Le elezioni amministrative del 1951-52 sono state un banco di prova per tutte le forze politiche italiane di varia estrazione. In primo luogo perché era il primo test elettorale che dovettero affrontare i partiti di centro, e la Dc in particolare, dopo la netta vittoria del 1948. In secondo luogo perché potevano essere considerate una sorta di “prova generale” prima delle elezioni politiche del 1953. Il voto locale era in qualche misura specchio della situazione nazionale. Ne esprimeva gli umori, le insofferenze e i nervi scoperti. E se i consensi al governo stavano calando, il più delle volte, il voto rafforzava gli interpreti della protesta. Nella primavera del 1951 votava solo l’Italia centro-settentrionale, dove le destre avevano una scarsa consistenza. Sui motivi dello scaglionamento in due tornate non c’è accordo tra gli storici. Da parte monarchica, si è sottolineato il tentativo di influenzare l’esito delle successive elezioni nelle «roccaforti monarchiche del Meridione» <160. Secondo altri, tuttavia, non si possono trascurare «i tempi di approvazione della revisione delle circoscrizioni elettorali», al di là delle motivazioni politiche dei partiti di governo contrarie ad un voto contestuale di Nord e Sud <161.
Una novità importante era poi costituita dal sistema elettorale. Nei comuni con più di 10mila abitanti esisteva la possibilità di apparentarsi. La lista in grado di raggiungere la maggioranza relativa avrebbe beneficiato di un premio pari ai due terzi dei seggi, mentre i rimanenti sarebbero stati attribuiti proporzionalmente fra le altre <162. Concorrevano, in altri termini, non singoli partiti ma liste collegate. Dopo il fallimento della “grande destra“ a causa del rifiuto dei liberali, si presentarono uniti monarchici e missini. Tuttavia, nelle situazioni locali, interagivano fattori che potevano facilitare manovre diverse. Si pensi alla minaccia di scioglimento del Msi, al tentativo di apertura ai monarchici e all’ipotesi di una lista estesa a tutti i partiti anticomunisti nella capitale.
Per quanto riguarda la strategia democristiana nei confronti delle destre è utile ricordare che convivevano due approcci diversi: uno più negativo-repressivo, cioè la legge Scelba, e l’altro più positivo-propositivo, ossia il tentativo di aprire al partito monarchico.
Già dal 1950 il governo stava preparando una legge destinata a mettere fuori legge il Movimento sociale italiano. Era Mario Scelba - ministro dell’Interno - il più preoccupato della possibile deriva non democratica dei neofascisti. All’interno della Dc e del clero coesistevano però opinioni anche molto distanti. Alcuni, per esempio, vedevano positivamente un allargamento ai missini del fronte anticomunista. Ci riferiamo soprattutto a Mons. Ronca e a Luigi Gedda. Da segnalare anche Mons. Angelini, che dopo la prima tornata al Nord e il significativo aumento delle destre, in un memorandum parlava di una Dc ormai egemonizzata dai «Dossetti leftwingers». E giudicava il pericolo da destra sostanzialmente inesistente. Anzi, affermava di conoscere alcuni «eccellenti uomini del Msi che avrebbero fatto quello che vogliamo noi, se la Dc non fosse così irragionevole». <163 Sulla scia di quanto affermato da Angelini, sempre nel ’51, il vicecapo della polizia e direttore degli “Affari riservati” Gesualdo Barletta giudicò l’avanzata del Msi «significativa e non del tutto sgradita» <164. Era uno spaccato del substrato fascista che esisteva in parte della società italiana e della pubblica amministrazione. D’altra parte, erano passati solo pochi anni dalla fine del conflitto e di un ventennio di dittatura che aveva egemonizzato la burocrazia, tanto che la storiografia ha individuato nella preponderanza dello Stato sul partito uno dei caratteri distintivi del fascismo, a differenza di altri fenomeni politici degli anni ’30. A questo bisogna aggiungere una certa ritrosia a fare i conti con il proprio passato, sforzo da cui l’opinione pubblica moderata si è per lungo tempo tenuta lontana <165.
