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martedì 14 giugno 2022

Lotta Continua: la redazione di Roma e “l’atterraggio morbido”


Lotta Continua si sta evolvendo. <139 Nel gennaio 1970 nasce il primo embrione di coordinamento nazionale composto da delegati che ruotano di continuo <140. Al congresso del 12 novembre 1970, con slogan “prendiamoci la città”, i militanti di LC mettono al centro del loro programma: “non più l’operaio, ma il proletario. L’idea è che lo scontro sociale non deve restare chiuso nelle fabbriche, deve allargarsi alla vita: i trasporti, le case, i pressi, i disagi dell’immigrazione.” <141 Iniziano gli espropri e gli allacciamenti abusivi.
Nell’aprile del 1972, al convegno nazionale di Rimini, avviene la svolta militarista di LC, destinata a durare pochi mesi. Il 14 ottobre dello stesso anno, infatti, viene abbandonata la ‘violenza d’avanguardia’ per un lento avvicinamento alla dimensione politica, secondo Guido Viale LC finisce in questo momento <142. Inizia la lunga fase che Marco Revelli definisce ‘tregua produttiva’ <143: il movimento cerca un dialogo con i sindacati e tenta di trasformarsi in una struttura organizzata per poter andare avanti. Tra il 1973 e l’aprile del 1975 “non c’è iniziativa in cui LC e PCI non siano insieme, con PSI e Acli”, come racconta Giovanni de Luna:
“Così entrano in contatto generazioni diverse, i partigiani e i sessantottini, e fanno da camera di compensazione per evitare al PCI la deriva istituzionale che diverrà inevitabile con il compromesso storico, e per impedire a noi la deriva estremistica che ci porterà allo scioglimento totale.” <144
L’automazione, la cassaintegrazione, il decentramento produttivo, etc., per la prima volta i lavoratori si sentono minacciati ed abbandonano la protesta. Al congresso nazionale del 1975, Langer partecipa alla stesura delle tesi che trasformeranno LC in un vero e proprio partito politico. A seguito del convegno si verifica un notevole accentramento dell'organizzazione: viene eletto un Comitato nazionale; iniziano le prime discussioni collettive e si decide di appoggiare il PCI alle regionali dello stesso anno. <145
Il gruppo di persone con cui Alex lavora, è molto sensibile alle situazioni di conflitto sociale che si stanno generando, si tratta di un nucleo di militanti pronto al cambiamento, all’apertura, a nuove chiavi di lettura. Per loro la scelta degli interlocutori è fondamentale, sono caratterizzati dall’originalità delle idee e dalla sfrontatezza contro gli avversari. Questi giovani tentano di tenere a debita distanza il mondo politico tradizionale, verso il quale nutrono dubbi e diffidenza. Per Langer fare politica significa: prestare attenzione alla fascia più povera ed emarginata della società; rivolgere la propria attenzione agli avvenimenti ed ai movimenti culturali internazionali; dedizione integrale alla causa; attenzione per le minoranze religiose, etniche e nazionali; superamento delle facili semplificazioni a favore dell’approfondimento e della conoscenza diretta. Nasce in questi anni quella che Mughini definisce: “l’idea aberrante che la ‘militanza’ richieda un impegno totale.” <146 Ma Alex sceglie come sempre la ‘sua’ via alla militanza totale, mantenendo la propria autonomia di giudizio, pur appartenendo:
“A quel tipo di militanti che investono tutta la propria vita in una presenza attive e pubblica, che però si congiunge strettissimamente, indissolubilmente a ogni scelta personale e privata. […] Nel modello di Alex e di altri come lui l’investimento nella ‘militanza’ era totale, o quasi totale. Non c’era modo di tornare indietro, di mettersi da parte: la scelta era fatta una volta per tutte.” <147
Tipico di quegli anni, per i partecipanti a LC, è il mimetismo politico: copiare modi ed abbigliamento delle figure con cui si entra in contatto, fino a perdere la propria identità. Alex è diverso, con il suo accento sudtirolese ed i suoi modi originali, riesce ad essere premuroso nei confronti del prossimo senza perdere la propria unicità. Il piccolo Lenin (così veniva chiamato Adriano Sofri negli anni della militanza in Lotta Continua) ricorda l’indipendenza dell’amico:
