Una diversa percezione del pericolo proveniente dalla destra neofascista da parte della DC era iniziata nella primavera del 1974, con la strage di Brescia, anche se il governo aveva iniziato a muoversi con maggiore fermezza contro l’estremismo neofascista già dall’anno precedente <232.
A Brescia, il 28 maggio, durante una manifestazione antifascista organizzata dai sindacati nella centrale piazza della Loggia, lo scoppio di una bomba uccise otto persone. Furono indagati militanti di Ordine Nuovo, ma l’inchiesta approdò ben presto ad un vicolo cieco <233.
Soltanto un paio di mesi più tardi, la notte del 4 agosto, una bomba ad alto potenziale esplose sul treno Italicus, uccidendo dodici persone e ferendone quarantaquattro. Rumor, allora presidente del consiglio, avrebbe riconosciuto subito la matrice fascista di entrambi gli attentati. Nello stesso periodo, Taviani dichiarò superata la teoria degli opposti estremismi, indicando l’esistenza di un vero pericolo soprattutto a destra, un’opinione condivisa da molti altri esponenti democristiani, da Gui a Donat Cattin <234.
Fu dopo la strage di Brescia che Ferruccio Parri promosse una campagna per lo scioglimento del MSI a cui aderì tutta la sinistra extraparlamentare, mentre il PCI ne prese le distanze sia perché riteneva preferibile una presenza istituzionale dell’estrema destra, sia perché la messa fuori legge di partiti rappresentati in parlamento avrebbe potuto costituire un precedente pericoloso. Tuttavia, non solo fra gli esponenti dell’antifascismo di origine azionista e fra i socialisti, ma anche all’interno dello stesso partito comunista, erano in molti a condividere la posizione di Parri, secondo il quale, fare seriamente dell’antifascismo non significava organizzare convegni, ma prima di tutto togliere la copertura politica ai neofascisti <235.
Tutte le principali organizzazioni della sinistra extraparlamentare si impegnarono a fondo in questa campagna. A pochi giorni dalla strage di Brescia, al convegno nazionale operaio organizzato a Firenze, Lotta Continua sollecitò tutto il movimento sindacale a fare propria e a sostenere attivamente la parola d’ordine «Fuori legge il MSI» <236. Molti sindacalisti, soprattutto del settore metalmeccanico, condivisero l’appello di Lotta Continua e delle altre formazioni extraparlamentari. Decine di consigli di fabbrica furono infatti tra i primi firmatari, insieme ai gruppi, della proposta di legge di iniziativa popolare per lo scioglimento del Movimento sociale presentata alla corte di cassazione alla fine di giugno, un’iniziativa nata proprio come risposta alla strage di Brescia <237.
Le trasformazioni in corso nelle organizzazioni della sinistra extraparlamentare si riflettevano dunque anche sulle modalità con cui si manifestava l’«antifascismo militante»: non più solo mobilitazioni di piazza che prevedevano il ricorso ad azioni violente, ma anche l’utilizzo di strumenti riconducibili all’ambito istituzionale. Di fronte ad un cambiamento così evidente, i gruppi sentirono la necessità di fare delle precisazioni, in qualche modo, si potrebbe dire, di giustificarsi. Questo, più che per il PdUP per il comunismo <238, valeva soprattutto per Lotta Continua e Avanguardia Operaia. L’altra organizzazione protagonista delle mobilitazioni più radicali dei primi anni Settanta, Potere Operaio, come si è visto, si era sciolta da tempo e molte delle sue componenti erano transitate nell’area dell’Autonomia Operaia. Avanguardia Operaia, ad esempio, in un articolo pubblicato alla fine del 1974, spiegava che essere fra i promotori della raccolta di firme per la messa fuori legge del MSI non significava «abbandonare l’antifascismo militante per scegliere un terreno legalitario». Al contrario, questa iniziativa veniva presentata come «la ratifica a livello delle istituzioni» di una intensa mobilitazione contro le organizzazioni neofasciste <239.
Anche un documento unitario firmato da Avanguardia Operaia, PdUP per il comunismo e Lotta Continua precisava che la campagna per la messa fuori legge del MSI fosse strettamente legata «ad una azione continua di antifascismo militante» che togliesse «ogni spazio politico, ideologico e anche fisico ai fascisti nelle fabbriche nei quartieri e nelle scuole» <240.
La raccolta di firme proseguì per l’intero anno, supportata da centinaia di iniziative in tutta Italia, solitamente promosse da comitati formati dalle locali sezioni delle formazioni extraparlamentari, di associazioni, di gruppi politici e di lavoratori, non solo operai ma anche dipendenti di aziende <241.