La minaccia della scomunica ai missini aveva anche la funzione di spaventare gli elettori di fede monarchica. Allearsi con coloro che avevano ricostituito il “disciolto partito fascista” doveva - secondo i promotori della legge - far desistere il Pnm dall’apparentamento <166. Per essere incisivo, il provvedimento avrebbe dovuto essere approvato prima delle elezioni, o perlomeno prima della tornata meridionale, dove i partiti di destra avevano gran parte dei loro consensi. Tuttavia, a causa della pervicace opposizione missina ma anche della scarsa collaborazione dei comunisti, la legge fu approvata troppo tardi. Il Pci, infatti, aveva un certo interesse a non spingere troppo per il voto della legge, che - temeva - non sarebbe stata confinata al Msi ma estesa a tutte le formazioni totalitarie, sia di destra che di sinistra. In più, l’erosione del consenso democristiano da destra non era invisa a comunisti e socialisti perché avrebbe indebolito il partito di maggioranza <167. Il provvedimento rimase, comunque, sostanzialmente inapplicato. Ad elezioni concluse, lo stesso Scelba avrebbe confidato al consigliere d’ambasciata [americana] Fraleigh l’intento di non attuarlo «almeno per un po’ di tempo». Voleva aspettare il congresso missino di luglio, anche perché il rischio - si legge in un documento inedito - era che «i fascisti fossero troppo ingabbiati per fare qualsiasi cosa che giustificasse l’invocazione della legge» <168.
L’esistenza di un partito antidemocratico non era un problema circoscritto all’Italia o alla scadenza elettorale. L’appartenenza a una formazione del genere, per esempio, escludeva le possibilità di emigrare negli Usa. Implicitamente, quindi, contribuiva ad aggravare la situazione del nostro Paese, dato che la sovrappopolazione e la scarsità di risorse erano tra i maggiori problemi del dopoguerra. Del resto un tema all’ordine del giorno era il crescente antiamericanismo in Europa e in Italia, dove non si poteva continuare a inimicarsi la popolazione. A questo proposito, fu la concessione dei visti a porre la questione all’attenzione del Dipartimento di Stato. Esisteva infatti una norma - l’Internal Security Act o Mc Carran Act <169 - che vietava l’ingresso negli Stati Uniti agli appartenenti ai partiti totalitari. Primariamente, aveva la funzione di evitare l’entrata dei comunisti, ma trovava applicazione anche a chi aveva aderito al partito fascista o era membro del Msi. Da qui nacquero una serie di problemi interpretativi in vista di potenziali effetti negativi tanto per gli Usa quanto per l’Italia. Vale la pena riportare le valutazioni del Minister Counselor dell’ambasciata Thompson: "Sebbene io non nutra certo alcuna simpatia per il Msi e lo consideri una seria minaccia alla democrazia italiana, e perciò agli interessi americani, sarei contro una regola generale per la quale l’appartenenza al Msi renda il richiedente automaticamente inammissibile. Il Msi sembra composto da tutte le categorie di persone. Abbiamo offeso e reso nemici così tanti italiani con l’applicazione delle nostre severe leggi sull’immigrazione che credo sarebbe molto spiacevole aggiungere un’altra interpretazione rigida alla lista" <170.
Dal Dipartimento di Stato, Knight e Greene giunsero alla conclusione che il Movimento sociale non poteva essere equiparato al partito fascista e non era, secondo i canoni americani, un partito totalitario. Argomentazioni simili a quelle di Thompson si trovano anche in altri documenti, in cui prevale l’ipotesi di un’interpretazione del Mc Carran Act in senso non restrittivo per diverse ragioni. Oltre al pericolo di inimicarsi troppo la popolazione italiana - certo non una strategia lungimirante in periodo elettorale - era necessario prendere coscienza che una vasta porzione di italiani aveva avuto in passato «una qualche connessione con il regime fascista». Nella grande maggioranza dei casi era una connessione «nominale o involontaria». Si pensi all’obbligo per i giovani di iscriversi a certe organizzazioni, o alla necessità di avere la tessera di partito per poter continuare un’attività professionale. Alcuni, che erano stati fascisti, poi cooperarono con gli Alleati. Alla questione, quindi, andava dato il giusto peso senza eccessive criminalizzazioni. Infine, esisteva un problema legato all’immigrazione di italiani che potevano essere educati ai valori della productivity americana. Una lettura rigida dell’Internal Security Act avrebbe determinato l’impossibilità di accogliere e formare businessmen, educatori, tecnici e altri specialisti di varia estrazione. Tale eventualità sarebbe stata indubbiamente di ostacolo per il futuro delle relazioni italo-americane <171.
Thompson, dall’ambasciata romana, pensava che l’obiettivo di Scelba non fosse solo quello di colpire le attività sovversive del Msi, ma anche quello di «porre le basi per l’eliminazione integrale del partito e rendere così possibile l’estensione a destra della coalizione democratica» <172, ossia del Pnm. Era questa la seconda strategia abbozzata dalla componente più conservatrice della Democrazia cristiana.
Nei primi due mesi del 1952 non erano ancora ben definite le possibilità di un’alleanza tra il Pnm e la Dc. Anche secondo gli osservatori americani la situazione appariva poco chiara, tanto da essere definita «fluida, confusa e non molto promettente» <173. A conferma di ciò, Horsey scriveva a Greene (Office of Western European Affairs) che «i nostri rapporti hanno dato l’impressione di una scena politica italiana confusa. Potrebbe essere di conforto sapere che la nostra opinione è condivisa da Guareschi» <174.
