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mercoledì 31 gennaio 2024

Graziani si oppose a questa trattativa di “resa separata”


Sappiamo che nei primi mesi del '45 e sin dalla liberazione di Roma vi fu un pullulare di servizi segreti esteri in Italia: si contendevano il campo inglesi e americani, ma anche russi, francesi e tedeschi. Il circuito più diffuso fu quello inglese, ma vi erano anche polacchi e jugoslavi, questi ultimi, soprattutto, nel sud dell'Italia e a Bari <8. Nel corso delle ultime settimane di aprile '45, gli uomini del britannico Secret Intelligence Service (d'ora in poi, SIS) si diedero a una gara di velocità con i colleghi dell'americano Office of Strategic Services (d'ora in poi, OSS), allo scopo di far prevalere la posizione di Churchill su quella di Roosevelt: quest'ultimo riteneva, infatti, che il Duce, come i criminali nazisti, avrebbe dovuto essere condotto innanzi a un tribunale internazionale per essere processato, in quanto ispiratore del fascismo europeo <9, mentre Churchill, al contrario, era favorevole a un'esecuzione “a caldo” del Capo della Repubblica Sociale Italiana (d'ora in poi, RSI), sì da non lasciare parola allo “scomodo testimone” <10. Non deve essere, altresì, trascurato, alla luce del quadro storico internazionale delineatosi mentre la seconda guerra mondiale volgeva al termine, che emerse anche una ferma volontà russa di uccidere Mussolini, resa esecutiva in Italia mediante il suo satellite comunista, a fronte della quale i servizi segreti americani non poterono agire o, in taluni casi, agirono troppo tardi. Parimenti è a dirsi per i servizi segreti tedeschi attivissimi nell'Italia settentrionale che, per ordine del generale Wolff e, d'intesa con gli americani, si furono mimetizzati nella zona ma non poterono essere utili e, comunque, in molti casi furono travolti dalle repressioni comuniste né furono in grado di comunicare con i propri superiori. Tale complesso gioco di alleanze segrete ha rivelato che la volontà e l'interesse di salvare Mussolini fosse, in definitiva, degli americani e non degli inglesi, forse anche perché i primi speravano di potersene servire nella guerra segreta contro il bolscevismo all'epoca alleato intoccabile <11.
§ 2. Ciò che rivelano gli archivi dell'OSS
Renzo De Felice citava un certo numero di documenti, testimonianze e “piste”, che contraddicevano la vulgata, a cominciare da una relazione segreta, di circa cinquecento pagine, redatta da un agente dell'OSS, alla fine della sua missione nell'Italia del nord, foriera di 'molte nuove verità' <12. Tale fonte, che è stata analizzata in altra sede <13, fu il frutto dell'indagine compiuta dal colonnello Valerian Lada Mocarski - agente n. 441, nome in codice “Valla”, “Maj”, “Topper” <14 - per ordine di Allen Dulles, direttore della Sezione svizzera del Secret Intelligence (d'ora in poi, SI) dell'OSS, al fine di ricostruire i fatti e accertare le responsabilità della morte di Benito Mussolini, dopo che gli americani dovettero, loro malgrado, registrare il fallimento delle molteplici missioni lanciate nell'Italia settentrionale durante le ultime tumultuose settimane di aprile '45 miranti all'obiettivo di catturare il Duce vivo <15. L'indagine di Mocarski, che iniziò il 29 aprile 1945 e proseguì per i successivi sei mesi, da subito non si prospettò facile. Infatti, come annotò l'autore, nonostante che fossero trascorse solo ventiquattro ore dall'esecuzione di Mussolini, egli non fu in grado di ottenere i resoconti autentici sulle circostanze sia dell'arresto sia dell'esecuzione della condanna a morte del dittatore né riuscì a interrogare alcun testimone oculare a Como, come a Dongo e Milano, perché la popolazione locale fu tenuta all'oscuro della parte più importante di quegli eventi e neanche un singolo attore del complessivo dramma pare avesse assistito all'intera vicenda, senza considerare che ben pochi protagonisti sopravvissero per raccontare la loro parte di verità: delle tre o massimo quattro persone che presero parte alla fucilazione di Benito Mussolini, infatti, una, che rispondeva al nome di Giuseppe Frangi, nome in codice “Lino”, s'imbatté in un fatale 'accidente' pochi giorni dopo il fatto, un'altra, Luigi Canali, alias il “capitano Neri”, scomparve in circostanze misteriose, mentre gli ultimi due, il “colonnello Valerio” (che, probabilmente, non era altri che Aldo Lampredi, nome di battaglia “Guido”) e il commissario comunista Michele Moretti, conosciuto come “Pietro”, riuscirono a sottrarsi all'investigazione dell'OSS. Nonostante la scarsezza di fonti orali e la difficoltà di giudicarne l'affidabilità, per essere queste nella maggior parte dei casi infarcite di pregiudizio derivante dall'educazione, esperienza ovvero orientamento politico, il rapporto Mocarski <16, che constò di due memoranda, dei quali il primo risalente ai primi di maggio e il secondo iniziato il 30 maggio 1945 e, probabilmente, completato successivamente alla prima decade di giugno, come agevolmente rilevabile dall'elenco delle persone interrogate sino al 13 giugno <17, è degno di interesse, perché ricostruisce, in maniera sufficientemente analitica, gli ultimi quattro giorni della vita di Benito Mussolini e della Repubblica Sociale Italiana (d'ora in poi RSI) nel periodo dal 25 al 28 aprile del 1945, riuscendo, dunque, nella missione affidatagli per conto dell'OSS. La relazione dell'OSS non si esaurisce, pertanto, nella ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Benito Mussolini, sui quali - si deve, sin d'ora, evidenziare - l'agente dell'OSS vi apportava segretamente alcune importanti novità, ma narra gli ultimi quattro tormentati giorni di una Repubblica e del suo Capo.
