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lunedì 13 maggio 2024

Ufficiali americani che, in mezzo alle sparatorie, osservano il Battistero di Firenze

Firenze: il Battistero. Fonte: Wikipedia

Contrariamente alla static map della regione, le geografie della Resistenza si reggono su una dynamic map la cui funzione principale è permettere lo spostamento dei personaggi da un punto geografico all’altro. Tra le ragioni principali per cui il contratto toponimico alla base delle geografie della Resistenza viene rispettato, dunque, c’è il suo utilizzo in relazione alla funzionalità narratologica che gli spetta: le qualità visuali dello spazio come i marcatori stradali, i numeri delle case e i nomi degli edifici e delle strade, prima di corrispondere a una precisa intenzione ideologica della narrazione, si propongono come uno strumento narrativo indispensabile per la messinscena dell’itinerario dei personaggi e, dunque, per la logica interna della narrazione.
Il quarto episodio di Paisà è interamente incentrato sul moto a luogo. I protagonisti rosselliniani camminano per la città, condividendo una stessa speranza: rintracciare le persone amate in mezzo al caos bellico. Il loro percorso consiste in un continuo spostamento da un posto di Firenze all’altro che rende la città leggibile, per dirla con Lynch, ovvero uno spazio che, benché raso al suolo, mantiene una possibilità di orientamento per chi lo percorre. L’itinerario dei due personaggi viene sospeso solo in due sequenze: la prima riguarda l’incontro dei due viaggiatori con gli ufficiali americani che, in mezzo alle sparatorie, osservano il Battistero di Firenze e che, incuriositi dal nome del campanile laggiù, prestano poca attenzione alle domande dell’uomo riguardo alle loro strategie per la liberazione della città. Il loro sguardo panoramico sulla città corrisponde piuttosto a quello di due turisti, completamente disinteressati alla realtà storica o a quella personale dei personaggi, come confermato dal binocolo, elemento attraverso cui viene filtrato lo spazio bellico. Nella seconda sospensione dell’itinerario dei due viaggiatori, ci si imbatte in una simile percezione di Firenze da parte di un vecchio generale che osserva la guerra da un punto sollevato, dal balcone della sua casa dove i due viaggiatori finiscono nel tentativo di ottenere ulteriori indicazioni spaziali necessarie per il proseguimento del loro percorso.
Assieme al binocolo, appare un altro oggetto dalla forte carica semantica: la mappa consultata dal generale che, seguendo la guerra a distanza, annota i luoghi da dove arrivano le pallottole. Tutti e due gli esempi si addicono nuovamente all’opposizione tra luogo e spazio, ossia tra la mappa e l’itinerario come definiti da De Certeau. Da un lato, Firenze viene vissuta come lieu, come uno spazio astratto, filtrato dal «totalizing and static overview of the solar Eye» (De Certeau, 1984, p. 93) degli alleati e del generale, dall’altro invece, come espace da chi la percorre e da chi, proprio in questa pratica del camminare, trasgredisce e riscrive il territorio bellico. In questo secondo caso, l’itinerario si profila come una pratica spaziale che non viene più confinata alla descrizione totalizzante del luogo, ma al movimento che si propone contemporaneamente come un atto trasgressivo dello spazio esperito nella sua forma più elementare, da Wandersmanner, e come un elemento diegetico che permette lo svolgimento dell’intreccio. La differenziazione tra i due diversi modi di rapportarsi con la Firenze resistenziale corrisponde a un’opposizione che Ryan ha presentato in termini di mappa statica e mappa mobile: il punto di vista degli stranieri e del generale incarna la prospettiva di un occhio sopraelevato, una proiezione verticale che circoscrive lo spazio dell’ambientazione dividendolo in segmenti e concordandolo con «un algoritmo sistematico» (Ryan, 2003, p. 218). Al contrario, l’itinerario dei due personaggi permette una visione dello spazio snodata man mano che il racconto procede, svelando lo spazio gradualmente e da un punto di vista dinamico, dalla prospettiva interna del soggetto in movimento. Il tour si contrappone alla mappa, proprio perché rappresenta l’esperienza di un viaggiatore. Si tratta di una pratica spaziale con cui i personaggi colti nello spostamento tentano di “leggere” lo spazio in base a «immagini eidetiche» (Tuan, 1975, p. 208), ovvero a marcatori spaziali individuati sul posto.
Ana Stefanovska, Lo spazio narrativo del neorealismo italiano, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, 2019

lunedì 6 maggio 2024

L’apprendimento basato sui giochi prevede la partecipazione attiva dello studente a differenti livelli