“Alex aderì alla sinistra extraparlamentare di Lotta Continua. Ma anche in quell’esperienza, invero trascinante, tenne sempre una sua autonomia personale e ‘regionale’. […] Il primo antidoto era l’attenzione a conservare il legame stretto con il Sud Tirolo-Alto Adige, e con le persone con cui aveva condiviso la propria formazione lì radicata. Una specie di federalismo di fatto lo distingueva dalla assimilazione frettolosa, o anche solo dalla distrazione, con cui, in nome della Grande Causa, la maggior parte di noi tendeva a procedere. Il secondo antidoto era la decisione di tenersi scrupolosamente un lavoro proprio, un ambiente proprio, una stanza insomma tutta per sé, distante e indipendente dalle stanze comuni di una politica che tendeva a bruciare tutto dentro di sé. […] Quella capacità di restare se stessi nella spinta alla fusione e all’anonimato.” <148
Per questo ragazzo “a prima vista simpaticamente strano”, che presentava di sé “la sua faccia singolare, non quella mimetica.” <149, tentare di mantenere sempre e comunque una propria autonomia ed obiettività è fondamentale:
“Cercavo […] una linea che mi consentisse di restare solidale con la mia comunità […] e insieme di non essere nemico dell’altra. Di non esaurirmi nell’identificazione di una fazione, una situazione – di essere anche ‘altrove’. Anche più tardi quando collaboravo con ‘Lotta Continua’, e mi ero trasferito a Roma, ero contento di avere un altro lavoro, di insegnate, e un altro quartiere, lontano da Trastevere, di non essere sempre e solo lì, come mi pareva che succedesse ad altri. Anche se magari li invidiavo perché erano ‘dentro’ senza residui, giorno, sera, notte.” <150
E’ il 1974, Alex abita in una soffitta a Campo dei Fiori a Roma, collabora con la redazione di “Lotta Continua”; ormai giornalista professionista, ricopre anche per un breve periodo il ruolo di direttore della testata.151 Sono anni di difficoltà economiche. Langer firma il quotidiano e più di una volta viene incriminato e giudicato per reati di stampa.
Tra il 1975 ed il 1976 tra i vari motivi che mettono in crisi il movimento di LC ci sono: l’allontanamento della classe operaia dalla lotta politica (motivato dalla crisi economica) e la convergenza tra DC e PCI (che confluirà nel compromesso storico ed nel governo delle “convergenze parallele”). La possibilità di un ingresso del PC al governo e di una rottura rivoluzionaria si allontana definitivamente. <152
Il 20 giugno 1976 Lotta Continua si presenta per la prima volta alle elezioni politiche, facendo liste comuni con il PdUP per il comunismo, Avanguardia Operaia e Movimento Lavoratori per il Socialismo. I risultati sono scarsi, ma è importante la svolta nella linea del movimento che da extraparlamentare è a tutti gli effetti entrato in politica. Nel corso del Secondo Congresso Nazionale del 1976 il gruppo dirigente si scontra con la componente femminista del movimento ed ha inizio il declino. I compromessi ed il parlamentarismo non sono sufficienti a far si che il movimento sopravviva. Travaglini, Enrico De Aglio e Alexander Langer si assumono la responsabilità di gestire la nuova e definita fase del gruppo di Lotta Continua: “Credevo si aprisse una nuova strada e il nostro compito fosse cercarla.- Ricorda Travaglini - Di fatto si risolse nel gestire la liquidazione del gruppo tentando di evitare derive pericolose.” <153 Dopo il congresso del ’76 il movimento si scioglie senza dichiarazioni ufficiali <154, mentre il quotidiano sarà pubblicato, da Enrico Deaglio, fino al 1982 <155. La fase migliore del quotidiano inizia proprio con la fine del movimento di LC, non più organo di partito, “Lotta Continua” non fa più solo politica ideologica, “ma soprattutto buon giornalismo.” La testata “diventa un punto di riferimento anche grafico e linguistico per altri giornali” <156.
La nascita, l’evoluzione ed in fine l’epilogo di Lotta Continua rappresentano lo specchio di una società italiana in crisi, in cui le tensioni evolutive degli anni ’60 si sono scontrate con una realtà frustrante e paralizzante, esplodendo poi nella violenza irrazionale e cieca degli anni ’70. Dalla generazione dei figli dei fiori si precipita negli anni di piombo, anni di terrore e di fallimento della politica.