§ 3. L'incontro in Arcivescovado
Su questo incontro dall'esito tragicamente fallimentare molto si è scritto <18. L'agente dell'OSS ne ha ricostruito prologo, motivazioni, modalità e conclusioni, avvalendosi delle testimonianze di alcuni suoi celebri protagonisti, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, il generale Raffaele Cadorna, il prefetto Riccardo Lombardi, l'azionista Leo Valiani e redigendo accurati resoconti dei relativi colloqui, quindi puntualmente inseriti nel suo rapporto <19. E' noto ed è confermato da tale relazione che il presule, ansioso per la sorte di Milano e di tutta la Lombardia, intessé una fitta rete di rapporti diplomatici con tutte le parti in conflitto, ergendosi a trait d'union tra il CLNAI e, in particolare, il democristiano avv. Achille Marrazza, da un lato, e gli emissari tedeschi, le cui trattative con i servizi segreti alleati fervevano, nonché, almeno dal 22 aprile, con i responsabili fascisti, che pure avevano dato segni di essere propensi a negoziare la resa, dall'altro <20. Invero, già dal dicembre 1944, i dirigenti della RSI, su autorizzazione di Mussolini ovvero anche autonomamente, avevano avviato con alcuni esponenti del CLNAI una stagione di trattative, i cui principali intermediari furono il giornalista Carlo Silvestri <21; il ministro dell'Economia della RSI Angelo Tarchi <22, l'industriale Gian Riccardo Cella, acquirente del giornale 'Il popolo d'Italia', che Mussolini aveva fondato nel 1914 e a cui era rimasto affezionato <23.
Alle ore 15,00 del 25 aprile 1945, Benito Mussolini, con due cartelle di cuoio contenenti importanti documenti <24, giunse nel palazzo arcivescovile, accompagnato dal maresciallo Rodolfo Graziani <25, il ministro degli Interni Paolo Zerbino, il prefetto di Milano Mario Bassi, il sottosegretario alla Presidenza Francesco Maria Barracu e l'industriale Gian Riccardo Cella. È noto che, prima di iniziare la conferenza, Mussolini e Schuster restarono soli per più di un'ora durante la quale discussero in maniera pacata di vari argomenti <26. Dopo circa un'ora arrivarono i delegati del CLNAI: Raffaele Cadorna, presidente del CVL, Achille Marrazza, per il partito della Democrazia Cristiana (DC), Riccardo Lombardi e Matteo Arpesani, per il Partito di Azione (Pd'A). Dopo un breve scambio di saluti, ciascuno si sedette, come si evince dallo schizzo vergato da Cadorna per Mocarski <27. Mussolini avrebbe voluto trattare con Raffaele Cadorna, in quanto, come avrebbe più tardi riferito ai suoi ministri riuniti a Como, era l'unico che conoscesse tra i presenti, ma questi rispose che era stato delegato quale rappresentante militare, mentre Achille Marrazza era il rappresentante politico del CLNAI. Il Duce domandò quali condizioni gli fossero offerte e Achille Marrazza gli rispose seccamente che la resa avrebbe dovuto essere incondizionata. Mussolini si proclamò meravigliato, poiché pensava che alcune condizioni sarebbero state accettate ma Cadorna intervenne, affermando che, conformemente alle istruzioni diramate dall'Alto Comando Alleato, sia le milizie sia le famiglie dei fascisti sarebbero state trattate alla stessa stregua di prigionieri di guerra. Mussolini, sulle prime, manifestò la volontà di negoziare ma, in quel momento, intervenne Graziani, il quale sollevò la questione dell'onore, obiettando che il governo fascista non poteva iniziare trattative per la resa con l'avversario prima di aver informato l'alleato tedesco, perché non si fosse accusati di rinnovare il tradimento dell'8 settembre. A questo punto, la discussione si accese e Cadorna fece rilevare che i tedeschi stavano già trattando la resa con gli Alleati e avevano manifestato delle aperture in tal senso anche con lui. Mussolini s'irritò di fronte a questa notizia <28 e Schuster non poté far altro che confermare la correttezza della dichiarazione. Il capo della RSI dichiarò, dunque, che avrebbe immediatamente incontrato Wolff per fargli rilevare che questa volta era l'Italia a essere stata pugnalata alle spalle: 'I tedeschi ci hanno sempre trattato come servi e ora mi stanno tradendo. Date le circostanze, io mi ritengo libero e recupero la libertà di adottare l'azione che riterrò opportuna', proclamò adirato <29. Mussolini chiese, quindi, un'ora di tempo per meditare sulla situazione e incontrare gli alleati tedeschi <30. I dirigenti fascisti partirono immediatamente, promettendo di dare una risposta entro le ore 20,00.