Le Game-Based sono metodologie che utilizzano il gioco come elemento facilitante l’apprendimento (Plass, Homer & Klinzer, 1015; 2015; Kapp, 2012). Mentre il soggetto gioca apprende le conoscenze che il gioco stesso vuole veicolare.
Permettono ai soggetti in apprendimento di controllare e assumersi la responsabilità di ciò che si apprende; possono essere utilizzati in maniera personalizzata perché flessibili in termini di tempistiche e modalità di utilizzo (Giampaolo, 2019). L’uso dei giochi per l'apprendimento dei concetti risulta essere utile per diversi elementi: crea un contesto sicuro e non giudicante in cui gli errori sono tollerati; stimola a superare gli ostacoli (McGonigal, 2011); consente ai giocatori di misurare autonomamente il proprio livello e lo stato di avanzamento rispetto a quanto e cosa si è appreso e avere percezione dei traguardi e questo motiva chi gioca ad andare avanti e lavorare sui propri obiettivi.
L’apprendimento basato sui giochi prevede la partecipazione attiva dello studente a differenti livelli, offrendo occasioni di coinvolgimento in attività impegnative che richiedono alti livelli di riflessione ed elaborazione (San Chee, 2013), fino al raggiungimento di un obiettivo (che coincide con la vincita della partita). L'interazione tra meccaniche, azioni del giocatore e risultato è guidata da un approccio simile a quello dell’indagine scientifica: formulazione di ipotesi, raccolta di evidenze sperimentali e proposta di una soluzione; al termine del processo, si integra quanto osservato e si formulano nuove ipotesi, ripetendo poi il ciclo. Il gioco fornisce feedback (che corrispondono alle evidenze) tramite, ad esempio, i punti o il superamento dei livelli. Ogni progresso o regresso viene comunicato chiaramente ai giocatori che grazie a questo feedback, apprendono (Mattiassi, Ghirarduzzi & Bacaro, 2022).
In altri termini quando si parla di Game-Based Learning ci si riferisce a un ambiente in cui gioco e giocare sviluppano l’acquisizione di abilità e conoscenze “and where game activities involve problem solving spaces and challenges that provide players/learners with a sense of achievement” (Qian & Clark, 2016, p. 51). Si tratta cioè di un modello di apprendimento centrato sulle strategie ludiche utilizzate per obiettivi specifici prefissati. Il gioco diviene uno strumento educativo (da ludico a ludiforme) nelle mani di chi lo progetta: i giocatori giocano invece per il piacere di farlo.
Le metodologie che rientrano in questo approccio possono essere suddivise in tre categorie:
1. l’utilizzo di giochi commerciali in attività di apprendimento in cui nella fase di “debriefing” si analizza il gioco svolto al fine di generalizzare le nuove conoscenze;
2. la progettazione o la realizzazione di giochi su commissione per affrontare argomenti specifici;
3. la progettazione e lo sviluppo di un gioco da parte degli studenti, al fine di imparare attraverso la progettazione. (Shabalina, Malliakaris, Tomos & Mozelius, 2018).
I principi (Perrotta, Featherstone, Aston & Houghton, 2013) che sorreggono il Game-Based Learning sono:
1. motivazione intrinseca: giocare è un’attività volontaria e autocondotta. Il gioco è una forma di apprendimento dal momento in cui si decide iberamente di stare dentro a un sistema di regole, ostacoli da superare, soluzioni da ricercare;
2. l’apprendimento è veicolato dal divertimento: i giochi generano piacere nei giocatori che percepiscono così la fatica in modo differente;
3. l’autenticità: il contesto di apprendimento è un contesto reale, situato, condiviso e talvolta co-costruito dai giocatori stessi;
4. autostima e autonomia: il giocatore impegnato nell’attività ludica migliora la fiducia in se stesso e diviene autonomo, padrone del processo grazie alla possibilità di poter procedere per tentativi ed errori senza frustrazioni;
5. imparare facendo: l’apprendimento tramite il gioco avviene facendo ed esperendo.
Gli autori a tali principi legano alcuni meccanismi che contribuiscono alla realizzazione dei principi e che possono fornire supporto alla progettazione ludica.
Tali meccanismi sono:
- la tipologia di regole;
- la necessità di fissare obiettivi chiari;
- la necessità di far utilizzare ai giocatori la propria fantasia e la creatività;
- i livelli di difficoltà nel gioco;
- l’interattività e i feedback;
- elementi sociali che consentono di costruire legami e relazioni.
