I principali criminali di guerra che usufruirono delle Ratline vaticane non furono soltanto nazisti; anzi, si può dire che la maggior parte di essi furono persone appartenenti ad altri Paesi e regimi. Molti furono aiutati da una figura particolarmente importante nel quadro della struttura di Odessa, padre Krunoslav Draganović, Segretario dell’Istituto di San Girolamo dei Croati in via Tomacelli 132 a Roma.
Un documento della FBI cita: “[Draganović] è stato attivo a Roma, Italia, durante il periodo 1943- 1953, assistendo migliaia di emigrati Croati ad abbandonare la Yugoslavia Comunista e ricollocarli in altri Paesi liberi <163”.
“È stato professore della Facoltà del Divino a Zagabria, prima della guerra. Durante la guerra è stato in carica dell’ufficio per il ricollocamento del Governo di Pavelić. Dal 1943, Draganović è stato un delegato del cosiddetto Stato indipendente di Croazia presso la Santa Sede <164”.
Ci sono moltissime testimonianze che attestano quanto tale personaggio sia stato utile alla Rete di Odessa; per esempio un documento della CIA dice parlando del Colonnello Otto Skorzeny:
"Il soggetto ha viaggiato con documenti Croati forniti da Padre Stjepan Draganović, un prete croato attivo nell’immigrazione Slava. […] La documentazione necessaria è stata ottenuta a Roma ed è stato riportato che alti ufficiali del Vaticano hanno usato la loro influenza per acquisirli per lui" <165.
Ancora un documento della CIA sottolinea:
"Il delegato Sud Americano è molto probabilmente [Padre] Krunoslav Draganović, un prete Ustascia che si trova nel santuario di San Girolamo degli Illirici a Roma e che, a conoscenza del Dipartimento, è stato il più attivo e strumentale collegamento tra il Vaticano e gli Ustascia, e nell’assistenza degli affiliati di Pavelić per emigrare in Argentina, dove è presente già un gran numero di essi. Lui si è recato in Argentina con Pavelić" <166.
Infatti, il suo ultimo lavoro fu quello di amministrare, soprattutto, le vie di fuga degli Ustascia con lo scopo di creare organizzazioni tali da sconfiggere il regime di Tito che si era impadronito della Croazia.
In una nota si legge: “È il capo rappresentante della Società dei Croati presso gli Affari della Caritas a Roma, Italia. Draganović è un grande supporter e collaboratore di Pavelić, Ante, il leader Ustascia. Sebbene la sua residenza sia a Roma, Draganović, usa un passaporto diplomatico emesso dal Vaticano, per viaggiare fuori dall’Europa ed in Sud America <167”.
Sicuramente il Papa era a conoscenza dei collegamenti del prete croato tant’è che, per esempio:
"In collegamento con l’Anno Santo, il Papa tenne un’udienza con i delegati degli emigrati in fuga dai Paesi Comunisti. Ha salutato i delegati di quasi ogni Paese nella loro lingua, e quando vennero i Croati, si è consultato con il prete Ustascia, Krunoslav Draganović, per sapere se parlare in Tedesco o Italiano" <168.
Lo stesso storico della Chiesa, padre Graham, ammise i collegamenti di Draganović con il brutale regime fascista croato: “Non ho dubbi sul fatto che Draganović si desse moltissimo da fare per aiutare i suoi amici croati ustascia a fuggire <169”.
Era molto importante, così come per tutta la struttura di Odessa nel suo insieme, il collegamento del prete croato con il sottosegretario di Stato, il cardinal Montini. Costui, così come avvenne con Hudal, diede la possibilità a Draganović di visitare i campi profughi e di prigionia in cui erano presenti persone bisognose di aiuto: infatti, il suo Comitato Centrale della Confraternita di San Girolamo venne riconosciuto dalla PCA come organismo di aiuto ed assistenza dei profughi. Il tutto, fu, però coadiuvato dagli importanti contatti che il prete croato aveva tessuto fino a quel momento in Germania, Austria ed Italia. In quest’ultimo Paese, il prete croato strinse un importante accordo con il funzionario del Ministero degli Interni e Capo del Servizio Segreto Italiano, Migliore, che fu funzionale per l’accesso a certi campi rifugiati e di prigionieri. I componenti del suo Comitato di assistenza erano dei veri e propri agenti ed i principali erano: il presidente e rettore dell’Istituto, Juraj Magjerec, il vicepresidente e tesoriere, padre Dominik Mandić, oltre ad altri monsignori che risiedevano a San Girolamo <170.
Oltre ad essi c’erano anche altri importanti collaboratori. Uno di essi era padre Vilim Cecelja che fungeva da ponte di collegamento tra Austria e Roma. Fu viceparroco militare degli Ustascia dove ricoprì il ruolo di tenente colonnello e celebrò la cerimonia del giuramento di Pavelić impartendo la benedizione della Chiesa. Solo nel 1944 abbandonò la sua carica per raggiungere Vienna, dove in via ufficiale, avrebbe dovuto occuparsi dei soldati croati feriti. Realmente, il suo ruolo fu quello di preparare una via di fuga sicura in modo da poter, nell’eventualità di una quasi certa sconfitta, garantire un rifugio sicuro ai suoi commilitoni. Fu così che fondò il Comitato locale della Croce Rossa Croata come copertura ideale alle sue attività: “Avevo il compito di fornire documenti alle persone che avevano perduto i propri. Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a pacchi <171”, attraverso i quali forniva una nuova identità, un nuovo nome e storia da presentare in modo da essere più credibile per ottenere i documenti falsi.
Il 19 ottobre del 1945, padre Cecelja fu arrestato dal CIC ed il Vice Capo di Stato Maggiore del Servizio Segreto dell’Esercito USA disse di lui: “Ha messo a repentaglio la sicurezza delle forze di occupazione, come pure gli obbiettivi del governo militare. È il capo ustascia nella regione e protegge i membri del movimento ustascia a Salisburgo [dove nel frattempo si era trasferito e catturato]” <172.
Il Governo Jugoslavo ne chiedeva l’estradizione ma, alla fine, grazie anche all’arcivescovo Stepinac fu addirittura rilasciato. Gli Alleati capirono, anche a partire da questo momento, che figure come Cecelja potevano servire al loro scopo: fronteggiare il sempre più forte comunismo.
Anche gli inglesi sapevano della rete di Draganović come si può leggere in una lettera ufficiale: “Il nucleo di tutta l’attività ustascia è la Confraternità di S.Girolamo a Roma <173”. Infatti, Cecelja ammise come il suo ruolo nella Ratline di Draganović fosse funzionale a tutta l’organizzazione che partiva da San Girolamo, quando affermò che operava “registrandoli ed offrendo loro cibo, alloggio e documenti di immigrazione, nonché l’opportunità di spostarsi per il mondo fino in Argentina, in Australia e in Sudamerica. Ricevevo i documenti dalla Croce Rossa <174”.
