato limitato ad uno o al massimo a due anni e che le spese per il loro mantenimento sarebbero state sostenute dal Comitato europeo dei rabbini ortodossi. Sia il Ministero degli esteri che la Presidenza del consiglio si espressero positivamente in merito all’accoglimento della domanda <284; anche l’azionista Emilio Lussu, ministro dell’Assistenza post-bellica nel governo Parri, si dichiarò “favorevole alla proposta, per motivi umanitari e politici” <285. Della questione era stata interessata anche l’Unrra, ma la risposta di Antonio Sorieri era stata che la politica dell’Afhq, considerate le difficili situazione in cui versava il paese e la scarsità dei certificati disponibili per la Palestina, era di non farvi affluire apolidi e stranieri non rimpatriabili. Sarebbe stato
insensato (unsound), scrisse inoltre, aggiungere ulteriori displaced ebrei alle migliaia già presenti nel paese <286. La pratica, anche se con lentezza, nel frattempo procedeva e furono presi contatti con organismi per l’assistenza all’infanzia - la fondazione Figli italiani all’estero e il Commissariato nazionale della gioventù italiana - al fine di reperire strutture adeguate, cosa peraltro non facile, ad ospitare questo gruppo di giovani in Italia. Il 23 novembre 1945 una lettera del Comitato ricerche deportati ebrei pose fine alla questione: si riferì infatti che questi minori avevano già trovato ospitalità in Francia e Inghilterra <287.
Dall’iter più complesso e controverso si rivelò un’ulteriore richiesta, la cui vicenda fece emergere differenze di visioni e posizioni in merito all’accoglienza dei displaced ebrei nel paese. Il 6 novembre Giuseppe Nathan, commissario governativo dell’Unione delle comunità, si rivolse a Ferruccio Parri, all’epoca presidente del consiglio, chiedendo di poter far entrare in Italia circa 3000 ebrei provenienti da paese dell’Europa centro-orientale; nella lettera, Nathan metteva in risalto l’antisemitismo ancora ben presente in quei territori <288. La riposta del Capo di gabinetto della Presidenza fu molto comprensiva e disponibile: "Il Governo Italiano considera giusto e doveroso dare aiuto agli ebrei costretti a lasciare altri paesi a causa della persecuzione razziale; spiacente che le attuali condizioni dell’Italia non consentano di provvedere alla loro assistenza, esso confida che gli immigrati possano trovare nel nostro Paese almeno quello spirito di libertà e di solidarietà umana che anima il popolo italiano nel suo risorgimento" <289.
Non si ravvisavano in sostanza difficoltà - si legge nella risposta - nel rilasciare permessi di soggiorno agli ebrei intenzionati a sostare per un breve periodo in Italia, anche se, date le condizioni in cui versava il paese, andavano posti dei limiti all’ospitalità: la permanenza doveva essere circoscritta nel tempo e il sostentamento doveva essere a carico di chi arrivava, cioè, in sostanza non pesare sul bilancio dello stato. Nathan diede rassicurazioni su entrambi i punti, scrivendo che sia l’Unrra che il Joint si erano impegnati a provvedere al mantenimento di queste persone <290. Dal canto suo, Raffaele Cantoni avrebbe fornito qualche mese dopo un’interessante motivazione - sintomatica dell’elevato grado di organizzazione di questi flussi - sul perché fosse stata inoltrata tale domanda, mirata, a quanto si legge, ad una ben determinata gruppo di she’erith hapletah: "La richiesta di ammissione di profughi, con regolare permesso, quando tanti ne arrivano illegalmente è fondata sulla necessità di provvedere a coloro i quali per le loro condizioni di età, di stato fisico od altro non avrebbero modo di venire altrimenti a salvamento in Italia" <291.
E’ una differenziazione che riflette perfettamente quelle che possiamo definire le due categorie di displaced presenti nei primi mesi del 1946 nella zona americana in Austria: da un lato vi erano gli infiltrees, inseriti per breve tempo nei campi di smistamento che venivano fatti proseguire subito, dall’altro vi erano quelli che Thomas Albrich definisce gli “echte”, i veri displaced, alloggiati in campi “residenziali”, troppo anziani o malati per affrontare viaggi faticosi e difficoltosi, oppure semplicemente stanchi di spostarsi in clandestinità e intenzionati ad emigrare solo legalmente. Cantoni, non da ultimo, pare proprio essere stato ben a conoscenza di come funzionasse il sistema <292.
