Altro capitolo ancora è quindi quello dello sport, considerato fondamentale nell’ambito della strategia patriottica a Trieste. Il Governo italiano ritiene che la presenza di squadre afferenti, per esempio, alla Libertas o all’Edera nel campionato abbiano un alto valore propagandisco filo-italiano <208.
Di seguito leggiamo i finanziamenti elargiti mensilmente dall’UZC (Ufficio per le Zone di Confine presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) alle associazioni sportive in vista alle elezioni amministrative di Trieste, vale a dire quelle del ‘49 e quelle del ‘52. I tre riparti attengono rispettivamente agli anni ‘48, ‘51, ‘52:
Di seguito leggiamo i finanziamenti elargiti mensilmente dall’UZC (Ufficio per le Zone di Confine presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) alle associazioni sportive in vista alle elezioni amministrative di Trieste, vale a dire quelle del ‘49 e quelle del ‘52. I tre riparti attengono rispettivamente agli anni ‘48, ‘51, ‘52:
Questo quadro, che tiene conto esclusivamente dei finanziamenti elargiti in favore di associazioni sportive legate più o meno strettamente alle forze politiche giuliane, restituisce una situazione ben distinta da quella relativa alla stampa e, soprattutto, ai partiti. Gli equilibri sono invertiti. Questa volta a uscirne penalizzato è infatti lo schieramento conservatore, vale a dire la destra democratica in genere. A ricevere invece un trattamento di favore è soprattutto l’Edera, emanazione del mazzinianesimo politico sin dai primi anni del Novecento, e nello specifico organizzazione sportiva di stretto riferimento degli azionisti e dei repubblicani. Proprio questi ultimi rappresentano quella sinistra liberale che, assieme a quella socialdemocratica e al contrario della destra liberale e qualunquista <210, in ambito partitico riceve dall’UZC contributi sottodimensionati rispetto al seguito elettorale nella Zona A.
Ciò si giustifica attraverso due distinti motivi. Anzitutto, i giovani azionisti e repubblicani sono particolarmente sensibili ai richiami nazionali, e quindi una loro presenza nei campionati vale ben più di tutta la politica filo-italiana del partito di riferimento <211.
Inoltre, come ricorda l’Onorevole Renzo De’ Vidovich, l’Edera vanta due poli di attrazione giovanile: quello pugilistico, ricco di ragazzi che sanno menare abilmente le mani, e quello del baseball, che diventa ben presto un “centro di
distribuzione delle mazze, che vengono prestate per difendersi dalle aggressioni titoiste” <212.
È anche per questo motivo che si spiega l’intercessione di Gianni Bartoli (Sindaco di Trieste) tra le associazioni Edera e Libertas da una parte e il Governo italiano dall’altra, quando i finanziamenti alle due associazioni sportive sembrano pericolosamente ridursi <213.
Alla preghiera si unisce un anno più tardi Giorgio Jaut, Segretario provinciale della DC triestina, al quale Andreotti risponde che non può riservare trattamenti di favore alla Libertas nonostante “il valore propagandistico [...] nel campionato” accampando le ragioni che la politica dei due pesi e due misure non sarebbe equa e giusta <214.
Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con quel fare dal sapore un po’ cinico che ha già contrassegnato, come abbiamo visto, la “gestione D’Arcais” della stampa italiana nella Zona A, esprime ostinazione, salvo poi concedere qualche apertura.
Dai finanziamenti dell’UZC e dei diversi Ministeri destinati ai partiti, alle associazioni e ai circoli, oltre che alla stampa e allo sport di chiaro segno patriottico quando non nazionalista, le organizzazioni filo-italiane traggono linfa, energie e risorse per implementare le loro rispettive politiche all’insegna dell’italianità, come vedremo nei prossimi capitoli.
[NOTE]
208 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana.
209 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Pratica generale”.
210 Ricordiamo che liberali e qualunquisti, insieme, ottengono suffragi di poco superiori a quelli del PRI, ma al contrario di questo ricevono circa un terzo dei contributi complessivi che l’UZC dedica ai partiti filo-italiani.
211 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana.
212 Testimonianza dell’Onorevole Renzo De’ Vidovich rilasciata all’autore il 26 novembre 2014.
213 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Edera”, Missiva Prot. n. 3211/11 dd. 27 agosto 1949. Il Sindaco di Trieste chiede ad Andreotti se vorrà “intervenire autorevolmente in favore delle due benemerite Società sportive ‘EDERA’ e ‘Libertas’”.
214 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana. Allegato che reca la nota di Andreotti che motiva a Giorgio Jaut, Segretario provinciale della DC triestina, le sue ragioni.
Ivan Buttignon, Governo Militare Alleato e organizzazioni filo-italiane nella Zona A (1945-'54). Uno scontro culturale, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2014-2015
Ciò si giustifica attraverso due distinti motivi. Anzitutto, i giovani azionisti e repubblicani sono particolarmente sensibili ai richiami nazionali, e quindi una loro presenza nei campionati vale ben più di tutta la politica filo-italiana del partito di riferimento <211.