Uno di questi comitati, l’Appio-Tuscolano, a Roma, era nato per iniziativa dell’ANPI della zona Appia, la cui sede era il punto di riferimento del quartiere per la raccolta di firme. Del comitato Appio-Tuscolano per la messa fuori legge del MSI facevano parte organizzazioni del quartiere, collettivi, sedi dei gruppi extraparlamentari e anche la locale sezione del PSI <242.
Nella primavera del 1975, un «volantone» firmato dalle tre principali organizzazioni extraparlamentari, Lega dei comunisti, Soccorso Rosso, sezione romana di Magistratura democratica, informava che alla campagna avevano aderito oltre 350 consigli di fabbrica e centinaia di assemblee studentesche, comitati, consigli comunali. Le firme raccolte, era scritto, erano migliaia, ma non si erano ancora raggiunte le cinquantamila necessarie <243.
Come veniva specificato nell’abbondante materiale propagandistico prodotto a sostegno della campagna, questa iniziativa era strettamente legata alla lotta contro il governo Moro, contro le ristrutturazioni aziendali, contro il fermo di polizia. La Democrazia cristiana era duramente attaccata, al punto da denunciarne la presunta connivenza con le violenze neofasciste <244.
Al di là dei rapporti solitamente conflittuali con i gruppi - quanto a meno a livello di vertice - sarebbe bastata anche solo questa loro presa di posizione così dura nei confronti della DC per convincere i comunisti, in quel momento, a non aderire alla campagna. La sinistra extraparlamentare cercava di forzare i dirigenti di PCI e PSI a prendere una posizione, ad esporsi sul fatto di appoggiare o meno la proposta di legge per lo scioglimento del MSI, facendo leva sul consenso che l’iniziativa aveva raccolto da parte di Terracini <245 e di altri dirigenti politici e sindacali, fra i militanti di quei partiti <246, e, in linea generale, fra i cittadini che partecipavano da anni alle mobilitazioni antifasciste. Erano gli stessi, scriveva Avanguardia Operaia, che il giorno dei funerali delle vittime della strage di Brescia avevano fischiato Leone e Rumor <247.
Nel gennaio 1975, a Roma, il comitato promotore costituito dalla sezione romana di Magistratura democratica, PdUP per il comunismo, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, e altre organizzazioni della sinistra extraparlamentare, aveva inviato una lettera a Berlinguer per informarlo di una iniziativa al cinema Brancaccio organizzata per raccogliere le firme per la petizione. La lettera si concludeva con «Contiamo sulla presenza di una rappresentanza del Pci e su di una adesione del partito alla campagna» <248.
La campagna per lo scioglimento del MSI è un esempio di quelle iniziative riportate al "Seminario sull’estremismo" in cui il PCI sentiva la pressione dei gruppi finalizzata a «spostarlo» su posizioni radicali, ad influire sul suo asse politico. In una nota riservata del 30 gennaio <249, Mauro Tognoni comunicava che la segreteria di Lotta Continua aveva chiesto, anche a nome degli altri gruppi, un incontro con la Segreteria del partito. Non si trattava di un caso isolato. Al contrario, spiegava il dirigente, da tempo i gruppi stavano cercando di organizzare iniziative comuni, inviando richieste a PCI, PSI e sindacati. Con tono allarmato aggiungeva «e qualche risultato lo stanno ottenendo». Sulla base delle notizie ricevute da alcune federazioni, Tognoni riferiva che a Trento il PSI e la FLM avevano dato la propria adesione alla campagna per lo scioglimento del MSI, che a Milano i socialisti erano divisi sull’opportunità di farlo, che a Empoli fosse stata una sezione del PCI ad aderire. Episodi isolati, certo, ma sufficientemente preoccupanti da far sottolineare a Tognoni che il partito avrebbe dovuto far subito chiarezza in merito alla sua posizione e renderla nota attraverso articoli su «Rinascita» e sull’«Unità», anche per arginare le strumentalizzazioni che di quegli episodi facevano i gruppi <250.
I vertici del partito comunista, si è detto, erano contrari allo scioglimento del MSI. Essi ritenevano più opportuno contrastare il fenomeno del neofascismo attraverso la vigilanza, la richiesta di perquisizioni e di chiusura delle sedi delle organizzazioni neofasciste, il divieto delle loro manifestazioni, l’accelerazione dei processi contro esponenti del MSI e contro gli autori di pestaggi e aggressioni. Secondo i dirigenti comunisti, il Movimento sociale era già abbastanza isolato e in crisi <251, quello che semmai veniva percepito come un problema era, da una parte, l’atteggiamento di chiusura di Fanfani nei loro confronti e, dall’altra, la «prospettiva di alleanza a sinistra con obiettivi devianti propugnata dai gruppi estremisti». Le notizie frammentate che arrivavano sulle adesioni alla campagna per lo scioglimento del MSI, fra l’altro, imponevano alla Segreteria di incontrare urgentemente i funzionari delle federazioni e dei comitati regionali <252. Ad ogni modo, le inchieste sul fascismo condotte nelle regioni <253, le numerose iniziative per le celebrazioni del XXX anniversario della Resistenza, gli scioperi e le manifestazioni unitarie antifasciste, la crescita della rete dei Comitati unitari che vedevano anche l’adesione della DC, erano tutti elementi che rafforzavano nei vertici del PCI la convinzione che la strada giusta da percorrere fosse ancora una volta quella della mobilitazione condivisa con tutti i partiti democratici <254.