Messo al corrente della richiesta inoltrata da Giuseppe Nathan, la replica del capo della polizia fu tutt’altro che conciliante nei toni e nelle posizioni: "Dell’intesa intercorsa […] questo Ministero non aveva avuto prima d’ora conoscenza, ciò premesso e date le attuali contingenze vedrà codesta On. Presidenza se convenga favorire ancora nuove immigrazioni le quali aggraverebbero le già difficili condizioni del momento, mentre sembrerebbe che i predetti ebrei evidentemente diretti in Palestina non possono trasferirvisi rapidamente" <293. A quanto si riesce a desumere dalla lettera - il passaggio non è esplicitato in modo così chiaro - già 207 ebrei si sarebbero trovati a Modena in attesa di ulteriore destinazione <294. Se dunque vi era stato da parte di settori della politica italiana uno slancio favorevole nei confronti di questi ingressi - già Parri aveva fatto esprimere pubblicamente alla Conferenza sionistica mondiale di Londra dell’agosto 1945 dal delegato italiano, Carlo Alberto Viterbo, il positivo atteggiamento del governo nei confronti del sionismo <295 - di idee diverse risultava essere la Direzione generale di pubblica sicurezza. Luigi Ferrari, capo della polizia dal luglio 1944 <296, ribadì circa un mese dopo alla Presidenza del consiglio la sua posizione: "Nel caso in esame si aggiunge che gli ebrei in questione […] verrebbero in Italia per un periodo di tempo che solo teoricamente è limitato a sei mesi, in quanto la loro partenza dal Regno è subordinata a condizioni del tutto aleatorie, come quella delle concessione del visto di ingresso da parte di altro Stato in un momento in cui tali concessioni sono sempre più difficili. […] A quanto risulta dalle stesse ammissioni fatte dal rag. Cantoni, la Commissione Alleata non è d’accordo circa il trasferimento in Italia dei tremila ebrei, tanto che occorrerebbe evitare che le Autorità Alleate possano venire a conoscenza dell’ingresso nel regno di una così considerevole massa di stranieri" <297. Ferrari scriveva inoltre che l’Unrra non era stata affatto informata della questione e che, anzi, Raffaele Cantoni temeva che questa avrebbe potuto, se ufficialmente interpellata dal governo, sollevare obbiezioni. Cosa che in effetti si verificò mesi dopo: alla richiesta di Cantoni che l’ente assistenziale si prendesse cura di questo gruppo di ebrei una volta entrati nel paese, Keeny, direttore della Missione Unrra in Italia, risponderà - siamo nel maggio 1946 - di concordare con la posizione alleata, decisa mesi prima, di non consentire ulteriori ingressi se non ai displaced da rimpatriare <298. Ferrari proseguiva scrivendo come, considerati gli “affidamenti già dati dal governo Italiano”, si dovesse ormai dare concreta attuazione al trasferimento, ma nondimeno dovevano essere definite alcune questioni: era importante informare le autorità alleate dell’ingresso dei profughi, che non dovevano arrivare alla spicciolata - per evitare, probabilmente, che ne arrivassero in numero maggiore al dovuto, cosa che, si evince chiaramente, era assai temuta - e andava stabilito tramite l’Unrra in quali campi essi avrebbero dovuto essere sistemati. Si voleva infatti evitare che i rifugiati si trasferissero in grandi città, si legge, dove "come a Roma, sono dilagate masse considerevoli di stranieri sbandati e senza mezzi, che si dedicano alle attività più losche" <299. La Direzione generale affari politici del Ministero degli esteri, interpellata sulla questione, rispose oltre un mese dopo di concordare con le indicazioni e le proposte della Direzione generale di pubblica sicurezza, ma di ritenere inoltre "opportuno in linea di massima da un punto di vista politico e per considerazioni di umanità, di favorire il trasferimento in Italia di ebrei provenienti dall’Europa Centrale, sempreché la temporanea dimora in Italia sia limitata al tempo necessario per il proseguimento del viaggio verso la Palestina o l’America" <300.
La vicenda si protrasse dunque per mesi, senza, a quanto pare, portare ad alcun risultato concreto e positivo. Il 5 maggio 1946 Raffaele Cantoni, ormai presidente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, scriveva all’Unrra che il progettato trasferimento non si era ancora potuto attuare “poiché varie difficoltà si sono venute a verificarsi”, le quali, però, sarebbero ormai state “alla fine” <301. In luglio riferiva invece - ed erano passati oltre nove mesi dall’invio della richiesta - che per non meglio specificate “circostante interne” si era verificato “un arresto nelle trattative” <302.
