Tra i circa 50 campi di internamento istituiti dal regime durante il Secondo conflitto bellico <1, 6 ospitarono esclusivamente donne <2. I luoghi di detenzione femminili erano ubicati a Petriolo, Pollenza e Treia, in provincia di Macerata <3, Casacalenda e Vinchiaturo <4 in provincia di Campobasso, Solofra in provincia di Avellino <5. Oltre a questi, va menzionato il campo di Lanciano in provincia di Chieti, che però fu utilizzato per la reclusione femminile soltanto fino al febbraio del 1942, allorché le circa sessanta internate presenti vennero trasferite al campo di Pollenza e la struttura fu impiegata per accogliere internati di sesso maschile <6.
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Cittadine straniere tra libertà dei costumi e “dubbia moralità” <8
A subire il procedimento di internamento furono soprattutto le suddite nemiche, cioè le donne straniere appartenenti a stati contro cui l’Italia era in guerra. Misure di internamento contro i cittadini di nazioni avversarie furono adottate da tutti i paesi che parteciparono al conlitto, con lo scopo di impedire che gli uomini in età di leva si arruolassero negli eserciti rivali, per evitare che si stabilissero rapporti tra i loro oppositori politici e gli stranieri e, soprattutto, per combattere lo spionaggio.
Analizzando più da vicino le donne appartenenti a questo gruppo, emerge che la maggior parte era di cittadinanza inglese e francese. La loro età variava dai 30 ai 50 anni; molte erano nubili e dalle professioni dichiarate si può dedurre che si trattasse per lo più di donne istruite. Benché non mancassero le casalinghe (in alcuni documenti alla voce “professione” si legge “nessuna”), numerose furono le insegnanti, le istitutrici, le traduttrici, le studentesse.
Per ciò che concerne le ragioni del loro internamento, la documentazione ci restituisce spesso vaghe motivazioni, quali “pericolosa all’ordine e alla sicurezza nazionale” o “appartenente a stato nemico” e non sono rare le donne per le quali “non risultano i motivi dell’internamento” <9. L’impressione che si ricava, leggendo i loro documenti, è che l’eventuale pericolosità di queste donne fosse tutt’altro che accertata e che la procedura di internamento venisse comminata spesso in maniera supericiale e indiscriminata.
Analizzando, invece, i casi di recluse con accuse meno imprecise, si possono individuare due ragioni principali a cui ricondurre lo spettro delle motivazioni che portavano il regime a prendere provvedimenti contro di loro: il generico dissenso e il sospetto di spionaggio. Appartengono al primo caso, accuse quali, ad esempio, “apprezzamenti sfavorevoli nei riguardi della Germania e del Fuhrer” <10, oppure “internata perché di sentimenti ultra anti italiani” <11.
I sospetti di spionaggio, invece, si originavano prevalentemente a causa delle persone con le quali le cittadine straniere intrattenevano rapporti. Avere conoscenze o frequentazioni nell’ambiente del Regio esercito era suficiente per portare all’internamento, non fosse altro che in via precauzionale.
Gemma Cacciola, di nazionalità inglese, subì la condanna in ragione della relazione con un uomo “il quale, a causa delle sue funzioni tecniche, si reca spesso sulle nostre unità da guerra”, mentre Yvonne Brun, cittadina francese, “fu sospettata di spionaggio per aver avvicinato, […], uficiali del R. Esercito e della Aereonautica” <12.
Un’altra ragione che faceva cadere sulle straniere il sospetto di essere delle informatrici dei paesi nemici dell’Italia riguardava il tenore di vita superiore alle loro condizioni economiche, il quale faceva supporre che avessero degli introiti derivanti da attività spionistica. Clarice Cresswell, ad esempio, nata a Londra e domiciliata a Roma, fu internata nel campo di Petriolo perché, oltre ad essere suddita di uno stato nemico, “veste con ricercatezza e spende largamente dimostrando possibilità molto superiori ai modesti suoi introiti, che prima la rendevano insofferente” <13.
Ci furono poi molte internate che subirono il procedimento penale perché coniugate con uomini sospettati di spionaggio, quasi a voler stabilire un’appartenenza della donna al proprio coniuge tale da implicare anche la correità, almeno nello stato di “contingenza bellica”. Fu così che Jolanda Ghini, nata a Siena nel 1904, “di nazionalità italiana e suddita inglese per matrimonio”, venne internata “perché sospetta in linea politica in quanto il marito era pure sospettato di fare parte del servizio di spionaggio inglese” <14.
Un dato di rilievo, anche per verificare quali comportamenti femminili il regime tendeva a reprimere e prevenire, è quello riguardante il ragguardevole numero di donne incolpate di “dubbia moralità”, accusa mossa anche a internate di altre categorie e non sono alle suddite straniere.
Per quanto riguarda queste ultime, la reclusione per “dubbia moralità” toccò, ad esempio, a Simona Cattadori, una giovane e nubile cittadina francese <15, o a Marcella Mazuy, anch’ella cittadina francese, internata “perché, sebbene divorziata, era in relazione con un uomo ammogliato” <16. O, ancora, a Eugenia Nuzillat, anche lei francese, “internata perché di dubbia condotta morale e politica” <17. Il modo di comportarsi rispetto alla gestione dei legami intimi e della sessualità influenzava, dunque, anche il giudizio sulla condotta politica di queste donne, come se la messa a fuoco della loro vita privata potesse costituire una chiave di lettura per decifrarne anche i comportamenti pubblici.
