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venerdì 24 febbraio 2023

A differenza di Saponi e di Maffini, Pellizzari fu un militante del partito comunista italiano


[...] In un rapporto stipulato per il Ministero degli esteri in seguito a una missione svolta dal 24 ottobre al 7 novembre 1944 a Parigi, si legge che “(…) Nelle primissime ore del 2 ottobre un italiano detto Brasile (di nome Sapone), capo della sezione garibaldina delle Milices patriotiques dell'XI arr., col concorso di Militi e della polizia ha proceduto all'arresto del regio console, ed alla sua traduzione in una prigione abusiva, nei locali di una vecchia clinica dello stesso quartiere (l'XI). Guardato a vista per alcuni giorni, e costretto a gravi disagi ed a lavori molto umilianti, fu poi rilasciato d'ordine del Governo francese, che provvide ad inviare al suo domicilio un ufficiale di stato maggiore a presentare le scuse di quanto avvenuto, ed a spiegare come il suo arresto - non era stato in modo alcuno - né provocato, né approvato dalle Autorità francesi <504”. <505 A segnalare alle autorità l'arresto avvenuto, ed a ottenere la sua liberazione, concorsero efficacemente l'avvocato Nitti, per il CILN (Comité Italien de Libération Nationale) e particolarmente vivaci furono l'intervento del nunzio apostolico e del console di Svizzera. Interessanti per la loro documentazione, e per le simpatie dimostrate, le attestazioni di numerose personalità francesi e straniere”. <506
Il Saponi all'indomani della seconda guerra mondiale tornò a vivere in Italia, nel 1970 fece varie pratiche, tramite l'Associazione dei Garibaldini dell'XI, per farsi riconoscere la sua attività di resistente in Francia, come testimoniano alcune sue lettere e attestazioni conservate nel Fondo Maffini. <507
Un altro membro della Milice Patriotique dell'XI arr. di cui è possibile parlare grazie alla documentazione disponibile è Ardito Pellizzari. A differenza di Saponi e di Maffini, Pellizzari fu un militante del partito comunista italiano. Originario di Enemonzo nel Friuli, dopo avere frequentato le scuole professionali (ramo meccanico), emigrò nel 1930, all'età di 18 anni, per motivi di lavoro in Francia con regolare passaporto e raggiunse il padre e il fratello che già si trovavano a Parigi. Lavorò come meccanico a Choisy Le Roy prima di spostarsi a Parigi, dove visse nel quartiere di Avron nel XX arr. Nel 1931 entrò subito in contatto con gli ambienti giovanili del partito comunista e nel 1933 diventò il segretario dei giovani comunisti del Gruppo di lingua italiana del XX arr. Sempre per il partito comunista fece delle missioni in clandestinità, recandosi tra il luglio e l'ottobre del 1936, in Friuli. La polizia italiana aprì un fascicolo su di lui nel 1937, nel momento in cui raggiunse la Spagna come combattente volontario delle Brigate Internazionali e per questo venne iscritto in rubrica di frontiera e nel bollettino delle ricerche per arresto. Il 6 gennaio entrò in Spagna e venne arruolato nel Battaglione Dimitrov, compagnia italiana, XIV Brigata Internazionale, fino a diventare qualche mese dopo il Commissario politico della compagnia stessa. Il 12 febbraio venne ferito nella battaglia a Morata de Tajuna, sul fronte del Jarama e rimase nella stessa zona fino al mese di aprile. Nel maggio, si trovava nella città di Madrid, dove si occupò del settore delle radio-trasmissioni. Nel luglio del 1937 rientrò in Francia, inviato dallo stesso Luigi Longo che al tempo era il commissario ispettore generale delle Brigate Internazionali. Tornato a Parigi, il Pellizzari si dedicò fino alla primavera del 1939, alla organizzazione di volontari da arruolare per le Brigate Internazionali. <508 Anche suo fratello Giovanni Pellizzari, emigrato in Francia nel 1928 e stabilitosi a Parigi, si arruolò nel dicembre del 1937 come volontario nelle milizie rosse spagnole e venne assegnato alla Compagnia mitraglieri del III Battaglione della Brigata Garibaldi, ferito in Spagna, tornò nel 1939 in Francia. <509 Qui venne internato nei campi di Argelès, Gurs e Vernet e da qui tradotto alla frontiera e consegnato alla polizia italiana nel 1941. Recluso a Ventotene, dopo la caduta del regime fascista prese parte alla guerra di liberazione come comandante della Brigata Garibaldi Carnia. <510
Ardito Pellizzari, allo scoppio della II guerra mondiale, essendo un militante del partito comunista, entrò fin da subito in clandestinità e nelle fila della Resistenza a partire dal dicembre del 1940, in qualità di FTP. <511 Collaborò con diversi resistenti italiani, quali Carlo Fabro, Bruno Tosin, Giuseppe Bettuzzi, <512; nominato ad un posto importante nella MOI, fu incaricato di occuparsi della propaganda e della stampa clandestina in lingua italiana e francese che incitava al sollevamento contro le truppe di occupazione. Fu addetto a reclutare persone e quadri per la resistenza e fece parte anche del gruppo di fuoco (dei gappisti) legato a Piero Pajetta. <513 Nel 1941 sposò a Parigi Wilma Diodati, <514 figlia dei comunisti Diodati impegnati nella resistenza nel XII arr. e che offrivano il loro appartamento, in Passage du Genie, proprio al gruppo di Pajetta, come ho già detto nel capitolo precedente. <515 Nel 1941, fu inviato a Berlino per una missione delicata: convincere gli italiani presenti in Germania a rientrare in Italia ma venne scoperto, ed è soltanto grazie alla collaborazione di un funzionario dell'ambasciata che riuscì a tornare in Francia. Questo è ciò che afferma il Pellizzari stesso allo storico Puppini in un'intervista rilasciata a metà degli anni '80. Oltre alla sua testimonianza non ho altre informazioni riguardo a questa sua missione in Germania e non mi è possibile quindi chiarire come sia avvenuto il suo rientro in Francia favorito da un funzionario italiano nel 1941. Nelle carte del suo fascicolo al CPC, vi sono delle pratiche riguardo al rinnovo del passaporto del Pellizzari da parte del Consolato generale in Berlino ma risalgono al 1937. Insieme al gruppo di Tonussi, partecipò a circa quindici sabotaggi e azioni armate contro l'occupante e nel 1942 venne chiamato da Mazzetti per sostituire Rohregger e Buzzi, fucilati dalla Gestapo dopo il processo al Palais Bourbon. <516
La Préfecture de Police di Parigi, ignara della sua attività di resistente, gli rilasciò una carta d'identità l'8 maggio 1942, stando ad una dichiarazione del Comité Italien de Libération Nationale del 15 gennaio 1945; tuttavia non è possibile avere conferma del rilascio del documento da parte della Prefettura parigina poiché all'Archivio della Prefecture non esiste un dossier nominativo su Pellizzari. Sempre in questa dichiarazione si legge che il Comité Italien fu autore del rinnovo di questa carta d'identità data l'impossibilità del Pellizzari di farsela rinnovare normalmente. <517