È importante sottolineare, così come vedremo più approfonditamente in seguito, che Draganović amministrava i fondi di Odessa. Il servizio segreto degli USA stabilì che era un “fidato seguace di Pavelić. […] Gli venivano affidati […] tutti i valori […] introdotti di contrabbando dagli Ustascia <175”.
Il Servizio Segreto Inglese appurò che:
"Nell’estate del 1945, Draganović fece personalmente un giro dei campi in cui erano stati degli ex-componenti delle forze armate e delle organizzazioni politiche ustascia. Avviò ben presto un’intensa attività politica e prese contatto con i principali rappresentanti ustascia. In questo era assistito da altri sacerdoti croati, con l’aiuto dei quali si mantennero stretti rapporti tra la Confraternita di San Girolamo e i gruppi ustascia in tutta Italia e anche Austria. Ciò condusse alla formazione di un servizio di spionaggio politico che permise alla Confraternita di raccogliere resoconti e dati sulle tendenze politiche tra gli emigrati. È altresì probabile che le informazioni apprese da questi rapporti venissero poi trasmesse al Vaticano" <176.
Un altro personaggio importante nella squadra croata fu padre Dragutin Kamber, brutale responsabile di alcuni dei peggiori omicidi di massa attuati dalla Croazia Ustascia. È estremamente significativo il documento del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che elencando gli appartenenti al Comitato per la Salvezza del Professore Draganović (creatosi dopo la sua cattura da parte del Governo jugoslavo nel 1967), nomini proprio padre Kamber: il legame nato durante e, soprattutto, dopo la Seconda Guerra Mondiale fu talmente forte che a distanza di venti anni, Kamber voleva ancora aiutare il suo strettissimo collaboratore <177.
La carriera violenta di Kamber iniziò dopo l’invasione dell’Asse, quando fu posto a capo dell’amministrazione ustascia nella città di Doboj ed uno dei primi provvedimenti che mise in atto fu la creazione di un campo di concentramento. Inoltre, istituì delle leggi simili a quelle razziali dei governi filo nazisti come quella che obbligava gli ebrei di portare una fascia gialle e i serbi una bianca.
Successivamente “proclamò che i serbi e gli ebrei dovessero essere sterminati, in quanto dannosi per lo Stato Ustascia <178”. A Doboj compì arresti in massa e mandò i serbi nei vari campi di concentramento creati sotto Pavelić. Molti altri, soprattutto sacerdoti e maestri serbi, vennero brutalmente uccisi.
Il Console inglese a Zagabria concluse che Kamber aveva “stretti contatti con la Confraternita di San Girolamo” e che forniva informazioni direttamente dalla Croazia al centro operativo di San Girolamo <179.
Dominik Mandić, rappresentante ufficiale del Vaticano presso San Girolamo, era il membro della Confraternita e di Odessa e si occupava del rilascio delle carte d’identità false che venivano stampate in una tipografia francescana grazie anche alla stretta collaborazione di alcuni membri del servizio segreto italiano <180. Rispetto a ciò il servizio segreto inglese che stava indagando sulle attività illecite disse: “Esistono prove incontrovertibili che, in questo modo, sono state rilasciate, sotto nomi completamente falsi, carte d’identità della Confraternita di San Girolamo ad alcuni dei più famigerati criminali di guerra, permettendo loro di ottenere permessi di residenza italiani, visti e altri documenti allo scopo, quindi, di fuggire all’estero <181”.
Molto rocambolesca fu la missione dell’agente del CIC, Robert Mudd, che riuscì a far penetrare all’interno della Confraternita un suo agente in incognito nel 1947.
"Per poter entrare in questo monastero, bisogna sottoporsi ad una perquisizione personale per verificare se si è in possesso di armi o di documenti, si deve rispondere a domande sulla propria provenienza, sulla propria identità, su chi si conosce, su quale sia lo scopo della propria visita e come si sia venuti a sapere della presenza di croati all’interno del monastero. Tutte le porte che mettono in comunicazione stanze diverse sono chiuse e quelle che non lo sono hanno di fronte una guardia armata e c’è bisogno di una parola d’ordine per andare da una stanza all’altra. Tutta la zona è sorvegliata da giovani ustascia armati in abiti civili e ci si scambia continuamente il saluto ustascia" <182.
All’interno del monastero-rifugio, l’agente del CIC riuscì ad identificare molteplici criminali di guerra croati latitanti come il tenente colonnello Ivan Devčić, il vice ministro degli Affari Esteri Vjekoslav Vrančic, il ministro del Tesoro dello Stato Croato Dragutin Toth, il ministro delle Corporazioni Lovro Sušić, il ministro dell’Educazione Mile Starčevic, il generale dell’aviazione Dragutin Rupčić, il generale ustascia Vilko Pečnikar, il ministro dei Trasporti Josip Marković ed il comandante capo dell’aviazione Vladimir Kren <183.
Fu scoperto proprio, attraverso questa missione, che Pavelić si stesse nascondendo a Roma in via Giacomo Venezian 17c e che Draganović avesse assegnato dei nomi falsi con relativi documenti a tutti coloro che cercavano una via di fuga con la complicità del Vaticano; infatti si legge in una descrizione di Mudd:
"Questi croati vanno avanti e indietro dal Vaticano varie volte la settimana, a bordo di un’automobile con autista la cui targa reca le iniziali CD, Corpo Diplomatico. Questa automobile esce dal Vaticano e scarica i suoi passeggeri all’interno del monastero di San Girolamo. A causa dell’immunità diplomatica, è impossibile fermare l’automobile e scoprirne i passeggeri. La protezione offerta da Draganović a questi croati collaborazionisti fa sì che lo si ricolleghi decisamente all’intento, da parte del Vaticano, di tutelare i nazionalisti ustascia finché non siano in grado di procurarsi i documenti necessari per andarsene in Sudamerica" <184.
Nel quadro della rete del Vaticano è stata fondamentale la città di Genova (anche se lo sarà, allo stesso modo, per l’Odessa di Perón e lo fu anche per i Nazisti riuniti alla Maison Rouge).
Nel capoluogo ligure, un altro prete croato era alla base dei contatti: monsignor Karlo Petranović.
Durante un’intervista nel 1989 con gli autori del libro Ratlines, Aarons e Loftus, il prete ha ripercorso momenti della sua vita quando per esempio si trovava a Topusko (a sud di Zagabria), durante tutta la durata del Conflitto, come cappellano dell’esercito e disse di “non ricordare le atrocità avvenute in quel distretto. [Avevo] udito voci relative al fatto che stavano morendo delle persone; c’erano un paio di ebrei a Ogulin, ma non so cosa sia accaduto loro, semplicemente scomparvero <185”.
Tuttavia, il programma di sterminio di ebrei e serbi da parte del regime Ustascia era, comunque, pubblico e le vicende legate ai luoghi dove lavorava il prete erano ben conosciute, tant’è che la Jugoslavia, nel 1947, chiese la sua estradizione agli inglesi.
