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domenica 28 maggio 2023

Campolonghi, fedele alla pubblicistica antifascista

Fonte: Gallica

Dopo la rottura con Bruzzi, Luigi Campolonghi ritrovò vicino a sé il vecchio Alceste De Ambris, anch'esso sulla via dell'esilio. De Ambris aveva abbandonato l'Italia nel 1923 e si era recato a Parigi per dirigere il “Consorzio Cooperativo Italiano del Lavoro”. Sempre a Parigi aveva fondato «La voce del profugo». Spostatosi a Tolosa, dette vita al settimanale «Il Mezzogiorno» ed alla casa editrice «Exoria», specializzata in pubblicazioni antifasciste <253.
In questo frangente Douazan iniziò a configurarsi come porto sicuro del fuoruscitismo italiano evidenziando due fasi: la prima - sovrapponibile all'installazione dei coloni - in cui accolse principalmente militanti di base, agricoltori ed illetterati e successivamente, dal 1924-25 quadri intermedi politici e sindacali del composito schieramento antifascista <254.
Nel contesto di crisi identitaria che stava vivendo l'eterogeneo e frammentato movimento antifascista in Francia, «Il Mezzogiorno» rappresentò un punto di riferimento importante, capace di indicare nuove strade. Sorto nel 1925, si pubblicava a Tolosa e svolgeva un'opera di indirizzo verso i numerosi immigrati italiani che arrivavano nell'area. Agitando lo spauracchio bellicista del fascismo, creò consenso attorno a sé attraverso una serie ricorrente di manifestazioni e comizi che contrariavano le autorità diplomatiche presenti nella regione con esponenti fidati inviati da Roma. Grazie alla chiara professione di amicizia verso la Francia e l'opera svolta per mantenere nell'alveo dell'“ordine” i numerosi immigrati, il foglio godeva di un'informale appoggio delle autorità locali <255.
La lettura pubblica che Campolonghi dà del fascismo e dello stesso Mussolini si inserisce, storicamente, nella classica interpretazione che mette al centro la reazione della borghesia italiana contro la potenza dell'organizzazione operaia affidata ad un movimento fomentatore del disordine onde presentarsi alle classi dirigenti come argine del bolscevismo. Campolonghi - facendo riferimento al biennio rosso - non rinnega l'occupazione delle fabbriche - pur riprovandone gli eccessi violenti - considerata come unica alternativa alla minaccia di serrata da parte dei loro proprietari.
Nello scritto «Le fascisme italien raconté par les fascistes. De l’Armistice à la marche sur Rome» <256, scritto nel 1935 ma rimasto a lungo inedito, Campolonghi si ripropose di scrivere una storia delle origini del fascismo ed i tratti biografici dello stesso Mussolini contraddicendo le opere propagandistiche di autori direttamente legati al regime. Fatti salvi gli aspetti più veementi che, per quanto ironici e godibili, eccedono nel personalismo: «L'Esilio è un ufficio più alto della Tirannia. E poi non è stato lui (Mussolini) a esiliarmi dall'Italia ma io a cacciarmi oltre i confini dell'orgoglio e del mio biasimo» <257, lo scritto non offre pagine rimarcabili.
Campolonghi, fedele alla pubblicistica antifascista, procede alla demolizione del profilo di Mussolini sotto tutti gli aspetti: morali, umani e politici, basandosi anche su ricordi personali. I due uomini si erano incontrati diverse volte - ironia della sorte Mussolini succedette a Campolonghi quale direttore de «La Lima» - e l'Autore cita l'interesse e la fascinazione di cui era stato circondato il futuro Duce, in particolare negli ambienti del sindacalismo rivoluzionario con alla testa De Ambris, ma smentisce implicitamente di avere avuto parte nel finanziamento de «Il Popolo d'Italia» <258.
Il testo non va oltre una lettura cronologica, per quanto precisa e dettagliata, degli anni che videro la nascita e l'avvento del fascismo, prefigurando nel finale uno scenario di guerra, quanto mai attendibile.
Gli stessi caratteri presenta il dattiloscritto in lingua francese conservato nel Fondo Campolonghi dell'INSMLI. Si tratta anzi dello stesso testo, rielaborato in uno stile più letterario e a sfondo satirico - forse per accattivarsi l'uditorio francese in vista di una potenziale pubblicazione <259.
Nonostante il trasferimento, Campolonghi mantenne un domicilio a Parigi e durante i soggiorni nella capitale continuò a frequentarne l'ambiente intellettuale, recandosi spesso nel salotto di Mme Menard-Dorian.
Pur avendo subito la perdita di alcuni punti di riferimento che sino ad allora avevano guidato la sua attività - Bissolati in particolare - ed essendosi temporaneamente ritirato dalla prima linea dell'impegno politico egli diede vita, durante un soggiorno in Costa Azzurra, a Mandelieu, alla «Fratellanza Franco Lunigianese». Entrò poi in contatto con il movimento a carattere militare, facente capo ai fratelli Garibaldi, che vagheggiava un rientro armato in Italia attraverso il Piemonte. Dopo l'omicidio di Matteotti era stato creato un “Comitato d'azione” che si fuse con il movimento “garibaldino” - ispirato dall'attivismo dei discendenti di Giuseppe Garibaldi <260 - volto a creare delle “legioni” per un nuovo fantomatico sbarco dei mille. Ancora una volta Campolonghi fu coinvolto nell'avventurista progetto da De Ambris, senonché lo scandalo del novembre 1926 rese noti i legami tra Ricciotti Garibaldi ed il fascismo.
Quest'ulteriore delusione segnò Campolonghi che si convinse della necessità di un progetto più concreto, avendo dato il regime segnali duraturi di stabilità <261.
Dal 1926, Campolonghi e De Ambris, abbandonate le azioni velleitarie, optarono per il passaggio da un antifascismo agitato ed incapace di incidere ad un'iniziativa più organizzata e ragionevole, aiutati da una rete di contatti invidiabile - che contemplava la massoneria - ed uno spirito energico e combattivo.
Campolonghi era all'epoca l'esponente più rappresentativo della «Loggia Italia», “Loggia di amicizia” italo-francese all'obbedienza della «Grande Loge» operante dal 1913 ed impegnata, a partire dagli anni venti, in una vasta opera di sensibilizzazione antifascista all'interno della stessa massoneria francese sotto la direzione del suo Maestro venerabile Ubaldo Triaca <262.
Negli anni successivi, Campolonghi avrebbe collaborato attivamente alla costruzione della Loggia «Italia Nuova» diretta da Giuseppe Leti e sorta nel 1930 in opposizione alla corrente moderata di Triaca, che non accettava l'orientamento dato contro la monarchia ed in generale la politica della Concentrazione Antifascista <263.
[NOTE]
253 Furiozzi, cit., p. 85.
254 Delpont, cit, pp. 51-52.
255 S. Tombaccini, Storia dei fuorusciti italiani in Francia, Mursia, Milano 1988, pp. 33-34.
256 L. Campolonghi, Le fascisme italienne raconté par les fascistes. De l’Armistice à la marche sur Rome, s.d. ma 1935, in De Felice, cit., pp. 103-160.
257 Ivi, p. 114.
258 Ibidem.
259 L. Campolonghi, Biografia di Mussolini, FC, b. 2, f. 5, INSMLI.
260 Su questo tema cfr. I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica, a cura di Z. Ciuffoletti, A. Colombo, A. Garibaldi Jallet, Lacaita, Manduria 2005.
261 Landuyt, cit., pp. 480-481; cfr. Delpont, cit., p. 54; cfr. E.Vial, La Ligue Italienne des droits de l'homme (LIDU) de sa fondation à 1934, in “Les Italiens en France de 1914 à 1940”, sous la direction de P. Milza, École Française de Rome, Roma 1986, pp. 409-410.
262 S. Fedele, Tra impegno per la pace e lotta antifascista: l'azione internazionale della Massoneria italiana tra le due guerre, in “Per la pace in Europa: Istanze internazionaliste e impegno antifascista”, Università degli studi di Messina, Messina 2007, p. 98.
263 A. Baglio, Campolonghi, la Lidu e la lotta per la pace, ivi, p. 153 n.
Mattia Ringozzi, La dignità degli sconfitti. Per una biografia di Luigi Campolonghi, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2015/2016