Pellizzari prima di compiere alcune azioni venne ospitato più volte da Martino Martini, membro del gruppo di Piero Pajetta, arrestato insieme a quest'ultimo nel '41 e poi rilasciati. Come si legge in un'attestazione sulla attività di resistenza rilasciata da Maffini: il Martini fu incaricato dalla MOI di organizzare il C.L.N. Italiano, e di prendere contatto con soldati italiani a Bordeaux per sondare il morale delle truppe e fare evadere qualche soldato; procurò armi e tessere di alimentazione al gruppo di Manouchian, organizzò tre depositi di armi, di cui uno era in Passage du Genie nel XII. Dopo la cattura del gruppo Manouchian continuò a procurare armi per altri gruppi della MOI e fu incaricato di organizzare la Milice patriotique della zona sud di Parigi. Dopo la sua scarcerazione nel '41, i suoi domicili servirono per ospitare le riunioni degli italiani e per ospitare resistenti italiani, quali Pellizzari, Ciufoli, etc. <518
Nel mese di aprile del 1944, il Pellizzari ebbe come missione di mettersi in contatto con le formazioni garibaldine e con esse prese parte a numerose azioni pericolose contro l'occupante e al recupero di armi e munizioni. In seguito partecipò alla confezione di bombe Molotov alla Mairie dell'XI arr. <519
Dal maggio del 1944 fino al maggio del 1945 ricoprì l'incarico di ispettore militare del CILN in Francia, <520 periodo durante il quale si occupò dell'invio in Italia di gruppi partigiani attraverso le Alpi. <521 Fece anche parte del Comitato di Liberazione della sezione dell'XI, come membro permanente fino alla data dell'armistizio, l'8 maggio 1945. Dopo la liberazione di Parigi, fece parte dei garibaldini della Caserma di Reully, per poi fare ritorno in Friuli alla fine della guerra.
[NOTE]
504 Rapporto della Préfecture Police del 18 gennaio 1945 in APP., dossier Saponi famille, n. 123.397/77W184.
505 Riguardo al Console Orlandini in questo rapporto per il Ministero degli esteri redatto da Annita M. Ferrari, datato 27 dicembre 1944, si riferisce che «Sulla persona del Console Orlandini si appuntano sempre molte simpatie in ambiente francese: le testimonianza date da alte personalità francesi, o residenti in Francia, in suo favore, al momento del suo arresto, ne fanno fede. Se pesa su di lui (come su tutti coloro che, in veste ufficiale e in alto grado sono rimasti in Francia durante l'occupazione tedesca l'accusa vaga e generica di «collaborazione con il governo di Vichy» sta in suo favore il fatto che fu proprio il governo uscente (e non quello di Vichy) che lo designò, dichiarandolo «persona grata» al momento della partenza dell'Ambasciatore. Di conseguenza, la sua permanenza a Parigi al momento dell'occupazione era più di fiduciario del governo uscente, che non di persona grata al Governo entrante. In attesa di un aereo per Roma, egli è ora a Parigi, condotto per tappe successive dopo i campi di concentramento dalla fuga di Venezia, all'attività partigiana in valle Stura ed a quella fra le FFI in Francia. La sua attività nel maquis è stata particolarmente gradita. Orlandini era stato assegnato dai tedeschi alla residenza di Venezia, dove era tenuto coatto, dopo due detenzioni in campi di concentramento, Orlandini potè raggiungere i patrioti italiani nelle Alpi (Valle Stura) nel maggio del 1944 e nell'agosto del 1944 passare nel Maquis della Haute Tinée (Alpi Marittime) dove ha collaborato con le FFI che gli rilasciarono una tessera di riconoscimento e di liberazione. Da qui, preclusa la via per Roma tornò per un po' a Parigi, fiducioso di poter da lì prendere un aereo. Il suo arrivo a Parigi «anche se volutamente riservato e a titolo strettamente personale» non poteva restare nascosto. Se ne rallegrarono gli impiegati che sperarono in una riapertura delle sedi e la loro riassunzione”. Archivio del Ministero degli Esteri, Serie Affari politici 1931-1945, Comitati italiani di Liberazione Nazionale in Francia (1945), b. 91.
506 Rapporto redatto da Annita M. Ferrari per il Ministero degli Esteri, datato 27 dicembre 1944, (scritto su carta della Associazione educatrice italiana), cit. pp. 42-43, in Archivio del Ministero degli Esteri, Serie Affari politici 1931-1945, b. 91, Comitati italiani di Liberazione Nazionale in Francia, CILN, (1945).
507 Lettere di Saponi a Maffini nelle quali richiede varia documentazione utile per fargli ottenere la pensione di invalidità in Italia, 1971; Lettera di Saponi a Fausto Nitti e risposta, per ottenere tale pensione, in BDIC, Fonds Maffini; AICVAS, pratiche personali, Adolfo Saponi, b. 49, fascicolo 186.
508 Archivio AICVAS, questionario per gli ex combattenti Antifranchisti compilato da Ardito Pellizzari il 17 maggio 1977; Archivio AICVAS, tessera socio della Brigata Garibaldi di Ardito Pellizzari, n. 68, 1938. La tessera ha il timbro della Federazione nazionale Combattenti Volontari della Spagna - Fratellanza Garibaldini Comitato Centrale. Sul lato sinistro della tessera è descritta la Brigata Garibaldi. “La B.G. nella quale si sono uniti e fusi gli italiani liberi di differenti correnti politiche - rappresenta nella guerra di Spagna l'avanguardia armata del Fronte popolare italiano, per la conquista della pace e della libertà. Rinnovando la tradizione gloriosa del Risorgimento italiano, i garibaldini della nuova Italia simboleggiano la solidarietà vivente del nostro popolo col popolo della Repubblica spagnola. I reduci della “Garibaldi” e di tutti i reparti della Spagna Repubblicana assumono l'impegno d'onore di mantenere sempre e di diffondere in tutto il popolo italiano il sentimento d'unione realizzato sui campi di battaglia e cimentato col sangue dei gloriosi fratelli caduti. Essi assumono l'impegno d'onore di contribuire con tutti i mezzi possibili a rafforzare l'invitta Brigata Garibaldi, gloria del popolo italiano, di considerarsi sempre suoi militi e di essere sempre pronti a combattere nelle sue file sino al trionfo definitivo della democrazia e della libertà”. INSMLI, AICVAS, Biografie di volontari, Ardito Pellizzari busta 6, Fasc. 38. CFR. M. Puppini, Pellizzari Ardito, testimonianza diretta, in In Spagna per la libertà: antifascisti friulani, giuliani istriani, nella guerra civile spagnola 1936-1939, Udine: Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 1986, pp. 199-200. Biografia di Ardito Pellizzari, in AICVAS (a cura di), La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939. Tre anni da non dimenticare, Roma, 1996, p. 353.
