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martedì 21 giugno 2022

Il progetto di un esercito europeo integrato: il Piano Pleven


2.3.1. L’elaborazione del Piano
La reintegrazione della Germania all’interno di un contesto di cooperazione continentale non era una questione che interessava soltanto la sfera economica; molti, infatti, iniziavano a sentire la necessità di un sistema che permettesse un reinserimento tedesco nell’ambito militare. A rendere questa necessità più impellente fu lo scoppio della guerra di Corea nel giugno del 1950, che impresse una svolta nel confronto tra le due superpotenze, americana e sovietica, spingendo Washington a credere che la guerra fredda potesse rapidamente trasformarsi in una “guerra calda”, aggravata dal fatto che nel 1949 l’Unione Sovietica era entrata in possesso dell’arma nucleare. In quest’ottica di grande tensione, poi, lo scenario che si mostrava come l’arena di scontro più papabile era senza dubbio il continente europeo, e proprio in virtù di ciò la creazione di un dispositivo di difesa (che vedesse anche la partecipazione della Germania) sembrava sempre più impellente.
Delle proposte in tal senso vennero avanzate durante l’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa, tenuta a Strasburgo nell’agosto 1950, la quale vide per la prima volta la partecipazione della Repubblica Federale Tedesca. In occasione di tale incontro venne auspicata la formazione di un esercito europeo da parte del socialista francese André Philip, mentre Adenauer chiedeva la possibilità per Bonn di arruolare una forza di polizia di 150.000 uomini. Anche l’Italia si mostrò a Strasburgo molto propositiva per quanto riguardava le prospettive di integrazione europea, Sforza propose infatti di rimuovere il divieto di trattare questioni militari in seno al Consiglio d’Europa <82, assecondando le volontà di De Gasperi che qualche giorno prima gli aveva inviato una lettera intrisa della volontà di rendere il Consiglio più attivo in tema di mantenimento della pace <83. L’assemblea mostrò atteggiamenti positivi nei confronti della proposta di Sforza, ma la stessa venne bocciata dal Consiglio dei Ministri, frenato dalla vigenza del principio di unanimità.
La risposta americana alla questione del riarmo tedesco fu l’elaborazione di un piano, approvato da Truman l’8 settembre e nominato one package <84, che prevedeva la creazione di un esercito integrato a cui l’Europa avrebbe dovuto partecipare con sessanta divisioni, sotto il comando statunitense, con uno Stato maggiore internazionale, in cui sarebbe stato inserito un numero non precisato di divisioni tedesche. Truman si era quindi schierato favorevolmente verso l’impegno americano in Europa, ma pretendeva a riguardo una collaborazione da parte delle potenze del continente.
Sempre nel settembre 1950, durante una riunione negli Stati Uniti dei Ministri degli Esteri di USA, Gran Bretagna e Francia, il Segretario di Stato americano Dean Achenson con il sostegno del collega inglese Bevin avanzò una proposta riguardante il riarmo della Germania Ovest e l’inserimento della stessa nel Patto Atlantico, ma la reazione di Schuman e del Ministro della Difesa francese Jules Moch fu negativa. Sulla posizione francese riguardo il rifiuto della ricomposizione dell’esercito tedesco influivano due fattori <85: l’atteggiamento negativo dell’opinione pubblica, che in caso di appoggio del riarmo tedesco avrebbe fatto perdere consensi al Governo, e la paura dei vertici di Parigi che un riarmo della Germania avrebbe reso Bonn un attore indipendente nel contesto internazionale, con la possibilità di intessere rapporti privilegiati con Washington e di perseguire autonomamente l’unificazione.
Sembrava comunque palese a molti che gli sforzi del Governo francese nel tentativo di evitare un riarmo europeo e conseguentemente tedesco sarebbero stati a lungo andare vani. Monnet, che pareva conscio di ciò, scriveva una lettera a Schuman nella quale valutava la possibilità di “integrare la Germania all’Europa con un Piano Schuman ampliato, dando una prospettiva europea delle decisioni che saranno prese” <86. Ciò porta a riflettere su come Parigi stesse cominciando a prendere coscienza dell’ineluttabilità del riarmo della RFT, e anzi iniziasse a valutare la possibilità di un’integrazione sul piano militare che in un certo senso rispecchiasse il percorso funzionalista intrapreso con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.
La proposta riguardante la creazione di un esercito integrato venne suggerita per la prima volta a fine settembre, in occasione del Consiglio dei ministri del Consiglio d’Europa, dall’allora Primo Ministro francese René Pleven. Lo stupore fu notevole e le discussioni riguardo la proposta, che per il momento restava soltanto un’idea, si protrassero fino al mese successivo.