lunedì 22 maggio 2023

Il dialetto (savonese, ma non solo) merita cura e attenzione


Una poesia del poeta savonese Giuseppe Cava, in dialetto savonese.
"Educazione familiare" potremmo tradurla (o "Educazione in famiglia").
Non tutti i termini sono forse chiari per chi abita oltre il Cadibona, ma credo che riuscirete a capire il senso generale.
È piuttosto semplice.
Non si parlava il dialetto, ma l'italiano, perché quest'ultimo era la prova sociale che eravamo "evoluti". Non eravamo più contadini, ma dei cittadini che si erano lasciati alle spalle un tempo arretrato.
Nel mondo civile si parla solo italiano. La lingua delle persone che sanno stare al mondo, insomma.
Eppure se a quei tempi c'erano, nonostante tutto, delle cose belle (e di certo c'erano), queste trovavano proprio nel dialetto lo strumento perfetto per essere celebrate.
Questo dimostra che il dialetto (savonese, ma non solo) merita cura e attenzione.
Marco Freccero

venerdì 19 maggio 2023

Oltre alle lettere scambiate con Sbarbaro e Barile, Serra pubblica anche quelle con Saba


Negli anni '50 Ettore Serra si stabilizza nel capoluogo romano, senza tuttavia porre un freno definitivo al suo spirito da "girovago" che, soprattutto in seguito al 1954 - anno della perdita della moglie -, lo spinge a non mettere radici troppo profonde nella sua casa romana. I suoi viaggi presentano come meta principale la costa francese, in particolare Marsiglia, residenza del figlio maggiore Antonio che, seguendo le orme familiari, dirige una stazione di salvataggi marittimi. Nel percorrere in tutta la sua estensione il golfo ligure, come testimonia lo stesso autore parlando di sé in terza persona, «Serra, che faceva le navette fra l'Italia e la Francia, molto sovente sostava a Savona per visitare l'«amico di Levante» (Barile ad Albisola) e l'«amico di Ponente» (Sbarbaro a Spotorno) <157».
Queste frequentazioni derivano da un profondo legame umano e rappresentano un grande sollievo per Ettore che, non più giovane, ha la possibilità di continuare a confrontarsi con due interlocutori che condividono il suo amore per la poesia, attraverso lo scambio di idee, articoli, volumi, riviste e componimenti inediti. Verso la fine degli anni '50, infatti, i rapporti tra questi tre poeti - Sbarbaro, Barile e Serra - appaiono molto stretti e tra loro incrociati grazie agli incontri - a volte anche in trio - ai quali fa eco un nutrito scambio di lettere, come testimoniano i rispettivi scambi epistolari, editi parzialmente dallo stesso Serra all'interno della sua raccolta di saggi.
In questo volume, pubblicato postumo nel 1983, insieme ai due saggi eponimi, "Il tascapane di Ungaretti" e "Il mio vero Saba", si trovano riuniti diversi profili dedicati ad alcune personalità di spicco del Novecento italiano tra le quali, oltre a Cardarelli e il tipografo Tallone, sono inseriti anche i due poeti liguri Sbarbaro e Barile; questi saggi, per lo più rievocazioni di amicizie, non possiedono grande spessore critico: l'aspetto più interessante va ricercato soprattutto nella pubblicazione parziale di alcuni carteggi personali (oltre alle lettere scambiate con Sbarbaro e Barile, Serra pubblica anche quelle relative al legame con Saba), che rappresentano una testimonianza importante e autentica per ricostruire il profondo sodalizio umano e poetico, che univa questo circolo di poeti, e l'ambiente culturale che costituiva lo sfondo delle loro frequentazioni <158.
Gli scambi epistolari con i due poeti liguri, pubblicati all'interno del "Tascapane", ricoprono circa il medesimo lasso temporale (la corrispondenza con Sbarbaro va dal ‘56 al ‘66, mentre quella con Barile dal '57 al '66) e presentano diversi punti di contatto, a partire dalle discussioni poetiche fino ai confidenziali aggiornamenti sulla salute reciproca e all'organizzazione degli incontri - la vicinanza geografica dei due corrispondenti (dieci chilometri separano Albisola da Spotorno), consente a Serra di intrecciare le visite («Spero presto venire a Savona per vedere l'amigo de levante (Albisola) e l'amigo de ponente (Spotorno)»;) o di cambiare itinerario all'ultimo («Caro Serra, non hai perso nulla quella domenica non trovandomi; seppi poi da Angelo che andasti ad Albisola da lui» scrive Sbarbaro il 20 luglio del 1959). Questa "triplice amicizia" viene ricordata anche all'interno della produzione serriana, come dimostra la dedica affettuosa e confidenziale apposta a "Virgulti sulla frana" «Agli amici Barile e Sbarbaro ricordando una pergola», dalla quale traspare un riferimento ai loro incontri nella Riviera di Ponente.