Egli divenne un fattore molto importante nella politica locale del regime ustascia, in quanto era incaricato di decidere della vita e della morte dei serbi di Ogulin e del distretto circostante. Come dimostrano le prove, tale politica consisteva nel seminare terrore tra la popolazione serba completamente innocente e si risolse nello sterminio di circa duemila serbi locali. In aggiunta a questi crimini, il comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranović era funzionario, fu responsabile dell’invio di centinaia di serbi e croati ai campi di concentramento degli ustascia, cosa che si concluse con lo sterminio della maggior parte di queste persone <186.
Inoltre, è lo stesso giornale ufficiale ustascia, Novi List, a comunicare la nomina del prete croato “alla carica di pobočnik [aiutante militare] del campo di distretto di Ogulin <187”.
Sempre durante l’intervista, Petranović ammise e spiegò il suo ruolo all’interno dell’Organizzazione Odessa.
Difatti, chiarì che Draganović lo chiamava regolarmente per comunicargli di quanti posti avesse bisogno per la fuga dei criminali di guerra. Petranović andava così a verificare la disponibilità per tali richieste e richiamava a Roma; dopodiché veniva inviato un numero pari di persone a quanti posti fossero disponibili sulla nave.
Infine, a Genova si dovevano cercare gli alloggi prima dell’espatrio. I servizi segreti inglesi scoprirono tale rete di contatti e notarono che il prete della città ligure stava “aiutando emigrati politici croati ed in particolare ustascia a fuggire in Argentina. Erano principalmente criminali di guerra schedati e che lo stesso Petranović era un collaborazionista croato <188”.
Sicuramente il ruolo di Petranović fu fondamentale ma senza l’aiuto di alcuni rappresentanti dell’alto clero sarebbe stato impossibile portare a compimento certe azioni. Rispetto a ciò, sarebbe da evidenziare la parte che ha avuto l’Arcivescovo di Genova, monsignor Giuseppe Siri, il cui ruolo di copertura è schematicamente inquadrato dalla CIA rispetto ad una delle tante organizzazioni caritatevoli da lui effettivamente dirette come ONARMO, di cui abbiamo parlato precedentemente, ed al suo collegamento non a caso con Hudal.
Nella maggior parte dei casi le organizzazioni ecclesiastiche aiutavano realmente le persone bisognose, ma venivano usate anche per altri scopi:
"L’Opera Nazionale di Assistenza Religiosa Morale Operai (ONARMO), esercita a Genova, Via Ettore Marchini 8, sotto l’invisibile guida dell’Arcivescovo Siri. Gli scopi dell’organizzazione sono religiosi, principalmente, ma sono anche politici e, specialmente, anti-comunisti. Sfruttando la benedizione del Vaticano, ONARMO ha organizzato un vasto piano di emigrazione per i lavoratori da tutta l’Europa al Sud America. […] Oltre al circolo ecclesiastico, molte alte personalità del mondo della finanza e dell’industria che hanno visto la distruzione delle loro posizioni dovute al trionfo del comunismo, hanno sfruttato il loro potere ed influenza per ONARMO. Tra i molti candidati per l’emigrazione supportata dal progetto di ONARMO ci sono molteplici Francesi sospettati di aver collaborato con i Tedeschi e che hanno avuto un rifugio a Il Boschetto, Via Boschetto 29, Piazza del Santuario, Genova" <189.
Petranović aveva uno stretto rapporto con Siri e lo raccontò durante l’intervista in Canada: non riuscendo ad ottenere delle cuccette per un’operazione di emigrazione urgente in Argentina, inviò un telegramma al nome di Siri all’ufficio imbarco di Buenos Aires in modo da ottenerle. Quando il prete croato informò Siri di tale falsificazione di nome, quest’ultimo, invece di mostrare adiramento ne rimase molto soddisfatto <190.
Uno degli ufficiali della British Special Screening Mission, Stephen Clissold ricordava nelle sue memorie che gli uomini ricercati “venivano accuditi a Genova da padre Petranović, un collaboratore fidato di Draganović <191”.
Padre Simčić, un alto funzionario del Vaticano nel dopo Guerra fino agli anni novanta - tanto da essere stato uno dei protagonisti dell’Internazionale Democristiana nel dicembre 1991 <192 - ammise l’importanza strategica ed operativa della Confraternita di San Girolamo dei Croati e dei legami di Draganović con l’alto clero: “Il dottor Draganović e Montini s’incontrarono molte volte. Montini si mise in contatto molte volte con Draganović, chiedendogli di aiutare delle persone per suo conto. Vi erano eccellenti rapporti tra noi e la gerarchia vaticana <193”.
Il futuro Paolo VI era uno dei principali collaboratori di Pio XII e fu messo dallo stesso alla guida della PCA. Inoltre secondo le parole di padre Cecelja, padre Draganović era, notoriamente, il rappresentante ufficiale della Santa Sede per l’emigrazione dei gruppi nazisti e fascisti, non solo della Croazia ustascia <194. Anche il Dr. Ivo Omrčanin, accreditato professore a Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu un importante funzionario del Ministero degli Esteri ustascia e la sua può essere considerata una testimonianza più che valida che dimostra il lavoro e l’interconnessione tra la PCA e la Confraternita di San Girolamo:
Era molto vicino a Draganovic e, in quel periodo, i due collaboravano. [...] Lavorò direttamente sotto la guida di Draganovic nel Pontificio Comitato di Assistenza tra il 1948 e il 1953, girando per i campi di profughi e inviando migliaia di fuggiaschi attraverso la Ratline. [...] Si vanta anche di aver inviato attraverso la Ratline 30 mila persone, tra cui molti scienziati e tecnici tedeschi <195.
Un altro aspetto importante da non sottovalutare rispetto alle tante ramificazioni di Odessa è di come le sue Ratline fossero state utilizzate anche per altri scopi oltre a quelli riguardanti l’aiuto per la fuga dei križari, ovvero quei crociati-guerrieri cattolici che si battevano contro il comunismo. Infatti, la rete di Draganović utilizzò Odessa per dar rifugio, prima, agli esuli e criminali croati e, dopo, per farli scappare od utilizzarli in chiave anticomunista. Infatti, a differenza di come accadde per l’Odessa di Perón, quella del Vaticano (la prima erede di quella stabilita dai nazisti), si trasformò poco a poco in una vera e propria arma per combattere il comunismo.
Quindi, in quest’ottica fu fondamentale l’apporto dei croati e di tutti coloro che, avendo perso la Guerra, scappavano dai nuovi regimi comunisti dell’Est Europa.
Esplicativo di tutto ciò, fu il processo nel 1948 di alcuni criminali arrestati durante l’ascesa al potere di Tito e, soprattutto, di coloro che furono catturati o estradati. Alcuni di essi ammisero di essersi rifugiati nella Confraternita di padre Draganović il quale, in combutta con un altro personaggio chiave, l’arcivescovo Viktor Stepinac (beatificato il 3 ottobre 1998), li assoldava come nuovi crociati, ossia križari: costoro erano “appoggiati sia dal Vaticano che dalle potenze straniere <196”.