Il progetto di un esercito integrato europeo, che prese il nome di Piano Pleven, venne avanzato pubblicamente dal Presidente del Consiglio francese alla fine di ottobre del 1950. Questo era rivolto in primis al governo della Repubblica Federale Tedesca, ma era aperto anche nei confronti di altri Paesi europei, con una particolare attenzione verso quelli che avevano già preso parte ai negoziati riguardanti la realizzazione del Piano Schuman. La principale caratteristica di tale progetto, che lo distingueva dal one package americano, era il carattere sovranazionale, che esulava dal tradizionale sistema di alleanze militari e necessitava di una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali nei confronti di una nuova entità, la quale avrebbe a sua volta favorito la creazione di una vera e propria identità europea <87. Chiaramente, in virtù degli ideali che lo animavano, il Piano Pleven fu accolto con grande entusiasmo dai movimenti federalisti presenti nei vari Paesi del continente, che in questo intravedevano la punta dell’iceberg di un’unità europea che avrebbe presto interessato il campo politico e sociale. I federalisti italiani scrivevano:
“Il piano francese equivale né più né meno che a una proposta di federazione continentale. Unificazione della politica di difesa e della politica economica […] sono difficilmente concepibili senza un’unificazione della politica estera e, alla lunga, senza una giurisdizione diretta di organi tutori del diritto sui cittadini degli Stati partecipanti” <88.
2.3.2. Le reazioni alla proposta francese
Le risposte provenienti dai Paesi interessati al Piano furono variegate. Adenauer accolse il Piano Pleven con entusiasmo, convinto di voler rendere partecipe la RFT del progetto francese di integrazione militare; egli era però consapevole di quanto avrebbe dovuto lottare per far sì che la Germania venisse considerata in modo paritario dalle altre potenze, soprattutto da Parigi. La maggiore limitazione per Bonn riguardava la mancata possibilità di godere di un esercito nazionale, ma nonostante tutto il Cancelliere sosteneva che “il Piano Pleven doveva contribuire essenzialmente […] all’integrazione europea che era ed è una delle mete principali della politica tedesca” <89. Una posizione differente era invece tenuta dall’opposizione socialista tedesca, la quale vedeva il Piano come un tentativo di subordinazione della potenza militare tedesca nei confronti di quella francese.
Da Londra, che già non aveva preso parte alla CECA, si diffusero numerose critiche nei confronti dell’esercito unico europeo. La Gran Bretagna non sembrava infatti mostrare grande entusiasmo per l’embrionale processo di integrazione europea che si stava delineando, probabilmente poiché la creazione di un asse franco-tedesco avrebbe potuto lasciare gli inglesi ai margini dei rapporti continentali. Opinioni discordanti emersero anche da oltreoceano; basti pensare che negli Stati Uniti, nonostante la presenza di personalità fortemente favorevoli all’integrazione europea come “scudo” nei confronti di una possibile minaccia sovietica, il New York Times definiva il Piano Pleven come “egoista e poco lungimirante” <90.
Quanto all’Italia, la prima reazione di Roma al Piano Pleven fu positiva. Nonostante Sforza manifestasse perplessità riguardo i tempi di attuazione, infatti, il Ministro degli Esteri affermò che “non sarà certamente il governo italiano, che fu il primo ad aderire al Piano Schuman […], a mostrarsi tiepido all’idea di un esercito europeo al servizio di un’Europa unita” <91. Sia lui che De Gasperi, però, leggevano il progetto di un esercito europeo come il preludio alla creazione di una vera e propria Federazione Europea, che si concentrasse su una comunione di interessi dal punto di vista politico. Si andava pertanto delineando quella che sarà la posizione italiana lungo tutta la durata delle trattative che si ergeranno intorno alla proposta di Pleven e che analizzeremo meglio nei successivi paragrafi.
In ogni caso, la posizione italiana era fortemente influenzata dall’atteggiamento di Truman, ancora titubante riguardo il Piano Pleven che considerava come un mero escamotage mirante a velocizzare il riarmo della Germania Ovest, tentando così di scavalcare i negoziati che stavano avendo contemporaneamente luogo all’interno dell’Alleanza Atlantica al fine di garantire l’ingresso nella stessa da parte della RFT. Nonostante le titubanze destate a causa della posizione americana, De Gasperi decise comunque di cedere alle avance francesi e di prendere parte ai negoziati sul Piano, che si sarebbero tenuti nel gennaio del 1951 a Parigi. La scelta del Governo di Roma va letta anche alla luce di un altro negoziato che stava avendo luogo contemporaneamente, quello riguardante la creazione della CECA, all’interno del quale De Gasperi sperava di ottenere una serie di concessioni <92.
Il 1950 terminava dunque con buone prospettive di accordo riguardo la creazione di una difesa comune europea, nonostante i segnali americani non fossero particolarmente incoraggianti.
[NOTE]
82 In base al suo statuto, infatti, il Consiglio d’Europa non era competente verso questioni militari e pertanto era impossibilitato a discuterne.
83 M. R. De Gasperi, P. De Gasperi (2018), pp. 389-390.
84 D. Preda, Storia di una speranza. La battaglia per la CED e la Federazione europea, Jaca, Milano, 1990, p. 19.
85 Varsori (2010), p. 90.
86 J. Monnet, Cittadino d’Europa, Rusconi, Milano, 1978, p. 269.
87 Preda (1998), pp. 28-29.
88 AA.VV., Europa Federata, 3 (1950), n. 34 (31 ottobre), p. 2.
89 K. Adenauer, Memorie 1945-1953, Mondadori, Milano, 1966, p. 438.
90 Preda (1998), p. 31.
91 Sforza (1952), p. 541.
92 Cfr. 2.1.
Elio Sposato, L'Italia nelle prime fasi dell'integrazione europea, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno accademico 2019/2020