“Quando la festa finisce, quando si spegne l’euforia collettiva che esaltava ogni gesto del vivere quotidiano purché fatto di concreto con i ‘compagni’, un’euforia che dava un significato sacrale ad ogni parola pronunciata o ascoltata nel tumulto delle assemblee e dei cortei. Quando la vita ridiventa semplice e dunque spietato il calcolo di ciascuno a dover bilanciare il dare con l’avere. Quando una generazione sbatte il muso contro la vita reale dopo il tempo dell’ipnosi ideologica […] Una generazione che volle dare l’assalto al cielo, e anche se non sapeva bene cosa farci una volta che lo avesse conquistato.” <157
Nel 1976, infatti, quando LC si scioglie, una parte dei militanti costituisce Prima Linea, insieme ad alcuni ex membri di Potere Operaio <158. Si tratta di un'organizzazione armata di sinistra, nata nell'autunno del 1976 in Lombardia e cresciuta nelle primavera del 1977 a Firenze <159. Secondo Giampiero Mughini, la deriva terroristica degli anni ’70 trova la sua motivazione nello “shock delle origini”, ovvero nella strage di Piazza Fontana a Milano, del 12 dicembre 1969. <160 Luigi Manconi riconduce proprio a quell’evento “la perdita dell’innocenza”, il passaggio da una violenza di piazza, con proprie regole e rispetto della vita umana, ad una violenza d’avanguardia, quale detonatore per far esplodere le masse. <161 Il 15 dicembre 1969 Giuseppe Pinelli, durante un interrogatorio in questura, vittima di un ‘malore attivo’, cade dalla finestra e immediatamente “Lotta Continua” lancia una campagna violenta contro il commissario di polizia Luigi Calabresi accusato di essere l’assassino di Pinelli. Il 17 maggio 1972 Calabresi viene ucciso <162. La stagione della politicizzazione totale, dell’“uomo unidimensionale” di Herbert Marcuse, giunge al suo apice. In questo clima di forti tensioni, la stampa di estrema sinistra ha come scopo l’abbattimento dello stato, il giornalismo cessa di avere un dovere di obiettività, ma assume una funzione di testimonianza, non è importante dire la verità, ma dar voce ad una verità parziale e soggettiva, che risponda ad un dovere non di informazione, ma di formazione. <163
La spirale di violenza che si è innescata raggiungerà l’apice solo con il rapimento e la morte di Aldo Moro.
Con la fine di LC:
“esposte a tentazioni diverse, altrettanto pericolose - la droga e le armi -, il movimento del Rock e delle P38, delle radio libere e dei passamontagna crescerà con forme e spirito altri e a volte ostili a quelli originari di LC.” <164
La parte di Lotta Continua che non aderisce a Prima Linea si trova priva di un riferimento istituzionale; alcuni indirizzano la propria attenzione ai partiti esistenti e rimangono in politica: Marco Boato <165 entra nel Partito Radicale e successivamente militerà tra i Verdi; Luigi Manconi <166 aderirà prima ai Verdi e poi ai DS; altri sosterranno Bettino Craxi ed il Partito Socialista Italiano <167.
Tra i giornalisti che hanno preso parte alla redazione del quotidiano “Lotta Continua”, molti rimangono nell’informazione, facendosi strada sia nella carta stampata sia nelle emittenti pubbliche e private, è il caso di: Gad Lerner <168, Paolo Liguori, Giampiero Mughini, Toni Capuozzo e lo stesso Adriano Sofri <169.
Diversamente da altri personaggi come Adriano Sofri, Langer sente su di sé l’impegno a non abbandonare la causa e la testata.