Lo scambio di lettere tra il poeta spezzino e il poeta di Spotorno appare ampio e variegato: Serra invia a Sbarbaro alcuni componimenti e l'amico risponde sia con consigli e apprezzamenti («ci saranno sì delle ridondanze ma scriverlo ti ha consolato, e che si può chiedere di più alla poesia?», in riferimento ai "Ritratti di famiglia"), sia valutando le varianti serriane (in riferimento alla lirica "Autoritratto" così osserva: «Non ho più trovato né le viti riguardanti il mare, che non mi piaceva, né il «propense» che mi fa gola. Grande tentazione di appropriarmene, se farò "Vendemmia in mare"»), prendono accordi e invocano prossimi incontri («Se sarò sicuro di poterti vedere tornerò a Savona alla fine del mese o ai primi di ottobre» scrive Serra e "Millo" - come Sbarbaro firma le sue missive - tre giorni dopo risponde «Per fine mese, primi d'ottobre ti aspetto quindi a piè fermo (o quasi)»), si aggiornano sulle reciproche condizioni di salute (scrive Sbarbaro «Da un anno io non cammino più che con stento e il camminare era stato tutta la vita la mia gioia maggiore» o ancora «Barile mi dice che gli chiedi nostre (mie e di mia sorella) notizie; lasciati prima dire che spero tollerabili le nevralgie al trigemino che lamenti e soprattutto che t'auguro di gran cuore di liberartene» e Serra risponde «ti ringrazio della tua lettera perché denuncia una partecipazione alla mia pena, cioè una simpatia nel senso di "soffrire insieme"»), si scambiano e consigliano libri («(Ho ancora qui quel volume tuo della poesia del Cinquecento; devo spedirtelo?», domanda Sbarbaro ed Ettore qualche mese dopo «Oso perciò farti una proposta: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me […]; vale a dire ti invio un esemplare di "Primizie", poiché posseggo quest'opera in duplice copia, e tu mi spedisci il "Ciclope"») e, infine, si informano sulle recenti o prossime pubblicazioni (Serra scrive nel '61, anno di pubblicazione di "Serata d'addio": «ti ho mandato un librone triste e tristo», e Sbarbaro nel '65 «da una doppia corrispondenza (a Angelo Barile e a casa) 1909-1919 ho ricavato un libretto del quale sto correggendo le bozze, intitolato "Cartoline in franchigia"; c'è dentro riflesso il tempo di "Resine" (!) di "Pianissimo" e dei "Trucioli" '21. Pubblico quindi, alla mia età, un libretto giovanile, grazie a Angelo che conservò quelle lettere»).
La fitta trama di rapporti intessuta tra questi poeti si rintraccia anche nelle missive firmate Barile, all'interno delle quali il nome di Sbarbaro ricorre con frequenza (a volte in collegamento anche a quello di Serra) in occasione della progettazione di incontri («Non vedo da parecchio tempo Sbarbaro […] Uno di questi giorni, certamente prima di Natale, vado a Spotorno e gli recherò il tuo saluto», o ancora «Pensa che non sono neppure andato a trovare Sbarbaro a Spotorno […] (dovremmo andarci un giorno con te)»), di bollettini letterari («leggo con molto piacere che tu e Sbarbaro siete i candidati più quotati per il Premio Bagutta […] è già consolante che la poesia sia rappresentata da te e Camillo, cioè, ancora una volta, da due liguri… ») o, infine, di aggiornamenti inerenti alle sue condizioni di salute («Forse saprai già della malattia di Sbarbaro, piuttosto seria a quanto mi dice il medico»).
Un altro dato ricorrente nelle lettere bariliane è il ricordo e l'invocazione delle visite dell'amico «giramondo» - così Barile appella affettuosamente Serra -, evocando i luoghi concreti degli incontri: «Avremo molte cose da raccontarci «sotto la pergola», o sul balcone tirreno della mia casa, o seduti insieme ai Pesci vivi» (un'osteria di Albisola dove avvenivano spesso i loro incontri). Tuttavia il vero punto d'unione tra i due interlocutori appare essere la poesia: le ventidue lettere (tra le quali solo una è firmata Serra) sono testimonianza di un legame profondo e intimo, dal quale emerge un sincero interesse da parte di Barile per il comporre serriano; Ettore invia componimenti e Barile attentamente legge, vaglia ogni possibile variante, esprime i suoi dubbi e illustra i suoi consigli all'amico, come mostra la missiva del 9 luglio 1959: "Ho riletto almeno due volte le tue 'Poesie' del '58; e quando ti restituirò il fascicoletto vi troverai segnata (a lapis), su ciascuna, la mia impressione, naturalmente breve, e sincera. Ci sono molte finezze. E qua e là una voce che vale più della parola. Se dovessi dirti quali preferisco, forse t'indicherei 'Grido notturno', 'Sera' e 'D'estate presso una moschea'… Mi persuadono meno le più elaborate e classicheggianti (ce ne sono!); direi che non ti giova certa attenzione verbale che appare talvolta eccessiva. Ma questo è un discorso che faremo direttamente sulla pagina al primo nostro incontro. In questa speranza trattengo il fascicolo, se non ti rincresce".
Inoltre, non solo consigliere, Barile si rivela anche lucido critico, tanto da riuscire a inquadrare con precisione la poesia dell'amico: «Forse, al mio gusto, le vorrei meno effuse, più asciutte; ma ci son tratti pienamente persuasivi, e lo stesso tuo «abbandono» (però vigilato) finisce col garantire della tua commozione e schiettezza», individuando nell'«effusione» uno degli aspetti penalizzanti del poetare serriano, oppure in un'altra missiva del 28 febbraio 1963, in riferimento a un gruppo di liriche non esplicitate, individua l'andamento descrittivo quale tratto distintivo della lirica serriana: «Hanno anche in comune una certa lentezza espressiva che è propria, del resto, della tua poesia, la quale vuol dir tutto, e dirlo bene, con proprietà, con esattezza, non per accenni lirici illuminanti, ma con tutti gli elementi, anche descrittivi, di quel mondo o di quel momento della tua fantasia».