Questo punto è fondamentale per capire perché gli Alleati scesero a patti con i peggiori assassini e criminali della Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto si era concluso ed uno nuovo si stava prospettando - reputato da alcuni studiosi, anche più pericoloso ed insidioso: quello contro il Comunismo. In tal modo preferirono sfruttare le capacità, le conoscenze ed i collegamenti di coloro che furono arrestati o che potenzialmente potevano esserlo.
Il forte legame che c’era fra i seguaci di Pavelić e la Confraternita di San Girolamo fu studiato, anche, da William Gowen, agente speciale del CIC.
L’agente del CIC scoprì che i soldi per finanziare i križari e, quindi, la Ratline croata di Odessa provenivano dal famoso tesoro di Pavelić salvato poco prima dell’ascesa al potere di Tito.
Dopo che Pavelić fu arrestato in Austria nel maggio del 1945, gli agenti del SIS (Secret Intelligence Service) inglese requisirono anche parte del bottino e secondo le scoperte di Gowen: “Al tenente colonnello inglese Jonson fu affidata la responsabilità di due (2) autocarri carichi di ciò che si supponeva fosse proprietà della Chiesa cattolica nella zona inglese dell’Austria. Questi due autocarri, accompagnati da un certo numero di preti e dall’ufficiale inglese, entrarono allora in Italia e si diressero verso una destinazione sconosciuta <197”. Secondo le fonti accreditate, tale tesoro sparì, forse verso un monastero e pare fosse stato utilizzato per finanziare tutti quei movimenti composti da esuli politici e criminali di guerra per fronteggiare i regimi comunisti.
Ma questa era soltanto una piccola parte del tesoro ustascia, in quanto sul finire della Guerra, secondo quanto rivelò lo stesso Draganović alle autorità jugoslave durante il suo processo del 1967 dopo essere stato rapito dai servizi segreti di Tito <198 - secondo la stampa, Draganović, si era offerto volontariamente alle autorità della Jugoslavia <199 - che a Wolfsber erano stati nascosti 400 chili di oro oltre ad un’ingente quantità di valuta straniera, tutto sotto il controllo del Ministro dell’Economia Nazionale, Lovro Sušić. Il Ministro, quindi, contattò il prete croato e trasferì a Roma il tanto ricercato tesoro. L’importante monsignor croato era coadiuvato anche da due membri ustascia: Sjepan Hefer ed il genero di Pavelić, Vilko Pečnikar. Quest’ultimo fu di vitale importanza in quanto “manteneva i contatti con diverse organizzazioni clandestine naziste ed un sofisticato servizio segreto che si ricollegava a quelli austriaco ed italiano <200”.
L’Odessa costituitosi servì non solo a far fuggire i criminali dalla giustizia internazionale ma anche per altri scopi. Uno di essi fu quello che, tra l’altro, implicò l’entrata in scena degli Alleati e per il quale essi iniziarono ad avere un ruolo da protagonisti: la nascita di un baluardo in chiave anti-URSS nei Balcani e nella zona danubiana.
[NOTE]
164 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116ef, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 10 novembre 1967
165 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519bdecd993294098d514428, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 8 luglio 1949
166 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116d5, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 4 febbraio 1949
167 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116f2, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 14 luglio 1950
168 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d51171a, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 13 giugno 1950
163 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 25 ottobre 1967
169 Intervista a padre Graham, 15 aprile 1985, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 98
170 Father Krunoslav Draganović. Past Background and Present Activity, 12 febbraio 1947, NARA, RG 319, 631/31/52-54/1-4, schedario 107, Goñi, U. op. cit
171 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
172 Nota del 26 febbraio 1947, NARA, RG 319, Deposito di documenti investigativi, dossier su Cecelja, XE 006538, Goñi, U. op. cit
173 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
174 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
175 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
176 Nota jugoslavia del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. cit
177 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116fd, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 21 maggio 1968
178 Nota jugoslavia del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. cit
179 Allegato alla lettera della Commissione Speciale per i Profughi al Foreign Office del 23 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
180 Nota del Ministero degli Affari Esteri del 2 novembre 1945, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1946, Busta 1, fascicolo 3, Esponenti del cessato regime ustascia in Italia; rapporto del Ministero dell’Interno (polizia di Roma) del 9 luglio 1946, accluso alla nota del Ministero per gli Affari Esteri del 30 luglio 1946, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1948, Busta 33, fascicolo 3, Attività di iugoslavi contrari al regime di Tito in Italia
181 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
182 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 110
183 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111
184 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111
185 Intervista a Karlo Dragutin Petranović, Niagara Falls, Canada, 17 giugno 1989, cit. in
Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pp. 114-115; si veda anche Casazza, A., Nazisti in fuga, il silenzio della Curia, Il Secolo XIX Online, 15 settembre 2013http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013/09/15/AQOZ6vO-nazisti_silenzio_della.shtml, web. 7 dicembre 2017
186 Nota jugoslava del 21 luglio 1947, PRO FO 371 67386, Goñi, U. op. cit
187 Ambasciata della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia a Washington, The Case of Archbishop Stepinac, Washington, 1947, pag. 27
188 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398; lettera del Foreign Office alla Screening Mission, Klagenfurt, 14 agosto 1947, PRO FO 371 67386, Goñi, U. op. cit
189 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ec993294098d50cc32, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act
190 Intervista a Karlo Dragutin Petranović, Niagara Falls, Canada, 17 giugno 1989, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 117
191 Telegramma da Roma al Foreign Office del 22 febbraio 1947, PRO FO 371 67372, Goñi, U. op. cit
192 Zola, M., Con l’aiuto di Dio. La guerra d’indipendenza croata tra il Vaticano e Međugorje, East Journal, Online, 16 maggio 2011, http://www.scenariglobali.it/temperie/807-il-papa-contro-medugorje-la-fine-di-una-bugia-che-viene-da-lontano.html, web. 7 dicembre 2017
193 Intervista a Milan Simčić, Roma, 12 maggio 1989 e 16 febbraio 1990, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 125
194 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 126
195 Intervista a Ivo Omrčanin realizzata da Religious News Service nel maggio 1986, Aarons M. M., Loftus J., op. cit.
196 Testimonianze di Adam Miličević, Mimo Rosandić e Božidar Petračić nella nota al dispaccio del 4 agosto 1948, da Zagabria a Washington, NARA, RG 59, 860H.00/8-48, Goñi, U. op. cit; Despot, Z., Plan Deseti travanj i(li) Operacija Gvardijan, Vecernji, online, 17 febbraio 2012, https://blog.vecernji.hr/zvonimir-despot/plan-deseti-travanj-ili-operacija-gvardijan-992, web. 7 dicembre 2017
197 Nota di William Gowen del 29 agosto 1947, dossier del CIC, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 133
198 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 25 ottobre 1967
199 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 27 novembre 1967
200 Dichiarazione di Krunoslav Draganović del 26 settembre 1967, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 133
Luca Mershed, L'Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di dottorato, Università degli Studi Sapienza - Roma, Anno accademico 2018-2019
Un documento della FBI cita: “[Draganović] è stato attivo a Roma, Italia, durante il periodo 1943- 1953, assistendo migliaia di emigrati Croati ad abbandonare la Yugoslavia Comunista e ricollocarli in altri Paesi liberi <163”.