Sul possibile arrivo di questo gruppo di ebrei erano insomma emerse posizioni diverse: le autorità di polizia paventavano ulteriori ingressi di stranieri, visti come possibile pericolo per l’ordine pubblico, mentre il Ministero degli esteri, pur con qualche cautela, parlava di “opportunità politica” nell’appoggiare la richiesta. Vedremo in seguito come un atteggiamento benevolo nei confronti della she’erith haletah presente nella penisola, o intenzionata ad arrivarci, venisse considerato da alcuni come un’opportunità, da parte italiana, di offrire una rinnovata immagine del paese, anche in vista della stipula del trattato di pace. Una strategia che contemplò, fra il resto, e ne parleremo, anche quello che Guri Schwarz ha definito un “uso politico del passato prossimo”: fornire cioè della persecuzione antiebraica in Italia fra il 1938 e il 1945 una rappresentazione ampiamente auto-assolutoria e rassicurante <303.
[NOTE]
278 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0849, Italy Mission: Chief of Mission. Office of the Special Assistant to the Chief of Mission for Government Liaison, PAG-4/3.0.14.0.2.:7 “Displaced Persons - Non - Italian”, Angelo Donati a Ambasciatore, 25 luglio 1945; Alberto Cavaglion, Donati, Angelo in Laqueur (a cura di), Dizionario dell’Olocausto cit., p. 120.
279 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 2-3-2 N. 15.539 “Comitato Ricerche Deportati Ebrei”, Ministero degli affari esteri a Presidenza del consiglio dei ministri, 24 agosto 1945. Il Comitato Ricerche Deportati Ebrei di Roma, creato il 26 settembre 1944 sotto l’egida dell’Unione delle omunità israelitiche italiane, si mosse per rintracciare gli ebrei sopravvissuti ai campi, ma anche per reperire i nominativi degli ebrei morti in deportazione; Picciotto, Il libro cit., pp. 19-20; Liliana Picciotto Fargion, La liberazione dai campi di concentramento e il rintraccio degli ebrei italiani dispersi in Michele Sarfatti (a cura di), Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Giuntina, Firenze 1998, p. 20.
280 Proudfoot, European Refugees cit., p. 268; Chaim Schatzker, The Role of the Alyat Hanoar in the Rescue, Absorption and Rehabilitation of Refugee Children in Gutman e Saf (a cura di), She’erit Hapletah cit., p. 371.
281 Intervista ad Aharon Appelfeld, Gerusalemme, 25 febbraio 2008.
282 Ibid.; sulle sue vicende nel corso della guerra: Appelfeld, Storia cit.
283 Joanne Reilly, Belsen. The liberation of a concentration camp, Routlidge, London and New York 1998, p. 163; Nili Keren, Bambini in Laqueur (a cura di), Dizionario dell’Olocausto cit., p. 69; Schatzker, The Role of the Alyat Hanoar cit., p. 372; Klaus Voigt, Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940-1945, La Nuova Italia, Firenze 2002, p. 23. L’Ort, creato nel 1880 in Russia e la cui sede principale, dalla fine della prima guerra mondiale sino alla salita al potere di Hitler, rimase a Berlino, si occupava di incentivare il lavoro agricolo e artigianale. All’epoca si attivò per fornire ai displaced un addestramento in campo artigianale, oltre a impartire lezioni di ebraico e di storia degli ebrei in vista del loro trasferimento in Palestina; Angelika Königseder, Flucht nach Berlin. Jüdische Displaced Persons 1945-1948, Metropol, Berlin 1998, p. 131; Le origini della Ort in “Israel”, a. XXXIII, n. 16, 25 dicembre 1947, p.4.
284 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 2-3-2 N. 15.539 “Comitato Ricerche Deportati Ebrei”, Ministero degli affari esteri a Presidenza del consiglio dei ministri, 24 agosto 1945; Presidenza del consiglio dei ministri, Gabinetto a Comitato ricerche deportati ebrei, 25 settembre 1945.
285 Ibid., Emilio Lussu a Ferruccio Parri, 10 ottobre 1945.
286 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0849, Italy Mission: Chief of Mission. Office of the Special Assistant to the Chief of Mission for Government Liaison, PAG-4/3.0.14.0.2.:7 “Displaced Persons - Non-Italian”, Comitato ricerche deportati ebrei a Unrra, 17 agosto 1945; Sorieri a Comitato Ricerche Deportati Ebrei, 8 settembre 1945.
