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sabato 24 giugno 2023

Per capire cosa realmente sia stata Paperclip bisogna vedere come e quando nacque tale operazione


Da quanto è stato scritto finora sul tema, quello che emerge è che la cosiddetta Operazione Paperclip abbia permesso la fuga degli scienziati nazisti, anche se non è stata dimostrata una correlazione diretta fra Odessa e tale operazione. Difatti, solitamente, un testo che parla di una non parla dell'altra e, tra l'altro, solo recentemente si è iniziato a dibattere sul ruolo di Paperclip in quanto i documenti su di essa sono stati desecretati negli ultimi anni. Sulla base di questa documentazione sembrerebbe che Paperclip, seppure in modo minore rispetto alle altre operazioni similari nate nello stesso periodo storico, abbia avuto una forte correlazione con Odessa.
Come abbiamo già visto più volte, gli Stati Uniti hanno ostacolato tali operazioni, vuoi per motivi umanitari e di giustizia, vuoi, soprattutto, per interessi politici ed economici (fermare l'acquisizione di militari e scienziati di valore) al fine di bloccare lo sviluppo della controparte Sud Americana - l'Argentina era il maggiore antagonista degli Stati Uniti nel Continente americano durante e subito dopo la Guerra - ed ideologica (l'URSS).
Non a caso, le operazioni dell'Odessa di Perón fallirono già sul finire degli anni quaranta. L'Operazione Paperclip è stato un programma messo in atto dai servizi segreti (OSS) degli Stati Uniti allo scopo di assoldare scienziati nazisti e portarli negli Stati Uniti così da impedire che fossero reclutati dalle potenze concorrenti come l'URSS in Europa e l'Argentina in Sud America. L'operazione nacque, ufficialmente, nel 1945 e gli scienziati arruolati poterono continuare lo stesso lavoro che stavano svolgendo sotto Hitler.
Il programma era gestito da un ufficio all'interno del Pentagono: il Joint Intelligence Objectives Agency (JIOA), un sottocomitato del Joint Intelligence Committee (JIC) del Joint Chiefs Staff (Stato Maggiore Congiunto) delle Forze Armate degli Stati Uniti <482.
Per capire cosa realmente sia stata Paperclip bisogna vedere come e quando nacque tale operazione. A tale scopo occorre fare un piccolo passo indietro e tornare nel novembre del 1944 a Strasburgo (laddove nello stesso periodo nacque Odessa).
In quel periodo gli Alleati entrarono a Strasburgo e la liberavano dai Nazisti. Una squadra dei servizi segreti dell'OSS era stata mandata nella cittadina francese, sotto l'egida dell'Operazione Alsos - una branchia dell'Operazione Manhattan. Questo era un programma di sviluppo e ricerca militare che portò alla creazione delle bombe atomiche grazie anche all'acquisizione di documenti ed informazioni degli scienziati nazisti - a scovare dei segreti sul programma di sviluppo delle armi tedesco.
La squadra era composta dal fisico Samuel Goudsmit (nel libro che pubblicò nel 1947 dal titolo "Alsos" ammise che i tedeschi non erano vicini a costruire la bomba atomica in quanto, secondo l'autore, la scienza non aveva pieno sviluppo all'interno di un contesto totalitario) <483 e dagli esperti sulle armi batteriologiche, Bill Cromartie e Fred Wardenberg <484. Essi scoprirono, nella casa di un esperto nazista sui virus, il dottor Eugen Haagen, dei documenti sconcertanti: i tedeschi stavano lavorando su dei vaccini contro una potentissima arma batteriologica in corso di progettazione <485. Eugen Haagen, accademico all'Università di Strasburgo, era uno dei medici più attivi nell'effettuare esperimenti sugli esseri umani nei campi di concentramento come a Buchenwald, allo scopo di scoprire i vaccini contro, per esempio, il tifo petecchiale o esantematico <486.
Si scelse Strasburgo come punto di base per l'indagine, perché l'OSS venne a sapere che tutti i professori dell'Università cittadina erano stati sostituiti da scienziati come Haagen e che molto probabilmente stavano progettando delle armi chimiche <487. La conferma la dettero i tanti documenti trovati nella casa dello scienziato tedesco che nel frattempo era scappato. In essi si legge per esempio: “Dei 100 prigionieri che mi hai mandato 18 sono morti durante il viaggio. Solo 12 sono in condizione per essere sottoposti ai miei esperimenti. Quindi, richiedo che mi mandi altri 100 prigionieri, tra i 20 ed i 40 anni di età, che siano in condizioni di salute e fisiche comparabili con quelle dei soldati. Heil Hitler, Prof. Dr. E. Haagen <488”.
Il Dr. Haagen era un fervente nazista ed, addirittura, nel 1937 competé per il Premio Nobel per la scienza. Non divenne mai uno scienziato al servizio degli Stati Uniti in quanto l'URSS riuscì ad assoldarlo prima. Tra le persone che, però gli Stati Uniti riuscirono ad assumere per l'Operazione Paperclip e che erano fra i collaboratori di Haagen si ricordano Kurt Blome, Vice Direttore della Salute della Germania, e Walter Schreiber, Direttore Generale della Salute del Terzo Reich.
Nel frattempo, a pochi giorni da questo ritrovamento, presso il Castello di Varlar, nella regione del Münster, si erano riuniti i principali scienziati tedeschi per dare il via al test di lancio del V-2.