La gamification consiste nell’utilizzo di elementi tipici del gaming in contesti esterni al gioco stesso (Deterding, Dixon, Khaled & Nacke, 2011). Tale metodologia origina dal mondo informatico e in particolar modo dai videogames, di cui ripropongono i principi di progettazione e di meccaniche di gioco come ad esempio:
- proprietà, ovvero possedere punteggi, badge, premi;
- realizzazione, ossia superare delle prove di difficoltà crescente da affrontare soli o in gruppo;
- status, ovvero il livello posseduto da ciascun giocatore visibile a tutti gli altri membri;
- comunità collaborative e sfide, ovvero ostacoli, anche a tempo, da risolvere da soli o in collaborazione. (Vassileva, 2012).
La gamification non solo propone attività attrattive e coinvolgenti, ma rende i momenti di apprendimento come parti di un gioco rispettando le dinamiche e le meccaniche, ovvero i bisogni del giocatore e le esigenze tecniche per il buon funzionamento del gioco (Werbach & Hunter, 2012). Proprio per questo può essere adottata per la progettazione di percorsi formativi inclusivi e personalizzati, che promuovono una partecipazione del discente attiva, autonoma o strutturata in modo cooperativo (Vezzolli & Tovazzi, 2018). Un altro punto di vista è quello che vede la gamification come il miglioramento di un servizio già esistente: "Gamification refers to a process of enhancing a service with affordances for gameful experiences in order to support user’s overall value creation (Houtari & Hamari, 2014, p.20)". Sono vari infatti i contesti in cui è possibile applicare la gamification come metodo: un sito, una community, un servizio, un contenuto, permettendo così il coinvolgimento e la partecipazione degli utenti e aumentando la motivazione. I Serious Games sono giochi che supportano l’apprendimento (Stone, 2008; Cozza et al, 2021), sia in contesti formali che informali. Nascono come giochi di simulazione erogati su piattaforme informatiche in cui il giocatore interagisce in e con scenari virtuali in cui fa scelte per il perseguimento di determinati obiettivi (Mori, 2012), ma si propongono oggi anche in diverse forme, analogiche oltre che digitali. Sono costituiti da una componente educativa che prevede la conduzione di un’esperienza diretta tramite cui si apprende, e da fattori motivazionali di sfida, immaginazione e curiosità che stimolano la partecipazione del giocatore (Gunter, Kenny, & Vick, 2006). Il coinvolgimento può essere facilitato da elementi costitutivi del gioco come la storia, la grafica, la facilità di utilizzo, ma anche feedback, obiettivi e curiosità, regole che offrono un modo divertente di imparare.
Prensky (2001) fornisce una lista di caratteristiche tipiche di questa tipologia di giochi:
- forma di divertimento - offre piacere e svago;
- forma di gioco - dà un coinvolgimento intenso e appassionato;
- regole - determinano la struttura del gioco;
- obiettivi - forniscono motivazione;
- interattività - conduce al “learning by doing”;
- adattabilità - garantisce il flow;
- risultati e feedback - servono come base per l'apprendimento;
- condizioni di successo - forniscono una gratificazione dell'ego;
- conflitti, competizione, sfide e opposizioni - danno più adrenalina;
- problem solving - stimola la creatività del giocatore;
- interazione - dà forma a gruppi sociali;
- narrazione (storia) e la sua rappresentazione - entrambi servono come fonte di esperienza emotiva prima, durante e dopo il gameplay. (Baldassarre, Sacco & Di Vagno, 2023, pp.13-14)
I giochi educativi che vengono progettati per i contesti di apprendimento dovrebbero rispettare tali caratteristiche, considerando ovviamente obiettivi, target, strumenti a disposizione. La seppur recente letteratura in merito evidenzia che l’utilizzo dei Serious Games supporta lo sviluppo di capacità di ragionamento analitico, apprendimento autodiretto, abilità di cooperazione e problem solving ma anche allenamento delle capacità percettive, attentive e mnemoniche. I Serious Games possono essere utilizzati in diversi ambienti: formazione aziendale, scuola, università, disabilità e in favore di target variegati, dall’infanzia all'età adulta.
Caterina Garofano, Professionisti dell’educazione e industria creativa. La Design-Based Research come metodo per la progettazione e lo sviluppo di artefatti educativi, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Siena, 2024