§ 4. La fuga da Milano
Il ritorno di Mussolini in Prefettura fu assai tumultuoso. Secondo la testimonianza degli astanti, il Duce imprecava: 'Volevano crearmi un'altra trappola tipo 25 luglio […] i tedeschi ci hanno tradito' e, ancora, 'se fossi stato armato li avrei uccisi tutti'. Poi, accusando Cella, gli disse: 'Voi siete responsabile di quanto è accaduto: non voglio credere che foste d'accordo con la cricca ci-ellenistica […] volevano giungere esclusivamente alla mia cattura […] ma non mi avranno' <31. Seguì un'accesa discussione sul da farsi. La ricostruzione degli eventi è resa assai complicata dalla mancanza di fonti, perché ci si può riferire esclusivamente alle testimonianze dei presenti, non sempre coerenti e, comunque, suscettibili di verifica. Sul punto, la storiografia è ampia e articolata e la questione dei piani dell'ultimo Mussolini non è stata completamente chiarita <32.
[NOTE]
8 A tal proposito, illuminante è un rapporto della Divisione italiana del Secret Intelligence (SI) rubricato Foreign Intelligence Organizations currently operating in Italy del 5 marzo 1945, inviato dal suo capo Vincent Scamporino a J. Jesus Angleton, responsabile della Sezione italiana del servizio di controspionaggio dell'OSS (X-2). Ivi si compie un'accurata disamina delle organizzazioni dei servizi segreti stranieri in Italia, con particolare riguardo a quelli inglesi considerati i più diffusi, preparati e inseriti nella realtà politica, sociale ed economica italiana, sin dall'epoca antecedente all'entrata in guerra dell'Italia. Foreign Intelligence Organizations currently operating in Italy in National Archives and Records Administration, College Park, MD (d'ora in poi NARA), R.G. 226, E. 211, B. 7.
9 R. De Felice, Rosso e Nero cit., pp. 144 e ss.
10 Si cfr. il “Punishment of war criminals“, appunto scritto da W. Churchill il 9 novembre 1943, conservato nel Public Record Office (PRO) di Londra (War Cabinet Paper WP(43) 496, F. CAB. 66/39) e riportato in F. Andriola, Carteggio segreto Churchill-Mussolini, Sugarco, Milano 1995, p. 45.
11 V. Teodorani, Perche' fu ucciso Mussolini, in «Asso di Bastoni», 21 e 31 ottobre, 7, 14 e 21 novembre 1954. Vanni Teodorani, Capo della Segreteria Militare della Repubblica Sociale Italiana, fu accanto a Mussolini sino al tragico epilogo. In tale veste, oltre che in quella di genero, narra la missione condotta allo scopo di salvargli la vita insieme con i delegati alleati Giovanni Dessy e Salvatore Guastoni, di cui in seguito si dirà.
12 R. De Felice, Rosso e Nero cit., p. 145.
13 Uno stralcio di tale relazione segreta è stato riportato, nella versione tradotta in italiano, in appendice al saggio di M. Sapio, Gli ultimi giorni di Mussolini tra storia e verità cit. nonché commentato, in chiave critica, in M. Sapio, Ma davvero è stata scritta la parola fine? cit. Una sintesi è stata pubblicata con il titolo The last three days of Mussolini in 'Atlantic Montlhy', n. 6 del dicembre 1945.
14 Valerian Lada Mocarski, russo, discendente di una famiglia nobile travolta dalla rivoluzione bolscevica emigrata negli Stati Uniti, si arruolò quale ufficiale nell'esercito americano nel 1941 e fu, quindi, reclutato nell'OSS e destinato in Medio Oriente, Egitto, Francia e, infine, in Svizzera, dove si trovava durante gli ultimi giorni di Mussolini. Nel giorno di Piazzale Loreto, passò nell'Italia del nord e, infine, si ritirò dall'esercito nel 1945. Dopo la guerra fu nominato vicepresidente della G. Henry Shroeder Banking Corporation a New York.