“E mentre alcuni dirigenti di Lotta Continua di primo piano (a partire da Adriano Sofri) si ritirano totalmente, mi sembra di dover contribuire insieme ad altri compagni (tra i quali Paolo Brogi, Franco Travaglini, Enrico Deaglio, Clemente Manenti) all’“atterraggio morbido”, proprio per evitare una rovinosa e inconsulta ritirata o un’altrettanto rovinosa e inconsulta radicalizzazione dei militanti la cui fiducia, che avverto, mi responsabilizza notevolmente. È un lavoro da epigono, e varie volte tento di sottrarmene, ma ogni volta una nuova emergenza mi chiama.” <170
Nuove questioni chiamano in causa Alexander: il movimento del ’77, il rapimento e l’uccisione di Moro; i referendum radicali <171, etc. E’ un periodo molto difficile per Alex, dopo aver fortemente creduto nella ventata di novità che LC avrebbe portato nella vita degli italiani, si trova ora a fare i conti con la sconfitta e con la fine di una prospettiva collettiva in cui aveva tanto investito. Alla crisi personale si affiancano un generale allontanamento dei giovani dalla politica ed una diminuzione verticale della militanza; in questo frangente Langer condanna aspramente la dirigenza di LC che accusa di essere venuta meno alle promesse fatte, a suo tempo, ai compagni di cammino.
[NOTE]
139 Il titolo del paragrafo è tratto da: A. Langer, Minima Personalia: Lotta continua, cit., p. 45.
140 “Lotta Continua cominciò a strutturarsi in gruppo politico, per il momento non formalizzato. Si definivano scherzosamente ‘nucleo d’acciaio’: mangiavano insieme, vivevano insieme, andavano in vacanza insieme” Intervista a Massimo Necarville, in A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., p. 115.
141 Intervista a Guido Viale, in Ibidem, p. 116.
142 Ibidem, p. 209.
143 Ibidem.
144 Intervista a Giovanni de Luna, in ibidem, p. 217.
145 Ibidem.
146 G. Mughini, Gli anni della peggio gioventù, cit. p. 87.
147 G. Fofi, Chiarezza e dedizione, cit., p. 2.
148 A. Sofri, La commemorazione al Parlamento Europeo, in “Una città”, nr. 43, 11 luglio 1995, p.1.
149 Intervista registrata ad Adriano Sofri, CD-ROM: Alexander Langer, cit.
150 A. Langer, Dialogo con Adriano Sofri, in “Fine Secolo”, 4 maggio 1985, pubblicato in Id., Il viaggiatore leggero, cit., p.133.
151 G. Grimaldi, Alexander Langer: speranze e proposte per un’Europa Federale, cit., p. 3; Id., Alexander Langer (1946-1995), cit., p. 1.
152 G. Crainz, Storia del miracolo economico, cit., pp. 201-250; P. Viola, Il novecento, cit., pp. 363-377; D.M. Smith, Storia d’Italia, cit., 609-625; P Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., pp. 511-520; G. Galli, I partiti politici in Italia 1943-1994, Torino, Utet, 1994, pp. 434-443.
153 A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., p. 272.
154 Ibidem.
155 A. Langer, Un nuovo giornale: da “Lotta continua” a Craxi, in Lettere dall’Italia, marzo 1985, cit., pp. 19-22. 156 A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., p.281. Nel 2010 il giornale “Lotta Continua” riaprirà i battenti; a distanza di 30 anni della pubblicazione mensile è costituita di soli volontari che si autotassano per pubblicare la testata. (S. Caprioglio, Il ritorno di Lotta Continua. Arriva il mensile a sottoscrizione libera, in “Lettera 43”, 27 marzo 2012.)
157 G. Mughini, Gli anni della peggio gioventù, cit., pp. 68-71.
158 Potere Operaio gruppo della sinistra extraparlamentare attivo fra il 1969 e il 1973. Nasce dalla redazione della "La Classe" con lo scopo di creare un’organizzazione indipendente dai partiti di sinistra. E’ il settembre 1969 quando il Movimento Operai-Studenti di Torino si divide ed in esso confluisce il Potere Operaio di Porto Marghera, dando origine al nuovo movimento. Viene pubblicato per diversi anni un mensile, omonimo al movimento, parallelamente alla pubblicazione di un foglio settimanale (“Potere Operaio del Lunedì”). Potere operaio è stato il gruppo della sinistra extraparlamentare più rappresentativo della classe operaia riuscendo a coinvolgere l’operaio “massa” vittima dell’alienazione derivata lunghe ore di attività alla catena di montaggio. La “violenza d’avanguardia”, come viene definita ai tempi, ha lo scopo di innescare l’insurrezione spontanea dei lavoratori ed innescare un processo rivoluzionario. A partire dal 1971 Potere Operaio dispone di una struttura armata segreta definita “ Lavoro Illegale” coordinata da Valeri Morucci. (P. Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse. Gli episodi e le azioni della più nota organizzazione armata, dall'autunno del 1970 alla primavera del 2012, Newton & Compton Editori, Roma, 2012, pp.25-145 ; A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., pp. 4-16, 184-209; G. Mughini, Gli anni della peggio gioventù, cit., pp. 17-34, 87-133; P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, cit., pp. 511-520.)