A partire da gennaio Gonella aveva cominciato a trattare col partito di Covelli <175, ma aveva dovuto fare i conti con l’ostilità del Psdi, contrario ad un’apertura a destra <176. Da parte della Dc era chiara l’intenzione di sfruttare i consensi monarchici al Sud. Complicava il quadro la scissione all’interno del Pnm in Sicilia ad opera del principe Giovanni Francesco Alliata di Montereale <177, che aveva fondato con Leone-Marchesano il Fronte Nazionale Monarchico, formato dai “monarchici di sinistra” e più incline a sostenere riforme sociali. Il Fnm, fin dal 1947, non aveva risparmiato critiche alla gestione Covelli, ma sulla nascita del Fronte esistono plausibili sospetti di una regia democristiana <178. Creare fratture nell’area di destra aveva lo scopo di irrobustire la Dc e screditare l’alleanza monarchico-missina. I democristiani, in sostanza, erano ingabbiati in una situazione non facile: non erano stati abbastanza «di sinistra» per attrarre il voto delle classi popolari e contemporaneamente si erano inimicati gli elementi conservatori, all’interno e all’esterno del partito, grazie a «certe politiche sociali e al tough talking contro la destra da parte del governo» <179.
Covelli, con l’approssimarsi del voto al Sud, criticò aspramente la Dc per «l’inerzia degli ultimi tre anni». Dando l’impressione di voler compiacere il suo interlocutore americano, il segretario del Pnm diceva di non essere soddisfatto per l’apparentamento con i neofascisti, ma si sentiva piuttosto «obbligato dal sistema elettorale e dal comune desiderio di formare un blocco anticomunista». Infine non mancò di sottolineare sia i forti legami tra il popolo americano e italiano che «il bisogno vitale del continuo supporto statunitense» <180. Elementi in vista del partito democristiano, come il vice-segretario Ravaioli, lasciavano aperta la porta ai monarchici, pensando soprattutto al radicamento del partito al Sud e alla possibilità di sottrarre voti al blocco social-comunista. Si parlava di una possibilità del 50% di rompere l’alleanza Msi-Pnm per allearsi col partito di Lauro e Covelli, senza preoccuparsi troppo delle lamentele dei partiti laici minori e pensando invece a sciogliere il nodo dei Comitati civici e a far rientrare progetti scissionisti all’interno della stessa Dc <181.
I funzionari di via Veneto [ambasciata statunitense] non credevano molto alle prospettive di centro-destra. Le vedevano più che altro in funzione puramente strumentale. Thompson scriveva infatti che le relazioni Dc-Pnm venivano presentate ai partiti laici per mantenere compatta la coalizione, e non per segnalare un effettivo spostamento del baricentro verso destra. Nonostante influenti personalità, si pensi a Gedda e ai Gesuiti, non fossero contrari all’alleanza, sembrava che «solo in una situazione senza speranza De Gasperi avrebbe accettato questo accordo» <182.
Intanto, crescevano le richieste avanzate dai monarchici in cambio di un loro eventuale appoggio. In un’intervista Lauro chiese l’inclusione del Msi nelle liste presentate in alcune località. Covelli sottolineava gli obiettivi politici del Pnm e non nascondeva di puntare ad incarichi di governo e ad una futura alleanza in vista delle elezioni politiche del 1953. Da parte monarchica, quindi, esisteva una disposizione a collaborare. A fronte della fermezza con cui venivano respinti accordi sottobanco, all’interno del Pnm lo stesso segretario ricordava che era possibile un’apertura in previsione di una collaborazione governativa, dove il principale punto di convergenza sarebbe stato la fermezza contro il comunismo. Ma dopo mesi in cui dominò il «reciproco scambio di inviti e di pressioni, di minacce e di lusinghe», Achille Lauro ruppe ogni possibilità di trattativa con un articolo dal titolo piuttosto esaustivo: "L’intesa Pnm-Msi non si può infrangere" <183. Tuttavia, si registrarono sporadici casi di alleanze tra Dc, Pnm e Msi al centro-Sud e in Sardegna <184.
[NOTE]
160 D. De Napoli, Il movimento monarchico, cit., p. 110.
161 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La Dc di De Gasperi e di Dossetti, Vallecchi, Firenze, 1974, p. 24.
162 M.S. Piretti, La legge truffa. Il fallimento dell’ingegneria politica, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 24.
163 Memorandum of conversation, Mons. Angelini (Ecclesiastical Assistant to prof. L. Gedda), W. Knight, July 16, 1951, NARA, RG 84, Box 74, f. 350 - Italy (confidential) 1950-52.