Inoltre, come ricorda l’Onorevole Renzo De’ Vidovich, l’Edera vanta due poli di attrazione giovanile: quello pugilistico, ricco di ragazzi che sanno menare abilmente le mani, e quello del baseball, che diventa ben presto un “centro di
distribuzione delle mazze, che vengono prestate per difendersi dalle aggressioni titoiste” <212.
È anche per questo motivo che si spiega l’intercessione di Gianni Bartoli (Sindaco di Trieste) tra le associazioni Edera e Libertas da una parte e il Governo italiano dall’altra, quando i finanziamenti alle due associazioni sportive sembrano pericolosamente ridursi <213.
Alla preghiera si unisce un anno più tardi Giorgio Jaut, Segretario provinciale della DC triestina, al quale Andreotti risponde che non può riservare trattamenti di favore alla Libertas nonostante “il valore propagandistico [...] nel campionato” accampando le ragioni che la politica dei due pesi e due misure non sarebbe equa e giusta <214.
Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con quel fare dal sapore un po’ cinico che ha già contrassegnato, come abbiamo visto, la “gestione D’Arcais” della stampa italiana nella Zona A, esprime ostinazione, salvo poi concedere qualche apertura.
Dai finanziamenti dell’UZC e dei diversi Ministeri destinati ai partiti, alle associazioni e ai circoli, oltre che alla stampa e allo sport di chiaro segno patriottico quando non nazionalista, le organizzazioni filo-italiane traggono linfa, energie e risorse per implementare le loro rispettive politiche all’insegna dell’italianità, come vedremo nei prossimi capitoli.
[NOTE]
208 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana.
209 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Pratica generale”.
210 Ricordiamo che liberali e qualunquisti, insieme, ottengono suffragi di poco superiori a quelli del PRI, ma al contrario di questo ricevono circa un terzo dei contributi complessivi che l’UZC dedica ai partiti filo-italiani.
211 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana.
212 Testimonianza dell’Onorevole Renzo De’ Vidovich rilasciata all’autore il 26 novembre 2014.
213 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Edera”, Missiva Prot. n. 3211/11 dd. 27 agosto 1949. Il Sindaco di Trieste chiede ad Andreotti se vorrà “intervenire autorevolmente in favore delle due benemerite Società sportive ‘EDERA’ e ‘Libertas’”.
214 Istituto Sturzo, Roma, Archivio Andreotti, Serie Trieste, Busta 339/A, Foglio 7 “Sport”, Fascicolo “Libertas”, Missiva dd. 1° agosto 1950, sottoscritta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti e diretta ad Angelo Priore, della DC romana. Allegato che reca la nota di Andreotti che motiva a Giorgio Jaut, Segretario provinciale della DC triestina, le sue ragioni.
Ivan Buttignon, Governo Militare Alleato e organizzazioni filo-italiane nella Zona A (1945-'54). Uno scontro culturale, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2014-2015
Ripercorrere le intenzionalità di un governo nell’ambito di vertenze internazionali come quelle che investirono la Venezia Giulia può essere assai complicato, soprattutto se il punto di osservazione scelto è l’articolata genesi delle progettualità politiche scaturite dagli uomini che mossero le istituzioni nell’ambito di quei delicati frangenti. Uno strumento assai valido per tentare di individuare i punti essenziali di un’agenda politica governativa, tra discontinuità e persistenze, è però rappresentato dagli investimenti economici da essa promossi. Per questa ragione la contabilità interna dell’UZC diviene un parametro prezioso per tentare di rilevare gli ordini di grandezza che connotarono gli interventi di Roma sul territorio, dando una precisa collocazione nelle priorità governative alle attività promosse dal CLNI [Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria] per la Zona B. La documentazione ad oggi risulta essere abbastanza completa, tanto da ricostruire in maniera sufficientemente dettagliata il lungo viaggio compiuto dal denaro messo a disposizione dal governo italiano verso i territori contesi, attraversando i filtri presenti a Trieste e passando tra i canali di distribuzione attivati dai fiduciari nei territori sotto amministrazione jugoslava.
L’elenco delle erogazioni che investì annualmente l’ente istriano reperibile presso l’UZC può infatti trovare termini di paragone e riscontro nei fascicoli contabili tenuti dall’ente, che, nonostante la fisiologica dispersione che caratterizza ogni fondo documentario, permettono di capire con sufficiente chiarezza la destinazione ultima delle risorse investite. Tale importante bacino di informazioni permette dunque di dare consistenza e volume ai contenuti politici che fino a questo momento sono stati illustrati nel delicato equilibrio tra centro e periferia, chiarendo, dove possibile, su quale dimensione reale venivano fondate le discussioni in corso sulla questione di Trieste e in quali effetti concreti fu in grado di tradursi.
2.3.1 Da Roma a Trieste
Per orientarsi nel dedalo costituito dai voluminosi e talvolta confusi incartamenti contabili, occorre partire dalla prima parte del percorso effettuato dai finanziamenti, ossia quella che consentiva alle strategie governative di concretizzarsi, tramite l’UZC, in una effettiva pianificazione degli investimenti e nella quantificazione degli sforzi sostenuti da Roma per tentare di portare a casa i risultati sperati.