Fra gli ospiti presso il Castello di Varlar c'era il Direttore del programma di sviluppo del V-2, il generale maggiore Walter Dornberger del Dipartimento delle Armi Tedesco. Dalle sue parole si capisce l'obbiettivo della riunione ed il dispiegamento dei razzi test: “Intorno al castello nella foresta oscura ci sono razzi V-2 in posizione di lancio per l'operazione contro Anversa <489”.
Anversa era una cittadina del Belgio liberata dagli Alleati il 4 settembre 1944 e su cui Hitler puntava molto, in quanto considerata un porto strategico per le operazioni navali verso il Regno Unito e come base per il decollo degli arei da bombardamento.
Rispetto al programma scientifico del programma dei razzi V-2 si collegavano persone che poi furono fondamentali nei programmi scientifici degli Stati Uniti e della NASA come lo stesso fisico Wernher von Braun, lo scienziato specializzato nel lancio dei missili Walter Riedel ed il rappresentante del Ministro delle Armi Heinz Kunze <490.
Alle 15.20 del pomeriggio del 7 ottobre 1944, dal Castello di Varlar vennero lanciati i primi V-2 portando alla distruzione di alcuni edifici della città belga, fra cui il cinema Rex, causando la morte di circa 1.200 persone. Anche nei giorni seguenti ci furono altri lanci di V-2 in altre zone della città causando la morte di decine di persone. <491
Dopo tale avvenimento, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si mossero rapidamente per fermare altri possibili attacchi e, soprattutto, per scoprire le tecnologie utilizzate. Si venne a sapere che i tedeschi usavano centinaia di prigionieri costretti al lavoro coatto per sviluppare i V-2 ed altre armi simili.
Specificatamente, presso Kohnstein, sulla collina montuosa di Harz (presso la città di Nordhausen, in Germania), era stata adibita una fabbrica fortificata, Mittelwerk, in cui venivano convogliate le persone del campo di concentramento di Dora-Mittelbau. Si trattava di una serie di tunnel sotterranei in cui si producevano missili V-1 e V-2 oltre all'ossigeno liquido, aerei Junkers ed altre tecnologie militari <492.
Qui giunsero moltissimi scienziati da Peenemünde (luogo in cui erano presenti le basi per la ricerca tecnologica) dopo che fu bombardata dalla RAF inglese nel settembre del 1943 <493.
Fra gli scienziati che lavoravano alle Mittelwerk, che poi vennero reclutati dagli Stati Uniti, c'era Arthur Rudolph, un membro ed ideologo del Partito Nazista <494. Egli divenne una delle figure chiave per lo sviluppo del Progetto Apollo al Marshall Space Flight Center di Huntsville dopo essere stato reclutato attraverso l'Operazione Paperclip. Dagli ultimi documenti desecreati dagli Stati Uniti risulta che Rudolph era stato classificato come criminale di guerra dagli Alleati, anche se i suoi crimini furono coperti affinché potesse giungere negli Stati Uniti indisturbato senza creare scandali <495.
Gli investigatori Alleati scoprirono che non solo questi laboratori, ma anche importanti aziende come la IG Farben, Volkswagen, Heinkel e Steyr-Daimler-Puch utilizzavano il lavoratori dei campi di sterminio per i loro esperimenti e che a dirigere tale organizzazione del lavoro c'era il ministro degli Armamenti e la Produzione Bellica Albert Speer <496. Un'altra importante personalità che venne reclutata attraverso l'Operazione Paperclip era il direttore del personale del Mittelwerk, Georg Rickhey: “Direttore Generale del Mittelwerk, della produzione di tutte le armi V ed i razzi, della costruzione delle strutture sotterranee per la produzione di massa, direttore dell'intero sistema <497”.
Mentre gli Alleati avanzavano sempre più in Europa, gli scienziati del Mittelwerk si spostavano, nel corso del 1945, verso la fortificazione di origine romana del Castello di Kransberg, vicino Francoforte, adattato da Speer alle esigenze della guerra, così come il vicino rifugio di Adlerhorst dove Hitler aveva un suo quartier generale. Dal Castello di Kransberg, Speer si recò verso la Polonia che suo malgrado cadde, il 30 gennaio 1945, sotto l'avanzata comunista <498.
Speer, in realtà, era anche l'architetto ufficiale del Nazismo avendo organizzato gli spazi e le strutture secondo i dettami del Partito. Egli fu condannato a venti anni di reclusione al Processo di Norimberga, nel carcere di Spandau, per i suoi crimini correlati con la schiavitù utilizzata per lo sviluppo dell'industria bellica da lui gestita <499.
Molti dei principali scienziati ed industrie tedesche implicate nella produzione di armi furono proprio quelli che finanziarono Odessa e ne stabilirono la formazione a Strasburgo.
Intanto, mentre le posizioni tedesche cadevano in mano ai nemici, tutti i lavoratori furono fatti evacuare ed i documenti, insieme alle prove, dati alle fiamme o nascosti. Questo accadde, per esempio, con i lavoratori della IG Farben presso Auchwitz dai quali, tuttavia, si ottennero importanti informazioni sullo sviluppo scientifico nazista e degli orribili fatti collegati con esso. Ciò fu anche, più accuratamente appreso, grazie anche alle molteplici testimonianze degli stessi artefici del programma di sviluppo scientifico oltre a dei correlati documenti ritrovati <500.
Auschwitz era il campo di sterminio più grande del Terzo Reich e contava tre campi: il principale era Auschwitz I; le camere a gas ed i forni crematori di Birkenau appartenevano al cosiddetto Auschwitz II; il campo di lavoro diretto dalla IG Farben <501 era situato presso Auschwitz III (conosciuto come IG Auschwitz) in cui si produceva tantissimo materiale bellico ed in particolar modo la gomma sintetica per i mezzi come aerei, camion e carri armati <502.