287 Ibid., Commissariato nazionale della gioventù italiana presso il Ministero della pubblica istruzione a Presidenza del consiglio dei ministri, 6 settembre 1945; Presidenza del consiglio dei ministri, Gabinetto a Comitato ricerche deportati ebrei, 25 settembre 1945; Comitato ricerche deportati ebrei a presidenza del consiglio, 23 novembre 1945.
288 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del Consiglio dei ministri, 6 novembre 1945. Copia in: UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Mission, PAG-4/3.0.14.0.0.3:2, fasc. “D.P.”.
289 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Presidenza del consiglio dei ministri a Commissario governativo dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, 27 novembre 1945; lettera anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947”.
290 Ibid.; Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del consiglio dei ministri, 29 novembre 1945.
291 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0382, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P. Operations (Italy) 409 Jewish Refugees”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione UNRRA in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946.
292 Albrich, Exodus cit., p. 49.
293 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, appunto per il gabinetto della Presidenza del consiglio dei ministri, 18 gennaio 1946.
294 Ibid.
295 Il discorso del Delegato dei Sionisti Italiani in “Israel”, a. XXXI, n. 1-2, 13 settembre 1945, p. 3; Toscano, La “Porta di Sion” cit., p. 53. In previsione della Conferenza sionistica mondiale, Viterbo aveva inviato un memorandum al governo italiano, chiedendo che venisse “confermata la politica prosionistica del periodo pre-fascista”. Parri, disse Viterbo nel corso del suo intervento, aveva anche preso in considerazione l’ipotesi di inviare un messaggio, ma cautele di politica estera l’avrebbero fatto propendere per una scelta più cauta. Viterbo era stato comunque autorizzato a fornire “l’assicurazione della miglior considerazione e del più favorevole atteggiamento da parte del governo italiano”, un atteggiamento da lui ritenuto essenziale anche per quanto riguardava l’accoglienza ai displaced ebrei e la creazione di centri per l’addestramento agricolo; Il discorso del Delegato dei Sionisti Italiani in “Israel”, a. XXXI, n. 1-2, 13 settembre 1945; Toscano, La “Porta di Sion” cit., pp. 48-49.
296 Tosatti, Storia cit., p. 233. Consigliere di Cassazione, Ferrari era stato scelto da Bonomi come capo della polizia, carica che lasciò il 10 settembre 1948, pare per divergenze con il ministro dell’Interno Scelba; ibid.
297 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza a Presidenza del consiglio dei ministri, 13 febbraio 1946; copia anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947” e in ibid, Ministero dell’interno, gabinetto 1948, b. 80, fasc. 1 “Ebrei stranieri in Italia”.
298 Ibid.; UNA, Unrra 1944- 1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P.”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione UNRRA in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946; Sporgeun M. Keeny a Raffaele Cantoni, 5 maggio 1946.
299 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza a Presidenza del consiglio dei ministri, 13 febbraio 1946; copia anche in ACS, MI, DGPS, DAG, A16 Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b. 18, fasc. “Ebrei stranieri. Permanenza temporanea. Permessi soggiorno 1945-1947” e in ibid, Ministero dell’interno, gabinetto 1948, b. 80, fasc. 1 “Ebrei stranieri in Italia”.
300 ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Ministero degli esteri, Direzione generale affari politici a Presidenza del consiglio dei ministri, 29 marzo 1946.
301 UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Staff, PAG-4/3.0.14.0.0.3.:2 “D.P.”, Raffaele Cantoni a Capo della Missione Unrra in Italia, Kiny [sic], 5 maggio 1946.
302 UCEI, CB, AS, Attività dell’Unione delle comunità israelitiche italiane dal 1934, Verbali del consiglio dal 16-3-1946 al 30.9. 1948, verbale della seduta del Consiglio dell’Unione delle comunità israelitiche italiane del 23 e 24 luglio 1946, p. 58; ACS, PCM 1944-1947, fasc. 3-2-2 dal n. 10301 al n. 13700, b. 3415, fasc. 2-3-2 n. 13680 “Comunità israelitiche. Questioni varie”, Unione delle comunità israelitiche italiane a presidente del Consiglio dei ministri, 6 novembre 1945. Copia in: UNA, Unrra 1944-1949, S-0527-0832, Italy Mission: Chief of Mission, PAG-4/3.0.14.0.0.3:2, fasc. “D.P.”.
303 Schwarz, Ritrovare cit., pp. 124-140.
Cinzia Villani, Infrangere le frontiere. L’arrivo in Italia delle "displaced persons" ebree 1945-1948, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trento, 2009