509 INSMLI, AICVAS, Biografie di volontari, Ardito Pellizzari busta 6, Fasc. 38.
510 ACS, CPC ad nomen Giovanni Pellizzari, b. 3831.
511 Così afferma Gaston Laroche, ex colonnello FTP-MOI e segretario UGEVRE in un'attestazione sull'attività di Ardito Pellizzari rilasciata il 6 aprile 1948, in BDIC-Fond Darno Maffini.
512 R. Maddalozzo, op. cit. pp. 24-25.
513 S. Schiapparelli, op. cit., p. 203 e M. Brasca, op. cit., p. 44.
514 ACS, CPC fascicolo Ardito Pellizzari, b. 3831. Telespresso del Regio Consolato generale in Parigi del 13.07.43.
515 S. Schiapparelli, .op. cit, p. 202.
516 A. Tonussi, op. cit., p. 132.
517 INSMLI, AICVAS, Biografie di volontari, Ardito Pellizzari busta 6, Fasc. 38. Domanda del Comité Italien de Liberation National alla Préfecture de Police per il rinnovo della carta d'identità per lavoratore industriale di Ardito
Pellizzari, Parigi, 15 gennaio 1945.
518 Attestazione rilasciata da Maffini a Martino Martini il 27 giugno 1961, in BDIC- Fonds Maffini,
519 Attestazione rilasciata da Maffini a Pellizzari il 4.11.1976 in BDIC - Fonds Maffini e in AICVAS Busta 6, Fasc. 38.
520 Nella busta del fondo AICVAS (INSMLI) che contiene le carte su Ardito Pellizzari è presente la tessera di Ardito Pellizzari della Commissione Militare del Comitato italiano di Liberazione Nazionale.
521 Dichiarazione del Centro Accoglimento esuli politici italiani reduci dalla Francia, Milano, 1 ottobre 1948, AICVAS
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013

domenica 19 febbraio 2023

Antefatti e risvolti dell'omicidio dei fratelli Rosselli, accaduti tra Nizza ed Imperia

Nizza

Dietro la sigla "Dd" si celava la figura di Joseph Darnand. Questi era un membro della Cagoule - conosciuta anche come Osarn (Organisation Secrète d'Action Révolutionnaire Nationale) o Csar (Comité Secret d'Action Révolutionnaire) - un'associazione segreta di estrema destra nata in Francia da ex militanti dell'Action Française durante la turbolenta primavera del 1936. In questa fase la polarizzazione della lotta politica aveva toccato nuove vette per via della vittoria elettorale del Fronte Popolare transalpino che aveva rinfocolato il terrore del "pericolo rosso". L'organizzazione prendeva il nome dal cappuccio che gli aderenti indossavano in occasione del rituale di iniziazione delle nuove leve, che prestavano giuramento di obbedienza, fedeltà e segreto. La pena prevista in caso di violazione degli impegni presi era la morte <1357. L'obiettivo che la Cagoule, guidata da Eugène Deloncle, si poneva era di creare una situazione che portasse alla fine dell'esperienza della Terza Repubblica, anticipando un ipotetico progetto comunista di cui avevano ricevuto comunicazione dai servizi informativi dell'esercito francese, in buona parte ancora nostalgici per la fine della monarchia <1358. I mezzi impiegati comprendevano tutto l'armamentario disponibile ad un'organizzazione strutturatasi in maniera paramilitare e non escludevano il ricorso ad attentati di vario genere, infiltrazioni nei cortei delle forze di sinistra e, ovviamente, omicidi politici.
"I delitti dei cagoulards - scrive Franzinelli - vengono attuati con modalità equivoche, per ricondurli ai servizi sovietici. La tattica della intossicazione, combinata con la provocazione, è la specialità della casa" <1359.
Le speranze di poter realizzare con successo il colpo di mano contro le istituzioni repubblicane si basava tanto "sulla complicità di settori delle forze armate sia sull'aiuto estero per armamenti e basi operative" <1360.
Lo scoppio della guerra civile spagnola segnava l'inizio di una fase molto intensa per assicurarsi contatti tanto con gli insorti franchisti <1361, quanto con il fascismo italiano. Più difficile risultava invece stabilire una relazione con la Germania hitleriana per via della storica diffidenza e inimicizia tra i due Paesi. A stabilire il primo contatto era un ufficiale del Deuxième Bureau, segretamente membro dello Csar, che propose un incontro al Capo del Centro Controspionaggio di Torino, il capitano dei Carabinieri Reali Roberto Navale.
Il governo fascista poteva così conoscere il programma e gli obiettivi dell'Osarn, che veniva ritenuto un utile alleato per mettere in difficoltà il Fronte Popolare transalpino. Il SIM aveva così il via libera per agevolare ai cagoulards l'acquisto di armi. Adolphe Juif e Léon Jean-Baptiste, due degli uomini incaricati dall'Osarn dell'acquisto di armi, approfittavano della situazione per appropriarsi di circa 300.000 franchi dalle casse dell'organizzazione. La reazione dei compagni traditi non tardava ad arrivare. Jean-Batpiste scompariva a seguito di un incontro con il vertice della Cagoule. Juif, conscio dei sospetti su di lui, si rifugiava in Italia, in una villa messagli a disposizione da Navale. Juif contava sulla protezione del Capo del Centro Controspionaggio di Torino, che però nulla fece per ostacolare la vendetta.