164 Conversation with dr. Barletta after the elections, June 22, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-1951, Lot File 54D328, Box 5, f. 234 Elections (regional and local).
165 Un’indagine recente e originale è quella di C. Baldassini, L’ombra di Mussolini. L’Italia moderata e la memoria del fascismo (1945-1960), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008. Sull’indulgenza nei confronti del fascismo è assai severo P.G. Zunino, La Repubblica e il suo passato, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 577-601.
166 M. Tarchi, Cinquant'anni di nostalgia, cit., pp. 52-53. Da segnalare, come esempio dei problemi interni al Msi che suscitò la legge Selba, il caso di Franco Servello. Decaduta l’iscrizione al partito per un articolo fortemente polemico nei confronti di Mussolini, uscito dopo il ’45, Servello fece ricorso al Comitato centrale affermando che «un simile provvedimento dimostrava che nel Msi non si entrava se non si aveva un passato da fascisti o da gerarchi». Il Comitato non poté evitare di accettare la sua richiesta: «pendeva sul capo di tutti la legge Scelba e sarebbe stato un bel problema ammettere pubblicamente che nel Msi si doveva essere per forza “fascisti”», F. Servello, 60 anni in fiamma. Dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 29-31.
167 P. Ignazi, Il polo escluso, cit., pp. 63-65; G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., pp. 52-53.
168 W. N. Fraleigh (Embassy) to Mr. Free and Mr. Bowman, June 20, 1952, NARA, RG 84, Box 74, f. 350 - Italy (confidential) 1950-52.
169 Si veda Paul S. Boyer, Internal Security Act, The Oxford Companion to United States History, 2001, http://www.encyclopedia.com/doc/1O119-InternalSecurityAct.html
170 L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to J. Greene (Office of Western European Affairs, Department of State), September 20, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-51, Lot File 54D328, Box 5, f. 220.05 Msi and neo-fascism.
171 J. Greene to L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy), October 8, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-51, Lot File 54D328, Box 5, f. 220.05 Msi and neo-fascism; United States Policy toward Italy, November 23, 1951, NARA, RG 59, C-7, Box 3.
172 Latest developments concerning the MSI, L.E. Thompson Jr., to the Department of State, January 15, 1952, NARA, RG 84, Box 75, f. 350 Italy - Monarchist party, classified and unclassified, 1950-52.
173 Preparations for Provincial, Municipal Elections, L.E. Thompson Jr. to the Department of State, February 19, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 2, 765.00/2-1952.
174 Si allegava la vignetta Tutto chiaro apparsa su «Candido», 24 febbraio 1952, O. Horsey (Embassy) to J.S. Greene (Office of Western European Affairs, Department of State), February 27, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 200 political (general).
175 S. Setta La Destra nell’Italia del dopoguerra, cit., p. 25; F. Malgeri, La stagione del centrismo, cit., p. 124.
176 The May 25 elections - Negotiations and alliances of democratic parties, L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, May 6, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 3, 765.00/5-652.
177 Si veda D. De Napoli, Il movimento monarchico, cit., pp. 131 sgg.
178 Si veda P.G. Murgia, Ritorneremo!, cit., p. 304; A. Ungari, I monarchici, cit., p. 419.
179 Monarchist groups and their possible alliance with Christian Democrats, L.E. Thompson Jr., (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, January 15, 1952, NARA, RG 84, Box 75, f. 350 Italy - Monarchist party, classified and unclassified, 1950-52.
180 Alfredo Covelli and Monarchist Party, M. J. Looram to O. Horsey (Embassy), January 29, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 220.04 Monarchists.
181 Dal memorandum del 1° aprile 1952, in cui dopo aver affermato la possibilità di alleanza Dc-Pnm, Ravaioli disse che i partiti minori non potevano obiettare perché non avevano «nulla da offrire al Sud» ed espresse preoccupazione sul fermento dei Comitati Civici. Si veda Conversation on April 1st with Avv. Domenico Ravaioli, vice-secretary, Christian Democratic Party, Davis to O. Horsey, April 1, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 220.01 Christian Democrats. Ravaioli fu uno dei primi a pensare alla possibilità di istituire un sistema maggioritario per arginare le ali estreme, G. Quagliariello, La legge elettorale del 1953, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 34-35.
182 Preparations for Provincial, Municipal Elections, L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, February 19, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 2, 765.00/2-1952. Da segnalare il tentativo, poi fallito, di coinvolgere Longanesi per sponsorizzare la destra laurina al Nord, in particolare a Milano, si veda R. Liucci, L’Italia borghese di Longanesi. Giornalismo politica e costume nell’Italia degli anni ’50, Marsilio, Venezia, 2002, pp. 112-113.
183 A. Ungari, I monarchici, cit., pp. 422-424. L’articolo di Lauro, in gran parte riportato dall’autore, fu pubblicato su «Il Giornale d’Italia», 6 aprile 1952.