159 I membri sono per lo più operai e studenti, al capo dei quali troviamo personaggi quali Sergio Segio. Il nome di questo movimento violento deriva dai militanti di LC che si schieravano in prima linea, nel corso delle manifestazioni, per effettuare il servizio d’ordine. Alcuni dei membri di LC, di Potere Operaio e di Azione Rivoluzionaria superarono la soglia della legalità, abbandonando le vecchie formazioni per imboccare la strada del terrorismo di sinistra. (P. Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse. cit., pp. 7-62; A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit, pp. 184-209; G. Mughini, Gli anni della peggio gioventù, cit., 17-133.)
160 G. Mughini, Gli anni della peggio gioventù, cit., p.29.
161 A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., pp. 90-91; P. Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse, cit., pp. 7-62.
162 “Milano, mercoledì 17 maggio 1972… esattamente alle 9:15, alla centrale operativa di via Fatebenefratelli, sede della questura, arriva la comunicazione di un equipaggio della squadre mobile: ‘C’è un uomo ferito da colpi di pistola in via Cherubini… si tratta de commissario Luigi Calabresi, ferito da colpi di pistola, sta sanguinando dal capo… fate presto non si può perdere un attimo’.” (P. Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse. cit., p. 74) Luigi Calabresi morirà alle 9:47. Alcuni testimoni ricordano di aver visto una donna ed un uomo dai capelli biondo-castani, scendere da una FIAT 125 blu, targata MI16802. L’uomo, alto circa 1,80 cm, crivella di colpi il corpo del commissario e fugge con la donna. A distanza di anni, nel 2009, il figlio di Luigi Calabresi racconterà la terribile vicenda dal suo punto. (cfr. Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là: storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, Milano, Mondadori, 2009.)
163 G. Farinelli, E. Paccagnini, G. Santambrogio, A. I. Villa, Storia del giornalismo italiano. Dalle origini ai giorni nostri, Utet, Torino, 1997, pp. 377-381.
164 A. Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, cit., p. 274.
165 Marco Boato, grande amico di Alexander Langer, ricordandolo: “Langer e io avevamo due anni di differenza, io ero del '44 e lui del '46 e, ancora prima di conoscerci, io sono di origine veneziana, lui era sudtirolese, ci siano incrociati in Trentino-Alto Adige, dove io mi sono trasferito dal '63. Ho scoperto poi, conoscendolo, che abbiamo avuto un percorso abbastanza parallelo: tutti e due di formazione cristiana e cattolica, con una forte, però, componente laica nella nostra formazione, e abbiamo poi percorso gli anni dell'impegno universitario, prima del '68, nella Fuci, che era la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani, nel movimento studentesco, io a Trento, lui a Firenze, […] nel mondo del cosiddetto dissenso cattolico, nel mondo del dopo-Concilio ecumenico Vaticano II. […] Anche nella fase successiva al '68, quando dopo il '68-'69 si è formata la cosiddetta sinistra extraparlamentare, sia Alexander Langer che io abbiamo fatto parte per quasi 10 anni del movimento di Lotta Continua[…]. Anche dal punto di vista dell'impegno “professionale”, entrambi a un certo punto siamo diventati giornalisti [..]. Entrambi ci siamo anche dedicati all'insegnamento […] e poi all'Università di Padova, essendomi io laureato a Trento in Sociologia e essendosi lui laureato a Firenze in Giurisprudenza, […] e poi lui ha preso anche una seconda laurea in Sociologia all'Università di Trento. Paradossalmente anche io […], mi ero iscritto a Giurisprudenza a Milano ma poi non ho più completato il secondo curriculum di studi. Ho voluto dire questo inizialmente perché le nostre vite a un certo punto si sono incrociate, fra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, e da lì fino alla sua morte, volontaria come lei sa, il 3 luglio del 1995, abbiamo fatto un percorso assolutamente parallelo […] la nascita del Movimento Verde, preceduto da una breve ma importante esperienza che è