Il 14 dicembre 1936 Juif veniva sequestrato ed ucciso, il corpo ritrovato nella provincia di Imperia solo l'8 febbraio dell'anno successivo. L'omicidio destava le attenzioni non solo della polizia italiana, ma anche di quella francese. Venuti a conoscenza delle indagini lo Csar organizzava un astuto depistaggio con la complicità dei servizi segreti italiani e spagnoli. Ad uccidere Juif sarebbe stato proprio lo scomparso Jean-Baptiste, approfittando di una licenza ottenuta dopo il suo arruolamento nella Falange spagnola. Tornato al fronte sarebbe rimasto ucciso in combattimento a metà gennaio. Per corroborare il tutto la stampa franchista pubblicava la foto di Jean-Baptiste nel bollettino dei caduti <1362.
Proprio questo assassinio contribuiva ad avvicinare ulteriormente il fascismo italiano e la Cagoule. Era proprio questo il delitto cui Emanuele faceva riferimento nella relazione del 3 febbraio 1937 come possibile mezzo di pressione da esercitarsi sui francesi. Il Capo del Controspionaggio scriveva come Navale "stesse studiando il mezzo di ricattare gli esponenti suddetti e condurli alla nostra causa, anche per eventuali attentati da compiersi nelle Alpi Marittime, sfruttando un delitto da essi compiuto in Italia e per il quale sono in corso accertamenti" <1363.
Navale nel rapporto del 2 aprile del 1937 trattava della collaborazione con l"'organizzazione nazionalista segreta operante in Francia" <1364 ed individuava alcune delle circostanze principali che avevano permesso questa unità di intenti. Tanto i fascisti italiani quanto i cagoulards erano entrambi desiderosi di colpire quelle organizzazioni ed associazioni di sinistra che si occupavano, fra l'altro, di inviare aiuti di vario genere ai repubblicani spagnoli. L'ufficiale dei Carabinieri riteneva inoltre che l'essere a conoscenza del "grave atto di rappresaglia" <1365 compiuto in territorio italiano contro Adolphe Juif costituisse una "sicurezza", in quanto rendeva possibili "atti intimidatori contro "Dd" e compagni in caso di mancanza di lealtà da parte loro" <1366. Navale ammetteva però che fino a quel momento non c'era stata la necessità di fare ricorso a minacce di alcun tipo visto il comportamento corretto tenuto dagli uomini dell'Osarn. Tale lealtà era spiegata dall'ufficiale del SIM anche con la necessità di Eugène Deloncle e dei suoi di ottenere facilitazioni per acquistare quelle armi di cui avevano bisogno per realizzare il loro programnma eversivo. Da parte italiana si erano inoltre verificate le effettive capacità dei francesi nel compiere "atti diretti contro persone incomode" <1367. Il riferimento era agli omicidi di Juif, avvenuto in Italia, e del finanziere russo Dimitri Navachine <1368.
"Dd" aveva collaborato con il SIM segnalando fatti di interesse, realizzando campagne di stampa e di propaganda su richiesta, sorvegliando i centri di raccolta degli aiuti destinati ai repubblicani, attuando atti di sabotaggio con mezzi reperiti da loro o forniti dallo stesso Navale. Il Capo del Centro di Torino spiegava come lui fosse conosciuto con l'identità fittizia di dott. Nobile, non rappresentante ufficiale dello Stato italiano, ma "agente privato al servizio di una qualche organizzazione italiana" <1369. Infine lo Csar si era rivelato prezioso per la "soppressione di persone incomode, a nostra richiesta, alla sola condizione che "il giuoco valga la candela" <1370.
Come fatto per le operazioni direttamente compiute da agenti italiani il Navale si occupava di relazionare sulle attuazioni e sul comportamento degli elementi della Cagoule. Questi avevano operato con mezzi propri, ma avevano impiegato anche due borracce incendiarie fatte entrare in Francia il 9 marzo 1937 sfruttando l'operato di un contrabbandiere. Visti i buoni risultati e la lealtà dimostrata si stava provvedendo proprio in quei giorni ad una ulteriore fornitura di due borracce incendiarie e di due esplosive <1371.
Operazione b/1 - febbraio-marzo 1937 <1372
L'equipaggio del vapore Turia allo scoppio della guena civile aveva occupato la nave, di proprietà di spagnoli simpatizzanti della causa franchista, ponendola al servizio del governo repubblicano dopo aver "defenestrati gli ufficiali". "Dd" era riuscito ad ottenere il sequestro della stessa imbarcazione ricorrendo ad un nazionalista francese che vantava diritti di credito, riuscendo a mantenerla bloccata nel porto di Nizza da circa due mesi.
Operazione b/2 - 14 marzo 1937 <1373
I cagoulards il 14 marzo 1937 erano riusciti ad appiccare un incendio nelle cucine del Turia, ancora bloccato nel porto di Nizza, che era però stato presto domato dall'equipaggio. Gli ufficiali cacciati dal Turia e un rappresentante della Giunta di Franco presente a Nizza erano intervenuti presso i nazionalisti francesi per farli desistere da ulteriori tentativi di danneggiamento. La speranza degli insorti era infatti quella di poter presto recuperare il controllo della nave per poterla adoperare a sostegno della loro causa. Di fronte a una simile argomentazione si era deciso di sospendere la realizzazione di altri atti di sabotaggio sull'imbarcazione fino a quando questa fosse rimasta inutilizzata. Però "al primo sentore di possibilità di suo impiego da parte dei comunisti spagnoli, si tornerà alla carica".
Operazione b/3 - 11 marzo 1937 <1374
L'azione degli uomini della Cagoule si svolgeva ancora a Nizza. Obiettivo del sabotaggio era la ditta di autotrasporti di un comunista locale, tale Patalacci, che aveva messo a disposizione i suoi automezzi per trasportare aiuti ai repubblicani. Per questo nella notte tra il 1O e l'11 marzo "gli amici di "Dd"" avevano sfondato una finestra del garage ed appiccato un incendio che aveva danneggiato in maniera seria il tetto e distrutto un autocarro.
Operazione b/4 - 14 marzo 1937 <1375
Ad essere preso di mira è ancora un comunista di Nizza, Joseph Arbona. Questi era un mercante di frutta cui il governo di Valencia inviava agrumi in modo che potesse metterli su per loro conto. La vendita veniva accompagnata "da grande pubblicità a sfondo politico al fine di raccogliere i maggiori possibili introiti da convertire in derrate e rifornimenti" da inviare ai repubblicani spagnoli. Nella notte tra il 14 e il 15 marzo veniva introdotta una borraccia incendiaria nel negozio­deposito di Arbona. Fortunatamente per lui un errore nell'innesco dell'ordigno o un difetto dello stesso evitava la propagazione dell'incendio.