Nel consigliare l'amico, il poeta di Albisola tocca anche problemi di natura spirituale, come quando commentando "Notte di anniversario" osserva: «(Mi colpisce ancora un po' «nel buio», ma per ragioni di un sentimento che non è il tuo. Preferirei «nell'ombra»: in umbra mortis…)», o in un'altra missiva: «Io ricordo benissimo quello che tu chiami il tuo «testamento letterario»: "Canto di un paria - mentre nasce la primavera". (Il titolo è un po' lungo e soprattutto amaro, come mi pare di averti già detto; ma tu avrai avuto di certo le tue buone ragioni per mantenerlo.)».
La confidenza e spiritualità maggiori, che traspaiono da questo epistolario rispetto a quello con Sbarbaro, rappresentano l'aspetto originale di questo legame, forse da collegare all'indole profondamente filantropa del poeta di Albisola.
Fortemente religioso, a partire dagli anni '60, Barile diviene il custode privilegiato delle ansie e delle remore del poeta spezzino, gravato per tutta la vita dal peso del dubbio, poi acuito in seguito alla morte della moglie e con l'appressarsi della vecchiaia. L'intensità di questo legame viene anticipata da Serra nel cappello introduttivo alle lettere, poi confluito all'interno del postumo "Piccolo Canzoniere" dedicato a Barile, nel quale quest'ultimo, definito con un'immagine infantile «amico del cuore», viene ritratto come il «buon giardiniere» nell'atto di raddrizzare «i rami storti della mala pianta […] forse nella speranza di ottenerne, sia pure tardivamente, qualche bel fiore <159». Infatti, se durante la stesura del "primo" canzoniere Barile, fidato consigliere, vagliò tutte le liriche che avrebbero dovuto comporre l'indice del volume, quando Serra si troverà a selezionare nuovamente il suo repertorio, per l'allestimento del definitivo canzoniere, non potrà più usufruire dei preziosi consigli dell'amico; per questo esprime il suo rammarico riguardo ad alcune composizioni posteriori al '67 (anno della scomparsa del poeta di Albisola) - come "Comparsa" e "Sommario" - che, prive della supervisione dell'amico e attraversate «dalla tormentosa ombra del dubbio», non avrebbero ottenuto il suo benestare <160.
Le diverse indoli dei due poeti vengono affrescate da Serra in un componimento scherzoso, pubblicato per la prima volta in "Serata d'addio" (Carpena, 1961):
Ad Angelo Barile.
Tu sei quasi un sereno,
io… quasi un nuvolo
che tende alla buriana.
A volte posso amare
l'argenteo rosa vivido del parago,
tu sempre, con ragione,
dal nero ti proteggi della seppia.
Però se un guizzo fai
verso me, ti prometto
che stretto nella tunica d'opale
terrò il fumoso inchiostro.
Hanno, come tu sai, parago e seppia
la stessa casa in questo nostro mare.
Albisola Marina ("Ai pesci vivi")
Aprile 1961.
Questi tredici versi sono basati su una doppia coppia di opposizioni figurate dietro alle quali è facile riconoscere i due poeti - interessante la scelta di Serra di disegnare Barile attraverso il titolo di un suo volumetto poetico, "Quasi sereno". Forse per la sua efficacia e semplicità, questa «scherzosa favoletta marina» è scelta da Serra come omaggio da inserire in un volumetto di contributi dedicati alla memoria del poeta di Albisola; con queste parole l'autore spiega il modo in cui nacquero i suoi versi, mettendo in luce il significato delle antinomie che li costituiscono <161: "…Invitato affettuosamente da lui che voleva consolarmi di un mio inguaribile lutto, trascorsi qualche giorno della primavera 1961 ad Albisola in sua compagnia. Angelo… angelico; io, per quanto già desideroso d'evasione, ancora invescato nelle cose del mondo. Proprio per questo volli «tranquillizzare» l'amico promettendo a lui «quasi sereno», a lui «roseo parago», che io «seppia» dalla tunica piena d'inchiostraccio nero, avrei fatto ad Albisola e possibilmente d'allora in poi dovunque «il bambino buono». Così nacque, ad un tavolo della locanda «Ai pesci vivi» di Albisola Marina, questa breve lirica della quale il testo, dopo sottili appassionati «pesages» di vocaboli e sillabe, fu consensualmente licenziato".
[NOTE]
157 E. Serra, (1983), cit., p. 131.
158 I carteggi - Lettere di Camillo Sbarbaro a Ettore Serra (pp.131-145) e Lettere di Angelo Barile a Ettore Serra (pp. 159-183) - sono pubblicati in appendice ai rispettivi saggi, Sbarbaro e l'oleandro (pp. 119-130) e Poesia-preghiera di Angelo Barile (pp. 149-158), sempre in E. Serra (1983), cit.. La scelta delle lettere è effettuata dallo stesso Serra e pertanto non va considerata esaustiva; nel caso di Barile sono escluse dalla pubblicazioni le missive serriane, eccetto una.
159 E. Serra, Note a Piccolo canzoniere (1987), cit., p. 213.
160 Nel 1967 Serra stava lavorando al progetto di Piccolo canzoniere, lasciato in sospeso a causa della morte improvvisa di Alberto Tallone, che doveva curarne la veste tipografica; di questo volume rimane soltanto lo specimen custodito presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Simona Borghetti, "Un amore a lungo termine": Ettore Serra poeta tra i poeti, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014