A dare la dimensione economica dell’importanza rivestita dal problema delle frontiere e, nel caso specifico di nostro interesse, della Zona B, fu Andreotti in una sua corrispondenza a Ceccherini nel febbraio del 1951. Rispondendo all’ennesima sollecitazione in merito alla necessità di garantire un trattamento economico migliore al CLNI, il Sottosegretario chiariva i termini degli sforzi fino a quel momento sostenuti dall’UZC: «[…] per l’esercizio in corso [1950/1951], l’assegnazione a favore del C.L.N. è stata portata a L. 5.500.000 mensili […] È poi da rilevare che i contributi disposti per l’attività assistenziale nella zona B del T.L.T. non si esauriscono con la suddetta sovvenzione al C.L.N. ma comprendono anche le seguenti erogazioni: L. 2.000.000 mensili al Vescovo di Trieste; L. 2.000.000 mensili all’E.I.S.E. [Ente Incremento Studi Educativi] per il personale insegnante delle scuole italiane in zona B. In totale, quindi, i fondi corrisposti per tale finalità sommano a L. 114.458.000, cifra che equivale a circa un sesto dello stanziamento di 750 milioni concesso sul capitolo di bilancio amministrato dall’Ufficio Zone di Confine.
[...] Il CLNI, soprattutto a seguito delle osservazioni che gli erano state mosse per la mancata rendicontazione dei fondi ricevuti nel periodo tra il 1946 e il primo semestre del 1948, avrebbe costantemente aggiornato l’UZC in merito ai criteri osservati nella distribuzione sul territorio del denaro destinato ai sussidi, dando vita ad un corpus documentario abbastanza completo che ci mette oggi in grado di chiarire come vennero fatte circolare le risorse nella Zona B.
Per quanto riguardava l’esercizio finanziario 1947/1948, Il CLNI avrebbe comunicato che nella Zona sarebbe stata spedita sotto forma di aiuti la somma complessiva di L.10.630.000, a fronte dei 20.500.000 che la Giunta d’Intesa aveva destinato all’ente per il primo semestre del 1948. <233 Per l’esercizio successivo è possibile reperire un rendiconto <234 nel quale figurano in ordine cronologico tutti gli assegni erogati di volta in volta dal CLNI ai CLN clandestini della Zona nel secondo semestre del 1948. L’elenco è interessante per capire come venissero distribuiti i fondi per i sussidi tra le varie località e con quale cadenza
[...] Il fatto che il CLNI non avesse rinunciato ad assistere un limitato numero di famiglie anche nelle zone cedute è espressione del contegno politico tenuto dall’ente nei confronti di quei territori. Stando per lo meno alle comunicazioni intercorse tra l’ente istriano, l’UZC e il MAE [Ministero Affari Esteri della Repubblica Italiana] non risulta nessuna direttiva governativa mirata ad un intervento diretto a sud del Quieto, dal momento che, all’imbocco del 1950, nessuna figura a livello istituzionale poteva ragionevolmente ritenere probabile una rimessa in discussione delle regioni annesse dalla RFPJ [Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia] a seguito del Trattato di Pace. A livello locale, però, la metabolizzazione di tale dato di fatto risultava tutt’altro che pacifica. Per il CLNI la rivendicazione dell’intera Istria non rappresentava un punto programmatico negoziabile, così come per la maggior parte degli enti e delle associazioni politiche attive a Trieste sul “Fronte Italiano”. La ristrettezza della prospettiva era in qualche modo dovuta, oltre che alle sincere attese espresse in generale dalla dimensione periferica, al bisogno di mantenere viva l’attenzione e la speranza delle comunità esuli a Trieste e di quella italiana rimasta in Istria, per le quali la notizia di una cessione definitiva avrebbe rappresentato un bagno di realtà in grado di mettere in discussione la loro adesione a strutture associative come il CLNI e alle figure politiche di riferimento per la rivendicazione dell’italianità dell’area a livello locale e nazionale. Per il CLNI dunque mantenere aperti canali assistenziali a sud del Quieto era un mezzo che gli avrebbe consentito di ribadire con coerente fermezza le richieste di restituzione integrale dell’Istria e di manifestare agli istriani l’attenzione che Roma dimostrava nei confronti di quelle zone. Far passare i sussidi oltre frontiera si traduceva quindi in un messaggio chiaro, che esprimeva l’intenzione di Roma di voler ancora lottare per quei territori. Probabilmente la strategia venne accettata dall’UZC, dal momento che non vennero mai mossi appunti all’ente istriano per aver dedicato le proprie attenzioni alle zone cedute, anche perché, concretamente, l’investimento economico da loro richiesto sarebbe stato abbastanza esiguo e avrebbe in effetti comportato apprezzabili vantaggi sul piano della gestione emotiva della comunità istriana. Dunque il denaro spedito alle zone del sud Quieto non va letto come un tentativo concreto perpetrato dal governo italiano per cercare di attivare forme di resistenza anche in quelle città al fine di metterle in discussione a livello diplomatico o di destabilizzare le amministrazioni jugoslave, come invece accadeva nella Zona B. A dimostrazione di tale affermazione vale anche in generale la sostanziale tolleranza dimostrata dalle autorità locali nei confronti di queste sovvenzioni a vantaggio della popolazione italiana delle zone cedute, la quale non ebbe mai a subire gli interventi repressivi che invece interessarono la Zona B.