stata la formazione, che abbiamo costruito insieme noi due e i Radicali, in Trentino- Alto Adige, di un movimento politico che nel '78 si denominò Nuova Sinistra in Trentino e Nuova Sinistra/Neue Linke in Sudtirolo[…] Si è anche originata in parte l'esperienza dei Verdi […]. Per me è stata, non so se posso dire l'amicizia più importante della mia vita perché ce ne sono state anche altre, nel movimento studentesco con Mauro Rostagno, in Lotta Continua ed in tutta la fase successiva con Adriano Sofri che era, al tempo stesso, un grandissimo amico di Alexander Langer, ma è stato un sodalizio umano ancora prima che politico, culturale e, per alcuni aspetti anche religioso, che ha segnato profondamente la mia vita e che, in qualche modo, continua spiritualmente anche dopo la sua morte. Adesso, mentre noi parliamo, sono 13 anni e mezzo dalla sua morte e il segno che Alexander Langer ha lasciato nella mia vita[…] è stato un segno profondo tanto che, per dirla con una certa franchezza, a distanza di tanti anni, io non posso dire ancora di aver elaborato il lutto della sua morte.[…] io non gli ho ancora “perdonato” la scelta che ha fatto il 3 luglio del '95 […] E’ una scelta che mi ha provocato […] un trauma profondo, un'emozione profonda, una commozione profonda, non momentanea, perché a distanza di 13 anni e mezzo, è come se io ogni giorno parlassi ancora con lui.[…] Questa forse è stata l'emozione più dura e più forte che nella mia vita. Alex Langer aveva una fortissima interiorità, oltre che avere una cultura straordinariamente ricca, straordinariamente plurale, straordinariamente molteplice, cioè non era un uomo con i paraocchi, da nessun punto di vista, neanche per quanto riguarda l'impegno prevalente della fase finale della sua vita, cioè l'impegno ecologista, l'impegno, più che pacifista, direi di costruttore di pace. […] Io poi dico sempre che bisogna tener conto che Langer era un uomo in carne ed ossa, quando è morto aveva 49 anni, […] e in 49 anni è incredibile la quantità di esperienze che ha fatto, la quantità di elaborazioni culturali non solo che ha fatto lui, ma a cui si è rapportato rispetto ad altri, la quantità sterminata, questa davvero sterminata, di incontri che ha avuto nella sua vita, […] aveva il carisma del dialogo, nel senso persino filosofico della parola. […] In che cosa Langer credeva, con molta semplicità mi viene da dire che credeva nell'uomo e credeva in un rapporto, cioè nella possibilità di un rapporto equilibrato dell'uomo con gli altri uomini, è [… ] e nella possibilità di un rapporto equilibrato dell'uomo con la natura.” V. Riccardi, intervista a Marco Boato, cit., p. 2.
166 Luigi Manconi nel 1997, a due anni dalla morte dell’amico, ricorda: “Portatori di speranza collettiva: una parola che ci aveva insegnato Alex Langer. Ma che, soprattutto, Alex aveva incarnato ed esemplificato quotidianamente nella sua vita, e non solo in quella politica: perché per lui, coerente e generoso all'estremo, non esisteva, non poteva esistere scissione tra sfera personale e sfera politica. […] Non si cambia la politica se ognuno non cambia se stesso: questo ci diceva Langer, così caparbiamente e splendidamente fuori moda rispetto a quanto quella formula fu elaborata e venne usurata e dissipata. […] Langer liberava quel messaggio da ogni velleità catartica e da ogni ingenuità redentrice, per tradurlo, piuttosto, in un impegno rigoroso e severo di auto informazione e di consapevolezza dei propri limiti e delle proprie responsabilità. […]Alex, "viaggiatore leggero", apolide per scelta, transfuga da ogni cultura chiusa, si è concesso infine una sosta e ha posato lo zaino. Ma, incorreggibilmente generoso, ci ha lasciato l'ennesimo regalo: "Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto". […]Raccogliere il testimone e perseguire gli infiniti traguardi, è l'unica cosa che ci può rendere capaci di obbedire all'ultimo invito di Alex: "Non siate tristi".” L. Manconi, Alex Langer il giusto, in “Il Manifesto”, 3 luglio 1997, cit., p. 1.