“È stato professore della Facoltà del Divino a Zagabria, prima della guerra. Durante la guerra è stato in carica dell’ufficio per il ricollocamento del Governo di Pavelić. Dal 1943, Draganović è stato un delegato del cosiddetto Stato indipendente di Croazia presso la Santa Sede <164”.
Ci sono moltissime testimonianze che attestano quanto tale personaggio sia stato utile alla Rete di Odessa; per esempio un documento della CIA dice parlando del Colonnello Otto Skorzeny:
"Il soggetto ha viaggiato con documenti Croati forniti da Padre Stjepan Draganović, un prete croato attivo nell’immigrazione Slava. […] La documentazione necessaria è stata ottenuta a Roma ed è stato riportato che alti ufficiali del Vaticano hanno usato la loro influenza per acquisirli per lui" <165.
Ancora un documento della CIA sottolinea:
"Il delegato Sud Americano è molto probabilmente [Padre] Krunoslav Draganović, un prete Ustascia che si trova nel santuario di San Girolamo degli Illirici a Roma e che, a conoscenza del Dipartimento, è stato il più attivo e strumentale collegamento tra il Vaticano e gli Ustascia, e nell’assistenza degli affiliati di Pavelić per emigrare in Argentina, dove è presente già un gran numero di essi. Lui si è recato in Argentina con Pavelić" <166.
Infatti, il suo ultimo lavoro fu quello di amministrare, soprattutto, le vie di fuga degli Ustascia con lo scopo di creare organizzazioni tali da sconfiggere il regime di Tito che si era impadronito della Croazia.
In una nota si legge: “È il capo rappresentante della Società dei Croati presso gli Affari della Caritas a Roma, Italia. Draganović è un grande supporter e collaboratore di Pavelić, Ante, il leader Ustascia. Sebbene la sua residenza sia a Roma, Draganović, usa un passaporto diplomatico emesso dal Vaticano, per viaggiare fuori dall’Europa ed in Sud America <167”.
Sicuramente il Papa era a conoscenza dei collegamenti del prete croato tant’è che, per esempio:
"In collegamento con l’Anno Santo, il Papa tenne un’udienza con i delegati degli emigrati in fuga dai Paesi Comunisti. Ha salutato i delegati di quasi ogni Paese nella loro lingua, e quando vennero i Croati, si è consultato con il prete Ustascia, Krunoslav Draganović, per sapere se parlare in Tedesco o Italiano" <168.
Lo stesso storico della Chiesa, padre Graham, ammise i collegamenti di Draganović con il brutale regime fascista croato: “Non ho dubbi sul fatto che Draganović si desse moltissimo da fare per aiutare i suoi amici croati ustascia a fuggire <169”.
Era molto importante, così come per tutta la struttura di Odessa nel suo insieme, il collegamento del prete croato con il sottosegretario di Stato, il cardinal Montini. Costui, così come avvenne con Hudal, diede la possibilità a Draganović di visitare i campi profughi e di prigionia in cui erano presenti persone bisognose di aiuto: infatti, il suo Comitato Centrale della Confraternita di San Girolamo venne riconosciuto dalla PCA come organismo di aiuto ed assistenza dei profughi. Il tutto, fu, però coadiuvato dagli importanti contatti che il prete croato aveva tessuto fino a quel momento in Germania, Austria ed Italia. In quest’ultimo Paese, il prete croato strinse un importante accordo con il funzionario del Ministero degli Interni e Capo del Servizio Segreto Italiano, Migliore, che fu funzionale per l’accesso a certi campi rifugiati e di prigionieri. I componenti del suo Comitato di assistenza erano dei veri e propri agenti ed i principali erano: il presidente e rettore dell’Istituto, Juraj Magjerec, il vicepresidente e tesoriere, padre Dominik Mandić, oltre ad altri monsignori che risiedevano a San Girolamo <170.
Oltre ad essi c’erano anche altri importanti collaboratori. Uno di essi era padre Vilim Cecelja che fungeva da ponte di collegamento tra Austria e Roma. Fu viceparroco militare degli Ustascia dove ricoprì il ruolo di tenente colonnello e celebrò la cerimonia del giuramento di Pavelić impartendo la benedizione della Chiesa. Solo nel 1944 abbandonò la sua carica per raggiungere Vienna, dove in via ufficiale, avrebbe dovuto occuparsi dei soldati croati feriti. Realmente, il suo ruolo fu quello di preparare una via di fuga sicura in modo da poter, nell’eventualità di una quasi certa sconfitta, garantire un rifugio sicuro ai suoi commilitoni. Fu così che fondò il Comitato locale della Croce Rossa Croata come copertura ideale alle sue attività: “Avevo il compito di fornire documenti alle persone che avevano perduto i propri. Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a pacchi <171”, attraverso i quali forniva una nuova identità, un nuovo nome e storia da presentare in modo da essere più credibile per ottenere i documenti falsi.
Il 19 ottobre del 1945, padre Cecelja fu arrestato dal CIC ed il Vice Capo di Stato Maggiore del Servizio Segreto dell’Esercito USA disse di lui: “Ha messo a repentaglio la sicurezza delle forze di occupazione, come pure gli obbiettivi del governo militare. È il capo ustascia nella regione e protegge i membri del movimento ustascia a Salisburgo [dove nel frattempo si era trasferito e catturato]” <172.
Il Governo Jugoslavo ne chiedeva l’estradizione ma, alla fine, grazie anche all’arcivescovo Stepinac fu addirittura rilasciato. Gli Alleati capirono, anche a partire da questo momento, che figure come Cecelja potevano servire al loro scopo: fronteggiare il sempre più forte comunismo.
Anche gli inglesi sapevano della rete di Draganović come si può leggere in una lettera ufficiale: “Il nucleo di tutta l’attività ustascia è la Confraternità di S.Girolamo a Roma <173”. Infatti, Cecelja ammise come il suo ruolo nella Ratline di Draganović fosse funzionale a tutta l’organizzazione che partiva da San Girolamo, quando affermò che operava “registrandoli ed offrendo loro cibo, alloggio e documenti di immigrazione, nonché l’opportunità di spostarsi per il mondo fino in Argentina, in Australia e in Sudamerica. Ricevevo i documenti dalla Croce Rossa <174”.
È importante sottolineare, così come vedremo più approfonditamente in seguito, che Draganović amministrava i fondi di Odessa. Il servizio segreto degli USA stabilì che era un “fidato seguace di Pavelić. […] Gli venivano affidati […] tutti i valori […] introdotti di contrabbando dagli Ustascia <175”.