Un ordine proveniente da Berlino del 21 gennaio 1945 aveva obbligato tutti gli impiegati della IG Farben a lasciare Auschwitz III (chiamato anche Monowitz-Buna) e di portare con sé la documentazione degli esperimenti e delle scoperte o, nel caso estremo, di distruggerla affinché i nemici non se ne potessero servire <503. A dirigere i lavori di questo settore di Auschwitz c'era il chimico Otto Ambros (egli dirigeva anche altre strutture della IG Farben come a Gendorf o a Dyhernfurth): egli fu uno degli ultimi ad abbandonare il campo, il 23 gennaio 1945 <504 (appena 4 giorni prima della liberazione da parte sovietica).
Durante la fuga il dottor Ambros si fermò a distruggere le prove in altri laboratori anche se non giunse fino a quelli dislocati nel nord della Polonia dove c'era un alto pericolo di essere catturati dai sovietici. Qui il laboratorio Dyhernfuth (sotto campo di Gross-Rosen), dove si producevano armi chimiche (gas nervini principalmente) da parte della IG Farben, venne evacuato e camuffato da coloro che ci lavoravano: vi si produceva il micidiale Tabun di cui bastava una goccia per uccidere una persona in qualche secondo (questo agente chimico fu scoperto dal dr. Gerhard Schrader nel 1936. Costui era considerato, da parte della CIA, un “possibile” agente dell'Abwehr <505: egli aveva anche scoperto il Sarin nel 1938 ed il Cyclosarin nel 1949506). Lo scopo ultimo per questo agente chimico era quello di essere utilizzato dalle bombe sganciate dalla Luftwaffe <507.
Un altro soggetto che risultò importante per l'Operazione Paperclip, oltre al dottor Ambros, fu anche il dottor Walter Schieber, vice di Speer e Direttore dell'Ufficio degli Armamenti di Scorta. Egli era addetto alla produzione di maschere antigas che vennero implementate attraverso degli esperimenti sulle persone utilizzando diversi tipi di gas nervino <508. Egli, inoltre, aveva il compito di supervisionare le fabbriche di armi francesi, durante il periodo di occupazione, e quelle tedesche dove venivano impiegati i prigionieri stranieri. Presso tali industrie, inoltre, egli dirigeva il lavoro di centinaia di migliaia di lavoratori francesi obbligati a sostenere la produzione bellica tedesca. Essi vivevano in veri e propri campi di lavoro ed in tal senso si parla di Service du Travail Obligatoire (STO) <509.
Anche le armate sovietiche che si stavano addentrando in Germania riuscirono a trovare all'interno dei laboratori nelle zone occupate dei campioni e del materiale di lavoro oltre a dei macchinari: smantellarono il tutto e lo portarono con sé vicino Stalingrado, a Beketovka, dove costruirono un laboratorio in cui riuscirono, nel corso degli anni, a produrre il Tabun <510.
Come riporta Speer nella sua biografia, la distruzione dei laboratori o un loro camuffamento fu organizzato e non svolto con casualità: l'ordine "Demolizioni sul Territorio del Terzo Reich" o "Nerobehelf" (decreto Nerone) era stato emanato dalle alte sfere del regime sul concludersi della Guerra <511.
Tornando alle vicende legate a Von Braun (promosso intanto come direttore dell'Ufficio Pianificazione di Mittelbau-Dora e maggiore delle SS), i tunnel del Mittelwerk di cui era respomsabile continuarono a lavorare con un ritmo elevatissimo fino al marzo del 1945. In questo mese, Dornberger e Von Braun ordinarono ad un subordinato, il generale delle SS Hans Kammler, di preparare lo staff tedesco a partire e portare con sé quanto più materiale possibile <512.
Von Braun aveva ordinato ai suoi assistenti personali, Dieter Huzel e Bernhard Tessmann, di nascondere i contenitori con i documenti sugli esperimenti dei V-2 nel modo migliore possibile e di non dire a nessuno di essi: nel caos generale, l'unica persona con cui essi parlarono rispetto al nascondiglio presso le miniere di Dörnten (sempre sulla catena montuosa di Harz), fu il responsabile commerciale del Mittelwerk, Karl Otto Fischer <513.
Sul fronte degli Stati Uniti, dopo i segreti scoperti a casa di Haagen, il colonnello Boris Pash incaricò Samuel Goudsmit ed il suo team di continuare la missione solo quando furono requisiti i laboratori della IG Farben sul confine tedesco <514. Mentre l'esercito Alleato si addentrava nel territorio del quasi defunto Terzo Reich, circa 3.000 scienziati e tecnici del CIOS (Combined Intelligence Objectives Subcommittee, il programma anglo-statunitense stabilito a Londra dagli Eserciti di entrambi i Paesi per ottenere le informazioni richieste dai vari corpi dell'Esercito) compivano un importante lavoro di verifica. Essi riferivano, direttamente, al Quartier Generale Supremo delle Forze di Spedizione Alleate (SHAEF: Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force). Il CIOS era costituito da personale che proveniva da differenti corpi: dall'OSS all'aviazione, dal Dipartimento di Stato a molteplici Ministeri, ed erano affiancati da delle truppe speciali, le T-Forces <515. Lo scopo principale del CIOS era quello di investigare ogni materia relativa alla scienza del Terzo Reich identificando degli obiettivi specifici raggruppati nella cosiddetta Black List: di fatto, però, si sviluppò come vero e proprio programma di reclutamento degli scienziati nazisti diventando, quindi, una pre Paperclip e contrastando, di fatto, l'Operazione Alsos dei servizi segreti degli Stati Uniti che, invece, investigavano e portavano davanti alla giustizia i criminali di guerra <516.