venerdì 12 maggio 2023

La radio repubblichina trasmetteva anche in inglese


Dopo l’8 settembre, e prima che i tedeschi prendessero il sopravvento, l’archivio del Ministero subì degli “sfoltimenti”, anche per ordine del capo di Gabinetto Mazzolini che nascose carte relative ai 45 giorni e ne fece bruciare altre. <920 Per il Capo della Polizia Carmine Senise, personaggio che si deve credere ben informato, subito dopo l’armistizio, il Galli, certo per crearsi una prova nel caso di reazione tedesca nei suoi confronti, fece rogare da un notaio un atto di notorietà dal quale risultava che non aveva avuto conoscenza dell’armistizio prima che la radio trasmettesse l’annuncio datone dal maresciallo Badoglio. <921
La sede romana dell’EIAR, in Via Asiago, fu occupata il 10 settembre, alle ore 19, dalle truppe tedesche, in conformità all’accordo intervenuto fra autorità militari italiana e tedesca per l’istituzione della città libera di Roma. In quella giornata le disposizioni impartite dal Ministero e dall’autorità militare all’ing. Raoul Chiodelli, <922 ai suoi collaboratori ed al personale militare incaricato della difesa degli impianti furono molte e contraddittorie: così, almeno, risulta dal processo verbale che quattro giorni dopo redassero i dirigenti EIAR coinvolti nella vicenda (Allegati 1 e 2). Inizialmente, sembrava che gli impianti EIAR dovessero continuare a funzionare regolarmente, a disposizione del Ministero. E s’ipotizzò la resistenza armata ad eventuali pretese dei tedeschi d’impossessarsene. Alla fine della giornata, invece, i Carabinieri, comandati dal tenente Di Donato, ebbero ordine di non opporre resistenza ed l’ispettore capo Michele Scammacca <923 chiese all’ing. Chiodelli di riattivare gli impianti manomessi e prestare assistenza tecnica ai tedeschi. L’ing. Chiodelli telefonò anche all’ex ispettore capo prof. Pession, forse, a titolo
personale, per avere consigli; e questi gli suggerì di adeguarsi, senza troppa fretta. Successivamente il capo di Gabinetto Quinto Mazzolini <924 confermò per iscritto le istruzioni di Scammacca. <925
[...] Quanto alla radio, le prime trasmissioni della RSI provennero, almeno così sembrò, da Radio Colonia mentre dal 12 settembre fu riattivata Radio Roma. <950 Successivamente si utilizzarono le sedi EIAR di Milano <951 e di altre città, fra le quali Firenze. <952 Il diario di Jim Barnes consente di sapere che nell’aprile 1944 Goedell trasmetteva da Roma il programma “Jerry’s Front”, dedicato alle truppe britanniche in Italia, ricco di musica jazz. Jim Barnes e Burlando contribuivano da Milano con un dialogo “...We are supposed to be two Englishmen chatting of an evening in their rooms in London. Burlando and I get a lot of fun out of this, but it takes a deal of invention. Burlando of course helps me a lot. Our stage names are “Fat” and “Jolly”. I’m “Fat”...”. <953 Quando Roma fu occupata, “...Jerry’s Front is off for the time being and the English programme, reduced to 10 minutes in the afternoon, can be tackled easily by Burlando amd Mersa [?],who is one of our new young men, shaping very well. He has a perfect cockney accent...”. <954 “Jerry’s Front” fu ripreso dagli studi milanesi di Via Mascheroni 6, dopo l’arrivo di Goedell al Nord, nel luglio 1944. <955  Nel settembre 1944, per sfuggire ai bombardamenti, il centro trasmissioni che produceva “Jerry’s Front” si trasferì in una villa di Fino Mornasco, vicino alla frontiera elvetica; <956 vi continuò a lavorare Jim Barnes e, talvolta, anche il figlio quattordicenne Adriano. <957 Il 25 aprile la redazione di Fino Mornasco ebbe disposizione di ritirarsi verso Povo di Trento, dove le trasmissioni avrebbero dovuto riprendere. <958 Pochi giorni prima della fine, Mussolini autorizzò la pubblicazione di un articolo di Jim Barnes sul “Corriere della Sera” <959 e la trasmissione per radio, anche senza l’accordo dei tedeschi, di altri articoli, del giornalista inglese, in risposta alla lettera di Croce. <960 Nei giorni immediatamente precedenti la sua tragica fine Mussolini indicò a Barnes l’idea alla quale le sue trasmissioni di propaganda avrebbero dovuto informarsi: follia di pretendere da parte alleata la resa incondizionata e di voler perseguire i criminali di guerra, rendendo più ostinata la resistenza dell’Asse. <961 Barnes lavorò freneticamente alle trasmissioni, che realizzò solo in parte, mentre fece progetti per altre dirette verso gli Stati Uniti alle quali avrebbero dovuto collaborare Luigi Villari, il maltese Mallia, <962 la signora Romeo e tale Salerni. <963
Durante un breve soggiorno nella RSI anche John Amery, il fascista inglese figlio del ministro inglese delle Colonie, sembra abbia tenuto conversazioni radiofoniche e conferenze a Milano e Torino. <964 Invece Ezra Pound non sembra abbia ripreso le sue conversazioni radiofoniche se rimase senza effetto la sua lettera a Mussolini che Jim Barnes ebbe modo di leggere, memorizzandola, sulla scrivania di Nino Sammartano, direttore della propaganda radiofonica del MCP: “... Duce, Non credo che è utile o necessario che la Radio sia il monopolio di Londra in lingua inglese. Potrei combattere loro infame propaganda. Non ho bisogno di un Ministero, ma senza un microfono ich kann nicht senden”. Commentò Jim Barnes: “...What a chap is Ezra! Quite priceless and probably more effective that a formal epistle...”. <965