184 De Gasperi, con lo pseudonimo “Quidam de populo” aveva scritto un articolo su «Il Popolo» del 7 aprile 1952 rifiutando ogni legame con la destra, tuttavia in alcune città di Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna ci furono alleanze, si veda M.S. Piretti, La legge truffa, cit., p. 27.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009-2010
Una novità importante era poi costituita dal sistema elettorale. Nei comuni con più di 10mila abitanti esisteva la possibilità di apparentarsi. La lista in grado di raggiungere la maggioranza relativa avrebbe beneficiato di un premio pari ai due terzi dei seggi, mentre i rimanenti sarebbero stati attribuiti proporzionalmente fra le altre <162. Concorrevano, in altri termini, non singoli partiti ma liste collegate. Dopo il fallimento della “grande destra“ a causa del rifiuto dei liberali, si presentarono uniti monarchici e missini. Tuttavia, nelle situazioni locali, interagivano fattori che potevano facilitare manovre diverse. Si pensi alla minaccia di scioglimento del Msi, al tentativo di apertura ai monarchici e all’ipotesi di una lista estesa a tutti i partiti anticomunisti nella capitale.
Per quanto riguarda la strategia democristiana nei confronti delle destre è utile ricordare che convivevano due approcci diversi: uno più negativo-repressivo, cioè la legge Scelba, e l’altro più positivo-propositivo, ossia il tentativo di aprire al partito monarchico.
Già dal 1950 il governo stava preparando una legge destinata a mettere fuori legge il Movimento sociale italiano. Era Mario Scelba - ministro dell’Interno - il più preoccupato della possibile deriva non democratica dei neofascisti. All’interno della Dc e del clero coesistevano però opinioni anche molto distanti. Alcuni, per esempio, vedevano positivamente un allargamento ai missini del fronte anticomunista. Ci riferiamo soprattutto a Mons. Ronca e a Luigi Gedda. Da segnalare anche Mons. Angelini, che dopo la prima tornata al Nord e il significativo aumento delle destre, in un memorandum parlava di una Dc ormai egemonizzata dai «Dossetti leftwingers». E giudicava il pericolo da destra sostanzialmente inesistente. Anzi, affermava di conoscere alcuni «eccellenti uomini del Msi che avrebbero fatto quello che vogliamo noi, se la Dc non fosse così irragionevole». <163 Sulla scia di quanto affermato da Angelini, sempre nel ’51, il vicecapo della polizia e direttore degli “Affari riservati” Gesualdo Barletta giudicò l’avanzata del Msi «significativa e non del tutto sgradita» <164. Era uno spaccato del substrato fascista che esisteva in parte della società italiana e della pubblica amministrazione. D’altra parte, erano passati solo pochi anni dalla fine del conflitto e di un ventennio di dittatura che aveva egemonizzato la burocrazia, tanto che la storiografia ha individuato nella preponderanza dello Stato sul partito uno dei caratteri distintivi del fascismo, a differenza di altri fenomeni politici degli anni ’30. A questo bisogna aggiungere una certa ritrosia a fare i conti con il proprio passato, sforzo da cui l’opinione pubblica moderata si è per lungo tempo tenuta lontana <165.
La minaccia della scomunica ai missini aveva anche la funzione di spaventare gli elettori di fede monarchica. Allearsi con coloro che avevano ricostituito il “disciolto partito fascista” doveva - secondo i promotori della legge - far desistere il Pnm dall’apparentamento <166. Per essere incisivo, il provvedimento avrebbe dovuto essere approvato prima delle elezioni, o perlomeno prima della tornata meridionale, dove i partiti di destra avevano gran parte dei loro consensi. Tuttavia, a causa della pervicace opposizione missina ma anche della scarsa collaborazione dei comunisti, la legge fu approvata troppo tardi. Il Pci, infatti, aveva un certo interesse a non spingere troppo per il voto della legge, che - temeva - non sarebbe stata confinata al Msi ma estesa a tutte le formazioni totalitarie, sia di destra che di sinistra. In più, l’erosione del consenso democristiano da destra non era invisa a comunisti e socialisti perché avrebbe indebolito il partito di maggioranza <167. Il provvedimento rimase, comunque, sostanzialmente inapplicato. Ad elezioni concluse, lo stesso Scelba avrebbe confidato al consigliere d’ambasciata [americana] Fraleigh l’intento di non attuarlo «almeno per un po’ di tempo». Voleva aspettare il congresso missino di luglio, anche perché il rischio - si legge in un documento inedito - era che «i fascisti fossero troppo ingabbiati per fare qualsiasi cosa che giustificasse l’invocazione della legge» <168.