A partire dalla primavera del 1975, infatti, il PCI fu impegnato nella raccolta di firme per la «petizione popolare per la difesa dell’ordine democratico», che era stata lanciata il 7 marzo a Milano dal locale Comitato di coordinamento permanente antifascista nel corso di una manifestazione e alla quale avevano aderito i comitati unitari di tutta Italia <255. L’appello era stato lanciato anche dell’equivalente comitato di Roma256 e dall’ANPI, che già nel 1973 aveva promosso una petizione per «responsabilizzare il Parlamento attorno al grave problema dello squadrismo fiancheggiatore della Destra Nazionale e del MSI», ma in quel caso non c’era stata una risposta altrettanto energica da parte delle forze politiche <257.
Due anni più tardi, invece, partiti, sindacati e associazioni partigiane organizzarono un’ampia mobilitazione nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme <258. Fondamentalmente, nella petizione si chiedevano misure contro «la violenza e la criminalità fascista», la piena utilizzazione delle leggi dello Stato per colpire «l’eversione squadrista», che fossero celebrati rapidamente i processi per le stragi, per gli atti di terrorismo e di violenza, e per i fatti attinenti alla tentata ricostruzione del «partito fascista» <259. L’iniziativa superò di gran lunga le aspettative: al Senato, il 25 luglio, furono depositate due milioni di firme <260. Nell’articolo dell’«Unità» che ne dava notizia, erano chiamate in causa non soltanto le «bande nere», ma anche il MSI, nel quale esse avrebbero trovato «copertura ed avallo». Si chiedeva infatti di procedere contro i «caporioni del MSI» <261.
In sostanza, il PCI si appellava alle istituzioni dello Stato affinché venissero presi provvedimenti contro personalità del MSI ritenute coinvolte a vario titolo nelle azioni violente dei neofascisti. Tuttavia, a differenza della petizione promossa dalla sinistra extraparlamentare, non si chiedeva di mettere fuori legge il Movimento sociale perché questo avrebbe potuto costituire un pericoloso precedente. Del resto, bisogna tener presente che il PCI non aveva ancora acquisito una piena legittimazione nel sistema politico e che la paura del «golpe», che era stata così viva per tutti gli anni Sessanta, aveva conosciuto un nuovo picco dopo i fatti cileni.
Infine, dal punto di vista dei vertici comunisti, il sostegno dato a primavera a questa campagna, che arrivava con un anno di ritardo rispetto a quella per lo scioglimento del MSI, poteva essere funzionale anche a riprendere il pieno controllo su quella parte della base che era stata attratta dall’iniziativa delle organizzazioni extraparlamentari, un’operazione quanto mai utile alla vigilia delle elezioni regionali e amministrative del giugno 1975.
Sul consenso manifestato almeno da una parte della base comunista e socialista nei confronti dell’iniziativa dei gruppi, aveva sicuramente pesato il clima di aspra violenza dei primi mesi di quell’anno.
[NOTE]
232 Dopo una serie di episodi violenti compiuti dai neofascisti nel 1973, che toccarono l’apice con la morte dell’agente di pubblica sicurezza Antonio Marino durante una manifestazione del MSI a Milano, nel dicembre di quell’anno il ministro dell’Interno Taviani sciolse Ordine Nuovo, P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992 cit., p. 499.
233 Cfr. ad es. G. Mammarella, L’Italia contemporanea cit., p. 400
234 A. Giovagnoli, Il partito italiano cit., p. 165
235 G. Santomassimo, La memoria pubblica dell’antifascismo cit., p. 165
236 Mozione approvata al termine dei lavori del convegno nazionale operaio organizzato dal movimento “Lotta Continua” svoltosi a Firenze il 1° e 2 giugno 1974, copia allegata alla relazione della prefettura di Firenze dell’8 giugno 1974 in ACS, MI, Dip. PS, 1944-1986, b. 348, f. G5/42/133
237 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia», n. 38, 1 novembre 1974. Sotto l’articolo venivano pubblicati il testo della «proposta di legge di iniziativa popolare per lo scioglimento del MSI» e l’elenco parziale dei firmatari, fra i quali comparivano numerosi consigli di fabbrica, esponenti dei sindacati metalmeccanici, molti avvocati, uomini della cultura, oltre, naturalmente, ai principali gruppi extraparlamentari e ad alcuni collettivi.