Nell’ottobre 1943 il giornalista Rivelli assicurava il funzionamento di “Radio Monaco”, non sappiamo in quale veste, almeno quale redattore del giornale radio italiano. <966 Né è chiaro quale fosse la natura di questa radio, una sezione della radio tedesca o una struttura autonoma? <967 Certo è che per trasferirla da Monaco a Berlino, dove avrebbe dovuto operare in collaborazione con la Missione Militare italiana, secondo il desiderio di Mussolini, era necessario rivolgersi all’AA del quale era, evidentemente, uno strumento di propaganda. <968 Nominato direttore della “Gazzetta del Popolo” dal ministro Mezzasoma, con l’approvazione di Mussolini, fu chiesto a Rivelli di rientrare in Italia, dopo avere trasferito il suo compito ai giornalisti Caprino, Profili e, forse, Querel, inviati in Germania a questo scopo. <969 Contestualmente Mussolini manifestò il desiderio al governo di Berlino, prima tramite il figlio Vittorio, poi tramite il MAE di Salò, che “Radio Monaco” fosse trasferita a Berlino e che collaborasse con la Missione Militare Italiana. Il ministro Ruehle, dell’AA, rispose che già era stato deciso di portarla a Milano.
Il MCP proseguì nel servizio d’intercettazione delle stazioni estere e pubblicava un bollettino riservato d’ascolto. <970 Incaricato del Servizio Pubblicazioni della DG Stampa e Radio Estera fu l’ex redattore capo del “Fonobollettino Quotidiano Stampa Estera” (lo era stato dal febbraio 1943), Eugenio Checchi. <971 Direttore dell’Ente Stampa, con sede a Venezia, fu nominato Molino. <972
[NOTE]
920 ASMAE, Personale, Busta 82, A 258, B - 18/131, Dall’8 settembre 1943 al 5 giugno 1944, appunto di Q. Mazzolini, s.d., allegato alla memoria difensiva rivolta alla Commissione di epurazione di 1^ grado del MAE, 16.11.1944 (Allegato 114).
921 C. Senise, Quando ero Capo ecc., cit., p. 249. Sulle peripezie dei giornalisti detenuti a S. Gregorio e l’azione di Missiroli in loro difesa: G. Leto, Polizia segreta ecc., cit., p. 174.
922 Nato a Roma 29.3.1896, da Gaetano e Cecilia Gualdi; direttore generale dell’Unione Radiofonica Italiana-URI. (1926) e, poi (1928) dell’EIAR. Cavaliere del lavoro. Vedi: Chi è? 1940, p. 232.
923 Diplomatico, nato a Catania 30.10.1898. Consigliere di legazione e Vice direttore generale del Personale del MAE, sarà nominato membro della Commissione di epurazione al posto del ministro plenipotenziario Luigi Vidau, sospettato di compromissioni con il fascismo; subito dopo lo stesso Scammacca subirà la stessa sorte e il suo posto verrà preso da Giorgio Benzoni: D. Ivone, Raffaele Guariglia e la diplomazia epurata (1944-1946), Napoli, 2002, p. 80 e 81; F. Scarano, Raffaele Guariglia. L’uomo e il diplomatico al servizio dello Stato, Raito di Vietri sul Mare, 2002.
924 Arcevia, 23.9.1888, di Cesare e Elisabetta Pauselli, ufficiale di fanteria, medaglia d’argento al valor militare (Quiesca 27.5.1916); entrò in carriera consolare nel 1927 mediante concorso per titoli a 5 posti di reggente consolare (suoi titoli: la carriera militare ed il grado raggiunto; partecipazione alla Conferenza della Pace di Parigi; missioni all’estero); fu reggente il consolato di Bitoli; Console generale a Monastir, Belgrado, Gerusalemme e Nizza (agosto 1941); fu collocato a riposo dalla RSI con decreto del 15.3.1944: ASMAE, Personale, pacco 82, A 258, B-18/131, MAE-DG Personale, appunto per Ufficio Amministrativo ed altri, 61/5018/893, 5.5.1944 e sua memoria difensiva del 16.11.1944 dove a p. 5 rivendica l’opera svolta per far revocare l’espulsione da Rodi degli ebrei, decretata dal governatore De Vecchi, affermazione confermata dall’allegato 14, Omaggio delle Comunità Ebraiche della Palestina - Unione Universale delle Comunità Sefardite al conte Quinto Mazzolini, Gerusalemme, 25.5.1939). A fine 1943 risulta all’Ufficio Staccato del MAE a Roma, Sezione stralcio archivi, Ispettorato Collegi GILE (ASMAE, RSI, Busta 7, Organizzazione Ufficio staccato Roma, PCM-Barracu a Serafino Mazzolini, 7.12.1943, allegato 1, Roma-Sezioni stralcio, p. 2); prosciolto dalla Commissione di epurazione di 1° grado del MAE il 1°.12.1944; collocato a riposo, a decorrere dal 17.9.1954, col
titolo onorifico di ministro plenipotenziario di 1^. Morto il 16.6.1964; sepolto nella tomba di famiglia, al Verano, assieme al fratello Serafino. Vedi anche: ASMAE, RSI, 110, 9/7, Minelli, appunto dattiloscritto s.d., 11, Q. Mazzolini a C. Fecia di Cossato, 21.5.1945, per vicende successive all’8 settembre, tipiche di quei tempi ma tutte da verificare, che avrebbero coinvolto Quinto Mazzolini assieme a tale Dante Vannucchi (con notizie di: Pierino Galante, direttore dell’Albergo Ambasciatori, confinante con lo stabile del MCP; capo della polizia Tamburini; Susca; col. Reil, capo dello spionaggio tedesco in Francia; cap. Raedzek, capo della Gestapo in Francia; cap. Max Buholtz; cap. Kriegsmarine Sessler di Milano; questore Durante; console Orlandini; ministro Tamburini, Lussemburgo).
925 L’EIAR fu trasferita al Nord con direzione generale a Torino; presidente Ezio Maria Gray, direttore generale Cesare Rivelli (nato a Potenza 1°.1.1906 da Giuseppe e Rosalba Ambrosini, giornalista di “Il Messaggero”; vedi Buste 623 e 863). Rivelli curò il funzionamento di Radio Monaco; nell’ottobre 1943 il ministro Mezzasoma, con l’approvazione del Duce, gli chiese di trasferire questo incarico ai giornalisti Caprino e Profili e tornare in Italia dove sarebbe stato nominato direttore della “Gazzetta del Popolo”: ASMAE, RSI, 32, 8.5, telegramma in partenza 28225/70, 21.10.1943, MAE-Gabinetto Mazzolini a Cons. Gen. Monaco; idem c.s., 57/15, 27.11.1943.
950 G.S. Rossi, Mussolini ecc., cit., p. 425.