15 Oltre alla missione del capitano Emilio Daddario già trattata nel capitolo precedente, molteplici furono le missioni alleate di cui si resero artefici, soprattutto, i servizi segreti americani, che furono lanciate nel nord dell'Italia nelle ultime settimane di aprile '45, con l'obiettivo di catturare Mussolini vivo. Per una panoramica di queste iniziative, si rinvia a M. Sapio, Ma davvero è stata scritta la parola Fine? cit., nt. 43, p. 142.
16 Il rapporto, conservato in Archivio Centrale di Stato (d'ora in poi ACS), Archivi di famiglie e di persone, Fondo De Felice Renzo, si compone di undici capitoli intitolati Last days of Mussolini and his Ministers con vari sottotitoli e diciassette capitoli, variamente intitolati, cui si aggiunge un report di un autore sconosciuto (che Lada Mocarski ipotizza essere Riccardo Lombardi) dal titolo First and Last meeting with Mussolini, nonché un memorandum anonimo intitolato La libertà fiorisce a Tremezzina. V. Lada Mocarski, Last days of Mussolini and his Ministers cit.
17 L'elenco suddetto vergato di proprio pugno dall'autore è il seguente: «1. Cardinale Ildebrando [sic] Schuster, 8 giugno; 2. Generale Raffaelle [sic] Cadorna, 30 aprile, 9 e 10 maggio, 9 giugno; 3. Leo Valiani, notte tra 8 e 9 giugno; 4. Com. Gustavo Ribet, 29 e 30 aprile e 9 giugno; 5. Prefetto fascista di Como, Renato Celio, 29 aprile; 6. Federale di Menaggio E. Castelli, giugno; 7. Com. Gementi, 29 aprile; 8 Com. Baridon; 9. Prefetto di Como Bertinelli, 29 aprile; 10. Com. “Pedro”, 6 giugno; 11. “Bill”(Lazzaro Urbano), 6 giugno; 12. “Renzo”; 13.“Mennefreggo”[sic], 12 giugno; 14. Arturo (“Roma”), 9 maggio; 15. Paolo Gerli, 10 maggio; 16. Vet. Dr Giacobbi; 17. Plinio Sergiuti; 18. Signora Romano, 10 maggio; 19. Giacomo e Lia De Maria, 9 maggio e 13 giugno; 20. Don Mainetti, 13 giugno; 21. Padre Accursio, 13 giugno; 22. Padre Ferrari, 13 giugno; 23. Giovane Romano, 13 giugno; 24. Brig. Scappin, 12 giugno; 25. Il partigiano di Pianello Lario, 9 maggio; 26. Oscar Sforni; 27. Maggiore De Angelis; 28. Comandante Dessy; 29. Autista Tacchino; 30. Dr. Guastone [sic]; 31.Com. Pinto; 32. Capitano Nicola; 33. Questore di Como; 34. Fotografo in Lugano; 35. Poletti; 36. Fotografo (…); 37. [incomprensibile]; 38. (…)» V. Lada Mocarski, Last days of Mussolini and his Ministers cit., List of people interrogated during the investigation.
18 Si confrontino e multis R. Cadorna, La riscossa cit.; R. Graziani, Una vita per l'Italia cit.; R. Lombardi, Primo e ultimo incontro con Mussolini, in «Italia Libera», 28 maggio 1945; A. Marrazza, Il colloquio del CLNAI con Mussolini nell'arcivescovado di Milano, in AA.VV., La Resistenza in Lombardia cit. (in polemica con quello che definisce il “libro bianco” del cardinale Schuster, accusato di aver alterato i fatti con particolare riferimento al tema della transigibilità della “resa incondizionata” da parte del CLNAI.); A. I., Schuster, Gli ultimi tempi di un regime, Daverio, Milano 1960; L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma cit.; M. Viganò, Mussolini e i colloqui di piazza san Sepolcro in «Nuova Antologia», gennaio-marzo 1999.
19 I relativi resoconti sono riportati in versione tradotta, in appendice al saggio di M. Sapio, Gli ultimi giorni di Mussolini tra storia e verità cit., pp. 70 e ss.