Il Servizio Segreto Inglese appurò che:
"Nell’estate del 1945, Draganović fece personalmente un giro dei campi in cui erano stati degli ex-componenti delle forze armate e delle organizzazioni politiche ustascia. Avviò ben presto un’intensa attività politica e prese contatto con i principali rappresentanti ustascia. In questo era assistito da altri sacerdoti croati, con l’aiuto dei quali si mantennero stretti rapporti tra la Confraternita di San Girolamo e i gruppi ustascia in tutta Italia e anche Austria. Ciò condusse alla formazione di un servizio di spionaggio politico che permise alla Confraternita di raccogliere resoconti e dati sulle tendenze politiche tra gli emigrati. È altresì probabile che le informazioni apprese da questi rapporti venissero poi trasmesse al Vaticano" <176.
Un altro personaggio importante nella squadra croata fu padre Dragutin Kamber, brutale responsabile di alcuni dei peggiori omicidi di massa attuati dalla Croazia Ustascia. È estremamente significativo il documento del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che elencando gli appartenenti al Comitato per la Salvezza del Professore Draganović (creatosi dopo la sua cattura da parte del Governo jugoslavo nel 1967), nomini proprio padre Kamber: il legame nato durante e, soprattutto, dopo la Seconda Guerra Mondiale fu talmente forte che a distanza di venti anni, Kamber voleva ancora aiutare il suo strettissimo collaboratore <177.
La carriera violenta di Kamber iniziò dopo l’invasione dell’Asse, quando fu posto a capo dell’amministrazione ustascia nella città di Doboj ed uno dei primi provvedimenti che mise in atto fu la creazione di un campo di concentramento. Inoltre, istituì delle leggi simili a quelle razziali dei governi filo nazisti come quella che obbligava gli ebrei di portare una fascia gialle e i serbi una bianca.
Successivamente “proclamò che i serbi e gli ebrei dovessero essere sterminati, in quanto dannosi per lo Stato Ustascia <178”. A Doboj compì arresti in massa e mandò i serbi nei vari campi di concentramento creati sotto Pavelić. Molti altri, soprattutto sacerdoti e maestri serbi, vennero brutalmente uccisi.
Il Console inglese a Zagabria concluse che Kamber aveva “stretti contatti con la Confraternita di San Girolamo” e che forniva informazioni direttamente dalla Croazia al centro operativo di San Girolamo <179.
Dominik Mandić, rappresentante ufficiale del Vaticano presso San Girolamo, era il membro della Confraternita e di Odessa e si occupava del rilascio delle carte d’identità false che venivano stampate in una tipografia francescana grazie anche alla stretta collaborazione di alcuni membri del servizio segreto italiano <180. Rispetto a ciò il servizio segreto inglese che stava indagando sulle attività illecite disse: “Esistono prove incontrovertibili che, in questo modo, sono state rilasciate, sotto nomi completamente falsi, carte d’identità della Confraternita di San Girolamo ad alcuni dei più famigerati criminali di guerra, permettendo loro di ottenere permessi di residenza italiani, visti e altri documenti allo scopo, quindi, di fuggire all’estero <181”.
Molto rocambolesca fu la missione dell’agente del CIC, Robert Mudd, che riuscì a far penetrare all’interno della Confraternita un suo agente in incognito nel 1947.
"Per poter entrare in questo monastero, bisogna sottoporsi ad una perquisizione personale per verificare se si è in possesso di armi o di documenti, si deve rispondere a domande sulla propria provenienza, sulla propria identità, su chi si conosce, su quale sia lo scopo della propria visita e come si sia venuti a sapere della presenza di croati all’interno del monastero. Tutte le porte che mettono in comunicazione stanze diverse sono chiuse e quelle che non lo sono hanno di fronte una guardia armata e c’è bisogno di una parola d’ordine per andare da una stanza all’altra. Tutta la zona è sorvegliata da giovani ustascia armati in abiti civili e ci si scambia continuamente il saluto ustascia" <182.
All’interno del monastero-rifugio, l’agente del CIC riuscì ad identificare molteplici criminali di guerra croati latitanti come il tenente colonnello Ivan Devčić, il vice ministro degli Affari Esteri Vjekoslav Vrančic, il ministro del Tesoro dello Stato Croato Dragutin Toth, il ministro delle Corporazioni Lovro Sušić, il ministro dell’Educazione Mile Starčevic, il generale dell’aviazione Dragutin Rupčić, il generale ustascia Vilko Pečnikar, il ministro dei Trasporti Josip Marković ed il comandante capo dell’aviazione Vladimir Kren <183.
Fu scoperto proprio, attraverso questa missione, che Pavelić si stesse nascondendo a Roma in via Giacomo Venezian 17c e che Draganović avesse assegnato dei nomi falsi con relativi documenti a tutti coloro che cercavano una via di fuga con la complicità del Vaticano; infatti si legge in una descrizione di Mudd:
"Questi croati vanno avanti e indietro dal Vaticano varie volte la settimana, a bordo di un’automobile con autista la cui targa reca le iniziali CD, Corpo Diplomatico. Questa automobile esce dal Vaticano e scarica i suoi passeggeri all’interno del monastero di San Girolamo. A causa dell’immunità diplomatica, è impossibile fermare l’automobile e scoprirne i passeggeri. La protezione offerta da Draganović a questi croati collaborazionisti fa sì che lo si ricolleghi decisamente all’intento, da parte del Vaticano, di tutelare i nazionalisti ustascia finché non siano in grado di procurarsi i documenti necessari per andarsene in Sudamerica" <184.
Nel quadro della rete del Vaticano è stata fondamentale la città di Genova (anche se lo sarà, allo stesso modo, per l’Odessa di Perón e lo fu anche per i Nazisti riuniti alla Maison Rouge).
Nel capoluogo ligure, un altro prete croato era alla base dei contatti: monsignor Karlo Petranović.
Durante un’intervista nel 1989 con gli autori del libro Ratlines, Aarons e Loftus, il prete ha ripercorso momenti della sua vita quando per esempio si trovava a Topusko (a sud di Zagabria), durante tutta la durata del Conflitto, come cappellano dell’esercito e disse di “non ricordare le atrocità avvenute in quel distretto. [Avevo] udito voci relative al fatto che stavano morendo delle persone; c’erano un paio di ebrei a Ogulin, ma non so cosa sia accaduto loro, semplicemente scomparvero <185”.
Tuttavia, il programma di sterminio di ebrei e serbi da parte del regime Ustascia era, comunque, pubblico e le vicende legate ai luoghi dove lavorava il prete erano ben conosciute, tant’è che la Jugoslavia, nel 1947, chiese la sua estradizione agli inglesi.
Egli divenne un fattore molto importante nella politica locale del regime ustascia, in quanto era incaricato di decidere della vita e della morte dei serbi di Ogulin e del distretto circostante. Come dimostrano le prove, tale politica consisteva nel seminare terrore tra la popolazione serba completamente innocente e si risolse nello sterminio di circa duemila serbi locali. In aggiunta a questi crimini, il comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranović era funzionario, fu responsabile dell’invio di centinaia di serbi e croati ai campi di concentramento degli ustascia, cosa che si concluse con lo sterminio della maggior parte di queste persone <186.
Inoltre, è lo stesso giornale ufficiale ustascia, Novi List, a comunicare la nomina del prete croato “alla carica di pobočnik [aiutante militare] del campo di distretto di Ogulin <187”.