In un Telespresso inviato dal Consolato Italiano di Nizza il giorno successivo l'accaduto, l'Arbona era descritto come un "noto grossista di frutta spagnuolo" <1376 che subito "volle dichiarare al giudice istruttore ed alla stampa che doveva trattarsi di un attentato diretto contro la sua persona ed i suoi beni da elementi nazionalisti spagnuoli [...] Egli afferma di avere ricevute recentemente numerose lettere anonime comminatorie e di essere perseguitato dagli elementi di destra sia spagnuoli che francesi" <1377. Juan Arbona per via del suo appoggio alla Repubblica spagnola era già stato segnalato dal Consolato al Ministero degli Affari Esteri ed all'Ambasciata italiana di Parigi, ed era ritenuto un "individuo losco" <1378, le cui attività di importazione di agrumi erano state "vivamente ostacolate dall'intelligente attività di locali elementi nazionalisti spagnuoli, che sono riusciti ad influire sul Sindacato dei fruttivendoli contro l'Arbona. Anche i tentativi dell'Arbona di caricare clandestinamente armi e munizioni per la Spagna rossa sono finora naufragati" <1379.
Il Consolato di Nizza, dopo aver interrogato i principali esponenti del nazionalismo spagnolo in città concordava con la loro opinione in merito all'attentato. L'ordigno doveva essere stato collocato dallo stesso Arbona o da suoi compagni "per potere poi accusare e forse fare espellere dalla Francia i suoi avversari politici, che tanto gli ostacolano gli affari. L'opinione è suffragata dal fatto che l'ordigno non giunse a fare alcun danno, che fu scoperto tanto tempestivamente dal solo Arbona e dalle sue esagerate accuse immediatamente conseguenti alla scoperta" <1380. Il Console italiano concludeva la sua nota affermando che considerati i numerosi contatti con i nazionalisti spagnoli di Nizza, poteva "escludere che l'attentato terrorista possa essere stato da loro organizzato od anche solo ispirato; trattasi effettivamente di una montatura dell'Arbona stesso, o di un colpo di elementi rossi rivali, di altre tendenze" <1381. Se pure non risulta provata la responsabilità dei nazionalisti spagnoli nel tentativo effettuato contro il negozio, il Console, evidentemente tenuto all'oscuro della Crociera Ruiz, sbagliava clamorosamente ad indicare gli effettivi responsabili dell'atto: si trattava della Cagoule con l'appoggio dei mezzi della Sezione Controspionaggio del Servizio Informazioni Militare italiano.
L'omicidio dei fratelli Rosselli
Al 2 aprile 1937 la collaborazione con l'Osarn per quel che riguardava l'eliminazione fisica di soggetti scomodi al fascismo italiano era rimasto "allo stato di promesse" <1382, anche se il primo obiettivo era già stato individuato nella figura del "noto antifascista Carlo ROSSELLI" <1383. Per organizzare l'attentato uno dei massimi dirigenti della Cagoule aveva richiesto di poter parlare di persona con Navale, cosa che avveniva a Montecarlo il 22 marzo 1937. Il rappresentante dell'Osarn si era "impegnato solennemente a eseguire il colpo" <1384 ed aveva chiarito come Roselli fosse già stato pedinato in modo da poter acquisire utili informazioni sulle sue abitudini. In cambio della sua uccisione i francesi richiedevano una facilitazione nell'acquisto di 100 moschetti Beretta semi automatici. Navale si era impegnato a sostenere la richiesta avanzata presso i suoi superiori, senza tuttavia dare certezze in merito.
Il Capo del Centro di Torino scriveva come l'esecuzione dell'omicidio non era avvenuta per via del fatto che non era stata data alcuna comunicazione riguardo i moschetti. Navale si era impegnato "in altre due importanti operazioni: Ivaldi e Cerri <1385, sopra le quali però non lasciava trapelare altro. L'ufficiale dei Carabinieri Reali si diceva convinto che si potesse sfruttare la cattiva condotta di alcuni reduci della Guerra d'Etiopia - Navale ipotizzava che potessero anche essere coinvolte alcune federazioni fasciste - che al momento della smobilitazione non avevano versato nei depositi i loro moschetti, ma li avevano conservati e non si facevano problemi a venderli. Navale suggeriva che dovessero proprio essere questi i moschetti da destinarsi ai francesi e proponeva di raccoglierli in un magazzino nei pressi del confine italo-francese in modo da poterli far vedere a "Dd". La consegna dei moschetti sarebbe avvenuta solamente dopo l'assassinio di Rosselli e ai cagoulards sarebbe spettato il compito di introdurli clandestinamente in Francia a loro rischio e pericolo.
La consegna di una partita di bombe ottenute per tramite dell'intermediazione di Navale rassicurava i francesi della volontà italiana di mantenere la loro parte dell'accordo. Un incontro tenutosi nei primi giorni di maggio a San Remo tra Joseph Darnand, responsabile della zona di Nizza per l'Osarn, e Filippo Anfuso, stretto amico e capogabinetto del Ministero degli Esteri Ciano, spingeva quest'ultimo a consigliare a Mussolini di aumentare i contatti <1386. Qualche giorno dopo Santo Emanuele arrivava a Parigi per verificare la situazione dell'affaire Rosselli. Tornato a Roma ringraziava il capo della Polizia Politica (Polpol), Di Stefano, per "la collaborazione dei Suoi organi ai noti fini" <1387. In paiticolare aveva potuto lasciare un questionario per "Britti", una spia della Polpol. Dietro quel nome si celava Enrico Brichetti, in quel momento in Spagna per "sostituire Carlo Rosselli alla testa dei volontari italiani antifascisti del 'gruppo Matteotti' <1388. Si tratta della prova di come l'organizzazione dell'omicidio di Carlo Rosselli non sia stata l'iniziativa di un singolo funzionario troppo zelante, ma un'operazione che vide il coinvolgimento delle più alte sfere del regime fascista e delle sue istituzioni, che successivamente si peritarono anche di nascondere uno dei responsabili materiali del delitto in fuga dalla Francia.