167 A. Langer, Viva l’Italia!, in “Kommune”, gennaio-febbraio 1986, poi in Id., Lettere dall’Italia, cit., pp. 23-26; Id., Craxi e il patto della staffetta, in “Kommune”, marzo 1987, poi in ibidem, pp. 40-42; Id., I crociati antidroga, in “Kommune”, gennaio 1989, poi in ibidem, pp. 75-77; Id., Un nuovo giornale: da “Lotta continua” a Craxi, cit., pp. 19-22.
168 In uno splendido articolo pubblicato da “Repubblica” nel 2005, a dieci anni dalla morte dell’amico, Gad Lerner dedica parole commosse alla memoria di Alex, che egli chiama “fratello maggiore”: “Anche quando ero povero in canna, le rare volte che li avevo in tasca ho sempre amato sperperare quattrini in buoni ristoranti e, più di rado, in buoni alberghi. Alex invece riteneva doveroso condurre vita spartana. Ricordo la volta in cui, per assenza d'alternativa, dovette ospitarmi a casa di sua madre. Cominciò per tempo a chiedere scusa - «scusami, scusami, scusami» - , mortificato, e io non capivo il perché. Finché arrivammo a una bella villa nel quartiere borghese di Bolzano: si vergognava di approfittare per una volta di quel benessere familiare. […]Trent'anni fa avevo incontrato quel volto da coniglio trafelato nella sede nazionale di Lotta continua, in via Dandolo a Roma.[…] Me ne restavo timido e trattenuto al cospetto di dirigenti ancora giovani, ma che percepivo molto più vissuti di me. Alex era fra i più autorevoli, eppure veniva a cercarmi e per primo mi invitava a fare i conti con la molteplicità delle mie appartenenze. Gliene sarò grato per tutta la vita.” G. Lerner, Alex Langer dieci anni dopo. Perché gli sarò grato per tutta la vita, in “La Repubblica”, 13 ottobre 2005.
169 Adriano Sofri ha scritto e pubblicato diversi articoli dedicati all’amico scomparso ed ha curato, con Edi Rabini, la raccolta “Il Viaggiatore Leggero”, cit.. Molte sono state le parole di affetto dedicate al Mauerspringer, al saltatore di muri, come Sofri definisce Alex, questo “leader nel suo modo così poco autoritario e invece affettuoso, fiducioso, femminile quasi”. In particolare, nel discorso commemorativo tenuto al Parlamento Europeo, nel luglio del 1995, egli riesce a ricostruire con sensibilità e delicato rispetto i venticinque anni di vita condivisi con l’amico: “Se mi chiedo che cosa abbia reso Alex così precocemente e profondamente sensibile alla difesa della natura cui apparteniamo, penso soprattutto a due spiegazioni. La prima viene dal paesaggio stesso della sua terra di origine […]Quel paesaggio tirolese, che può diventare geloso e chiuso, è stato portato nei viaggi di Alexander come uno spirito di aria pura e di cielo aperto. La seconda spiegazione sta nella religiosità di Alex, nella sua compassione col mondo, forte com'è solo in certi poeti o in certi santi. Più esattamente, nel modo bruciante in cui Alexander ha provato il desiderio cruciale di ogni vera religiosità: il desiderio della conversione, della metanoia, del cambiamento di vita.[…] Alex era attirato dal raccoglimento monastico, e i suoi itinerari privati ne seguivano spesso i luoghi […] Il suicidio di Alex è suo[…]Alla domanda evangelica: "Chi è il mio prossimo?", Alex aveva cercato di dare la risposta più larga, desiderando un amore che non fosse divisibile, che non diminuisse per il fatto di essere donato, salvo esserne forse lui stesso consumato, e sentirsi soccombere sotto il peso, lui che ci sembrava andare e venire col passo della leggerezza. […]Non dobbiamo neanche allungare l'ombra della morte di Alex all'indietro, e compiangere una sua doppia vita. Quella leggerezza che gli abbiamo conosciuto era vera: né la leggerezza viene senza fatica. Il modo fervido, entusiasta, infinitamente curioso e premuroso con cui Alex andava incontro alle persone e alle cose era il suo, per quanta fatica gli costasse. Erano sue, le striscioline di carta passate durante le riunioni o i ritrovi, ironiche o acute o sarcastiche. Alexander aveva