[...] Dal momento che il CLNI aveva come principale obiettivo quello di venire in aiuto delle fasce di popolazione più in difficoltà, il dato forse più indicativo può essere dedotto dalla situazione retributiva degli impiegati collocati nella categoria più bassa. Di fatto un sussidio medio del CLNI, rapportato alla paga minima di un impiegato di 3ª categoria, rappresentava un’integrazione significativa, soprattutto in riferimento alla sua continuità, garantita generalmente nel corso di tutto l’anno. Anche qualora infatti una famiglia avesse ricevuto solamente L. 1.000 mensili, la somma dei sussidi a fine anno avrebbe apportato al bilancio domestico circa una mensilità in più rispetto a quanto previsto dalla retribuzione ordinaria.
Prendendo poi in considerazione i sussidi più consistenti, come quelli destinati alle famiglie dei detenuti, la cifra si faceva molto significativa, perché arrivava praticamente a sostituire un regolare stipendio.
Il rapporto stabilito con le retribuzioni italiane non ci mette però ancora nelle condizioni di capire fino in fondo l’importanza di tali sussidi, dal momento che non tiene conto del quadro economico e sociale della Zona B, la quale costituiva un caso peculiare, discontinuo non solo rispetto ai sistemi vigenti in Italia e in Jugoslavia, ma anche a quello della Zona A. La carenza di dati statistici controllabili rende assai difficile qualsiasi operazione di quantificazione e raffronto, ma i lavori di Cristiana Colummi e Gianna Nassisi <248 consentono di individuare alcuni strumenti di orientamento. Già a partire dal 1946 l’intera area istriana era stata interessata da radicali riforme dell’intero sistema economico, con lo scopo di avviare una transazione che portasse le imprese private sotto controllo statale, attraverso lo sviluppo delle cooperative. Tale sistema mostrò però da subito alcune criticità, dal momento che la tendenza generale delle cooperative fu quella di acquistare dai contadini prodotti agricoli a importi bassissimi per poi rivenderli con maggiorazioni che potevano superare anche il 100%, provocando un’impennata dei prezzi relativi ai beni di prima necessità. Per esempio un kg di patate acquistato a L. 13 poteva essere rivenduto dalle cooperative a L. 25 o 35, innescando un meccanismo che non solo rendeva difficilmente reperibili le merci, ma che aveva provocato l’immediata e significativa erosione del potere d’acquisto della popolazione locale. Con l’istituzione del TLT le cose non sarebbero migliorate, e i poteri popolari tentarono di porre rimedio alla situazione con una serie di correttivi.
Nel 1949 vennero ritirate le jugolire e nella Zona B entrò in vigore il dinaro, la valuta in uso nella RFPJ (Jugoslavia). Tra il 1951 e il 1952 venne avviata una strategia mirata alla liberalizzazione dei prezzi dei prodotti agricoli, ma l’esperimento sarebbe andato incontro ad un sostanziale fallimento dal momento che la loro scarsa presenza sul mercato aveva determinato un crollo dell’offerta, alla quale seguì una rapidissima impennata del costo della vita da 1 a 5,37 punti verificatasi nell’agosto del 1951. Inoltre il processo di liberalizzazione dell’economia della Zona B era stato notevolmente frenato dalle persistenze del regime statale e vincolistico creato precedentemente attraverso le cooperative, le quali continuarono ad essere le reali calmieratrici del mercato, influenzando la politica del contenimento dei prezzi. Le principali cooperative infatti avrebbero continuato a perseguire la logica del sottopagare i
produttori al fine di ampliare i propri margini di guadagno. Per esempio nel maggio del 1951 le cooperative che gestivano il mercato ittico avevano imposto un calmiere che avrebbe garantito ai pescatori un guadagno di circa 3.000 dinari al mese, del tutto insufficienti al sostentamento di un nucleo familiare. Al problema dei prezzi dei beni di prima necessità si sommava poi l’ingente pressione fiscale: nel 1949 i contadini della Zona B versarono 16 milioni di dinari all’erario, saliti a 41 nel corso del 1953.
Il quadro delineato, sebbene fondato su dati minimi e di certo insufficienti a restituire fedelmente la panoramica di una realtà senza dubbio più complessa, contribuisce a definire il contesto che accolse i sussidi del CLNI, versati alle famiglie sempre in lire, <249 dal momento che rispetto al dinaro rappresentavano una valuta pregiata. Le difficoltà economiche attraversate dalla Zona, il fatto che la lira rappresentasse una moneta di maggior valore, la forte pressione fiscale e in generale le critiche condizioni di retribuzione minima della popolazione rurale, lasciano pensare che gli aiuti distribuiti dal CLNI costituissero per molti una voce importante del bilancio familiare. Non è ovviamente
possibile stabilire se il denaro ricevuto fosse da solo sufficiente a convincere gli italiani nel prolungare la loro permanenza nella Zona, ma certamente il sussidio rappresentava uno strumento estremamente efficace nello stabilire un contatto continuato tra il CLNI e la comunità italiana, che trovò in quelle risorse un aiuto per affrontare le difficili contingenze e motivazioni valide per stringersi attorno agli attivisti dei CLN clandestini, condividendone gli obiettivi politici e rispondendo alle loro sollecitazioni.