238 Tuttavia, Silvano Miniati, al congresso di Avanguardia Operaia dell’ottobre 1974, affermò: «La parola d’ordine dello scioglimento del MSI ha un senso solo se è sorretta da un concreto antifascismo militante», in l’intervento di S. Miniati in OCAO. IV Congresso nazionale: interventi dattiloscritti cit.
239 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia» cit.
240 Una legge di iniziativa popolare per mettere fuori legge il MSI, documento ciclostilato del 21 gennaio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
241 Molti volantini a sostegno della campagna sono contenuti in ivi; Archivio Fondazione Basso, fondo Saponaro, f. C11; Archivio della Nuova Sinistra-Marco Pezzi, fondo Marco Pezzi, f. Iniziative unitarie sinistra rivoluzionaria
242 Spazziamo via i fascisti. Fuori legge il MSI-DN, stampato in proprio, febbraio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 192
243 25 aprile trentennale della Resistenza. Oggi come ieri contro il fascismo, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
244 Cfr. ad es. Le violenze fasciste e la connivenza della Dc e dei corpi separati dello Stato, volantone (1975), ivi
245 L’Ufficio di Segreteria del PCI organizzò un incontro con Terracini a proposito «delle sue recenti posizioni pubbliche che contrastano con quelle del partito», Riunione di Segreteria del 30 aprile in IG, APC, 1975, Segreteria, m. 203, p. 487
246 Ad es. Avanguardia Operaia sosteneva in un comunicato che alcune sezioni romane del PCI avevano votato una mozione a favore della messa fuori legge del MSI e che numerose sezioni del PSI si erano dette disponibili a fare altrettanto, rimarcando quella che riteneva essere una contraddizione tra le basi e i vertici di questi partiti; comunicato di Avanguardia Operaia di Roma del 6 marzo 1975 in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
247 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia» cit. Su questo episodio cfr. G. Crainz, Il paese mancato cit., p. 489
248 In IG, APC, 1975, Partiti politici, Estremismo di sinistra, m. 202, p. 953
249 Note per la Segreteria in IG, APC, 1975, Sezioni di lavoro, Gruppo di lavoro per le attività antifasciste, m. 202, pp. 408-410
250 Il riferimento è agli articoli Raccogliere centinaia di migliaia di firme per la messa fuorilegge del MSI! e Fermare con l’iniziativa di massa l’infame legge sulle armi!, in «Lotta Continua», 30 gennaio 1975, nei quali si dava un puntuale aggiornamento delle adesioni alla campagna
251 I nuovi equilibri nello scenario politico nazionale e internazionale, con la crisi irreversibile delle dittature in Spagna, Portogallo e Grecia, la sconfitta referendaria, le indagini sugli ambienti dell’estrema destra e gli aspri conflitti interni al MSI fra componenti moderate e oltranziste determinarono il progressivo isolamento del partito di Almirante. Cfr. ad es. D. Conti, L’anima nera della Repubblica cit., pp. 176-205
252 Note per la Segreteria cit.
253 Cfr. ad es. Consiglio regionale del Lazio, Indagine conoscitiva sulle attività neofasciste nel Lazio (1974) in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190; Circolo della Resistenza di Torino, Antifascismo militante e trame nere, 11 settembre 1974, ivi
254 Note per la Segreteria cit.
255 Mobilitazione unitaria per battere la strategia della provocazione. Subito sotto, in prima pagina, L. Pavolini, La risposta giusta, in «l’Unità», 9 marzo 1975
256 Il «Comitato di coordinamento permanente per la difesa dell’ordine democratico» era composto dalla Federazione CGIL, CISL, UIL, dai partiti PCI, PSI, DC, PSDI, PRI, PLI di Roma e provincia, e dalle associazioni partigiane ANPI, FLAP E FVL. Cfr. Comitato di coordinamento permanente per la difesa dell’ordine democratico, Documento programmatico, 21 gennaio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
257 Cfr. la corrispondenza tra Enrico Berlinguer e Arrigo Boldrini, presidente dell’ANPI, allegata in IG, APC, 1973, Riunione di Segreteria del 12 giugno, m. 045, p. 409 e sgg.