sentimenti e qualità di scrittura forti, e ne ha lasciato qualche saggio: ma, come per le altre cose, non aveva tempo. Scriveva dovunque, in treno soprattutto, rubando il tempo al sonno, e sempre in ritardo, in fretta e furia, e con una destinazione urgente. […] Alex era, e molti di voi devono saperlo per esperienza, uno scrittore di cartoline. Scrivere cartoline è un genere letterario anticonformista, e Alex compensava la sbrigatività del messaggio con la cura messa nelle parole, nell'immagine scelta, perfino, quando era possibile, nell'adattarle i francobolli: e il tempo lento delle poste perfezionava la cosa. Ricorderò ancora che, da ragazzo, Alex aveva studiato e imparato per proprio conto la stenografia: premura in cui si riconoscerà anche la passione di Alex per le cose che si traducono in altre cose. […]In tutto questo lungo viaggio Alexander non ha mai cessato di pensare pensieri più grandi che non quelli di un luogo e di un momento immediati, di sognare sogni più grandi che non i muriccioli di questioni organizzative e di divieti burocratici che pretendevano di recintarli. […]Se avessi di fronte a me un uditorio di ragazze e ragazzi, non esiterei a mostrar loro com'è stata bella, com'è stata invidiabilmente ricca di viaggi e di incontri e di conoscenze e imprese, di lingue parlate e ascoltate, di amore, la vita di Alexander. Che stampino pure il suo viso serio e gentile sulle loro magliette. Che vadano incontro agli altri col suo passo leggero, e voglia il cielo che non perdano la speranza.” A. Sofri: Commemorazione al Parlamento Europeo, cit., p. 2-5; Alexander Langer raccontato da Adriano Sofri, CD-ROM: Alexander Langer, cit.; A. Sofri, Se la patria è il mondo intero, cit., pp. 1-4.; A. Sofri, Alexander Langer e don Milani, il Vangelo in percentuale, cit., p. 1; A. Sofri: il ponte di Mostar, cit., pp. 1-2.
170 A. Langer, Minima Personalia, cit., p. 45.
171 AL XVII congresso dei Radicali , nel 1976, il partito guidato da Marco Pannella, Emma Bonino, Adele Faccio e Mauro Mellini, promuove otto quesiti referendari per l'abrogazione del Concordato, della legge Reale, del codice Rocco (pene per reati sindacali e d'opinione), della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, del codice penale militare e della legge sui manicomi. La Corte Costituzionale, riunitasi l'8 ed il 9 ottobre del 1977 stabilisce che quattro provvedimenti su otto sono incostituzionali. Il Parlamento interviene: abolendo la legge manicomiale del 1904 ed approvando la legge 180 (legge Basaglia), che prevede la chiusura dei manicomi, senza istituire un'alternativa agli istituti. Il Parlamento ignora anche la richiesta del popolo italiano di avere un organo imparziale che giudichi i parlamentari inquisiti, al posto della presente commissione costituita da parlamentari stessi. L'11 giugno del 1978 gli italiani vanno a votare per i due soli quesiti sopravvissuti alla revisione della Corte Costituzionale e del Parlamento. I partiti si schierano come segue. Per il finanziamento pubblico ai partiti, parteggiano per il "sì": Partito Radicale, Democrazia Proletaria, Partito Socialista Italiano; si schierano per il "no": DC, PCI, Partito Repubblicano Italiano, Partito Socialista Democratico, Partito Liberale Italiano. Per l'abrogazione della legge "Reale", si schierano a favore: Partito Radicale, MSI, PLI, Democrazia Proletaria, sono contro l'abrogazione: DC,PCI,PSI, Partito Repubblicano Italiano, Partito Socialista Democratico Italiano. Entrambi i punti vedranno la vittoria del "no". (P. Viola, Il novecento, cit., pp. 377-383; S. Romano e B. Romano, La chiesa contro. Dalla sessualità all’eutanasia tutti i no all’Europa moderna, Longanesi & C., Milano, 2012, pp. 67-82; P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., pp. 521-531.)
Cristina Pongiluppi, Il giornalismo militante di Alexander Langer, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2012/2013