Tirando le somme generali del discorso, tra il luglio del 1946 e il luglio del 1953 il CLNI avrebbe fatto confluire nella Zona B 300.473.000 milioni di lire, <250 mentre l’EISE avrebbe contribuito negli stessi anni inviando L. 138.500.000. In totale quindi, nel giro di meno di dieci anni la Zona B aveva ricevuto grazie all’attività dell’ente istriano, almeno per quanto riguarda le somme regolarmente rendicontate, L. 438.973.000. <251 Dal momento che questa ingente mole di capitali sarebbe stata assorbita da un territorio piuttosto circoscritto e da una comunità fortemente selezionata sulla base di precise connotazioni politiche, sorgono spontanei alcuni interrogativi relativi alle conseguenze che essa ebbe nel delineare la fisionomia economica della comunità istriana, sia esule che “rimasta”. Davanti all’impossibilità di reperire dei dati in merito ad un fenomeno particolare come quello dell’esodo, non sottoponibile agli strumenti di indagine applicati in generale ai processi migratori e al circuito delle rimesse, rimane piuttosto difficile capire come i flussi di denaro finirono per adattarsi allo spostamento di migliaia di persone avvenuto in corrispondenza della frontiera orientale italiana in un arco di tempo tutto sommato ridotto. Sarebbe per esempio interessante capire quante di quelle tremila famiglie sussidiate regolarmente dal CLNI nel corso del tempo fossero effettivamente rimaste in Zona B dopo il 1954, in modo da calcolare approssimativamente se e quanto il denaro spedito da Roma avesse finito per influire sulle caratteristiche della minoranza italiana in Jugoslavia, o al contrario analizzare se quei capitali finirono piuttosto per seguire i profughi nei loro spostamenti, contribuendo alla nascita di una comunità esule fortemente radicata nell’associazionismo e che tutt’oggi mantiene inalterata la forza propositiva dei propri argomenti identitari e politici.
Le cifre dunque, per quanto chiare e precise, contribuiscono forse più a far avanzare nuovi interrogativi che a formulare risposte definitive, che aprono però le porte alla necessità di indagare, attraverso fonti e approcci nuovi, aspetti fino ad oggi difficili anche solo da individuare.
[NOTE]
233 IRCI, Fondo CLNI, Amm. 3, Relazione finanziaria del I semestre 1948.
234 Ivi, Amm. 4, “Rendiconti erogazioni” del 26.11.1949.
248 G. Nassisi, Istria: 1945-1947, e C. Colummi, Dalle elezioni del 1950 alla nota angloamericana dell’ottobre 1953: le premesse del grande esodo, in «Storia di un esodo», cit.
249 Non è stato possibile risalire all’effettivo tasso di cambio stabilito tra lira e dinaro. Ancora nel 1951 infatti non erano stati presi accordi tra l’Italia e la Jugoslavia in questo senso. Il governo italiano aveva però stabilito in via provvisoria che per il trasferimento dei fondi liquidi degli optanti sarebbero state corrisposte 3 lire per ogni dinaro depositato presso la Banca nazionale jugoslava al nome dell’Ufficio italiano dei cambi, nel quale erano state accreditate le somme versate dagli optanti per l’Italia. Vedere Atti Parlamentari, seduta alla Camera dei Deputati del 28.11.51.
250 La cifra si riferisce alla quantità di denaro che, attraverso i rendiconti disponibili, risulta essere effettivamente filtrata nella Zona B. Al totale sarebbero da aggiungere ragionevolmente altri 60 milioni di lire, 10 per l’esercizio finanziario 1945/1946 e 50 per quello 1953/1954 dal momento che, pur non figurando nei dati delle rendicontazioni rese all’UZC, nel corso del tempo probabilmente smarrite, risulterebbero in linea con la politica dei finanziamenti seguita in quegli anni dall’ente.
251 Ricalcolati in euro attuali corrisponderebbero alla cifra di 7.631.600 euro.
Irene Bolzon, Fedeli alla Linea. Il CLN dell'Istria, il governo italiano e la Zona B del TLT tra assistenza, informative e propaganda. 1946-1966, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2013-2014
L’elenco delle erogazioni che investì annualmente l’ente istriano reperibile presso l’UZC può infatti trovare termini di paragone e riscontro nei fascicoli contabili tenuti dall’ente, che, nonostante la fisiologica dispersione che caratterizza ogni fondo documentario, permettono di capire con sufficiente chiarezza la destinazione ultima delle risorse investite. Tale importante bacino di informazioni permette dunque di dare consistenza e volume ai contenuti politici che fino a questo momento sono stati illustrati nel delicato equilibrio tra centro e periferia, chiarendo, dove possibile, su quale dimensione reale venivano fondate le discussioni in corso sulla questione di Trieste e in quali effetti concreti fu in grado di tradursi.