258 Mobilitazione di massa contro le violenze nere, in «l’Unità», 28 marzo 1975
259 Alle presidenze delle Camere le firme della petizione antifascista, ivi, 19 luglio 1975
260 Due milioni di firme al Senato sotto la petizione antifascista, ivi, 26 luglio 1975
261 Ibidem
Valentina Casini, Sinistra extraparlamentare e partito comunista in Italia 1968-1976, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2015
A Brescia, il 28 maggio, durante una manifestazione antifascista organizzata dai sindacati nella centrale piazza della Loggia, lo scoppio di una bomba uccise otto persone. Furono indagati militanti di Ordine Nuovo, ma l’inchiesta approdò ben presto ad un vicolo cieco <233.
Soltanto un paio di mesi più tardi, la notte del 4 agosto, una bomba ad alto potenziale esplose sul treno Italicus, uccidendo dodici persone e ferendone quarantaquattro. Rumor, allora presidente del consiglio, avrebbe riconosciuto subito la matrice fascista di entrambi gli attentati. Nello stesso periodo, Taviani dichiarò superata la teoria degli opposti estremismi, indicando l’esistenza di un vero pericolo soprattutto a destra, un’opinione condivisa da molti altri esponenti democristiani, da Gui a Donat Cattin <234.
Fu dopo la strage di Brescia che Ferruccio Parri promosse una campagna per lo scioglimento del MSI a cui aderì tutta la sinistra extraparlamentare, mentre il PCI ne prese le distanze sia perché riteneva preferibile una presenza istituzionale dell’estrema destra, sia perché la messa fuori legge di partiti rappresentati in parlamento avrebbe potuto costituire un precedente pericoloso. Tuttavia, non solo fra gli esponenti dell’antifascismo di origine azionista e fra i socialisti, ma anche all’interno dello stesso partito comunista, erano in molti a condividere la posizione di Parri, secondo il quale, fare seriamente dell’antifascismo non significava organizzare convegni, ma prima di tutto togliere la copertura politica ai neofascisti <235.
Tutte le principali organizzazioni della sinistra extraparlamentare si impegnarono a fondo in questa campagna. A pochi giorni dalla strage di Brescia, al convegno nazionale operaio organizzato a Firenze, Lotta Continua sollecitò tutto il movimento sindacale a fare propria e a sostenere attivamente la parola d’ordine «Fuori legge il MSI» <236. Molti sindacalisti, soprattutto del settore metalmeccanico, condivisero l’appello di Lotta Continua e delle altre formazioni extraparlamentari. Decine di consigli di fabbrica furono infatti tra i primi firmatari, insieme ai gruppi, della proposta di legge di iniziativa popolare per lo scioglimento del Movimento sociale presentata alla corte di cassazione alla fine di giugno, un’iniziativa nata proprio come risposta alla strage di Brescia <237.
Le trasformazioni in corso nelle organizzazioni della sinistra extraparlamentare si riflettevano dunque anche sulle modalità con cui si manifestava l’«antifascismo militante»: non più solo mobilitazioni di piazza che prevedevano il ricorso ad azioni violente, ma anche l’utilizzo di strumenti riconducibili all’ambito istituzionale. Di fronte ad un cambiamento così evidente, i gruppi sentirono la necessità di fare delle precisazioni, in qualche modo, si potrebbe dire, di giustificarsi. Questo, più che per il PdUP per il comunismo <238, valeva soprattutto per Lotta Continua e Avanguardia Operaia. L’altra organizzazione protagonista delle mobilitazioni più radicali dei primi anni Settanta, Potere Operaio, come si è visto, si era sciolta da tempo e molte delle sue componenti erano transitate nell’area dell’Autonomia Operaia. Avanguardia Operaia, ad esempio, in un articolo pubblicato alla fine del 1974, spiegava che essere fra i promotori della raccolta di firme per la messa fuori legge del MSI non significava «abbandonare l’antifascismo militante per scegliere un terreno legalitario». Al contrario, questa iniziativa veniva presentata come «la ratifica a livello delle istituzioni» di una intensa mobilitazione contro le organizzazioni neofasciste <239.
Anche un documento unitario firmato da Avanguardia Operaia, PdUP per il comunismo e Lotta Continua precisava che la campagna per la messa fuori legge del MSI fosse strettamente legata «ad una azione continua di antifascismo militante» che togliesse «ogni spazio politico, ideologico e anche fisico ai fascisti nelle fabbriche nei quartieri e nelle scuole» <240.
La raccolta di firme proseguì per l’intero anno, supportata da centinaia di iniziative in tutta Italia, solitamente promosse da comitati formati dalle locali sezioni delle formazioni extraparlamentari, di associazioni, di gruppi politici e di lavoratori, non solo operai ma anche dipendenti di aziende <241.
Uno di questi comitati, l’Appio-Tuscolano, a Roma, era nato per iniziativa dell’ANPI della zona Appia, la cui sede era il punto di riferimento del quartiere per la raccolta di firme. Del comitato Appio-Tuscolano per la messa fuori legge del MSI facevano parte organizzazioni del quartiere, collettivi, sedi dei gruppi extraparlamentari e anche la locale sezione del PSI <242.
