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domenica 28 maggio 2023

Campolonghi, fedele alla pubblicistica antifascista

Fonte: Gallica

Dopo la rottura con Bruzzi, Luigi Campolonghi ritrovò vicino a sé il vecchio Alceste De Ambris, anch'esso sulla via dell'esilio. De Ambris aveva abbandonato l'Italia nel 1923 e si era recato a Parigi per dirigere il “Consorzio Cooperativo Italiano del Lavoro”. Sempre a Parigi aveva fondato «La voce del profugo». Spostatosi a Tolosa, dette vita al settimanale «Il Mezzogiorno» ed alla casa editrice «Exoria», specializzata in pubblicazioni antifasciste <253.
In questo frangente Douazan iniziò a configurarsi come porto sicuro del fuoruscitismo italiano evidenziando due fasi: la prima - sovrapponibile all'installazione dei coloni - in cui accolse principalmente militanti di base, agricoltori ed illetterati e successivamente, dal 1924-25 quadri intermedi politici e sindacali del composito schieramento antifascista <254.
Nel contesto di crisi identitaria che stava vivendo l'eterogeneo e frammentato movimento antifascista in Francia, «Il Mezzogiorno» rappresentò un punto di riferimento importante, capace di indicare nuove strade. Sorto nel 1925, si pubblicava a Tolosa e svolgeva un'opera di indirizzo verso i numerosi immigrati italiani che arrivavano nell'area. Agitando lo spauracchio bellicista del fascismo, creò consenso attorno a sé attraverso una serie ricorrente di manifestazioni e comizi che contrariavano le autorità diplomatiche presenti nella regione con esponenti fidati inviati da Roma. Grazie alla chiara professione di amicizia verso la Francia e l'opera svolta per mantenere nell'alveo dell'“ordine” i numerosi immigrati, il foglio godeva di un'informale appoggio delle autorità locali <255.
La lettura pubblica che Campolonghi dà del fascismo e dello stesso Mussolini si inserisce, storicamente, nella classica interpretazione che mette al centro la reazione della borghesia italiana contro la potenza dell'organizzazione operaia affidata ad un movimento fomentatore del disordine onde presentarsi alle classi dirigenti come argine del bolscevismo. Campolonghi - facendo riferimento al biennio rosso - non rinnega l'occupazione delle fabbriche - pur riprovandone gli eccessi violenti - considerata come unica alternativa alla minaccia di serrata da parte dei loro proprietari.
Nello scritto «Le fascisme italien raconté par les fascistes. De l’Armistice à la marche sur Rome» <256, scritto nel 1935 ma rimasto a lungo inedito, Campolonghi si ripropose di scrivere una storia delle origini del fascismo ed i tratti biografici dello stesso Mussolini contraddicendo le opere propagandistiche di autori direttamente legati al regime. Fatti salvi gli aspetti più veementi che, per quanto ironici e godibili, eccedono nel personalismo: «L'Esilio è un ufficio più alto della Tirannia. E poi non è stato lui (Mussolini) a esiliarmi dall'Italia ma io a cacciarmi oltre i confini dell'orgoglio e del mio biasimo» <257, lo scritto non offre pagine rimarcabili.
Campolonghi, fedele alla pubblicistica antifascista, procede alla demolizione del profilo di Mussolini sotto tutti gli aspetti: morali, umani e politici, basandosi anche su ricordi personali. I due uomini si erano incontrati diverse volte - ironia della sorte Mussolini succedette a Campolonghi quale direttore de «La Lima» - e l'Autore cita l'interesse e la fascinazione di cui era stato circondato il futuro Duce, in particolare negli ambienti del sindacalismo rivoluzionario con alla testa De Ambris, ma smentisce implicitamente di avere avuto parte nel finanziamento de «Il Popolo d'Italia» <258.
Il testo non va oltre una lettura cronologica, per quanto precisa e dettagliata, degli anni che videro la nascita e l'avvento del fascismo, prefigurando nel finale uno scenario di guerra, quanto mai attendibile.