All'interno della Germania si accostarono, svolgendo una sorta di caccia al tesoro, molteplici missioni che generarono una vera e propria competizione.
Il team del CIOS, rispetto alle armi chimiche, era guidato dal capo ufficiale della Divisione di Intelligence dell'Esercito degli Stati Uniti della Sezione della Guerra Chimica, il colonnello Philip R. Tarr, e dal maggiore britannico Edmund Tilley <517. Essi divennero importanti per l'Operazione Paperclip ma, in un primo momento, scoprirono molto poco se non dei nomi strani rispetto a dei possibili esperimenti come Trilon 83, Sostanza 83 e Gelan 1 o A4 o A-17 che rispettivamente - si capì solo dopo - corrispondevano al Tabun, all'etanolo ed al sodio <518.
Intanto, la squadra dell'Operazione Alsos diretta da Goudsmit trovò un importantissimo tassello presso l'università di Bonn: i documenti passati alla storia come Osenberg List <519. Il dottor Werner Osenberg era un iscritto convinto al partito nazista e fu assegnato direttamente da Göring a dirigere il Concilio di Ricerca per gli Affari di Guerra il cui scopo era stilare una lista di tutti gli scienziati del Reich e selezionarne i migliori da impiegare per i programmi scientifici <520. In tal modo, gli Alleati, quando trovarono tale lista, vennero a conoscenza, nei dettagli, dei migliori scienziati del Terzo Reich; fu un'informazione che venne poi usata per mettere in atto Paperclip. Il tutto fu facilitato dalla cattura presso Hannover di Osenberg, il quale si dimostrò molto collaborativo nell'analizzare i suoi documenti <521.
[...] Intanto, l'ex Direttore Generale delle Mittelwerk, Georg Rickhey, venne rintracciato a sud delle Alpi della Bavaria. Il team incaricato di scovare gli ingegneri che avevano costruito i tunnel fortificati del Mittelwerk a Nordhausen era lo US Strategic Bombing Survey (USSBS) guidato dal colonnello Peter Beasly. Gli Alleati erano rimasti stupefatti dalle costruzioni che ritrovarono dentro le montagne e decisero di utilizzare quelle conoscenze trovando ed assoldando gli ingegneri tedeschi che se ne erano occupati. Beasly offrì un lavoro negli Stati Uniti a Rickhey il quale, in cambio, indicò dove trovare i documenti e le piantine riguardanti il Mittelwerk: questo era un altro punto guadagnato dagli Stati Uniti, ancor prima della nascita ufficiale di Paperclip, ai danni di Odessa <537.
Poco a poco vennero catturati quasi tutti i maggiori esponenti che avevano partecipato ai programmi scientifici del Terzo Reich, a parte quelli che vennero reclutati dall'Odessa di Perón o che erano scappati con quella del Vaticano.
Intanto, Von Braun e Dornberger riuscirono a riparare, insieme ad altri scienziati, in un villaggio sulle Alpi della Baviera dove decisero di negoziare con le truppe britanniche e statunitensi che si avvicinavano sempre più. A tal proposito Von Braun disse ai tavoli di negoziazione: “Il programma V-2 è qualcosa che noi abbiamo e voi no. Naturalmente voi volete sapere tutto di esso” <538.
[...] Improduttiva fu, anche, la cattura di Heinrich Himmler, vicino Flensburgo, al confine con la Danimarca: gli investigatori non riuscirono a tirare fuori delle informazioni in tempo, in quanto egli ingerì, al momento della cattura, una capsula di veleno che aveva nascosto in bocca <546.
[NOTE]
482 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: cit. Back Bay Books, New York, 2014, pp. XI-XIII
483 Goudsmit, S., A., Alsos, American Institute of Physics, Stati Uniti, 1985
484 Pash, B. T., Tha Alsos Mission, Ace Books, Stati Uniti, 1980, pag. 157
485 Pash, B. T., Tha Alsos Mission, Ace Books, Stati Uniti, 1980, pp. 147-151
486 Franz, P., Gli orrori dei lager nazisti: responsabilità dei medici e dell'industria farmaceutica, CBG Network, http://www.cbgnetwork.org/Italiano/Articoli/IG_Farben/ig_farben.html, web. 20 febbraio 2018
487 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 5
488 Pash, B. T., Tha Alsos Mission, Ace Books, Stati Uniti, 1980, pp. 74-75
489 Neufeld, J. M., Von Braun: Dreamer of Space, Engineer of War, Random House, Si Uniti, 2008, pag. 188
490 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 9
491 Dungan, T., Antwerp, "City of Sudden Death", V2Rocket, http://www.v2rocket.com/start/chapters/antwerp.html, web. 29 gennaio 2018
492 Béon. Y, Planet Dora: A Memoir of the Holocaust and the Birth of the Space Age, Westview Press, Stati Uniti, 1997, pp. XIX, XXI, XXII, XXIV 493 Neufeld, J. M., The Rocket and the Reich: Peenemünde and the Coming of the Ballistic Missile Era, New York, The Free Press, 1995, pp. 209, 227, 267 494 Neufeld, J. M., The Rocket and the Reich: Peenemünde and the Coming of the Ballistic Missile Era, New York, The Free Press, 1995, pp. 206
495 Saxon, W., Arthur Rudolph, 89, Developer Of Rocket in First Apollo Flight, The New York Times Online, http://www.nytimes.com/1996/01/03/us/arthur-rudolph-89-developer-of-rocket-in-first-apollo-flight.html, web. 20 febbraio 2018
496 Allen, M. T., The Business of Genocide: The SS, Slave Labor, and the Concentration Camps, University of North Carolina Press, Chapel Hill, 2002, 173
497 NARA, RG 330, Georg Rickhey, JIOA Form Numero 2, Basic Personnel Record, Jacobsen, A., op. cit
498 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pp. 18-20