[...] Il 9 giugno 1937 scattava la trappola. Carlo ed il fratello Nello, recatosi a Bagnoles per visitare il parente durante la sua cura termale, avevano deciso di recarsi a visitare Alençon. Il commando dell'Osarn agiva in serata, quando i due avevano iniziato il viaggio di ritorno verso Bagnoles sur l'Orne. Una prima macchina, sorpassata quella dei Rosselli, li distanziava salvo fermarsi dopo alcuni chilometri simulando un guasto e costringendoli a fermarsi a propria volta. Alle loro spalle si fermava un'altra autovettura dei cagoulards, impedendo loro ogni possibilità di fuga. Nello, sceso dalla macchina, si avvicinava verso l'uomo chino sul motore, che rialzatosi improvvisamente gli sparava, prima di dirigersi verso Carlo, ancora seduto al posto di guida, che veniva freddato con due colpi. L'uomo era Jean Filliol, uno degli elementi di punta dello Csar per l'esecuzione di omicidi. Nello, ferito, aveva iniziato una colluttazione con un altro incappucciato, Fernand Jakubiez, ma veniva infine sopraffatto anche grazie al ritorno di Filliol. I corpi dei due fratelli, gettati in un fosso, sarebbero stati trovati due giorni dopo. Gli assassini allontanavano la macchina dei due italiani di una decina di chilometri, fallendo però nel darla alle fiamme <1391.
Due mesi dopo l'omicidio dei fratelli Rosselli il capo del controspionaggio redigeva una nuova relazione sul "Movimento nazionale-militare francese" che si era rivelato così prezioso per svolgere operazioni di interesse del SIM <1392. L'ufficiale dei Carabinieri Reali si era visto con alcuni tra i massimi dirigenti dell'Osarn, questi si erano visti a Monaco l'8 agosto del 1937, approfittando dei numerosi visitatori accorsi per il Grand Prix automobilistico che doveva svolgersi.
I francesi avevano manifestato la loro stima per Mussolini, definito come "il nostro maestro" <1393 e affermavano di concordare con lui nel ritenere il "fascismo una norma di vita politica non italiana, ma europea" <1394 e che dovesse essere applicato anche in Francia. I cagoulards peroravano la loro causa affermando di chiedere molto meno di quanto concesso dal Duce al generale Franco: un semplice incontro per poter espone il proprio programma di azione, dichiarandosi disponibili ad accettare tutte quelle cautele che sarebbero state richieste, comprendendo la necessità dell'Italia fascista di non compromettersi. Pur non potendo rivelare in quell'incontro i propri obiettivi, i francesi rivelavano come il loro programma fosse "nettamente anti-inglese" <1395 e che era possibile che nel mese di ottobre si sarebbero tenute grandi manifestazioni di piazza, in cui si sarebbero rivolti "prima di tutto, contro tutti i fuoriusciti: italiani in testa (sistemi radicali). Il fuoruscitismo italiano in Francia è la causa non ultima del perdurare e dell'aggravarsi di malintesi" <1396 tra i due Paesi. Promettevano inoltre di poter rivelare informazioni riservate riguardo "il giuoco dell'Inghilterra in Spagna (Spagna rossa e Spagna nazionale)" <1397. Pur avendo trovato in quanto detto dai francesi "accenti di sincerità - a tratti commoventi" <1398 ed una sicurezza che poteva derivare solo da un attento studio delle difficoltà, Santo Emanuele si era limitato ad assicurare che avrebbe riferito la loro richiesta in Italia.
Da una relazione del 27 novembre 1937 <1399 priva di firma si può dedurre come si fosse continuato a raccogliere informazioni sulla Cagoule riuscendo a chiarire maggiormente il suo funzionamento.
[NOTE]
1357 Mimmo FRANZINELLI: Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937 Anatomia di un omicidio politico, Milano, Mondadori, 2007, pp. 76-77.
1358 Ibid., p. 76.
1359 Ibid., p. 80.
1360 Ibid., p. 86.
1361 Morten HEIBERG, Manuel ROS AGUDO, La trama oculta..., p. 56. L'11 febbraio 1937 la polizia francese "notificò que se habia descubierto un deposito de armas y municiones en las cercanìas de Niza" contenente armi fabbricate in Italia dalla Beretta e "cajas de municion con la inscripcion 'Falange Espagnole' ". I  bid., p. 72.
1362 Mimmo FRANZINELLI: Il delitto Rosselli..., pp. 88-90.
1363 3 Febbraio 1937-XV°, Archivio di Stato di Perugia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937), p. 9.
1364 Roberto NAVALE: "Relazione Crociera Ruiz" (Torino, 2 aprile 1937), Archivio di Stato di Perugia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937), p. 30.
1365 Ibid.
1366 Ibid.
1367 Ibid., p. 31.
1368 Dimitri Navachine era il Direttore della Banque commerciale pour l'Europe du Nord. Il suo corpo venne ritrovato il 24 gennaio 1937 nel Parc-des-Princes di Parigi. Ad eseguire l'omicidio era stato il cagoulard Jean Filliol, spesso in prima linea nella realizzazione di tali crimini al punto da essere soprannominato le Tueur, l'assassino. Mimmo FRANZINELLI: Il delitto Rosselli..., p. 80.
1369 Roberto NAVALE: "Relazione Crociera Ruiz" (Torino, 2 aprile 1937), Archivio di Stato di Perugia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937), p. 32.
1370 Ibid..
1371 Ibid., p. 37.
1372 Ibid., p. 33.
1373 Ibid., pp. 33-34.
1374 Ibid., p. 34.
1375 Ibid., pp. 34-35.
1376 "Telespresso N. 5862 Informazioni riservate = Nç 212 = Attentato contro il commerciante spagnuolo Arbona" (Nizza, 15 marzo 1937), Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, Rappresentanza diplomatica Francia - Parigi 1861-1950, Busta 258, Fascicolo 2: Attentati, p.1.
1377 Ibid.
1378 Ibid.
1379 Ibid.
1380 Ibid., p.2.
1381 Ibid.
1382 Roberto NAVALE: "Relazione Crociera Ruiz" (Torino, 2 aprile 1937), Archivio di Stato di Perugia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937), p. 35.
1383 Ibid.
1384 Ibid., p. 36.
1385 Ibid.
1386 Mimmo FRANZINELLI: Il delitto Rosselli..., p. 92.
1387 In Mauro CANALI: Le spie del regime..., p. 120.
1388 Ibid., p. 121.
1391 Ibid., pp. 101-103.
1392 Santo EMANUELE: "Movimento nazionale-militare Francese" (Roma, lì 12 agosto 1937), Archivio di Stato di Pemgia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937).
1393 Ibid., p.l.
1394 Ibid.
1395 Ibid., p.3.
1396 Ibid.
1391 Ibid.
1398 Ibid.
1399 [Allegato 7] (27 novembre 1937), Archivio di Stato di Perugia, Corte d'Appello, Commissariato Sanzioni contro il fascismo, busta 2, fascicolo 7 (III 11° Documenti aa 1937).
