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giovedì 2 giugno 2022

Agli ebrei si poteva concedere soltanto un soggiorno temporaneo, mentre i comunisti sarebbero stati da respingere alle frontiere se non evidentemente minacciati


Che in Svizzera non tutti i comunisti fossero visti a priori come dei nemici pubblici lo dimostra il caso di Karl Hofmaier, meglio conosciuto come Emilio Hofmaier, membro del Partito Comunista Svizzero. Egli aveva partecipato alla sua fondazione nel 1921 e aveva fatto parte del comitato centrale fino al 1924. Nominato istruttore per le questioni organizzative, fu inviato dal Komintern prima in Belgio e poi in Italia dove fu arrestato nel 1927 e condannato a quindici anni di prigione.
Nella richiesta avanzata dal Consiglio di Stato del Cantone di Basilea al Consiglio federale del 20 marzo 1929 si chiedeva alle autorità federali di adoperarsi per la liberazione del cittadino basilese Karl Hofmaier che da un anno e mezzo era prigioniero in Italia: "All’inizio di questo mese, egli è stato accusato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato a Roma, d’aver partecipato alla ricostruzione dell’illecito Partito Comunista. Hofmaier è stato poi condannato a 15 anni e 9 mesi di reclusione. A seguito di questa condanna, Marino Bodenmann - deputato al Gran Consiglio - si è espresso, nel corso della riunione del Gran Consiglio del 14 di questo mese, chiedendo al Consiglio di Stato, se sia il caso di intervenire presso il Consiglio federale, affinché questi possa chiedere l’immediata amnistia per Hofmaier al governo italiano. Determinante per questa richiesta è principalmente il fatto che il condannato è un cittadino di Basilea. Ci sembra ovvio che le autorità di Basilea si adoperino per i loro concittadini. Inoltre, il destino che ha colpito Hofmaier ci colpisce molto e risveglia la nostra partecipazione, se pensiamo che il 28enne debba scontare circa 16 anni dietro le sbarre di una prigione. La pena a lui imposta oltrepassa di molto la solita norma di punizione per tali reati. Questa condanna non contraddice soltanto il senso di umanità, ma anche il senso della giustizia. Non solo gli ambienti politici, ai quali Hofmaier appartiene, ma anche larghi strati della borghesia si scontrano con la durezza di questa sentenza". <118
Karl Hofmaier fu rilasciato nel 1934 in occasione di un’amnistia parziale.
Il decreto del Consiglio federale emanato il 26 marzo 1930 proibiva la partecipazione degli stranieri a manifestazioni comuniste. Alcune abitazioni di fuorusciti comunisti italiani diventarono basi del PC d’I, dove arrivavano i “corrieri” per smistare il materiale di propaganda antifascista, come volantini e giornali in lingua italiana scritti e stampati in Francia.
In una circolare del Comitato centrale del 25 gennaio 1931 si richiedeva esplicitamente alle sezioni del PCd’I di redigere un elenco dettagliato dei membri, in modo da poter fissare le quote di adesione. Si distingueva tra soci e stretti simpatizzanti. Se ne occupò Alfredo Bianco, segretario del comitato centrale esecutivo, il quale rilevò due mesi dopo che c’erano circa 60 membri in Francia, in Belgio e negli Stati Uniti, ma che era impossibile stabilire un numero esatto per la Germania, per la Svizzera, per la Russia e per l’Italia. Ciò nonostante le direttive che, per assegnare gli incarichi ai diversi gruppi appartenenti all’opposizione di sinistra, era assolutamente necessario contare gli iscritti. <119
Sul piano organizzativo nessun partito, movimento o schieramento poté lontanamente misurarsi col PCd’I che, grazie al costante sostegno fornito dall’URSS, poteva contare nella lotta antifascista sia su una struttura segreta sia su una pubblica. Un regolare ricambio di membri atto a supplire alle perdite subite, una ferrea disciplina imposta dai quadri dirigenti e una base quanto mai ricettiva, tale da favorire il proseguimento di obiettivi a lunga scadenza, faceva dei comunisti il pericolo numero uno per i regimi fascisti.