L’esistenza di un partito antidemocratico non era un problema circoscritto all’Italia o alla scadenza elettorale. L’appartenenza a una formazione del genere, per esempio, escludeva le possibilità di emigrare negli Usa. Implicitamente, quindi, contribuiva ad aggravare la situazione del nostro Paese, dato che la sovrappopolazione e la scarsità di risorse erano tra i maggiori problemi del dopoguerra. Del resto un tema all’ordine del giorno era il crescente antiamericanismo in Europa e in Italia, dove non si poteva continuare a inimicarsi la popolazione. A questo proposito, fu la concessione dei visti a porre la questione all’attenzione del Dipartimento di Stato. Esisteva infatti una norma - l’Internal Security Act o Mc Carran Act <169 - che vietava l’ingresso negli Stati Uniti agli appartenenti ai partiti totalitari. Primariamente, aveva la funzione di evitare l’entrata dei comunisti, ma trovava applicazione anche a chi aveva aderito al partito fascista o era membro del Msi. Da qui nacquero una serie di problemi interpretativi in vista di potenziali effetti negativi tanto per gli Usa quanto per l’Italia. Vale la pena riportare le valutazioni del Minister Counselor dell’ambasciata Thompson: "Sebbene io non nutra certo alcuna simpatia per il Msi e lo consideri una seria minaccia alla democrazia italiana, e perciò agli interessi americani, sarei contro una regola generale per la quale l’appartenenza al Msi renda il richiedente automaticamente inammissibile. Il Msi sembra composto da tutte le categorie di persone. Abbiamo offeso e reso nemici così tanti italiani con l’applicazione delle nostre severe leggi sull’immigrazione che credo sarebbe molto spiacevole aggiungere un’altra interpretazione rigida alla lista" <170.
Dal Dipartimento di Stato, Knight e Greene giunsero alla conclusione che il Movimento sociale non poteva essere equiparato al partito fascista e non era, secondo i canoni americani, un partito totalitario. Argomentazioni simili a quelle di Thompson si trovano anche in altri documenti, in cui prevale l’ipotesi di un’interpretazione del Mc Carran Act in senso non restrittivo per diverse ragioni. Oltre al pericolo di inimicarsi troppo la popolazione italiana - certo non una strategia lungimirante in periodo elettorale - era necessario prendere coscienza che una vasta porzione di italiani aveva avuto in passato «una qualche connessione con il regime fascista». Nella grande maggioranza dei casi era una connessione «nominale o involontaria». Si pensi all’obbligo per i giovani di iscriversi a certe organizzazioni, o alla necessità di avere la tessera di partito per poter continuare un’attività professionale. Alcuni, che erano stati fascisti, poi cooperarono con gli Alleati. Alla questione, quindi, andava dato il giusto peso senza eccessive criminalizzazioni. Infine, esisteva un problema legato all’immigrazione di italiani che potevano essere educati ai valori della productivity americana. Una lettura rigida dell’Internal Security Act avrebbe determinato l’impossibilità di accogliere e formare businessmen, educatori, tecnici e altri specialisti di varia estrazione. Tale eventualità sarebbe stata indubbiamente di ostacolo per il futuro delle relazioni italo-americane <171.
Thompson, dall’ambasciata romana, pensava che l’obiettivo di Scelba non fosse solo quello di colpire le attività sovversive del Msi, ma anche quello di «porre le basi per l’eliminazione integrale del partito e rendere così possibile l’estensione a destra della coalizione democratica» <172, ossia del Pnm. Era questa la seconda strategia abbozzata dalla componente più conservatrice della Democrazia cristiana.
Nei primi due mesi del 1952 non erano ancora ben definite le possibilità di un’alleanza tra il Pnm e la Dc. Anche secondo gli osservatori americani la situazione appariva poco chiara, tanto da essere definita «fluida, confusa e non molto promettente» <173. A conferma di ciò, Horsey scriveva a Greene (Office of Western European Affairs) che «i nostri rapporti hanno dato l’impressione di una scena politica italiana confusa. Potrebbe essere di conforto sapere che la nostra opinione è condivisa da Guareschi» <174.
A partire da gennaio Gonella aveva cominciato a trattare col partito di Covelli <175, ma aveva dovuto fare i conti con l’ostilità del Psdi, contrario ad un’apertura a destra <176. Da parte della Dc era chiara l’intenzione di sfruttare i consensi monarchici al Sud. Complicava il quadro la scissione all’interno del Pnm in Sicilia ad opera del principe Giovanni Francesco Alliata di Montereale <177, che aveva fondato con Leone-Marchesano il Fronte Nazionale Monarchico, formato dai “monarchici di sinistra” e più incline a sostenere riforme sociali. Il Fnm, fin dal 1947, non aveva risparmiato critiche alla gestione Covelli, ma sulla nascita del Fronte esistono plausibili sospetti di una regia democristiana <178. Creare fratture nell’area di destra aveva lo scopo di irrobustire la Dc e screditare l’alleanza monarchico-missina. I democristiani, in sostanza, erano ingabbiati in una situazione non facile: non erano stati abbastanza «di sinistra» per attrarre il voto delle classi popolari e contemporaneamente si erano inimicati gli elementi conservatori, all’interno e all’esterno del partito, grazie a «certe politiche sociali e al tough talking contro la destra da parte del governo» <179.