2.3.1 Da Roma a Trieste
Per orientarsi nel dedalo costituito dai voluminosi e talvolta confusi incartamenti contabili, occorre partire dalla prima parte del percorso effettuato dai finanziamenti, ossia quella che consentiva alle strategie governative di concretizzarsi, tramite l’UZC, in una effettiva pianificazione degli investimenti e nella quantificazione degli sforzi sostenuti da Roma per tentare di portare a casa i risultati sperati.
A dare la dimensione economica dell’importanza rivestita dal problema delle frontiere e, nel caso specifico di nostro interesse, della Zona B, fu Andreotti in una sua corrispondenza a Ceccherini nel febbraio del 1951. Rispondendo all’ennesima sollecitazione in merito alla necessità di garantire un trattamento economico migliore al CLNI, il Sottosegretario chiariva i termini degli sforzi fino a quel momento sostenuti dall’UZC: «[…] per l’esercizio in corso [1950/1951], l’assegnazione a favore del C.L.N. è stata portata a L. 5.500.000 mensili […] È poi da rilevare che i contributi disposti per l’attività assistenziale nella zona B del T.L.T. non si esauriscono con la suddetta sovvenzione al C.L.N. ma comprendono anche le seguenti erogazioni: L. 2.000.000 mensili al Vescovo di Trieste; L. 2.000.000 mensili all’E.I.S.E. [Ente Incremento Studi Educativi] per il personale insegnante delle scuole italiane in zona B. In totale, quindi, i fondi corrisposti per tale finalità sommano a L. 114.458.000, cifra che equivale a circa un sesto dello stanziamento di 750 milioni concesso sul capitolo di bilancio amministrato dall’Ufficio Zone di Confine.
[...] Il CLNI, soprattutto a seguito delle osservazioni che gli erano state mosse per la mancata rendicontazione dei fondi ricevuti nel periodo tra il 1946 e il primo semestre del 1948, avrebbe costantemente aggiornato l’UZC in merito ai criteri osservati nella distribuzione sul territorio del denaro destinato ai sussidi, dando vita ad un corpus documentario abbastanza completo che ci mette oggi in grado di chiarire come vennero fatte circolare le risorse nella Zona B.
Per quanto riguardava l’esercizio finanziario 1947/1948, Il CLNI avrebbe comunicato che nella Zona sarebbe stata spedita sotto forma di aiuti la somma complessiva di L.10.630.000, a fronte dei 20.500.000 che la Giunta d’Intesa aveva destinato all’ente per il primo semestre del 1948. <233 Per l’esercizio successivo è possibile reperire un rendiconto <234 nel quale figurano in ordine cronologico tutti gli assegni erogati di volta in volta dal CLNI ai CLN clandestini della Zona nel secondo semestre del 1948. L’elenco è interessante per capire come venissero distribuiti i fondi per i sussidi tra le varie località e con quale cadenza
[...] Il fatto che il CLNI non avesse rinunciato ad assistere un limitato numero di famiglie anche nelle zone cedute è espressione del contegno politico tenuto dall’ente nei confronti di quei territori. Stando per lo meno alle comunicazioni intercorse tra l’ente istriano, l’UZC e il MAE [Ministero Affari Esteri della Repubblica Italiana] non risulta nessuna direttiva governativa mirata ad un intervento diretto a sud del Quieto, dal momento che, all’imbocco del 1950, nessuna figura a livello istituzionale poteva ragionevolmente ritenere probabile una rimessa in discussione delle regioni annesse dalla RFPJ [Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia] a seguito del Trattato di Pace. A livello locale, però, la metabolizzazione di tale dato di fatto risultava tutt’altro che pacifica. Per il CLNI la rivendicazione dell’intera Istria non rappresentava un punto programmatico negoziabile, così come per la maggior parte degli enti e delle associazioni politiche attive a Trieste sul “Fronte Italiano”. La ristrettezza della prospettiva era in qualche modo dovuta, oltre che alle sincere attese espresse in generale dalla dimensione periferica, al bisogno di mantenere viva l’attenzione e la speranza delle comunità esuli a Trieste e di quella italiana rimasta in Istria, per le quali la notizia di una cessione definitiva avrebbe rappresentato un bagno di realtà in grado di mettere in discussione la loro adesione a strutture associative come il CLNI e alle figure politiche di riferimento per la rivendicazione dell’italianità dell’area a livello locale e nazionale. Per il CLNI dunque mantenere aperti canali assistenziali a sud del Quieto era un mezzo che gli avrebbe consentito di ribadire con coerente fermezza le richieste di restituzione integrale dell’Istria e di manifestare agli istriani l’attenzione che Roma dimostrava nei confronti di quelle zone. Far passare i sussidi oltre frontiera si traduceva quindi in un messaggio chiaro, che esprimeva l’intenzione di Roma di voler ancora lottare per quei territori. Probabilmente la strategia venne accettata dall’UZC, dal momento che non vennero mai mossi appunti all’ente istriano per aver dedicato le proprie attenzioni alle zone cedute, anche perché, concretamente, l’investimento economico da loro richiesto sarebbe stato abbastanza esiguo e avrebbe in effetti comportato apprezzabili vantaggi sul piano della gestione emotiva della comunità istriana. Dunque il denaro spedito alle zone del sud Quieto non va letto come un tentativo concreto perpetrato dal governo italiano per cercare di attivare forme di resistenza anche in quelle città al fine di metterle in discussione a livello diplomatico o di destabilizzare le amministrazioni jugoslave, come invece accadeva nella Zona B. A dimostrazione di tale affermazione vale anche in generale la sostanziale tolleranza dimostrata dalle autorità locali nei confronti di queste sovvenzioni a vantaggio della popolazione italiana delle zone cedute, la quale non ebbe mai a subire gli interventi repressivi che invece interessarono la Zona B.