Nella primavera del 1975, un «volantone» firmato dalle tre principali organizzazioni extraparlamentari, Lega dei comunisti, Soccorso Rosso, sezione romana di Magistratura democratica, informava che alla campagna avevano aderito oltre 350 consigli di fabbrica e centinaia di assemblee studentesche, comitati, consigli comunali. Le firme raccolte, era scritto, erano migliaia, ma non si erano ancora raggiunte le cinquantamila necessarie <243.
Come veniva specificato nell’abbondante materiale propagandistico prodotto a sostegno della campagna, questa iniziativa era strettamente legata alla lotta contro il governo Moro, contro le ristrutturazioni aziendali, contro il fermo di polizia. La Democrazia cristiana era duramente attaccata, al punto da denunciarne la presunta connivenza con le violenze neofasciste <244.
Al di là dei rapporti solitamente conflittuali con i gruppi - quanto a meno a livello di vertice - sarebbe bastata anche solo questa loro presa di posizione così dura nei confronti della DC per convincere i comunisti, in quel momento, a non aderire alla campagna. La sinistra extraparlamentare cercava di forzare i dirigenti di PCI e PSI a prendere una posizione, ad esporsi sul fatto di appoggiare o meno la proposta di legge per lo scioglimento del MSI, facendo leva sul consenso che l’iniziativa aveva raccolto da parte di Terracini <245 e di altri dirigenti politici e sindacali, fra i militanti di quei partiti <246, e, in linea generale, fra i cittadini che partecipavano da anni alle mobilitazioni antifasciste. Erano gli stessi, scriveva Avanguardia Operaia, che il giorno dei funerali delle vittime della strage di Brescia avevano fischiato Leone e Rumor <247.
Nel gennaio 1975, a Roma, il comitato promotore costituito dalla sezione romana di Magistratura democratica, PdUP per il comunismo, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, e altre organizzazioni della sinistra extraparlamentare, aveva inviato una lettera a Berlinguer per informarlo di una iniziativa al cinema Brancaccio organizzata per raccogliere le firme per la petizione. La lettera si concludeva con «Contiamo sulla presenza di una rappresentanza del Pci e su di una adesione del partito alla campagna» <248.
La campagna per lo scioglimento del MSI è un esempio di quelle iniziative riportate al "Seminario sull’estremismo" in cui il PCI sentiva la pressione dei gruppi finalizzata a «spostarlo» su posizioni radicali, ad influire sul suo asse politico. In una nota riservata del 30 gennaio <249, Mauro Tognoni comunicava che la segreteria di Lotta Continua aveva chiesto, anche a nome degli altri gruppi, un incontro con la Segreteria del partito. Non si trattava di un caso isolato. Al contrario, spiegava il dirigente, da tempo i gruppi stavano cercando di organizzare iniziative comuni, inviando richieste a PCI, PSI e sindacati. Con tono allarmato aggiungeva «e qualche risultato lo stanno ottenendo». Sulla base delle notizie ricevute da alcune federazioni, Tognoni riferiva che a Trento il PSI e la FLM avevano dato la propria adesione alla campagna per lo scioglimento del MSI, che a Milano i socialisti erano divisi sull’opportunità di farlo, che a Empoli fosse stata una sezione del PCI ad aderire. Episodi isolati, certo, ma sufficientemente preoccupanti da far sottolineare a Tognoni che il partito avrebbe dovuto far subito chiarezza in merito alla sua posizione e renderla nota attraverso articoli su «Rinascita» e sull’«Unità», anche per arginare le strumentalizzazioni che di quegli episodi facevano i gruppi <250.
I vertici del partito comunista, si è detto, erano contrari allo scioglimento del MSI. Essi ritenevano più opportuno contrastare il fenomeno del neofascismo attraverso la vigilanza, la richiesta di perquisizioni e di chiusura delle sedi delle organizzazioni neofasciste, il divieto delle loro manifestazioni, l’accelerazione dei processi contro esponenti del MSI e contro gli autori di pestaggi e aggressioni. Secondo i dirigenti comunisti, il Movimento sociale era già abbastanza isolato e in crisi <251, quello che semmai veniva percepito come un problema era, da una parte, l’atteggiamento di chiusura di Fanfani nei loro confronti e, dall’altra, la «prospettiva di alleanza a sinistra con obiettivi devianti propugnata dai gruppi estremisti». Le notizie frammentate che arrivavano sulle adesioni alla campagna per lo scioglimento del MSI, fra l’altro, imponevano alla Segreteria di incontrare urgentemente i funzionari delle federazioni e dei comitati regionali <252. Ad ogni modo, le inchieste sul fascismo condotte nelle regioni <253, le numerose iniziative per le celebrazioni del XXX anniversario della Resistenza, gli scioperi e le manifestazioni unitarie antifasciste, la crescita della rete dei Comitati unitari che vedevano anche l’adesione della DC, erano tutti elementi che rafforzavano nei vertici del PCI la convinzione che la strada giusta da percorrere fosse ancora una volta quella della mobilitazione condivisa con tutti i partiti democratici <254.