È evidente, inoltre, che ad essere puniti erano comportamenti riguardanti scelte personali che poco avevano a che vedere con la sicurezza dello Stato. Sembrerebbe, piuttosto, che le sorti del Paese in guerra passassero in secondo piano rispetto alla volontà di operare una vera e propria censura dei comportamenti femminili non aderenti a quelli stabiliti dal fascismo o, almeno, che questi ultimi influissero in modo determinante sulla scelta di sottoporre o meno a procedimento penale una determinata donna.
[NOTE]
1 I campi cui si fa riferimento solo sono quelli gestiti del Ministero dell’Interno e non quelli controllati direttamente dal Regio Esercito. Per un approfondimento su tale distinzione si veda Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista, Torino, Einaudi, 2006, pp. 56-79.
2 La presente trattazione si occuperà solo delle strutture di internamento esclusivamente femminili, oltre che ad alcuni casi di donne sottoposte ad internamento libero. Esistevano, tuttavia, anche dei campi misti, in cui uomini e donne, a volte membri della stessa famiglia, venivano internati insieme. Per un approfondimento si rimanda a C. S. Capogreco, I campi del duce, cit., pp. 179-247.
3 Altri campi, esclusivamente maschili, presenti nelle Marche erano il campo di Urbisaglia in provincia di Macerata e i campi di Fabriano e Sassoferrato in provincia di Ancona. Per un approfondimento sui campi maceratesi e marchigiani si vedano C. S. Capogreco, I campi del duce, cit., pp. 186-194; Idem, L’internamento degli ebrei italiani nel 1940 e il campo di Urbisaglia-Abbadia di Fiastra, in La rassegna mensile di Israel, 1, 2003, pp. 347-368; Annalisa Cegna, L’internamento civile fascista in provincia di Macerata, in Clara Ferranti (a cura di), Carissimi Primo, Anne e Elie. Studi e interventi per la Memoria della Shoah nelle università, nelle scuole e nei musei d’Italia, Macerata, Eum, 2016, pp. 249-263; Costantino Di Sante, L’internamento civile e i campi di concentramento nelle Marche, in L’8 settembre nelle Marche. Premesse e conseguenze, a cura di Paolo Giovannini, Ancona, Il lavoro editoriale, 2004, pp. 187-228; Klaus Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1943 al 1945, vol. II, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 107-110 e passim; Roberto Cruciani (a cura di), E vennero 50 anni di libertà (1943-1993). L’internamento nelle Marche, Macerata, Cooperativa Artivisive, 1993.
4 Altri campi presenti nel Molise erano Agnone, Boiano, Isernia. Per un approfondimento si vedano C. S. Capogreco, I campi del duce, cit., pp. 204-225; K. Voigt, Il rifugio precario, cit., Luigi Guastaferri (a cura di), Le leggi razziali del 1938 e i campi di concentramento nel Molise, I.r.r.e. Molise, Campobasso 2004; Francesco Paolo Tanzj (a cura di), I campi di concentramento nel Molise. San Bernardino e i confinati politici ad Agnone, Liceo Scientiico di Agnone, Agnone 2001.
5 Altri campi presenti in Campania erano Ariano Irpino e Monteforte Irpino in provincia di Avellino, nonché Campagna in provincia di Salerno. Per un approfondimento si vedano C. S. Capogreco, I campi del duce, cit., pp. 226-231; K. Voigt, Il rifugio precario, cit.; Antonietta Favati, Le internate. Il campo di internamento di Solofra, Avellino, Mephite, 2002; Aldo Renzulli, La libertà negata. L’internamento civile nell’Irpinia fascista (1927-1943), Avellino, Mephite, 2013, pp.248-319.
6 Sul campo di Lanciano, oltre ai testi già citati di Capogreco e Voight, si vedano Gagliardo Alberto, Ebrei in Abruzzo tra internamento e deportazione. La provincia di Chieti (1940-1943), Lanciano, Regione Abruzzo, 1998; Gianni Orecchioni, I sassi e le ombre. Storie di internamento e di confino nell’Italia fascista. Lanciano 1940-1943, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006; Maria Eisenstein, L’internata numero 6, a cura di Carlo Spartaco Capogreco, Milano, Mimesis, 2014.
8 Nei documenti riguardanti le internate straniere si riscontra di frequente la trascrizione di uno stesso cognome in modi diversi, pertanto non si è in grado di garantirne la correttezza.
9 Archivio di Stato di Macerata, Fondo Questura (ASM), bb. 1, 2, 4.
10 ASM, b. 1, Elenco delle internate del Campo di concentramento di Treia presenti al 25 marzo 1941.
11 ASM, b 4, Elenco delle Internate nel Campo di concentramento di Pollenza, s.d.
12 ASM, b. 1, Elenco delle internate giunte al Campo di concentramento di Treia dal 25-III al 15-VI-1941.
13 ASM, b. 2, Comunicazione del Comando Supremo S.I.M. Centro C.S. Roma alla Regia Questura di Roma, 30 giugno 1943.
14 ASM, b. 4, Elenco delle Internate nel Campo di concentramento di Pollenza, s.d.
15 ASM, b. 4, Elenco delle Internate nel Campo di concentramento di Pollenza, s.d.
16 ASM, b. 1, Elenco delle internate del Campo di concentramento di Treia presenti al 25 marzo 1941.
17 ASM, b. 4, Variazioni avvenute nel Campo di Concentramento nella 2° Quindicina di luglio.
Annalisa Cegna, Internate. Storie di donne nei campi fascisti, Academia.edu