[...] Dal momento che il CLNI aveva come principale obiettivo quello di venire in aiuto delle fasce di popolazione più in difficoltà, il dato forse più indicativo può essere dedotto dalla situazione retributiva degli impiegati collocati nella categoria più bassa. Di fatto un sussidio medio del CLNI, rapportato alla paga minima di un impiegato di 3ª categoria, rappresentava un’integrazione significativa, soprattutto in riferimento alla sua continuità, garantita generalmente nel corso di tutto l’anno. Anche qualora infatti una famiglia avesse ricevuto solamente L. 1.000 mensili, la somma dei sussidi a fine anno avrebbe apportato al bilancio domestico circa una mensilità in più rispetto a quanto previsto dalla retribuzione ordinaria.
Prendendo poi in considerazione i sussidi più consistenti, come quelli destinati alle famiglie dei detenuti, la cifra si faceva molto significativa, perché arrivava praticamente a sostituire un regolare stipendio.
Il rapporto stabilito con le retribuzioni italiane non ci mette però ancora nelle condizioni di capire fino in fondo l’importanza di tali sussidi, dal momento che non tiene conto del quadro economico e sociale della Zona B, la quale costituiva un caso peculiare, discontinuo non solo rispetto ai sistemi vigenti in Italia e in Jugoslavia, ma anche a quello della Zona A. La carenza di dati statistici controllabili rende assai difficile qualsiasi operazione di quantificazione e raffronto, ma i lavori di Cristiana Colummi e Gianna Nassisi <248 consentono di individuare alcuni strumenti di orientamento. Già a partire dal 1946 l’intera area istriana era stata interessata da radicali riforme dell’intero sistema economico, con lo scopo di avviare una transazione che portasse le imprese private sotto controllo statale, attraverso lo sviluppo delle cooperative. Tale sistema mostrò però da subito alcune criticità, dal momento che la tendenza generale delle cooperative fu quella di acquistare dai contadini prodotti agricoli a importi bassissimi per poi rivenderli con maggiorazioni che potevano superare anche il 100%, provocando un’impennata dei prezzi relativi ai beni di prima necessità. Per esempio un kg di patate acquistato a L. 13 poteva essere rivenduto dalle cooperative a L. 25 o 35, innescando un meccanismo che non solo rendeva difficilmente reperibili le merci, ma che aveva provocato l’immediata e significativa erosione del potere d’acquisto della popolazione locale. Con l’istituzione del TLT le cose non sarebbero migliorate, e i poteri popolari tentarono di porre rimedio alla situazione con una serie di correttivi.
Nel 1949 vennero ritirate le jugolire e nella Zona B entrò in vigore il dinaro, la valuta in uso nella RFPJ (Jugoslavia). Tra il 1951 e il 1952 venne avviata una strategia mirata alla liberalizzazione dei prezzi dei prodotti agricoli, ma l’esperimento sarebbe andato incontro ad un sostanziale fallimento dal momento che la loro scarsa presenza sul mercato aveva determinato un crollo dell’offerta, alla quale seguì una rapidissima impennata del costo della vita da 1 a 5,37 punti verificatasi nell’agosto del 1951. Inoltre il processo di liberalizzazione dell’economia della Zona B era stato notevolmente frenato dalle persistenze del regime statale e vincolistico creato precedentemente attraverso le cooperative, le quali continuarono ad essere le reali calmieratrici del mercato, influenzando la politica del contenimento dei prezzi. Le principali cooperative infatti avrebbero continuato a perseguire la logica del sottopagare i
produttori al fine di ampliare i propri margini di guadagno. Per esempio nel maggio del 1951 le cooperative che gestivano il mercato ittico avevano imposto un calmiere che avrebbe garantito ai pescatori un guadagno di circa 3.000 dinari al mese, del tutto insufficienti al sostentamento di un nucleo familiare. Al problema dei prezzi dei beni di prima necessità si sommava poi l’ingente pressione fiscale: nel 1949 i contadini della Zona B versarono 16 milioni di dinari all’erario, saliti a 41 nel corso del 1953.