A partire dalla primavera del 1975, infatti, il PCI fu impegnato nella raccolta di firme per la «petizione popolare per la difesa dell’ordine democratico», che era stata lanciata il 7 marzo a Milano dal locale Comitato di coordinamento permanente antifascista nel corso di una manifestazione e alla quale avevano aderito i comitati unitari di tutta Italia <255. L’appello era stato lanciato anche dell’equivalente comitato di Roma256 e dall’ANPI, che già nel 1973 aveva promosso una petizione per «responsabilizzare il Parlamento attorno al grave problema dello squadrismo fiancheggiatore della Destra Nazionale e del MSI», ma in quel caso non c’era stata una risposta altrettanto energica da parte delle forze politiche <257.
Due anni più tardi, invece, partiti, sindacati e associazioni partigiane organizzarono un’ampia mobilitazione nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme <258. Fondamentalmente, nella petizione si chiedevano misure contro «la violenza e la criminalità fascista», la piena utilizzazione delle leggi dello Stato per colpire «l’eversione squadrista», che fossero celebrati rapidamente i processi per le stragi, per gli atti di terrorismo e di violenza, e per i fatti attinenti alla tentata ricostruzione del «partito fascista» <259. L’iniziativa superò di gran lunga le aspettative: al Senato, il 25 luglio, furono depositate due milioni di firme <260. Nell’articolo dell’«Unità» che ne dava notizia, erano chiamate in causa non soltanto le «bande nere», ma anche il MSI, nel quale esse avrebbero trovato «copertura ed avallo». Si chiedeva infatti di procedere contro i «caporioni del MSI» <261.
In sostanza, il PCI si appellava alle istituzioni dello Stato affinché venissero presi provvedimenti contro personalità del MSI ritenute coinvolte a vario titolo nelle azioni violente dei neofascisti. Tuttavia, a differenza della petizione promossa dalla sinistra extraparlamentare, non si chiedeva di mettere fuori legge il Movimento sociale perché questo avrebbe potuto costituire un pericoloso precedente. Del resto, bisogna tener presente che il PCI non aveva ancora acquisito una piena legittimazione nel sistema politico e che la paura del «golpe», che era stata così viva per tutti gli anni Sessanta, aveva conosciuto un nuovo picco dopo i fatti cileni.
Infine, dal punto di vista dei vertici comunisti, il sostegno dato a primavera a questa campagna, che arrivava con un anno di ritardo rispetto a quella per lo scioglimento del MSI, poteva essere funzionale anche a riprendere il pieno controllo su quella parte della base che era stata attratta dall’iniziativa delle organizzazioni extraparlamentari, un’operazione quanto mai utile alla vigilia delle elezioni regionali e amministrative del giugno 1975.
Sul consenso manifestato almeno da una parte della base comunista e socialista nei confronti dell’iniziativa dei gruppi, aveva sicuramente pesato il clima di aspra violenza dei primi mesi di quell’anno.
[NOTE]
232 Dopo una serie di episodi violenti compiuti dai neofascisti nel 1973, che toccarono l’apice con la morte dell’agente di pubblica sicurezza Antonio Marino durante una manifestazione del MSI a Milano, nel dicembre di quell’anno il ministro dell’Interno Taviani sciolse Ordine Nuovo, P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992 cit., p. 499.
233 Cfr. ad es. G. Mammarella, L’Italia contemporanea cit., p. 400
234 A. Giovagnoli, Il partito italiano cit., p. 165
235 G. Santomassimo, La memoria pubblica dell’antifascismo cit., p. 165
236 Mozione approvata al termine dei lavori del convegno nazionale operaio organizzato dal movimento “Lotta Continua” svoltosi a Firenze il 1° e 2 giugno 1974, copia allegata alla relazione della prefettura di Firenze dell’8 giugno 1974 in ACS, MI, Dip. PS, 1944-1986, b. 348, f. G5/42/133
237 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia», n. 38, 1 novembre 1974. Sotto l’articolo venivano pubblicati il testo della «proposta di legge di iniziativa popolare per lo scioglimento del MSI» e l’elenco parziale dei firmatari, fra i quali comparivano numerosi consigli di fabbrica, esponenti dei sindacati metalmeccanici, molti avvocati, uomini della cultura, oltre, naturalmente, ai principali gruppi extraparlamentari e ad alcuni collettivi.