Edoardo Mastrorilli, Violenza e guerra civile spagnola: l'intervento dell'Italia fascista, Tesi di Dottorato, Università Autonoma di Barcellona, 2018

Ai primi di giugno 1937 Carlo Rosselli partì [lasciando la Spagna dove infuriava la guerra civile] per la Francia. Questo viaggio parve poco opportuno dopo lo scioglimento della sua unità e la sua incorporazione nelle Brigate Internazionali, al punto da potersi interpretare come una vera fuga. Gli anarchici che avevano combattuto sotto di lui potevano supporre ch’egli era stato responsabile della loro resa; mentre i comunisti restavano poco soddisfatti della sua partenza, anziché entrare nelle unità internazionali. Era abbastanza logico supporre che qualsiasi di questi gruppi potesse prendere rappresaglie contro di lui. Giunto in Francia con la moglie, prese in affitto un’abitazione all’Hotel Cordier, in Tessé-la-Madeleine, località vicina alla stazione termale di Bagnoles de l’Orne (Normandia), col proposito, a quanto pare, di fare una cura di bagni. Due giorni dopo lo raggiungeva il fratello Nello, professore all’Università di Firenze, ma con minore vocazione di attivista politico. Ma il giorno 9 dello stesso mese partivano entrambi improvvisamente da quella località. La moglie di Carlo prese il treno e i due fratelli si avviarono per strada. I loro cadaveri crivellati furono rinvenuti nei pressi della strada 807 poche ore più tardi. Tutto pare indicare che gli assassini fossero membri della «Cagoule» di Deloncle che avevano agito per conto dei servizi segreti italiani.
Giuseppe Bifolchi, La colonna italiana sul fronte di Huesca, Rivista Abruzzese di Studi Storici dal Fascismo alla Resistenza, Organo dell’Istituto abruzzese per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, a. I, n. 3, L’Aquila, novembre 1980, pp. 141-151

Gli italiani andati a combattere in Spagna contro il franchismo erano circa quattromila. Prima o poi erano passati di qui. Qualcuno della brigata italiana come Carlo Rosselli era già all'estero da anni dopo la fuga dal confino di Lipari nel luglio del 1929. La figlia Amelia infatti, nota scrittrice, poetessa, traduttrice, nacque a Parigi nel 1930 e restò apolide ed acattolica. Altri erano accorsi in Spagna nel 1936 con l'illusione di realizzare il sogno: "oggi in Spagna domani in Italia." In realtà la dittatura terminò molto prima in Italia. Di fronte a loro c'erano anche quegli italiani andati a soccorrere Franco come ad esempio Licio Gelli.
[...] Il 9 giugno 1937 i fratelli Rosselli furono uccisi da una squadra di "cagoulards", miliziani della “Cagoule”, formazione eversiva della destra francese. Di qui non passarono per il ritorno, rimasero sepolti per anni al Père Lachaise. Molti anni dopo le loro salme furono traslate a Firenze, nello stesso cimitero in cui sono le tombe di Calamandrei, Ernesto Rossi e Salvemini. Un bel gruppo.
Arturo Viale, Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2018


martedì 7 febbraio 2023

Alexander Langer invocò apertamente la necessità di democratizzazione di una chiesa-istituzione omologante, troppo lontana dalla comunità di base dei fedeli


Alex Langer, che dal 1964 al 1968 vive a Firenze, immerso in questa innovativa ondata di dissenso cattolico, matura la propria personale analisi critica delle istituzioni religiose. I suoi giudizi lo porteranno alla netta condanna della burocrazia ecclesiastica e, col tempo, ad una definitiva frattura con il proprio passato di cattolico praticante. Nel 1967, al convegno dell’Azione Cattolica, esprime apertamente la propria critica, schierandosi ancora una volta, senza mezze misure:
“Penso che la Chiesa come istituzione e molti cattolici come individui debbano riconoscere sinceramente e rimproverarsi duramente il fatto di non essersi opposti con abbastanza forza ai sistemi totalitari ed ai loro crimini, tanto meno quando i crimini non erano rivolti direttamente contro la chiesa.” <48
Il 1969 segna il punto di rottura. Secondo Alexander Langer la Chiesa deve necessariamente muoversi su tre fronti: de-istituzionalizzare le proprie strutture; ricercare una nuova collocazione pastorale e sociologica e realizzare la propria funzione verso il mondo. <49 Attraverso i suoi articoli propone una reale apertura della Chiesa Cattolica al mondo. All’analisi segue la cura proposta dal giornalista.