951 Gli studi EIAR di Milano in Corso Sempione, costruiti nel 1939, furono bombardati nel 1943. La redazione milanese di “Jerry’s Front”, programma per le forze armate britanniche in Italia, curato da Jim Barnes e Burlando e diretto da Goedell, era in Via Mascheroni, 6 e subì (4.8.1944) un attentato incendiario: ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 1945, fol. 40. I redattori italiani erano affiancati da personale tedesco (col. Von Lilienfeld; George o Karl Goedell, ex-collaboratore dell’Ispettorato prima dell’8 settembre: ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 30.11.1943): C.M. Mancini, Le carte ecc., cit., p. 58 segg.. I tedeschi trasmettevano anche da Busto Arsizio, utilizzando due trasmettitori prelevati a S. Palomba (Prato Smeraldo, sulla Via Ardeatina); avrebbe dovuto entrare in funzione alla fine di luglio 1944 e Jim Barnes intendeva trasmettere verso l’America, con la collaborazione di Burlando: ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 12.5.1944. Nel corso del 1944 i tedeschi progettarono di trasmettere anche da Sesto Calende, dove esisteva (dal 1927) un centro EIAR adibito al controllo delle frequenze. Per le trasmissioni di Radio Baita nel biellese, del tenente Schu un austriaco appartenente alle SS: G. Pini, Itinerario tragico, cit., p. 235. Notizie su “Radio Tevere” in: S. Bertoldi, Salò, Milano, 1978, p. 306; G.S. Rossi, Mussolini ecc., cit., p. 524. Le trasmissioni in arabo non furono riprese: ASMAE, RSI, 5, Propaganda radio in lingua araba e Trasmissioni radiofoniche in lingua araba.
952 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 1943, 13.11.1943.
953 Burlando era un genovese: ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 31.4.1944 e 24.1.1945. Dovrebbe essere Francesco Burlando: ACS, Carte Barracu, fasc. 271.2224.
954 ACS, Barnes, Cassetta 4, 5.6.1944.
955 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 23.7.1944; 4.8.1944.
956 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 23.9.1944.
957 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 12 e 27.12.1944.
958 Per la sorte subita dall’archivio della stazione di Fino Mornasco nella ritirata verso Povo di Trento: C. M. Mancini, Le carte ecc., cit., n. 465.  Anche l’Ufficio Propaganda e Stampa delle Forze Armate repubblicane sembra effettuasse radiotrasmissioni indirizzate agli italiani prigionieri degli inglesi; erano organizzate dal magg. Raffaele Di Lauro con l’appoggio del Capo di Gabinetto del Ministero delle Forze Armate, Bocca. Poi il Di Lauro fu allontanato perché riconosciuto massone ed antifascista: L. Galli, Relazioni e appunti della Repubblica Sociale Italiana. Brescia 1943-1945, Brescia, a c. dell’autore, 2011, p. 44. Luciano Canfora, purtroppo, non indica dove ha reperito il testo di una trasmissione radiofonica repubblicana del 29.9.1943 che cita: La sentenza ecc., cit., p. 96, n. 2.
959 Irreperibile presso l’archivio del “Corriere della Sera”; probabilmente dopo il 25 aprile ci fu un’epurazione dell’archivio.
960 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 9 e 17.4.1945 (le prime cinque conversazioni di Jim Barnes furono registrate). La lettera di Croce, come Jim Barnes la chiama, potrebbe essere il discorso di Bari del 28.1.1944 o quello ricordato da A. Tamaro, Due anni ecc., cit., v. III, p. 354.
961 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario da 17 a 25.4.1945.
962 Credo si tratti di Carlo Mallia, ex ministro maltese della Giustizia (Città Vittoria di Gozo 1890- Roma 1960); vedi Busta 50, 1927, Franchigie telegrafiche; ASMAE, Gabinetto 1923-1943, Busta 1101.
963 ACS, Barnes, Cassetta 4, Diario 19.4.1945.
964 E. F. Moellhausen, La carta perdente, Roma, 1948, p. 425; F. Bandini, Vita e morte segreta di Mussolini, Milano, 1978, p. 338, n. 5. Figlio del Ministro delle Colonie, Leopold S. Amery (nato Gorakhpur, 22.11.1873). John fu condannato per tradimento ed impiccato a Londra il 19.12.1945.
965 ACS, Archivio Barnes, Cassetta 4, Diario 13.11.1943.
966 Uno dei tre (gli altri erano Cesare Rivelli e Caprino) ai quali Berlino inizialmente affidò la concessione di Radio Monaco era Antonio Profili, già della redazione di “Il Littoriale”; nel marzo 1944 era rientrato a Milano dove faceva parte della direzione del Radio Giornale EIAR (Milano, Via Antonini, 50; ASMAE, RSI, Busta 32, 8.5, telegramma in Partenza, 28255/70, 21.10.1943, MAE Gabinetto Mazzolini a CG Monaco di Baviera e id.c.s. 57/15, 27.11.1943; Busta 101,  1998, Profili dott. Antonio, EIAR Radio Giornale Profili a Serafino Mazzolini, Milano 11.3.1944).
967 ASMAE, RSI, 32, 8.7, MAE-Segr. Gen. a MCP, 1/00347/49-23-1, 6.1.1944, parla di “...radio fascista di Monaco...”; idem c.s., 1/5174, 4.11.1944, parla di “...Sezione italiana radio del Reich...”.
968 ASMAE, RSI, 32, 8.7, Amb. Berlino Anfuso a MAE Gabinetto per il Duce, 25425 PR, 9.11.1943.
969 ASMAE, RSI, 32, 8.5, telegrammi in partenza MAE-Mazzolini a Cons. Gen. Monaco, 28225/70, 21.10.1943 e 57/15, 27.11.1943; 8.7, telegramma in partenza, 17.10.1943, MAE-Mazzolini a Amb. Berlino.
970 ASMAE, RSI, 3, appunto MAE-Gabinetto Mellini per MCP, 6.4.1945.
971 ASMAE, RSI, Personale, Busta 25, Eugenio Checchi. All’Ufficio Intercettazioni (Bollettino) del MCP lavorava il dianzi citato Gino Restelli: ASMAE, RSI, Buste 101, 1998; 203, 1211.
972 G. Pini, Itinerario tragico, cit., p. 151.
Claudio Maria Mancini, L’Archivio della Direzione Generale per la Stampa Estera del Ministero della Cultura Popolare nell’Archivio Storico-Diplomatico del MAE. Appunti di una prima ricerca, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 2022