Sempre durante l’intervista, Petranović ammise e spiegò il suo ruolo all’interno dell’Organizzazione Odessa.
Difatti, chiarì che Draganović lo chiamava regolarmente per comunicargli di quanti posti avesse bisogno per la fuga dei criminali di guerra. Petranović andava così a verificare la disponibilità per tali richieste e richiamava a Roma; dopodiché veniva inviato un numero pari di persone a quanti posti fossero disponibili sulla nave.
Infine, a Genova si dovevano cercare gli alloggi prima dell’espatrio. I servizi segreti inglesi scoprirono tale rete di contatti e notarono che il prete della città ligure stava “aiutando emigrati politici croati ed in particolare ustascia a fuggire in Argentina. Erano principalmente criminali di guerra schedati e che lo stesso Petranović era un collaborazionista croato <188”.
Sicuramente il ruolo di Petranović fu fondamentale ma senza l’aiuto di alcuni rappresentanti dell’alto clero sarebbe stato impossibile portare a compimento certe azioni. Rispetto a ciò, sarebbe da evidenziare la parte che ha avuto l’Arcivescovo di Genova, monsignor Giuseppe Siri, il cui ruolo di copertura è schematicamente inquadrato dalla CIA rispetto ad una delle tante organizzazioni caritatevoli da lui effettivamente dirette come ONARMO, di cui abbiamo parlato precedentemente, ed al suo collegamento non a caso con Hudal.
Nella maggior parte dei casi le organizzazioni ecclesiastiche aiutavano realmente le persone bisognose, ma venivano usate anche per altri scopi:
"L’Opera Nazionale di Assistenza Religiosa Morale Operai (ONARMO), esercita a Genova, Via Ettore Marchini 8, sotto l’invisibile guida dell’Arcivescovo Siri. Gli scopi dell’organizzazione sono religiosi, principalmente, ma sono anche politici e, specialmente, anti-comunisti. Sfruttando la benedizione del Vaticano, ONARMO ha organizzato un vasto piano di emigrazione per i lavoratori da tutta l’Europa al Sud America. […] Oltre al circolo ecclesiastico, molte alte personalità del mondo della finanza e dell’industria che hanno visto la distruzione delle loro posizioni dovute al trionfo del comunismo, hanno sfruttato il loro potere ed influenza per ONARMO. Tra i molti candidati per l’emigrazione supportata dal progetto di ONARMO ci sono molteplici Francesi sospettati di aver collaborato con i Tedeschi e che hanno avuto un rifugio a Il Boschetto, Via Boschetto 29, Piazza del Santuario, Genova" <189.
Petranović aveva uno stretto rapporto con Siri e lo raccontò durante l’intervista in Canada: non riuscendo ad ottenere delle cuccette per un’operazione di emigrazione urgente in Argentina, inviò un telegramma al nome di Siri all’ufficio imbarco di Buenos Aires in modo da ottenerle. Quando il prete croato informò Siri di tale falsificazione di nome, quest’ultimo, invece di mostrare adiramento ne rimase molto soddisfatto <190.
Uno degli ufficiali della British Special Screening Mission, Stephen Clissold ricordava nelle sue memorie che gli uomini ricercati “venivano accuditi a Genova da padre Petranović, un collaboratore fidato di Draganović <191”.
Padre Simčić, un alto funzionario del Vaticano nel dopo Guerra fino agli anni novanta - tanto da essere stato uno dei protagonisti dell’Internazionale Democristiana nel dicembre 1991 <192 - ammise l’importanza strategica ed operativa della Confraternita di San Girolamo dei Croati e dei legami di Draganović con l’alto clero: “Il dottor Draganović e Montini s’incontrarono molte volte. Montini si mise in contatto molte volte con Draganović, chiedendogli di aiutare delle persone per suo conto. Vi erano eccellenti rapporti tra noi e la gerarchia vaticana <193”.
Il futuro Paolo VI era uno dei principali collaboratori di Pio XII e fu messo dallo stesso alla guida della PCA. Inoltre secondo le parole di padre Cecelja, padre Draganović era, notoriamente, il rappresentante ufficiale della Santa Sede per l’emigrazione dei gruppi nazisti e fascisti, non solo della Croazia ustascia <194. Anche il Dr. Ivo Omrčanin, accreditato professore a Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu un importante funzionario del Ministero degli Esteri ustascia e la sua può essere considerata una testimonianza più che valida che dimostra il lavoro e l’interconnessione tra la PCA e la Confraternita di San Girolamo:
Era molto vicino a Draganovic e, in quel periodo, i due collaboravano. [...] Lavorò direttamente sotto la guida di Draganovic nel Pontificio Comitato di Assistenza tra il 1948 e il 1953, girando per i campi di profughi e inviando migliaia di fuggiaschi attraverso la Ratline. [...] Si vanta anche di aver inviato attraverso la Ratline 30 mila persone, tra cui molti scienziati e tecnici tedeschi <195.
Un altro aspetto importante da non sottovalutare rispetto alle tante ramificazioni di Odessa è di come le sue Ratline fossero state utilizzate anche per altri scopi oltre a quelli riguardanti l’aiuto per la fuga dei križari, ovvero quei crociati-guerrieri cattolici che si battevano contro il comunismo. Infatti, la rete di Draganović utilizzò Odessa per dar rifugio, prima, agli esuli e criminali croati e, dopo, per farli scappare od utilizzarli in chiave anticomunista. Infatti, a differenza di come accadde per l’Odessa di Perón, quella del Vaticano (la prima erede di quella stabilita dai nazisti), si trasformò poco a poco in una vera e propria arma per combattere il comunismo.
Quindi, in quest’ottica fu fondamentale l’apporto dei croati e di tutti coloro che, avendo perso la Guerra, scappavano dai nuovi regimi comunisti dell’Est Europa.
Esplicativo di tutto ciò, fu il processo nel 1948 di alcuni criminali arrestati durante l’ascesa al potere di Tito e, soprattutto, di coloro che furono catturati o estradati. Alcuni di essi ammisero di essersi rifugiati nella Confraternita di padre Draganović il quale, in combutta con un altro personaggio chiave, l’arcivescovo Viktor Stepinac (beatificato il 3 ottobre 1998), li assoldava come nuovi crociati, ossia križari: costoro erano “appoggiati sia dal Vaticano che dalle potenze straniere <196”.
Questo punto è fondamentale per capire perché gli Alleati scesero a patti con i peggiori assassini e criminali della Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto si era concluso ed uno nuovo si stava prospettando - reputato da alcuni studiosi, anche più pericoloso ed insidioso: quello contro il Comunismo. In tal modo preferirono sfruttare le capacità, le conoscenze ed i collegamenti di coloro che furono arrestati o che potenzialmente potevano esserlo.
Il forte legame che c’era fra i seguaci di Pavelić e la Confraternita di San Girolamo fu studiato, anche, da William Gowen, agente speciale del CIC.
L’agente del CIC scoprì che i soldi per finanziare i križari e, quindi, la Ratline croata di Odessa provenivano dal famoso tesoro di Pavelić salvato poco prima dell’ascesa al potere di Tito.