Covelli, con l’approssimarsi del voto al Sud, criticò aspramente la Dc per «l’inerzia degli ultimi tre anni». Dando l’impressione di voler compiacere il suo interlocutore americano, il segretario del Pnm diceva di non essere soddisfatto per l’apparentamento con i neofascisti, ma si sentiva piuttosto «obbligato dal sistema elettorale e dal comune desiderio di formare un blocco anticomunista». Infine non mancò di sottolineare sia i forti legami tra il popolo americano e italiano che «il bisogno vitale del continuo supporto statunitense» <180. Elementi in vista del partito democristiano, come il vice-segretario Ravaioli, lasciavano aperta la porta ai monarchici, pensando soprattutto al radicamento del partito al Sud e alla possibilità di sottrarre voti al blocco social-comunista. Si parlava di una possibilità del 50% di rompere l’alleanza Msi-Pnm per allearsi col partito di Lauro e Covelli, senza preoccuparsi troppo delle lamentele dei partiti laici minori e pensando invece a sciogliere il nodo dei Comitati civici e a far rientrare progetti scissionisti all’interno della stessa Dc <181.
I funzionari di via Veneto [ambasciata statunitense] non credevano molto alle prospettive di centro-destra. Le vedevano più che altro in funzione puramente strumentale. Thompson scriveva infatti che le relazioni Dc-Pnm venivano presentate ai partiti laici per mantenere compatta la coalizione, e non per segnalare un effettivo spostamento del baricentro verso destra. Nonostante influenti personalità, si pensi a Gedda e ai Gesuiti, non fossero contrari all’alleanza, sembrava che «solo in una situazione senza speranza De Gasperi avrebbe accettato questo accordo» <182.
Intanto, crescevano le richieste avanzate dai monarchici in cambio di un loro eventuale appoggio. In un’intervista Lauro chiese l’inclusione del Msi nelle liste presentate in alcune località. Covelli sottolineava gli obiettivi politici del Pnm e non nascondeva di puntare ad incarichi di governo e ad una futura alleanza in vista delle elezioni politiche del 1953. Da parte monarchica, quindi, esisteva una disposizione a collaborare. A fronte della fermezza con cui venivano respinti accordi sottobanco, all’interno del Pnm lo stesso segretario ricordava che era possibile un’apertura in previsione di una collaborazione governativa, dove il principale punto di convergenza sarebbe stato la fermezza contro il comunismo. Ma dopo mesi in cui dominò il «reciproco scambio di inviti e di pressioni, di minacce e di lusinghe», Achille Lauro ruppe ogni possibilità di trattativa con un articolo dal titolo piuttosto esaustivo: "L’intesa Pnm-Msi non si può infrangere" <183. Tuttavia, si registrarono sporadici casi di alleanze tra Dc, Pnm e Msi al centro-Sud e in Sardegna <184.
[NOTE]
160 D. De Napoli, Il movimento monarchico, cit., p. 110.
161 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La Dc di De Gasperi e di Dossetti, Vallecchi, Firenze, 1974, p. 24.
162 M.S. Piretti, La legge truffa. Il fallimento dell’ingegneria politica, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 24.
163 Memorandum of conversation, Mons. Angelini (Ecclesiastical Assistant to prof. L. Gedda), W. Knight, July 16, 1951, NARA, RG 84, Box 74, f. 350 - Italy (confidential) 1950-52.
164 Conversation with dr. Barletta after the elections, June 22, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-1951, Lot File 54D328, Box 5, f. 234 Elections (regional and local).
165 Un’indagine recente e originale è quella di C. Baldassini, L’ombra di Mussolini. L’Italia moderata e la memoria del fascismo (1945-1960), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008. Sull’indulgenza nei confronti del fascismo è assai severo P.G. Zunino, La Repubblica e il suo passato, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 577-601.
166 M. Tarchi, Cinquant'anni di nostalgia, cit., pp. 52-53. Da segnalare, come esempio dei problemi interni al Msi che suscitò la legge Selba, il caso di Franco Servello. Decaduta l’iscrizione al partito per un articolo fortemente polemico nei confronti di Mussolini, uscito dopo il ’45, Servello fece ricorso al Comitato centrale affermando che «un simile provvedimento dimostrava che nel Msi non si entrava se non si aveva un passato da fascisti o da gerarchi». Il Comitato non poté evitare di accettare la sua richiesta: «pendeva sul capo di tutti la legge Scelba e sarebbe stato un bel problema ammettere pubblicamente che nel Msi si doveva essere per forza “fascisti”», F. Servello, 60 anni in fiamma. Dal Movimento Sociale ad Alleanza Nazionale, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 29-31.