Il quadro delineato, sebbene fondato su dati minimi e di certo insufficienti a restituire fedelmente la panoramica di una realtà senza dubbio più complessa, contribuisce a definire il contesto che accolse i sussidi del CLNI, versati alle famiglie sempre in lire, <249 dal momento che rispetto al dinaro rappresentavano una valuta pregiata. Le difficoltà economiche attraversate dalla Zona, il fatto che la lira rappresentasse una moneta di maggior valore, la forte pressione fiscale e in generale le critiche condizioni di retribuzione minima della popolazione rurale, lasciano pensare che gli aiuti distribuiti dal CLNI costituissero per molti una voce importante del bilancio familiare. Non è ovviamente
possibile stabilire se il denaro ricevuto fosse da solo sufficiente a convincere gli italiani nel prolungare la loro permanenza nella Zona, ma certamente il sussidio rappresentava uno strumento estremamente efficace nello stabilire un contatto continuato tra il CLNI e la comunità italiana, che trovò in quelle risorse un aiuto per affrontare le difficili contingenze e motivazioni valide per stringersi attorno agli attivisti dei CLN clandestini, condividendone gli obiettivi politici e rispondendo alle loro sollecitazioni.
Tirando le somme generali del discorso, tra il luglio del 1946 e il luglio del 1953 il CLNI avrebbe fatto confluire nella Zona B 300.473.000 milioni di lire, <250 mentre l’EISE avrebbe contribuito negli stessi anni inviando L. 138.500.000. In totale quindi, nel giro di meno di dieci anni la Zona B aveva ricevuto grazie all’attività dell’ente istriano, almeno per quanto riguarda le somme regolarmente rendicontate, L. 438.973.000. <251 Dal momento che questa ingente mole di capitali sarebbe stata assorbita da un territorio piuttosto circoscritto e da una comunità fortemente selezionata sulla base di precise connotazioni politiche, sorgono spontanei alcuni interrogativi relativi alle conseguenze che essa ebbe nel delineare la fisionomia economica della comunità istriana, sia esule che “rimasta”. Davanti all’impossibilità di reperire dei dati in merito ad un fenomeno particolare come quello dell’esodo, non sottoponibile agli strumenti di indagine applicati in generale ai processi migratori e al circuito delle rimesse, rimane piuttosto difficile capire come i flussi di denaro finirono per adattarsi allo spostamento di migliaia di persone avvenuto in corrispondenza della frontiera orientale italiana in un arco di tempo tutto sommato ridotto. Sarebbe per esempio interessante capire quante di quelle tremila famiglie sussidiate regolarmente dal CLNI nel corso del tempo fossero effettivamente rimaste in Zona B dopo il 1954, in modo da calcolare approssimativamente se e quanto il denaro spedito da Roma avesse finito per influire sulle caratteristiche della minoranza italiana in Jugoslavia, o al contrario analizzare se quei capitali finirono piuttosto per seguire i profughi nei loro spostamenti, contribuendo alla nascita di una comunità esule fortemente radicata nell’associazionismo e che tutt’oggi mantiene inalterata la forza propositiva dei propri argomenti identitari e politici.
Le cifre dunque, per quanto chiare e precise, contribuiscono forse più a far avanzare nuovi interrogativi che a formulare risposte definitive, che aprono però le porte alla necessità di indagare, attraverso fonti e approcci nuovi, aspetti fino ad oggi difficili anche solo da individuare.
[NOTE]
233 IRCI, Fondo CLNI, Amm. 3, Relazione finanziaria del I semestre 1948.
234 Ivi, Amm. 4, “Rendiconti erogazioni” del 26.11.1949.
248 G. Nassisi, Istria: 1945-1947, e C. Colummi, Dalle elezioni del 1950 alla nota angloamericana dell’ottobre 1953: le premesse del grande esodo, in «Storia di un esodo», cit.
249 Non è stato possibile risalire all’effettivo tasso di cambio stabilito tra lira e dinaro. Ancora nel 1951 infatti non erano stati presi accordi tra l’Italia e la Jugoslavia in questo senso. Il governo italiano aveva però stabilito in via provvisoria che per il trasferimento dei fondi liquidi degli optanti sarebbero state corrisposte 3 lire per ogni dinaro depositato presso la Banca nazionale jugoslava al nome dell’Ufficio italiano dei cambi, nel quale erano state accreditate le somme versate dagli optanti per l’Italia. Vedere Atti Parlamentari, seduta alla Camera dei Deputati del 28.11.51.
250 La cifra si riferisce alla quantità di denaro che, attraverso i rendiconti disponibili, risulta essere effettivamente filtrata nella Zona B. Al totale sarebbero da aggiungere ragionevolmente altri 60 milioni di lire, 10 per l’esercizio finanziario 1945/1946 e 50 per quello 1953/1954 dal momento che, pur non figurando nei dati delle rendicontazioni rese all’UZC, nel corso del tempo probabilmente smarrite, risulterebbero in linea con la politica dei finanziamenti seguita in quegli anni dall’ente.
251 Ricalcolati in euro attuali corrisponderebbero alla cifra di 7.631.600 euro.
Irene Bolzon, Fedeli alla Linea. Il CLN dell'Istria, il governo italiano e la Zona B del TLT tra assistenza, informative e propaganda. 1946-1966, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2013-2014