lunedì 8 maggio 2023

Dal 2002, anno di pubblicazione di "Romanzo criminale", alcuni meccanismi hanno mutato di senso


«Il libro è abbastanza veritiero» <642: nessun magistrato, nessuno storico, nessun critico letterario, nemmeno lo stesso Giancarlo De Cataldo si sono mai spinti a dare un giudizio simile in merito a "Romanzo criminale". A farlo, in una conversazione intercettata dalla procura di Roma, è invece Massimo Carminati, ex terrorista dei Nar, a cui si ispira il personaggio del Nero. Nel dicembre del 2014, infatti, una vasta operazione di polizia, intitolata prima “Terra di Mezzo” e poi “Mafia Capitale”, porta in carcere Carminati con l'accusa di essere a capo di una vasta rete criminale che coinvolge, attraverso estorsioni e gare di appalto truccate, membri delle cooperative, politici, poliziotti, ambienti della destra romana: una rete dunque non troppo lontana da quella che il Libanese, il Freddo e il Dandi costruiscono all'interno di "Romanzo criminale". L'operazione della polizia arriva in realtà dopo anni di inchieste giornalistiche sull'argomento, in particolare quelle del giornalista dell'"Espresso" Lirio Abbate. Il risultato delle indagini è inoltre ampiamente anticipato da "Suburra", il romanzo che De Cataldo scrive insieme a Carlo Bonini. L'arresto di Carminati avvia anche un processo opposto rispetto a quello di "Romanzo Criminale": nei giorni di “Mafia Capitale” è la cronaca a nutrirsi della finzione.
Il 2 dicembre, subito dopo l'operazione di polizia, il giornalista Mauro Favale scrive dal suo profilo di Twitter, «Se so' bevuti er #Nero #Carminati». Al di là della battuta non è l'unico caso in cui il romanzo di De Cataldo viene ripreso all'interno degli articoli che narrano l'inchiesta, e se un articolo di Panorama titola “Massimo Carminati, il Nero di 'Romanzo Criminale'”, altre testate si spingono oltre, come il caso della "Stampa" e di "Internazionale", che utilizzano una foto della serie tv per accompagnare i titoli: un personaggio legato a vicende storiche e contemporanee, che ha ispirato un personaggio di fiction, assume su di sé l'identità pop che viene dalla finzione. Questo meccanismo ha un suo lato grottesco, come dimostra la stessa indagine, secondo cui due personaggi non identificati, «presumibilmente due poliziotti» <643, in un incontro con lo stesso Carminati si dicono affascinati dai suoi racconti riguardo gli avvenimenti del passato, dichiarando: «starei due giorni a sentirti» <644.
Il fenomeno non è isolato: in un articolo per "Internazionale" intitolato “Il neofascismo non è un film”, la storica Vanessa Roghi indaga le origini della mitizzazione mediatica dei militanti dell'estrema destra distinguendo tra le operazioni di finzionalizzazione della realtà che vengono messe in atto nei romanzi e nelle serie televisive, e le ricostruzioni storiche e documentaristiche caratterizzate da una «banalizzazione romantica del neofascismo criminale». Il ruolo di De Cataldo è quello di offrire «un racconto ordinato e comprensibile (oltre che avvincente) di una stagione ancora in larga parte non raccontata», ma a seguito di questa operazione c'è una «reductio ad pop» del terrorismo di destra che secondo Roghi trova un suo antesignano nel libro di Luca Telese, "Cuori neri" (2006): "è lo stesso Telese a dirigere la collana di Sperling & Kupfer 'Le radici del presente', in cui compaiono, tra gli altri: 'La fiamma e la celtica' e 'Il piombo e la celtica', di Nicola Rao; 'Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura', di autori vari; 'Fascisteria', di Ugo Maria Tassinari; e 'La notte brucia ancora', testimonianza di Giampaolo Mattei sul rogo di Primavalle". <645
La depoliticizzazione del neofascismo e della sua storia rendono il Nero «un personaggio da romanzo, imprendibile fino a oggi anche per la giustizia, come un sogno di celluloide» <646, e questo è il “sostrato” che si accompagna alle azioni politiche vere e proprie, quelle che hanno favorito le attività di Carminati, permettendogli di lavorare ancora più indisturbato.
Questo passaggio è segno del fatto che dal 2002, anno di pubblicazione di "Romanzo criminale", alcuni meccanismi hanno mutato di senso: dall'essere sintomo di una volontà di riscatto nei confronti del passato, la finzionalizzazione di personaggi ed eventi storici sembra aver assunto il significato opposto, diventando un paravento che concorre a nascondere e camuffare nuove violenze.
"Romanzo criminale" rappresenta così il singolare caso in cui un'opera di fiction gareggia con la realtà in un testa a testa che prosegue anche dopo la fine del romanzo. Un caso in cui la fiction precede la cronaca, facendo sì che le sue icone identifichino la storia prima di una qualsiasi verità giudiziaria accertata. In cui si pone la questione dell'autorevolezza che la fonte letteraria assume in funzione di una sua ampia divulgazione. Un'autorevolezza tanto maggiore in virtù delle falle della storia ufficiale.
[NOTE]
642 G.I., “E il 'Guercio' parlò di De Cataldo. 'È abbastanza veritiero'”, Repubblica, 07/12/2014.
643 Giovanni Bianconi, “«Stai attento, sei sotto indagine». Quelle soffiate degli agenti al boss”, 04/12/2014, Corriere della Sera.
644 Federica Angeli, “Pool d'infedeli per 'il Guercio': agenti e carabinieri”, Repubblica, 04/12/2014.
645 Vanessa Roghi, “Il neo-fascismo non è un film”, Internazionale, 12/12/2014.
646 Ibid.
Paolo La Valle, Raccontare la storia al tempo delle crisi, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015