Dopo l’avvento di Hitler al potere, moltissimi esuli politici si rifugiarono in Svizzera. Il Consiglio federale decretò il 7 aprile 1933 che tutti i rifugiati politici si sarebbero dovuti astenere da qualsiasi attività politica <120 (art. 2, par. 2). Dato che soprattutto i comunisti erano indesiderati, si doveva, stando a un’istruzione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), accogliere solamente “alti funzionari statali, dirigenti di partiti di sinistra e scrittori noti”. <121 La Procura Federale elvetica orientò le responsabili Direzioni della giustizia e della polizia dei cantoni sull’applicazione del Decreto federale del 7 aprile 1933 concernente il trattamento dei profughi politici nei primi sei mesi, incitandole a prestare particolare attenzione ai comunisti che chiedevano un permesso di soggiorno, poiché erano obbligati ad associarsi al partito del paese ospitante. Heinrich Rothmund, capo del Dipartimento politico e della polizia federale dell’immigrazione, precisò le decisioni emesse dalle autorità: “Agli ebrei si poteva concedere soltanto un soggiorno temporaneo, mentre i comunisti sarebbero stati da respingere alle frontiere se non evidentemente minacciati.” <122
Comunque sia, sembra che la Procura Federale elvetica non sia mai arrivata al punto di negare a priori il diritto d’asilo a tutti i comunisti. Questi ricevevano spesso un permesso a scadenza impostata, oppure un soggiorno di breve durata che però poteva essere prolungato in caso di buona condotta. La Procura federale elvetica, secondo un rapporto del 28 ottobre 1933, non ha mai messo al confine un richiedente d’asilo senza avergli dato la possibilità di cercare asilo in un altro Stato. <123
Il numero di espulsioni imposto a causa di attività illecite di comunisti, ai sensi dell’articolo 70 della Costituzione, aumentò fino al 1936, diminuendo poi fino al 1939, per le misure di difesa adottate dalle autorità. Questo è quello che mostra le statistiche di queste espulsioni: <124
1931: 1 1934: 9 1937: 5
1932: 4 1935: 15 1938: 6
1933: 4 1936: 27 1939: 4
Il “Soccorso Rosso”, fondato a Mosca nel 1922 per svolgere il compito di “Croce Rossa internazionale politica”, cioè di fornire aiuto ai comunisti e alle loro famiglie <125, svolse in Svizzera un ruolo molto importante in materia di immigrazione dei comunisti stranieri e si prese cura di coinvolgere l’attività del partito. <126 In una lettera del direttore del “Soccorso Rosso Svizzero” del 1936, pubblicata sulla Mozione Boerlin, a pagina 219 si legge: "In Svizzera, la sezione il “Soccorso Rosso” ha fatto una buona campagna per Heinz Neumann (un militante comunista scappato dalla Germania). Ha creato comitati intellettuali a Zurigo, a Basilea e a Ginevra e esercita una attività politica tra gli emigranti. L’assistenza materiale ci da soddisfazione come anche le misure adottate per accogliere gli immigrati".
La Mozione informa in modo dettagliato sulle attività di comunisti stranieri in Svizzera, ma, mentre si apprende molto sui comunisti tedeschi, non si menzionano i compagni italiani. Mentre nel Canton Ticino, l’organo dei comunisti ticinesi era il giornale “Falce e Martello” in Svizzera tedesca, ovvero a Zurigo, l’agenzia di stampa comunista era la “Rundschau-Nachrichten-Agentur” (Runa) che si orientava fortemente all’“Imprekorr” (International Pressekonferenz) di Mosca riproducendo praticamente parola per parola le notizie di quest’ultima. <127
In Svizzera, il legame tra comunisti e socialisti fu sempre abbastanza forte come mostra la concentrazione antifascista detta “Lega della libertà” che riuniva i membri dei due partiti. Il Partito Comunista Svizzero fu proibito per primo nel 1937 nel Cantone di Ginevra. Il Partito Socialista di Ginevra, capeggiato da Léon Nicole accolse i membri del PCS nella sua sezione del PS. Il 27 maggio 1938, fu abrogata una prima disposizione, sostituendola con due leggermente più ampie: Gli articoli 1 e 2 del decreto sulle misure contro la propaganda sovversiva. <128