20 Il cardinale Schuster nel febbraio del 1945 scrisse una lettera a Mussolini nella quale lo supplicava di evitare la distruzione di Milano e della Lombardia che era di grande importanza per l'economia italiana e lo invitava a cessare le ostilità, offrendogli i suoi servigi per una trattativa di resa con gli Alleati. Dopo dieci giorni di silenzio, il presule fu contattato da Vittorio Mussolini il quale dichiarò che il Duce, suo padre, era determinato a difendere la Lombardia con tutte le sue forze e avrebbe portato a termine questi piani trattandosi di una misura disperata, salvo che gli Alleati avessero voluto venire incontro a certe condizioni che includevano la garanzia della salvezza per l'esercito neofascista e delle altre formazioni militari, la personale salvezza dei suoi ministri e delle loro famiglie e la garanzia per la sua vita e quella della sua famiglia. Il 13 marzo, Vittorio Mussolini ritornò dal cardinale con una lettera che contemplava le condizioni di resa offerte dal padre, condizioni che il cardinale inoltrò attraverso la Nunziatura Papale di Berna, alla Santa Sede e quindi agli Alleati, che, però, dichiararono di rifiutare ogni negoziato e di esigere la resa incondizionata. La corrispondenza tra l'Arcivescovado di Milano e le Autorità alleate, da un lato, e i rappresentanti della RSI nonché i dirigenti nazisti, dall'altro, è riportata in I. Schuster, Gli ultimi tempi di un regime cit., pp. 90 e ss. Schuster riferì a Mocarski di non aver comunicato la notizia a Mussolini, poiché temeva la sua reazione furibonda che lo avrebbe reso 'più determinato di quanto già non fosse nella difesa della Lombardia con il risultato della distruzione di questa importante provincia italiana'. La relazione dell'OSS conferma, dunque, che erano in corso trattative anche da parte dei dirigenti fascisti e, in particolare, informa di un tranello escogitato da un elemento dello staff di Mussolini, allo scopo di indurlo a entrare in diretto contatto col Cardinale nella speranza che quest'ultimo lo persuadesse ad arrendersi agli Alleati: il 23 aprile, infatti, qualcuno - ma il Mocarski non precisa chi - disse a Mussolini che il cardinale voleva vederlo. I successivi eventi sia a Milano sia a Como avrebbero provato, infatti, che 'i ministri di Mussolini tentarono disperatamente di provocare un qualche tipo di resa preordinata al fine di far salva la vita del Duce e la loro. Il cardinale non aveva inviato alcun messaggio a Mussolini […] ma, ciononostante il duce rispose che sarebbe stato lieto di vederlo […] Due giorni dopo, un intermediario, (che secondo ciò che Cadorna riferì si trattava di un tale Cella), si recò dal Cardinale di primo mattino con la dichiarazione che Mussolini lo avrebbe incontrato alle 15,00 di quel pomeriggio perché, disse l'intermediario, egli voleva firmare una resa incondizionata.' Schuster fu naturalmente d'accordo a prestare i suoi uffici a tale scopo e subito ne informò il generale Raffaele Cadorna. V. Lada Mocarski, Last days of Mussolini and his Ministers cit., Meeting between Mussolini and CLNAI on April 25 1945 held at Cardinal Schuster's Palace in Milan.
21 Nel pomeriggio del 24 aprile, Carlo Silvestri contattò l'azionista Leo Valiani, del quale era un amico di gioventù e dichiarò che Mussolini era pronto a cedere il potere al partiti Azionista e Socialista poiché entrambe le formazioni politiche erano repubblicane e, pertanto, 'accettabili per il Duce che era stato il capo della Repubblica Italiana.' ma i dirigenti di entrambi i partiti respinsero tassativamente tali proposte. Per una narrazione più dettagliata si veda C. Silvestri, Nessuno poteva salvare Mussolini condannato a morte da Mosca, in 'Settimo Giorno', n. 10 del 1951, pp. 54 e 55. La missione Silvestri è confermata dal rapporto Mocarski che riporta, in particolare, l'incontro tra Silvestri e Valiani.
22 Angelo Tarchi, ministro dell'Economia Corporativa della Repubblica Sociale Italiana, fu autorizzato dal duce ad avviare segretamente le cosiddette 'trattative di Piazza San Sepolcro', condotte attraverso l'industriale Gallioli, il quale, a sua volta, instaurò contatti col CLNAI che nominò quale delegato l'avv. Giuseppe Brusasca nonché col Comando Alleato che delegò il suo emissario, colonnello italo-americano Max Salvador William, alias “Max Salvadori”. Tali trattative furono presto sospese poiché, come ha raccontato Tarchi, il Duce ritenne che la situazione non fosse così disperata e, nello stesso tempo, 'altre trattative […] sono in corso'. A. Tarchi, Teste Dure, Editrice S.E.L.C., Milano 1967, pp. 149-160. Per una trattazione ampia, sia pure con la parzialità che connota la fonte, si veda Gli ultimi giorni della Resistenza. Le trattative per la resa di Mussolini. Discorso del sen. Avv. Giuseppe Brusasca, Rotary, Roma, 13 maggio 1975, del quale una copia è conservata in Archivio Centrale di Stato (ACS), Archivi di famiglie e di persone, Fondo De Felice Renzo, B.10, F. 50.
23 Fu l'industriale Gian Riccardo Cella, dopo il fallimento della missione Silvestri, a indurre Mussolini a trattare la resa con il CLNAI, avvalendosi dei buoni uffici dell'Arcivescovo di Milano. Quindi il prefetto Gatti inviò il sig. Bruni, praticante in Prefettura, dal cardinale Schuster per avvertirlo che alle ore 15,00 del 25 aprile Mussolini sarebbe venuto lì e avrebbe voluto abboccarsi con Cadorna e Marrazza. I. Schuster, Gli ultimi tempi di un regime cit., p. 164.