Langer auspica, con la caduta della metafisica, del pensare in termini assoluti e delle certezze fondate sull’autorità, anche un’inversione di rotta da parte dell’autorità pontificia. Dal suo punto di vista devono pertanto cadere una serie di barriere e di tassonomie: la trasferibilità delle pretese assolute dalla dottrina alle strutture ecclesiastiche; la distinzione netta e la complementarità di sacro e profano; la separazione del ruolo di preti e laici; la contrapposizione tra Chiesa e mondo. Langer propone quindi di andare aldilà di:
“una mentalità legalistica fondata su categorie del diritto romano (che) pretendeva di imprigionare l’inafferrabilità della comunità che attende e testimonia il Signore entro criteri controllabili e verificabili.” <50
Secondo il giovane cattolico, è necessario superare la concezione di un Chiesa istituzionale, simbolo di unità e continuità, la cui attività propulsiva è delegata al funzionariato; occorre abbattere la burocrazia sclerotizzata che separa la curia dalla comunità dei fedeli. Nel 1969, nel corso di una relazione tenuta a Tubinga, Alex afferma:
“Fino a che la Chiesa-istituzione non sarà morta, ogni “democratizzazione” secondo me resterà priva di senso […] finché il concetto di “chiesa come astrazione non sarà scomparsa […] e subentrerà la comunità cristiana, una chiesa […]resterà sempre ancora menzogna e presunzione. Essa infatti pretenderebbe di cogliere delle situazioni fondamentalmente non verificabili con delle categorie inadeguate e di rappresentarle sotto una maschera di una “autenticità” che invece l’istituzione non può garantire.” <51
Le parole di Langer, sono molto forti, e nuovamente evidenziano l’importanza della comunità, della partecipazione, dell’azione dell’individuo. Egli rifiuta sempre e comunque di essere uno spettatore passivo degli eventi, sia nella politica sia nella religione. Alla base del suo concetto di democrazia risiede costantemente la compartecipazione alle scelte, ed, infatti, profetizza:
“Solo quando ogni cristiano potrà parlare[…] “per la chiesa”[…] si potrà constatare la scomparsa dell’istituzione astratta. Allora scomparirebbe quella schizofrenia del clero per cui si professano opinioni diverse.” <52
Langer auspica quindi l’abolizione della Chiesa come istituzione astratta, lontana dalla comunità, arroccata ad un apparato di fasto e potenza, con i suoi funzionari giuridicamente legittimati. Non liberalizzare, ma invertire la rotta: abolire le istituzioni ed ordinare dal basso all’alto, dalla comunità, a cui i ministri di Dio dovrebbero rimanere sempre vicini, seguendo più da vicino gli insegnamenti del Vangelo. Alex, rifiuta quello che definisce “processo di interiorizzazione coatta, fondata sull’obbedienza alla struttura con l’apparato sacralizzato vigente (il papa in testa).” <53
Secondo Langer al termine degli anni sessanta ha inizio un progressivo allontanamento tra la curia romana e quei popoli e classi che maggiormente necessitano della parola di Cristo. Si tratta dei poveri e di quelle popolazioni che subiscono lo sfruttamento dell’era moderna. Alla base di questa scollatura evidenzia tre elementi fondamentali: l’incomprensione del linguaggio ecclesiastico; la collocazione della Chiesa tra i popoli ricchi della terra e fra le classi agiate della società ed, infine, i continui compromessi tra istituzioni ecclesiastiche, potere politico, economico e militare. La religione di stato, fino alla cultura del dissenso, era stata un catalizzatore sociale: “Un comune punto di riferimento ad effetto interclassista, per consolare ed appianare i contrasti (che) operava piuttosto la carità, ma non dava con l’annuncio della lieta novella una forza capace di portarli all’autoliberazione.” <54
Il cattolicesimo deve ora imparare a ricoprire un ruolo ben distinto:
“l’ufficio profetico della chiesa esige invece chiaramente che la comunità cristiana provochi con la sua testimonianza il contro e la messa in crisi del “mondo”, creando inquietudine e tensione… la comunità cristiana contribuisca ad evidenziare le contraddizioni e le ingiustizie della società.” <55
[NOTE]
48 A. Langer, I possibili malintesi di un discorso sulla pace, cit., p. 49.
49 Id., Contro la falsa democratizzazione della chiesa, relazione del maggio del 1969, tenutasi a Tubinga, per un incontro promosso dalla Paulus Gesellschaft, pubblicata lo stesso anno in Testimonianze, poi in Id., Il viaggiatore leggero, p. 59.
50 Ibidem.
51 Ibidem, p. 60.
52 Ibidem.
53 Ibidem, p. 62.
54 Ibidem, p. 63.
55 Ibidem, p.65.
Cristina Pongiluppi, Il giornalismo militante di Alexander Langer, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2012/2013

Dopo aver conseguito con il massimo dei voti la laurea in giurisprudenza con una tesi sull’autonomia della provincia di Bolzano, <7 Alexander visitò la Germania dell’Est e la Cecoslovacchia nei giorni della repressione sovietica della Primavera di Praga. Il clima di violenza respirato al di là della Cortina di Ferro lo portò ad aderire con convinzione alla manifestazione pacifista indetta dal gruppo dei redattori di Die Brücke per il 4 novembre 1968, giorno del cinquantenario della firma dell’armistizio di Villa Giusti, che segnò la fine della prima guerra mondiale in Italia. Langer, fortemente avverso all’esaltazione del militarismo, scese in piazza per protestare contro la celebrazione di una vittoria ottenuta mediante l’uso della forza brutale delle armi e perciò priva di ogni significato morale, incitando i partecipanti a manifestare per l’abolizione dell’esercito. <8 Questa presa di posizione così netta costò a lui e agli altri organizzatori un fermo da parte della polizia per vilipendio alle istituzioni costituzionali e istigazione a disobbedire alle leggi.
Nello stesso anno si trasferì, su mandato del Consiglio nazionale delle ricerche, per svolgere una ricerca di diritto costituzionale comparato a Bonn, dove per mantenersi lavorò presso la biblioteca del Bundestag, il parlamento tedesco, e ottenne l’iscrizione come uditore all’università della città. L’esperienza tedesca, la prima di lungo periodo vissuta fuori dall’Italia, lo portò a contatto con l’opposizione extraparlamentare nata dai movimenti studenteschi del Sessantotto, fattore che causò una profonda messa in discussione delle sue idee e della sua appartenenza religiosa.
In una relazione tenuta a Tubinga nel maggio del 1969 Alexander invocò apertamente la necessità di democratizzazione di una chiesa-istituzione omologante, troppo lontana dalla comunità di base dei fedeli, scarsamente animata dall’amore per il prossimo e incapace di profondere un impegno totale nel sostegno ai poveri. <9
La perdita di un punto cruciale di riferimento ideologico spinse Langer, rientrato in Alto Adige per esercitare la professione di insegnante, a interessarsi all’attività dei gruppi più impegnati nella promozione di un cambiamento politico e sociale. Nel 1970 aderì a Lotta Continua, movimento al quale riconosceva i meriti di favorire la partecipazione di militanti di provenienza culturale e ideologica assai diversa e di dare ascolto e visibilità alle rivendicazioni degli strati più poveri ed emarginati della società. Secondo Langer, Lotta Continua rappresentava, in quel preciso momento storico, il contenitore più adatto per permettere alla causa sudtirolese di “trovare spazio e respiro, e inserirsi in un processo più universale”. <10
[NOTE]
7 A. LANGER, L’autonomia provinciale di Bolzano nel quadro dell’autonomia regionale del Trentino Alto Adige e le sue
prospettive di riforma, tesi di laurea in Scienze Giuridiche, Università di Firenze, a. a. 1967-68.
8 Cfr. P. MACINA, Alexander Langer, in AA. VV., Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, ANPPIA -Movimento Nonviolento, Torino - Verona, 1999, p. 66.
9 A. LANGER, Contro la falsa democratizzazione della Chiesa, in «Testimonianze», novembre 1969, ripubblicato in Il viaggiatore leggero, cit., pp. 45-50.
10 A. LANGER, Minima personalia, cit., ripubblicato in La scelta della convivenza, cit., p. 23.

Luca Colombo, Il pensiero pedagogico di Alexander Langer. Verso una cultura del limite e della convivenza, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2008/2009