499 Fest, J., Speer: The Final Verdict, Harcourt, Stati Uniti, 1999, pp. 19-187
500 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 21 501 Herbert, V. e Bisio, A., Synthetic Rubber: A Project That Had to Succeed, Greenwood Press, 11 dicembre 1985, pag. 32
502 Wollheim Memorial, I.G. Auschwitz, http://www.wollheim-memorial.de/en/ig_auschwitz_en, web. 30 gennaio 2018
503 Wollheim Memorial, Closure and Dismantling of I.G. Auschwitz, Further Use of the Factory, http://www.wollheim-memorial.de/en/aufloesung_der_fabrik_demontage_weiternutzung_en, web. 30 gennaio 2018
504 Dürrfeld, W., affidavit, 18 febbraio 1947, NI-4184, Archivio dell'Istituto Fritz Bauer, Processi Secondari di Norimberga, Caso VI, 73-77, Jacobsen, A., op. cit
505 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81e993294098d5166d2, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, luglio 1945
506 Nejrotti, F., Il Sarin è un veleno sadico e crudele, Motherboard, 27 aprile 2015, https://motherboard.vice.com/it/article/8q57dv/il-Sarin-e-un-dio-sadico-e-crudele, web. 20 febbraio 2018
507 Tucker, J. B., War of Nerves: Chemical Warffare from World War I to Al-Quaeda, Pantheon, New York, 2006, pp. 48-70
508 Harward Law School, Transcript for NMT 1: Medical Case, 10 febbraio 1947, pag. 2788 http://nuremberg.law.harvard.edu/transcripts/1-transcript-for-nmt-1-medical-case?seq=2814&q=2788+schieber
509 Nogeoingegneria, L'Alleanza del Pentagono con la Scienza Nazista, Nogeoingegneria, 4 ottobre 2015, http://www.nogeoingegneria.com/effetti/politicaeconomia/lalleanza-del-pentagono-con-la-scienza-nazista/, web. 22 febbraio 2018
510 Tucker, J. B., War of Nerves: Chemical Warffare from World War I to Al-Quaeda, Pantheon, New York, 2006, pag. 402
511 Speer, A., Inside the Tirdh Reich: Memoirs, Galahad Books, New York, 1995, pag. 475 512 Neufeld, J. M., The Rocket and the Reich: Peenemünde and the Coming of the Ballistic Missile Era, New York, The Free Press, 1995, pag. 263
513 Huzel, D. K., Peenemünde to Canaveral, Prentice Hall, Stati Uniti, 1962, pag. 151-161
514 Pash, B. T., Tha Alsos Mission, Ace Books, Stati Uniti, 1980, pp. 160-162
516 Gimbel, J., Science, Technology, Reparations: Exploitation and Plunder in Postwar Germany, Stanford University Press, Palo Alto (California), 1990, pp. 3- 17
517 Kleber, B. E., e Birdsell, D., The Chemical Warfare Service: Chemicals in Combat¸Centre of Military History, Stati Uniti, 1990, pp. 40, 45
518 Tucker, J. B., War of Nerves: Chemical Warffare from World War I to Al-Quaeda, Pantheon, New York, 2006, pag. 49
519 Pash, B. T., Tha Alsos Mission, Ace Books, Stati Uniti, 1980,pag. 174
520 Goudsmit, S., A., Alsos, American Institute of Physics, Stati Uniti, 1985, pp. 187-189
521 Goudsmit, S., A., Alsos, American Institute of Physics, Stati Uniti, 1985, pp. 93, 197
537 Beasley, N., The Capture of the German Rocket Secrets Military Intelligence: Its Heroes and Legends, American Legion Magazine, Stati Uniti, ottobre 1963, pp. 73-83
538 Neufeld, J. M., Von Braun: Dreamer of Space, Engineer of War, Random House, Stati Uniti, 2008, pag. 199-201
546 Longerich, P., Heinrich Himmler, Oxford University Press, New York, 2009, pag. 3-4
Luca Mershed, L'Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Anno Accademico 2018-2019

giovedì 15 giugno 2023

Mortella era Sara Zardo, un’attrice molto giovane e molto intelligente

Sara Zardo e Oreste Bilancia in una scena del film "Perché no?". Da rivista Kines, n. 38 del 1930. Fonte: Fondazione CSC

Di Sara Zardo si sono perse le tracce nel tempo, dimenticata da molti, dalle biografie ufficiali e dagli appassionati. Non siamo riusciti infatti a trovare molto su di lei; due o tre parole, nulla di significativo. Si tratta invero di un’attrice di secondo piano ma sulla quale vogliamo soffermarci per via della natura delle lettere che di lei conserviamo nel Fondo Giacomo Gagliano e che colpiscono per via del contenuto. Dal tono delle missive si deduce che doveva esserci una certa confidenza tra l’attrice e Gagliano; Sara Zardo si confida, parla di alcuni personaggi chiamandoli solo per cognome e la scelta elle parole tradisce chiaramente il fatto che il giornalista avesse già, e più volte, raccolto le confidenze della giovane attrice. Dicevamo che non abbiamo molte notizie su Sara Zardo e in questo senso sono proprio le sue parole, le sue lettere che ci vengono in soccorso. Ma non sono le informazioni biografiche quelle che più colpiscono di queste missive scritte di getto, ma, come già accennato, i continui riferimenti alla difficoltà di essere donna, una bella donna in un ambiente spesso maschile; la difficoltà di essere lavoratrice e artista e il non volere scendere a compromessi. Temi di grandissima attualità, specialmente adesso, dopo il “caso Weinstein”, uno dei più potenti produttori di Hollywood accusato di molestie sessuali da molte attrici, caso che ha dato il via in tutto il mondo a proteste a denunce verso il sistema maschilista che sopravvive in moltissimi campi lavorativi e che vede le donne penalizzate da un punto di vista economico, sfruttate e troppo spesso costrette a scendere a compromessi per salvare il proprio lavoro o per inseguire i propri sogni.