24 Poco prima di partire dalla Prefettura per dirigersi alla sede arcivescovile, Mussolini estrasse da due casse zincate alcuni documenti e li trasferì in due capienti cartelle di cuoio. Secondo Silvestri, che lo assistette nell'operazione, si trattava d'importanti documenti di valore storico contenenti le prove di quello che Mussolini e la Repubblica di Salò avevano fatto per evitare la guerra civile e il completo asservimento ai tedeschi. Al figlio Vittorio che gli era accanto, Mussolini disse:'Dimostrerò con le lettere di Hitler che ho salvato la Svizzera dall'invasione. E ho le prove della malvagità degli inglesi che ha portato alla guerra'. P. Tompkins, Dalle carte segrete del Duce, Momenti e protagonisti dell'Italia fascista nei National Archives di Washington, Net, Milano 2004, p. 312.
25 Il generale Rodolfo Graziani, ministro delle Forze Armate della RSI, ha raccontato, nel suo diario edito, di aver suggerito al Duce di non andare personalmente ma di delegare una commissione, soluzione che Mussolini pareva avesse accolto. Invece, poco prima delle ore 17,00, avviatosi verso l'ufficio di Mussolini per gli ultimi accordi, si avvide che questi, seguito da Barracu, Zerbino e Bassi, usciva senza preavvisarlo. Graziani, quindi, accompagnato dal generale Sorrentino, si unì agli altri in Arcivescovado e, accolto da monsignor Terraneo, al quale consegnò il cinturone con la pistola, attese nell'anticamera, mentre Mussolini era già a colloquio con Schuster. R. Graziani, Una vita per l'Italia cit., pp. 238 e ss.
26 Il colloquio privato tra Schuster e Mussolini è trattato in I. Schuster, Gli ultimi giorni di un regime cit., pp. 164-169. Di pari tenore, è la testimonianza del prelato a Lada Mocarski riportata nel resoconto sopra citato.
27 Lo schizzo mostra nell'ordine: Schuster, Mussolini, Lombardi, Arpesani, Cadorna, Marrazza, Barracu, Zerbino, Graziani, Bassi. V. Lada Mocarski, Last days of Mussolini and his Ministers cit., Meeting between Mussolini and CLNAI which took place on April 25, 1945 in Cardinal Schuster 's Palace in Milan.
28 Sulla reazione di Mussolini, mentre il prelato riferì che, a suo parere, Mussolini era sinceramente sorpreso, perché vittima di un inganno da parte di un membro del suo entourage, al contrario, Cadorna ritenne che il Duce si fingesse sbalordito e adirato ma, in realtà, si trattasse di una mera manovra. Di certo, Mussolini fu tenuto all'oscuro delle trattative che, sin dall'autunno '44, intercorrevano tra Wolff e Rahn e i servizi segreti americani nella persona di Allen Dulles e il suo segretario Gaevernitz. Il ministro Tarchi ha dichiarato che gli era trapelata la notizia, poi, confermata da Gallioli, che erano in corso contatti, per il tramite di Don Bicchierai, messo del cardinale Schuster, tra il CLNAI e i tedeschi Wolff e Rahn, per una resa separata della Germania, il tutto all'insaputa di 'Mussolini relegato a Gargnano'. Graziani, nel suo diario, affermò che, almeno sino al 22 aprile, giorno in cui si recò dall'Arcivescovo di Milano con l'incarico, sciente Mussolini, del generale Von Vietinghoff di investire il prelato dell'opportunità che 'il clero e la popolazione collaborassero a un'opera di salvezza in caso di ritirata tedesca: se i partigiani non avessero molestato le truppe, sarebbero stati risparmiati impianti, opere d'arte e industrie', i dirigenti fascisti erano inconsapevoli delle trattative dei rappresentanti tedeschi in Italia. 'Né dall'ambasciatore né dal generale Wolff, né da altri ne avevamo avuto il minimo indizio'. E, a ulteriore supporto che le direttive del comando superiore germanico erano di resistere ad oltranza e, solo dal 23/24 aprile, di ritirarsi dalla riviera per assestarsi sulla linea Po-Ticino, il Maresciallo d'Italia esibiva il documento recante l'ordine del generale Von Vietinghoff di procedere 'in comune con l'ambasciatore dott. Rahn e il generale delle SS Wolff, dando speciale premura di intavolare il collegamento con i rappresentanti della Chiesa'. R. Graziani, Una vita per l'Italia cit., pp. 231-237. Sappiamo, invero, che il generale Vietinghoff, come Himmler e Kesselring, sebbene messi al corrente da Wolff delle trattative di resa solo nell'aprile '45, non lo autorizzarono a procedere alla capitolazione incondizionata o, almeno, non apertamente sino al 2 maggio 1945. Sulla crisi interna agli Alleati a proposito della resa tedesca in Italia, cfr. E. Aga Rossi e B. Smith, La resa tedesca in Italia cit., pp. 96-188.