Dopo lo scoppio della guerra, la propaganda comunista si intensificò a tal punto che raggiunse anche l’esercito. Il Consiglio federale decise allora di vietare con l’ordinanza del 4 dicembre 1939 la propaganda contro l’ordine pubblico nell’esercito. <129 Per paura di destabilizzazione interna e per soddisfare i desideri espressi in Parlamento, il Consiglio federale il 26 novembre del 1940 mise al bando il Partito Comunista Svizzero [...] quando "una parte della borghesia svizzera - spiega Crivelli (dal 1994 membro del consiglio direttivo) […] scelse un po’ per opportunismo un po' per paura una linea di accondiscendenza verso i regimi totalitari di Italia e Germania”, lasciando vivere all’interno della Confederazione Elvetica i gruppi nazisti e opprimendo i “rossi”: nel 1940, il partito comunista nato nel 1925 fu dichiarato fuorilegge e l’unico deputato, eletto a Berna, cacciato dal Parlamento". <130
“Libera Stampa” ne scrisse nella sua edizione del 28 novembre: "Il Consiglio federale visto l’articolo 102 paragrafo 9-10 della costituzione e l’articolo 3 del decreto federale 30 agosto 1939 sulle misure atte a garantire la sicurezza del paese e il mantenimento della neutralità, ha adottato un decreto concernente lo scioglimento del Partito comunista svizzero. L’articolo n. 1 dichiara che tutti gli organismi comunisti esistenti in Isvizzera sono sciolti, ogni loro attività è proibita ed il divieto concerne anche i gruppi che sostituirebbero eventualmente gli organismi sciolti. I comunisti non possono fare parte di una autorità federale, cantonale o comunale. L’art. 2 concerne le disposizioni del decreto federale del 6 agosto 1940 riguardante i provvedimenti contro l’attività comunista o anarchica. Le infrazioni dell’art. 1 del presento decreto saranno puniti conformemente all’art.2 del decreto summenzionato. L’art. 3 dice che il presente decreto entra in vigore a partire dal 27 novembre 1940". <131
Con la messa al bando del PCS, i comunisti italiani dovettero stare molto attenti a non esporsi troppo per non rischiare di essere espulsi: "Non era tuttavia necessario che essi sapessero il mio vero nome. Tu comprendi che date le condizioni di illegalità rispetto alle Autorità Svizzere a cui siamo costretti, meno persone sanno i nomi veri (anche se si tratta di amici) meglio è". <132
Quando nel 1940 il Partito Comunista Svizzero venne dichiarato illegale, il Partito Socialista Svizzero accettò l’adesione collettiva dei comunisti. <133
Fino al 1943 i socialisti non facevano ancora parte del governo federale. Erano ancora esponenti dell’opposizione, ma alle elezioni federali del 1943 ci fu, visto il forte aumento dei socialisti, una svolta. La maggioranza dell’Assemblea federale fu favorevole ad una revisione della suddivisione dei seggi del Consiglio federale svizzero e ciò a vantaggio della sinistra. Nel dicembre fu eletto il primo Consigliere federale il socialista Ernst Nobs.
[NOTE]
118 Archivio federale svizzero documento n. E 2001 (C) 3/86
119 Bourrinet, op. cit.
120 Rapporto ufficiale (RU) 49 180, Decreto del Consiglio federale concernente il trattamento dei profughi politici (CS 1 137)
121 Rapporto finale della Commissione Indipendente d'Esperti Svizzera - Seconda Guerra Mondiale (CIE), http://www. uek.ch/it/schlussbericht/synthese/ueki.pdf, p. 105
122 Prof. Dr. Carl Ludwig, Bericht an den Bundesrat zuhanden der eidgenössischen Räte, Die Flüchtlingspolitik der Schweiz seit 1933 bis zur Gegenwart, Die Handhabung des Bundesratsbeschlusses vom 7. April 1933 über die Behandlung der politischen Flüchtlinge in der Vorkriegszeit, 7.03.1957, p. 65
123 Ivi, p.72
124 Mozione Boerlin, terza parte, 21 maggio 1946, p. 216
125 www.kurtschilde.de/Texte/Rote_Hilfe.PDF#search=%22%22Internationale%20Rote%20Hilfe%22%22
126 Mozione Boerlin, terza parte, op. cit., p. 216
127 Ivi, p. 203
128 Ivi, p. 212
129 Ivi, p. 205
130 Corriere della Sera, Archivio, Svizzera, il partito comunista torna dopo 70 anni di esilio
131 Libera Stampa, 28.11.1940, p.1
132 Scambio di lettere tra compagni, Istituto Gramsci Direzione Nord, 26-8-1: Svizzera 1943, 26 Libera Stampa, 28.11.1940, p.1
133 Furrer, Messmer, Weder, Ziegler, op. cit., p. 73
Dott. Mag. Raffaele Coda, L’emigrazione antifascista italiana in Svizzera (1922-1945), uniroma.academia.edu, 2014