Su Sara Zardo, oltre alle tre lettere finora menzionate, abbiamo anche un articolo di Gagliano pubblicato su L’Ora nell’aprile del 1929: non è sicuramente un caso visto che al mese di ottobre e al mese di novembre del 1929 risalgono due delle tre missive. Su di lei Gagliano scrive un articolo dal titolo “La serata di Sara Zardo con 'Il ferro' - D’Annunzio” (1929Lv: 3) in occasione di una rappresentazione dannunziana a Palermo:
"Mortella era Sara Zardo, un’attrice molto giovane e molto intelligente, della quale il nostro pubblico ha forse intuito il grande sogno d’arte che le rende gioiosa la fatica e la preoccupazione di dare una spiritualità nuova alle figurazioni sceniche che le chiedono il dono della sua grazia e della sua finezza. Se tutte le commedie gliene offrissero la possibilità, Sara Zardo vorrebbe «interpretare»: affondare lo sguardo nell’ombra che nasconde l’incertezza e l’angoscia, acuire la ricerca della più segreta umanità, fermare nella vita del personaggio il tremolante spasimo del suo cuore di donna, così squisitamente proteso e cogliere e a far vibrare i moti dell’anima" (Gagliano 1929Lv: 3).
Gagliano è lusinghiero nei confronti della giovane attrice e si sofferma più volte sulle sfumature della sua interpretazione e sul successo con il quale il pubblico siciliano ha accolto Sara Zardo:
"Della sua recitazione semplice e schietta, morbida e deliziosa sapevamo. Sara Zardo si affina sempre più in ogni nuova interpretazione e sempre più cancella ogni artifizio esteriore per rivelare, in una luce di sofferta verità, lo studio introspettivo della parte che ella vorrebbe solamente rivestita della sua anima. Ignoravamo a che cosa potesse giungere il suo temperamento di attrice drammatica: 'Il ferro' è stato, in questo senso, una prova bellissima, che non può non segnare una tappa nell’evoluzione artistica di questa sensibilissima attrice. [...] La tragedia si attorcigliava al corpo dell’interprete e le fiamme si proiettavano, ancora vive, sugli spettatori che, consapevoli, più volte a scena aperta e alla fine di ogni atto, scattarono in applausi calorosissimi. Di questo successo Sara Zardo dev’essere particolarmente lieta" (Gagliano 1929Lv: 3).
Dalle lettere invece, emerge la grande confidenzialità che Gagliano riusciva ad instaurare con le attrici: disposto all’ascolto, riusciva a mettere a proprio agio e a creare un clima intimo e rassicurante.
Qualche informazione sulla carriera di Sara Zardo si evince già dalla prima lettera datata ottobre 1929 (Zardo 1929Ca): "Mi sono scritturata con la compagnia stabile Mascalchi dell’Orfeo. Le referenze su M. sono ottime. La Gramatica naviga ancora in alto mare. In questi giorni poi ho fatto un provino cinematografico riuscito molto bene quindi, a forte sentimentalità voglio entrare in quella strada e se questo altro anno non ci sarà per me una scrittura di primissimo ordine in drammatica entrerò nei film. Mascalchi darà molti lavori di avanguardia e avrà così spesso la stampa in teatro. Roma poi è Roma. Sarò prima donna a vicenda con la Meringhi. Primo attore è Lombardi. Le invio le fotografie pregandola di sceglierne una per il dramma al quale tengo moltissimo. Lei farà in modo che esca presto vero? Un’altra che fosse di suo gradimento me la designi e io gliela rispedirò con dedica" (Zardo 1929Ca).
Ma i toni della lettera cambiano repentinamente ed entra in scena - trattandosi di teatro sembra proprio il caso di dirlo - un personaggio, un uomo di nome Ragusa. Ad onor del vero, abbiamo tentato di fare una ricerca per identificare il personaggio in questione ma, mancando il nome di battesimo ed altri elementi identificativi, la ricerca non ha dato nessun esito. Del resto potrebbe trattarsi di un impresario, o di un personaggio di poco conto, certo, ma abbastanza potente - di quel piccolo potere meschino, troppo spesso, abusato e sopravvalutato - per creare dei problemi all’attrice, come vedremo anche nella lettera successiva: "Tra le infinite pene e lotte che ho per intraprendere la nuova vita c’è la improvvisa ricomparsa di Ragusa nell’orizzonte romano. Quella bella tempra di delinquente atavico e di raccattatore di che cosa non sarà capace sapendomi sola, a Roma, e in lotta per un primato di ruolo? Dio mio! Gagliano se lei ha qui conoscenze nel campo giornalistico o intellettuale che possa annullare un’eventuale cattiva opera di Ragusa o almeno sorvergliarlo lo faccia per carità. Non è la mia minore preoccupazione questa e le lotte sono già tante!" (Zardo 1929Ca).