167 P. Ignazi, Il polo escluso, cit., pp. 63-65; G. Roberti, L’opposizione di destra in Italia, cit., pp. 52-53.
168 W. N. Fraleigh (Embassy) to Mr. Free and Mr. Bowman, June 20, 1952, NARA, RG 84, Box 74, f. 350 - Italy (confidential) 1950-52.
169 Si veda Paul S. Boyer, Internal Security Act, The Oxford Companion to United States History, 2001, http://www.encyclopedia.com/doc/1O119-InternalSecurityAct.html
170 L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to J. Greene (Office of Western European Affairs, Department of State), September 20, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-51, Lot File 54D328, Box 5, f. 220.05 Msi and neo-fascism.
171 J. Greene to L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy), October 8, 1951, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs relating to Italy, 1943-51, Lot File 54D328, Box 5, f. 220.05 Msi and neo-fascism; United States Policy toward Italy, November 23, 1951, NARA, RG 59, C-7, Box 3.
172 Latest developments concerning the MSI, L.E. Thompson Jr., to the Department of State, January 15, 1952, NARA, RG 84, Box 75, f. 350 Italy - Monarchist party, classified and unclassified, 1950-52.
173 Preparations for Provincial, Municipal Elections, L.E. Thompson Jr. to the Department of State, February 19, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 2, 765.00/2-1952.
174 Si allegava la vignetta Tutto chiaro apparsa su «Candido», 24 febbraio 1952, O. Horsey (Embassy) to J.S. Greene (Office of Western European Affairs, Department of State), February 27, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 200 political (general).
175 S. Setta La Destra nell’Italia del dopoguerra, cit., p. 25; F. Malgeri, La stagione del centrismo, cit., p. 124.
176 The May 25 elections - Negotiations and alliances of democratic parties, L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, May 6, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 3, 765.00/5-652.
177 Si veda D. De Napoli, Il movimento monarchico, cit., pp. 131 sgg.
178 Si veda P.G. Murgia, Ritorneremo!, cit., p. 304; A. Ungari, I monarchici, cit., p. 419.
179 Monarchist groups and their possible alliance with Christian Democrats, L.E. Thompson Jr., (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, January 15, 1952, NARA, RG 84, Box 75, f. 350 Italy - Monarchist party, classified and unclassified, 1950-52.
180 Alfredo Covelli and Monarchist Party, M. J. Looram to O. Horsey (Embassy), January 29, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 220.04 Monarchists.
181 Dal memorandum del 1° aprile 1952, in cui dopo aver affermato la possibilità di alleanza Dc-Pnm, Ravaioli disse che i partiti minori non potevano obiettare perché non avevano «nulla da offrire al Sud» ed espresse preoccupazione sul fermento dei Comitati Civici. Si veda Conversation on April 1st with Avv. Domenico Ravaioli, vice-secretary, Christian Democratic Party, Davis to O. Horsey, April 1, 1952, NARA, RG 59, Records of the Office of Western European Affairs, Office of the Italian and Austrian Affairs, 1949-1953, Lot File 54D541, Box 8, f. Italy - 220.01 Christian Democrats. Ravaioli fu uno dei primi a pensare alla possibilità di istituire un sistema maggioritario per arginare le ali estreme, G. Quagliariello, La legge elettorale del 1953, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 34-35.
182 Preparations for Provincial, Municipal Elections, L.E. Thompson Jr. (Minister Counselor, Embassy) to the Department of State, February 19, 1952, NARA, RG 59, C-3, Box 2, 765.00/2-1952. Da segnalare il tentativo, poi fallito, di coinvolgere Longanesi per sponsorizzare la destra laurina al Nord, in particolare a Milano, si veda R. Liucci, L’Italia borghese di Longanesi. Giornalismo politica e costume nell’Italia degli anni ’50, Marsilio, Venezia, 2002, pp. 112-113.
183 A. Ungari, I monarchici, cit., pp. 422-424. L’articolo di Lauro, in gran parte riportato dall’autore, fu pubblicato su «Il Giornale d’Italia», 6 aprile 1952.
184 De Gasperi, con lo pseudonimo “Quidam de populo” aveva scritto un articolo su «Il Popolo» del 7 aprile 1952 rifiutando ogni legame con la destra, tuttavia in alcune città di Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna ci furono alleanze, si veda M.S. Piretti, La legge truffa, cit., p. 27.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009-2010