238 Tuttavia, Silvano Miniati, al congresso di Avanguardia Operaia dell’ottobre 1974, affermò: «La parola d’ordine dello scioglimento del MSI ha un senso solo se è sorretta da un concreto antifascismo militante», in l’intervento di S. Miniati in OCAO. IV Congresso nazionale: interventi dattiloscritti cit.
239 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia» cit.
240 Una legge di iniziativa popolare per mettere fuori legge il MSI, documento ciclostilato del 21 gennaio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
241 Molti volantini a sostegno della campagna sono contenuti in ivi; Archivio Fondazione Basso, fondo Saponaro, f. C11; Archivio della Nuova Sinistra-Marco Pezzi, fondo Marco Pezzi, f. Iniziative unitarie sinistra rivoluzionaria
242 Spazziamo via i fascisti. Fuori legge il MSI-DN, stampato in proprio, febbraio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 192
243 25 aprile trentennale della Resistenza. Oggi come ieri contro il fascismo, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
244 Cfr. ad es. Le violenze fasciste e la connivenza della Dc e dei corpi separati dello Stato, volantone (1975), ivi
245 L’Ufficio di Segreteria del PCI organizzò un incontro con Terracini a proposito «delle sue recenti posizioni pubbliche che contrastano con quelle del partito», Riunione di Segreteria del 30 aprile in IG, APC, 1975, Segreteria, m. 203, p. 487
246 Ad es. Avanguardia Operaia sosteneva in un comunicato che alcune sezioni romane del PCI avevano votato una mozione a favore della messa fuori legge del MSI e che numerose sezioni del PSI si erano dette disponibili a fare altrettanto, rimarcando quella che riteneva essere una contraddizione tra le basi e i vertici di questi partiti; comunicato di Avanguardia Operaia di Roma del 6 marzo 1975 in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
247 MSI fuori legge, in «Avanguardia Operaia» cit. Su questo episodio cfr. G. Crainz, Il paese mancato cit., p. 489
248 In IG, APC, 1975, Partiti politici, Estremismo di sinistra, m. 202, p. 953
249 Note per la Segreteria in IG, APC, 1975, Sezioni di lavoro, Gruppo di lavoro per le attività antifasciste, m. 202, pp. 408-410
250 Il riferimento è agli articoli Raccogliere centinaia di migliaia di firme per la messa fuorilegge del MSI! e Fermare con l’iniziativa di massa l’infame legge sulle armi!, in «Lotta Continua», 30 gennaio 1975, nei quali si dava un puntuale aggiornamento delle adesioni alla campagna
251 I nuovi equilibri nello scenario politico nazionale e internazionale, con la crisi irreversibile delle dittature in Spagna, Portogallo e Grecia, la sconfitta referendaria, le indagini sugli ambienti dell’estrema destra e gli aspri conflitti interni al MSI fra componenti moderate e oltranziste determinarono il progressivo isolamento del partito di Almirante. Cfr. ad es. D. Conti, L’anima nera della Repubblica cit., pp. 176-205
252 Note per la Segreteria cit.
253 Cfr. ad es. Consiglio regionale del Lazio, Indagine conoscitiva sulle attività neofasciste nel Lazio (1974) in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190; Circolo della Resistenza di Torino, Antifascismo militante e trame nere, 11 settembre 1974, ivi
254 Note per la Segreteria cit.
255 Mobilitazione unitaria per battere la strategia della provocazione. Subito sotto, in prima pagina, L. Pavolini, La risposta giusta, in «l’Unità», 9 marzo 1975
256 Il «Comitato di coordinamento permanente per la difesa dell’ordine democratico» era composto dalla Federazione CGIL, CISL, UIL, dai partiti PCI, PSI, DC, PSDI, PRI, PLI di Roma e provincia, e dalle associazioni partigiane ANPI, FLAP E FVL. Cfr. Comitato di coordinamento permanente per la difesa dell’ordine democratico, Documento programmatico, 21 gennaio 1975, in IRSIFAR, fondo Lipparini-Raspini, b. 113, f. 190
257 Cfr. la corrispondenza tra Enrico Berlinguer e Arrigo Boldrini, presidente dell’ANPI, allegata in IG, APC, 1973, Riunione di Segreteria del 12 giugno, m. 045, p. 409 e sgg.
258 Mobilitazione di massa contro le violenze nere, in «l’Unità», 28 marzo 1975
259 Alle presidenze delle Camere le firme della petizione antifascista, ivi, 19 luglio 1975
260 Due milioni di firme al Senato sotto la petizione antifascista, ivi, 26 luglio 1975
261 Ibidem
Valentina Casini, Sinistra extraparlamentare e partito comunista in Italia 1968-1976, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2015