Gli stessi caratteri presenta il dattiloscritto in lingua francese conservato nel Fondo Campolonghi dell'INSMLI. Si tratta anzi dello stesso testo, rielaborato in uno stile più letterario e a sfondo satirico - forse per accattivarsi l'uditorio francese in vista di una potenziale pubblicazione <259.
Nonostante il trasferimento, Campolonghi mantenne un domicilio a Parigi e durante i soggiorni nella capitale continuò a frequentarne l'ambiente intellettuale, recandosi spesso nel salotto di Mme Menard-Dorian.
Pur avendo subito la perdita di alcuni punti di riferimento che sino ad allora avevano guidato la sua attività - Bissolati in particolare - ed essendosi temporaneamente ritirato dalla prima linea dell'impegno politico egli diede vita, durante un soggiorno in Costa Azzurra, a Mandelieu, alla «Fratellanza Franco Lunigianese». Entrò poi in contatto con il movimento a carattere militare, facente capo ai fratelli Garibaldi, che vagheggiava un rientro armato in Italia attraverso il Piemonte. Dopo l'omicidio di Matteotti era stato creato un “Comitato d'azione” che si fuse con il movimento “garibaldino” - ispirato dall'attivismo dei discendenti di Giuseppe Garibaldi <260 - volto a creare delle “legioni” per un nuovo fantomatico sbarco dei mille. Ancora una volta Campolonghi fu coinvolto nell'avventurista progetto da De Ambris, senonché lo scandalo del novembre 1926 rese noti i legami tra Ricciotti Garibaldi ed il fascismo.
Quest'ulteriore delusione segnò Campolonghi che si convinse della necessità di un progetto più concreto, avendo dato il regime segnali duraturi di stabilità <261.
Dal 1926, Campolonghi e De Ambris, abbandonate le azioni velleitarie, optarono per il passaggio da un antifascismo agitato ed incapace di incidere ad un'iniziativa più organizzata e ragionevole, aiutati da una rete di contatti invidiabile - che contemplava la massoneria - ed uno spirito energico e combattivo.
Campolonghi era all'epoca l'esponente più rappresentativo della «Loggia Italia», “Loggia di amicizia” italo-francese all'obbedienza della «Grande Loge» operante dal 1913 ed impegnata, a partire dagli anni venti, in una vasta opera di sensibilizzazione antifascista all'interno della stessa massoneria francese sotto la direzione del suo Maestro venerabile Ubaldo Triaca <262.
Negli anni successivi, Campolonghi avrebbe collaborato attivamente alla costruzione della Loggia «Italia Nuova» diretta da Giuseppe Leti e sorta nel 1930 in opposizione alla corrente moderata di Triaca, che non accettava l'orientamento dato contro la monarchia ed in generale la politica della Concentrazione Antifascista <263.
[NOTE]
253 Furiozzi, cit., p. 85.
254 Delpont, cit, pp. 51-52.
255 S. Tombaccini, Storia dei fuorusciti italiani in Francia, Mursia, Milano 1988, pp. 33-34.
256 L. Campolonghi, Le fascisme italienne raconté par les fascistes. De l’Armistice à la marche sur Rome, s.d. ma 1935, in De Felice, cit., pp. 103-160.
257 Ivi, p. 114.
258 Ibidem.
259 L. Campolonghi, Biografia di Mussolini, FC, b. 2, f. 5, INSMLI.
260 Su questo tema cfr. I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica, a cura di Z. Ciuffoletti, A. Colombo, A. Garibaldi Jallet, Lacaita, Manduria 2005.
261 Landuyt, cit., pp. 480-481; cfr. Delpont, cit., p. 54; cfr. E.Vial, La Ligue Italienne des droits de l'homme (LIDU) de sa fondation à 1934, in “Les Italiens en France de 1914 à 1940”, sous la direction de P. Milza, École Française de Rome, Roma 1986, pp. 409-410.
262 S. Fedele, Tra impegno per la pace e lotta antifascista: l'azione internazionale della Massoneria italiana tra le due guerre, in “Per la pace in Europa: Istanze internazionaliste e impegno antifascista”, Università degli studi di Messina, Messina 2007, p. 98.
263 A. Baglio, Campolonghi, la Lidu e la lotta per la pace, ivi, p. 153 n.
Mattia Ringozzi, La dignità degli sconfitti. Per una biografia di Luigi Campolonghi, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2015/2016