29 V. Lada Mocarski, Last days of Mussolini and his Ministers, Meeting between Mussolini and CLNAI cit.
30 Sui rapporti tra Mussolini e i tedeschi, in particolare con il dottor Rahn e il generale Wolff, che Mussolini definiva l'uno “Viceré d'Italia” e l'altro il “ministro dell'Interno per l'Italia“, le simpatie del duce erano rivolte al secondo più che al primo. Come Dolfin aveva osservato, Wolff era, infatti, considerato da Mussolini, al pari dell'ambasciatore giapponese Hidaka, 'amico del nostro Paese e suo personale' e, con lui, il Duce scambiava ogni tipo di confidenze, anche personali. G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia, Garzanti, Milano 1949-1950, pp. 49 e ss.
31 Convergenti le testimonianze degli astanti: e multis si cfr. A. Tarchi, Teste dure cit., p. 165. Inoltre l'unico racconto disponibile su ciò che fece Mussolini dopo essere partito dal palazzo della Prefettura di Milano è contenuto in un articolo scritto dall'industriale Cella e pubblicato su 'Il popolo' del 2 maggio 1945, in base al quale fu stilato dai servizi segreti inglesi un rapporto sugli ultimi giorni di Mussolini conservato in Public Record Office (PRO), Foreign Office (371/49872), una copia del quale è conservata in ACS, Archivi di famiglie e di persone, Fondo De Felice Renzo, B. 11, F. 53.
32 Sul punto va richiamata l'indagine condotta da F. Andriola in Appuntamento sul lago cit., pp. 41 e ss, ove si evidenzia un'evoluzione dei piani del Duce. Notizie e approfondimenti si rinvengono in M. Sapio, La morte di Mussolini tra storia e verità cit. Compie, inoltre, un'accurata analisi sull'attendibilità dell'ipotesi di una “fuga” in Svizzera, giudicandola poco verisimile e, al contrario, accreditando una precisa volontà di Mussolini di raggiungere Como quale località più favorevole per difendersi ovvero trattare con emissari inglesi o, infine, raggiungere il ridotto della Valtellina, in attesa dell'arrivo degli Alleati, M. Viganò, Mussolini, i gerarchi e la 'fuga' in Svizzera (1944-'45) in 'Nuova Storia Contemporanea', n. 3 del 2001.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012

Nel pomeriggio del 25 aprile si svolse, presso l’Arcivescovado di Milano, una riunione organizzata dal cardinale Ildegardo Schuster alla quale presero parte vertici del CLNAI (tra i quali Sandro Pertini, Riccardo Lombardi, Achille Marazza, Giustino Arpesani ed il generale Raffaele Cadorna comandante del CVL, da poco rientrato in Italia da Berna) ed esponenti fascisti, tra cui lo stesso Mussolini, accompagnato dal maresciallo Graziani, dal ministro dell’interno Zerbino, dal sottosegretario Barracu, dal prefetto Bassi e dall’industriale Cella (che avrebbe dato il via all’incontro). Prendiamo ancora nota di quanto riferisce Giovanni Pesce, e cioè che il 25 aprile, quando Marazza andò a cercare Cadorna per andare assieme alla riunione, lo trovò assieme al neo-questore Elia, Nemo <1.
Lo scopo della riunione era quello di salvare la vita dell’ex “duce”, consegnandolo agli Alleati, ed il cardinale Schuster aveva addirittura fatto preparare una stanza per ospitare Mussolini al sicuro prima di consegnarlo agli Alleati come prigioniero di guerra.
Nel corso della riunione Graziani si oppose a questa trattativa di “resa separata” <2, «affermando che principi di onore e lealtà impedivano al governo della Repubblica sociale di trattare all’insaputa dei tedeschi», ma a queste parole sarebbe intervenuto Marazza, «precisando che in realtà le autorità germaniche in Italia stavano negoziando la resa da oltre dieci giorni». Ciò avrebbe provocato l’abbandono della riunione da parte di Mussolini <3, e successivamente lo stesso Pertini avrebbe sintetizzato in questo modo l’esito della riunione, in una lettera inviata a Lombardi e resa nota dal ricercatore Manlio Cancogni nel 1996:
«Ricordo benissimo quanto avvenne all’Arcivescovado. Arrivato quando Mussolini aveva lasciato la riunione, il cardinale Schuster, presenti voi, mi mise al corrente dell’esito del vostro incontro con Mussolini e cioè Mussolini si sarebbe arreso al CLNAI e nei suoi confronti si sarebbero applicate le norme del diritto internazionale. Richiesto da me d’una più precisa spiegazione su codesto punto, soggiunse che avrebbe dovuto essere considerato prigioniero di guerra e quindi consegnato agli alleati. Questo il Cardinale, in vostra presenza, mi comunicò, soggiungendo che Mussolini si era recato in Prefettura, ove avrebbe telefonato la sua ultima decisione. Voi, appunto, eravate in attesa di codesta telefonata quando giunsi io. Dissi al Cardinale, che Mussolini arrendendosi al CLNAI, sarebbe stato da noi consegnato ad un Tribunale del Popolo. Ricordo benissimo che Tiengo <4 si alzò, allora, e, dopo un vivace battibecco con me, si precipitò al telefono. Rientrò poco dopo annunziando enfaticamente che “Mussolini non si sarebbe più arreso”. Ripetutamente, in seguito, su periodici e quotidiani si fece risalire a me “la colpa” se quell’accordo era andato a monte. Se da altri quel mio atteggiamento è stato giudicato una “colpa”, per me naturalmente è sempre stato considerato un merito. E lo rivendico a mio onore senza peccare di presunzione alcuna» <5.