Dopo che Pavelić fu arrestato in Austria nel maggio del 1945, gli agenti del SIS (Secret Intelligence Service) inglese requisirono anche parte del bottino e secondo le scoperte di Gowen: “Al tenente colonnello inglese Jonson fu affidata la responsabilità di due (2) autocarri carichi di ciò che si supponeva fosse proprietà della Chiesa cattolica nella zona inglese dell’Austria. Questi due autocarri, accompagnati da un certo numero di preti e dall’ufficiale inglese, entrarono allora in Italia e si diressero verso una destinazione sconosciuta <197”. Secondo le fonti accreditate, tale tesoro sparì, forse verso un monastero e pare fosse stato utilizzato per finanziare tutti quei movimenti composti da esuli politici e criminali di guerra per fronteggiare i regimi comunisti.
Ma questa era soltanto una piccola parte del tesoro ustascia, in quanto sul finire della Guerra, secondo quanto rivelò lo stesso Draganović alle autorità jugoslave durante il suo processo del 1967 dopo essere stato rapito dai servizi segreti di Tito <198 - secondo la stampa, Draganović, si era offerto volontariamente alle autorità della Jugoslavia <199 - che a Wolfsber erano stati nascosti 400 chili di oro oltre ad un’ingente quantità di valuta straniera, tutto sotto il controllo del Ministro dell’Economia Nazionale, Lovro Sušić. Il Ministro, quindi, contattò il prete croato e trasferì a Roma il tanto ricercato tesoro. L’importante monsignor croato era coadiuvato anche da due membri ustascia: Sjepan Hefer ed il genero di Pavelić, Vilko Pečnikar. Quest’ultimo fu di vitale importanza in quanto “manteneva i contatti con diverse organizzazioni clandestine naziste ed un sofisticato servizio segreto che si ricollegava a quelli austriaco ed italiano <200”.
L’Odessa costituitosi servì non solo a far fuggire i criminali dalla giustizia internazionale ma anche per altri scopi. Uno di essi fu quello che, tra l’altro, implicò l’entrata in scena degli Alleati e per il quale essi iniziarono ad avere un ruolo da protagonisti: la nascita di un baluardo in chiave anti-URSS nei Balcani e nella zona danubiana.
[NOTE]
164 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116ef, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 10 novembre 1967
165 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519bdecd993294098d514428, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 8 luglio 1949
166 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116d5, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 4 febbraio 1949
167 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116f2, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 14 luglio 1950
168 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d51171a, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 13 giugno 1950
163 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 25 ottobre 1967
169 Intervista a padre Graham, 15 aprile 1985, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 98
170 Father Krunoslav Draganović. Past Background and Present Activity, 12 febbraio 1947, NARA, RG 319, 631/31/52-54/1-4, schedario 107, Goñi, U. op. cit
171 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
172 Nota del 26 febbraio 1947, NARA, RG 319, Deposito di documenti investigativi, dossier su Cecelja, XE 006538, Goñi, U. op. cit
173 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
174 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, Goñi, U. op. cit
175 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
176 Nota jugoslavia del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. cit
177 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116fd, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 21 maggio 1968
178 Nota jugoslavia del 23 aprile 1947, PRO FO 371 67376, Goñi, U. op. cit
179 Allegato alla lettera della Commissione Speciale per i Profughi al Foreign Office del 23 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
180 Nota del Ministero degli Affari Esteri del 2 novembre 1945, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1946, Busta 1, fascicolo 3, Esponenti del cessato regime ustascia in Italia; rapporto del Ministero dell’Interno (polizia di Roma) del 9 luglio 1946, accluso alla nota del Ministero per gli Affari Esteri del 30 luglio 1946, Archivio del Ministero per gli Affari Esteri, Affari politici (Iugoslavia), 1948, Busta 33, fascicolo 3, Attività di iugoslavi contrari al regime di Tito in Italia
181 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398, Goñi, U. op. cit
182 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 110
183 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111
184 Nota del 12 febbraio 1947, tratta dal dossier su Draganović e Pečnikar in possesso del CIC ed ottenuta a seguito dello US FOIA, pp. 38-40, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 111
185 Intervista a Karlo Dragutin Petranović, Niagara Falls, Canada, 17 giugno 1989, cit. in
Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pp. 114-115; si veda anche Casazza, A., Nazisti in fuga, il silenzio della Curia, Il Secolo XIX Online, 15 settembre 2013http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013/09/15/AQOZ6vO-nazisti_silenzio_della.shtml, web. 7 dicembre 2017
186 Nota jugoslava del 21 luglio 1947, PRO FO 371 67386, Goñi, U. op. cit
187 Ambasciata della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia a Washington, The Case of Archbishop Stepinac, Washington, 1947, pag. 27
188 Memorandum on the Ustasa Organisation in Italy, accluso in una lettera di Maclean a Wallinger, 17 ottobre 1947, PRO FO 371 67398; lettera del Foreign Office alla Screening Mission, Klagenfurt, 14 agosto 1947, PRO FO 371 67386, Goñi, U. op. cit
189 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519697ec993294098d50cc32, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act
190 Intervista a Karlo Dragutin Petranović, Niagara Falls, Canada, 17 giugno 1989, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 117
191 Telegramma da Roma al Foreign Office del 22 febbraio 1947, PRO FO 371 67372, Goñi, U. op. cit
192 Zola, M., Con l’aiuto di Dio. La guerra d’indipendenza croata tra il Vaticano e Međugorje, East Journal, Online, 16 maggio 2011, http://www.scenariglobali.it/temperie/807-il-papa-contro-medugorje-la-fine-di-una-bugia-che-viene-da-lontano.html, web. 7 dicembre 2017
193 Intervista a Milan Simčić, Roma, 12 maggio 1989 e 16 febbraio 1990, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 125
194 Intervista a Vilim Cecelja, Maria Pline, 23 maggio 1989, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 126
195 Intervista a Ivo Omrčanin realizzata da Religious News Service nel maggio 1986, Aarons M. M., Loftus J., op. cit.
196 Testimonianze di Adam Miličević, Mimo Rosandić e Božidar Petračić nella nota al dispaccio del 4 agosto 1948, da Zagabria a Washington, NARA, RG 59, 860H.00/8-48, Goñi, U. op. cit; Despot, Z., Plan Deseti travanj i(li) Operacija Gvardijan, Vecernji, online, 17 febbraio 2012, https://blog.vecernji.hr/zvonimir-despot/plan-deseti-travanj-ili-operacija-gvardijan-992, web. 7 dicembre 2017
197 Nota di William Gowen del 29 agosto 1947, dossier del CIC, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 133
198 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 25 ottobre 1967
199 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519a6b2a993294098d5116e4, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 27 novembre 1967
200 Dichiarazione di Krunoslav Draganović del 26 settembre 1967, cit. in Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993, pag. 133
Luca Mershed, L'Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di dottorato, Università degli Studi Sapienza - Roma, Anno accademico 2018-2019