La stima e la fiducia dell’attrice si rinnovano anche nella lettera del novembre dello stesso anno: "Che piacere fa ricevere le sue lettere! Lei ha un dono raro: quello di sapere essere un vero amico e per me, in questo momento soprattutto, è una vera consolazione. Grazie per la piccola istantanea e grazie per le cartoline che lo hanno seguito nel suo vertiginoso giro. Sono contenta che le foto le siano piaciute, le tenga pure" (Zardo 1929Cb).
Dopo questo breve incipit, che serve anche a ribadire il grado di confidenzialità tra i due, l’attrice introduce nuovamente la questione relativa a Ragusa: "Ragusa! Ahimè...che peso! Lo incontro spesso disgraziatamente. Qualche volta tenta avvicinarsi ma il mio viso deve prendere un’espressione così... evidente e precisa che tira in lungo e non mi parla. So però che a mezzo Marsala e qualche altro intermediario vuol arrivare a Mascalchi per dargli “la calma della gioia”. Io giorni fa, in pieno palcoscenico e parlando di novità ho elogiato il suo lavoro per puro spirito di sincerità e lui lo è venuto a sapere (ancora mi chiedo come). Mi aspetto quindi da un momento all’altro di vedermelo in palcoscenico" (Zardo 1929Cb).
Notiamo, in prima istanza, dalle frasi introduttive, che si tratta di una lettera di risposta ad una di Gagliano; questi, probabilmente, nella sua missiva chiede espressamente notizie sul personaggio in questione. Ed è anche giustificabile considerando i toni della precedente lettera di Sara Zardo che nuovamente si esprime con parole dure che ne rivelano l’amarezza: "Vede Gagliano bisogna essere di una intuizione femminile per comprendere fino a che punto una donna possa provare disgusto per un uomo quindi a lei caro amico non la descrivo. Ho già deciso di non far nulla perché il lavoro, al caso, non venga rappresentato ma io a costo di essere sciolta dalla compagnia non ne prenderò parte" (Zardo 1929Cb).
E ancora si sottolinea l’ingerenza che ha quest’uomo nella vita dell’attrice tanto da portarla a considerare di lasciare la compagnia in cui lavora. Per rigore di cronaca bisogna evidenziare che non conosciamo i fatti se non quelli che Sara Zardo descrive ma è altrettanto vero che scrive ad un amico e che in lui cerca conforto e consiglio e dal quale, invero, trattandosi di un giovanissimo giornalista, non avrebbe potuto trarre altro.
Il racconto prosegue e l’attrice ci fornisce nuovamente qualche notizia sul suo lavoro, partecipa alla messa in scena di un’opera di Pirandello e ne sembra più che entusiasta ma subito dopo i toni diventano nuovamente amari e sottolinea come, da seconda attrice, fosse stata superata da un’altra attrice per motivi che ella stessa racconta: "1l novembre, giorno di debutto della compagnia è vicino e le prove sono intensissime. Abbiamo messo su: Carità mondana - La crisi - Lulù - Le sue...prigioni - Le signorine della villa accanto e Liolà di Pirandello. Novità questa per tutta l’Italia e ritenuta da molti il vero capolavoro di Pirandello. La conosce Gagliano? È una cosa magnifica e di cui sono entusiasta anche io. Qui in compagnia io sono al quarto posto! Credevasi essere seconda donna assoluta una da due giorni una piccola attricetta senza nessun merito vero ma spalleggiata da amanti illustri mi è passata avanti come ruolo, camerino, e importanza. Io che non ho amanti illustri ma solo un signor orgoglio non ho protestato e subisco. Se è vero che in me c’è del valore verrà fuori lo stesso, ma ne dubito seriamente perché non credo più in niente[sic] ma solo... nell’amicizia di Gagliano" (Zardo 1929Cb).
Forse non aveva davvero un grande talento, o forse aveva previsto quello che effettivamente sarebbe stato. Non abbiamo conoscenza del modo in cui stessero esattamente le cose, e del resto la storia, e in generale la ricerca, si basa anche su ipotesi; rimane, però, una certa malinconia dopo avere letto le parole di Sara Zardo.
Non sappiamo neanche che fine abbia fatto l’attrice; le sue ultime notizie in nostro possesso risalgono al 1930, data che riporta l’ultima lettera a Gagliano in cui racconta di trovarsi nella capitale francese per intraprendere una nuova avventura: «Sono a Parigi scritturata dalla Paramount per il primo film italiano interamante parlato. Mi tratterrò ancora una ventina di giorni. Scrivete e ricordate la vostra amica» (Zardo 1930C).
Di lei rimane però il ricordo e la promessa, anche se molto vaga, di cercare ancora tra le carte, una qualche verità.