[...] In serata partì pertanto da Como (in direzione Dongo, quindi deviata verso est rispetto alla Valle d’Intelvi) una colonna, guidata dal capitano Dessy (che sembra avere avuto direttamente da Dulles l’incarico di salvare Mussolini <18), comprendente anche Colombo, Romualdi, Vanni Teodorani (marito di una nipote di Mussolini), ed il sottotenente dei Carabinieri Egidio De Petra.
Il gruppo fu però fermato dai partigiani (alcune fonti dei reduci della RSI sostengono che sarebbe stata una manovra del “colonnello Valerio” per impedire il salvataggio di Mussolini) e, nonostante i documenti di Dessy che lo accreditavano come agente dei servizi statunitensi, fu impedito loro di proseguire; Colombo fu arrestato e fucilato il 28/4/45, mentre Romualdi e Teodorani riuscirono a salvarsi, non essendo stati riconosciuti.
[NOTE]
1 G. Pesce, “Quando cessarono gli spari”, Feltrinelli 1977, p. 26. Elia era il comandante della rete spionistica Nemo, organizzata dal SIM italiano in collaborazione con l’IS britannico (cfr. C. Cernigoi, “Alla ricerca di Nemo”, reperibile in http://www.diecifebbraio.info/2013/06/alla-ricerca-di-nemo-una-spy-story-non-solo-italiana-2/).
2 In realtà era da mesi in corso l’operazione Sunrise, lavoro di intelligence portato a termine dai servizi angloamericani con i servizi nazisti e l’appoggio dei servizi svizzeri e l’intervento di agenti italiani per giungere ad una “resa separata” (tagliando fuori da una parte l’URSS e dall’altra la scomoda Repubblica di Salò) che garantisse la salvaguardia degli stabilimenti industriali e delle infrastrutture italiane dalla minaccia nazista di fare “terra bruciata” al momento della ritirata, in cambio dell’impunità per molti gerarchi nazisti.
3 Luca Frigerio, “25 aprile 1945: il drammatico incontro fra il cardinal Schuster e Mussolini”, 24/4/15 (http://www.incrocinews.it/arte-cultura/25-aprile-1945-il-drammatico-incontro-br-fra-il-cardinal-schuster-e-mussolini-1.107599).
4 L’ex prefetto Carlo Tiengo «faceva parte di quei funzionari dello Stato inviati al confine orientale e scelti tra coloro che provenivano dalle fila del Partito Nazionale Fascista» (https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Tiengo, che cita Annamaria Vinci, “Sentinelle della Patria” Laterza 2011, p. 171); ricoprì la carica a Gorizia e a Trieste, dove entrò in conflitto con i vescovi sloveni delle due città, facendoli trasferire; fu inviato a Bologna, Torino e Milano, ed infine nominato Ministro delle Corporazioni nell’ultimo governo Mussolini.
5 http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/09/Mussolini_Schuster_Pertini_scriveva_che_co_0_9605098884.shtml.
18 Cfr. http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_MBarozzi_100818_Morte-Mussolini-28aprile45-La-strabiliante-giornata-di-Valerio-e-Guido.htm. Aggiungiamo qui per dovere di cronaca (ma in assenza di conferme) che secondo l’autore di questa ricostruzione sarebbe stato l’agente dell’OSS Emilio Daddario (colui che mise successivamente in salvo il maresciallo Graziani) a firmare il lasciapassare (poi consegnato da Vittorio Palombo) che permise al “colonnello Valerio”, cioè Walter Audisio (il dirigente garibaldino che ricopriva anche l’incarico di responsabile della polizia militare del CVL) di raggiungere il luogo dove era stato bloccato Mussolini in fuga, e procedere quindi alla sua esecuzione.

Claudia Cernigoi, Manovre di vari Servizi intorno alla cattura di Mussolini, Giuseppe Vergara, 29 aprile 2020