Salvatrice Graci, Giacomo Gagliano, giornalista siciliano: la vita, l’universo femminile, il linguaggio giornalistico. Indagine archivistica e primo riordino del “Fondo Giacomo Gagliano”, Tesi di dottorato, UNED, Universidad Nacional de Educación a Distancia, 2017

mercoledì 14 giugno 2023

La Dc è per essenza costituzionalmente un partito di centro


L’impegno di De Gasperi fu quello di perseguire la sintesi tra queste eterogenee (tra loro e al loro interno) correnti, che proprio la scelta del nome rappresenta al meglio: "Il nuovo nome, dunque, non fu scelto da De Gasperi per accentuare il carattere confessionale del partito rispetto all’esperienza popolare; al contrario fu chiesto a De Gasperi e agli ex-popolari (che avrebbero preferito il vecchio nome) dai giovani e dai guelfi, i quali desideravano prendere le distanze dall’esperienza popolare". <534
Concentrandoci invece sull’altro figura che abbiamo richiamato, secondo Giuseppe Carlo Marino, che proprio alla figura del 'ministro di polizia' ha dedicato un importante studio, "tra gli esponenti del popolarismo prefascista, Scelba - appena quarantacinquenne all’indomani della liberazione - era tra gli elementi più giovani sui quali potesse fondarsi l’ipotesi di una continuità storica, e quindi di un travaso, dell’esperienza del vecchio Ppi nella Dc. […] Il progetto che la sosteneva - l’idea di un Centro cattolico-popolare al quale ancorare le sorti di una repubblica capace di imporsi, se necessario, tanto all’estremismo di sinistra che a quello di destra - avrebbe orientato e vincolato per molto tempo la politica italiana del dopoguerra. […] Tutte le idee e le iniziative scelbiane rientravano nell’alveo di una fondamentale elaborazione sturziana. Poco o niente che non vi fosse direttamente o indirettamente incanalabile poteva appartenere a Scelba o essergli accreditato". <535
Scelba, allievo di Sturzo e formatosi politicamente nel cattolicesimo antifascista e conservatore presente in alcuni circoli della sua Caltagirone (di dove era originario anche il prete siciliano), rimane per tutta la vita un personaggio storico che potremmo definire “sintetico” e paradossale: repubblicano e antifascista, liberale e conservatore, fautore di una politica che produsse una permanente tensione tra la forza e il diritto, in nome di un anticomunismo conforme alla guerra ideologica dell’ordine bipolare. A suo modo Sturzo era portatore di un progetto di correzione del vecchio liberalismo prefascista e non solo perché questo si era consegnato, nella sua interpretazione, al fascismo; ma anche e soprattutto perché, fedele alla filosofia (in realtà ben più progressista) di don Romolo Murri, che per primo aveva parlato di una 'democrazia cristiana' e della possibilità per il popolo di organizzarsi sindacalmente e politicamente, egli mirava realmente all’ingresso delle masse nella vita politica dello Stato unitario.
"Il 'liberalismo' sturziano passava attraverso una rottura con il ceto politico della vecchia Italia liberale che negli anni Venti, per arginare l’avanzata del popolo nello Stato, si era consegnata al fascismo. Si trattava di un liberalismo anomalo che stava addirittura agli antipodi della concezione borghese-capitalistica. Era la moderna espressione di un concetto della libertà (o, meglio, delle libertà) formatosi nella tradizione di un lungo confronto politico-religioso dei cattolici con Cesare, un concetto che faceva parte di una complessa dottrina della persona, e dei suoi diritti, profondamente ostile all’individualismo borghese: la persona in radicale alternativa all’individuo, ovvero come soggetto civile portatore di una coscienza dei doveri e dei diritti derivante all’appartenenza al popolo". <536
I concetti di classe e di conflitto sono estranei a questa filosofia politica, interpretati anzi come elementi di disordine e inganno da parte dei marxisti; Scelba poi interpreterà ancora più negativamente la mobilitazione sindacale e gli episodi conflittuali legati al lavoro, senza mai appropriarsi dunque della tradizione più progressista del cattolicesimo sociale di Murri. In questo senso, l’utilizzo della forza non è estraneo al popolarismo: esso non solo lo prevede come atto necessario da parte dello Stato di fronte al sovversivismo e all’estremismo (che portano quindi a rompere legittimamente, esattamente come per il vecchio liberalismo, il teorico principio di neutralità governativa nei conflitti sociali), ma diviene fondamentale nel dopoguerra nell’intento della Democrazia cristiana di accreditarsi come unica forza politica in grado di arginare il pericolo comunista.
Non soltanto: De Gasperi porta avanti infatti anche "Il proposito di fare della Dc un 'partito nazionale', nel senso di legare definitivamente i cattolici allo Stato democratico e di farne contemporaneamente i garanti di una convivenza politica tollerante e pluralista. […] Egli cercò di individuare una strada nuova attraverso cui i cattolici avrebbero potuto fare ritorno a un impegno politico democratico […]. L’evoluzione del mondo cattolico e la sua maturazione personale lo spinsero a distaccarsi da motivi ghibellini […] e seguendo una prospettiva, in senso lato, neoguelfa di attenzione per la visione cattolica delle questioni italiane". <537
Fare della DC 'un partito nazionale' e, di più, 'il partito italiano', significa dunque accettare libertà e democrazia politica, inserendo al suo interno la costante della forza per il mantenimento dell’ordine. Questa operazione è politica e culturale al tempo stesso: De Gasperi infatti costruisce un ponte con la tradizione liberale moderata risalente alla fase pre-giacobina della Rivoluzione francese, di cui anche il cattolicesimo politico condividere determinati valori: "la libertà è [per De Gasperi] quella, storicamente ben definita, nata con la rivoluzione del 1789 che ha posto fine ai privilegi e alle prerogative dell’antico regime. De Gasperi tende a sottolineare l’apporto dei cattolici e del clero francese alla prima fase della rivoluzione […] [assieme alla] distinzione nella Rivoluzione francese fra 'movimento costituzionale (cahiers)' e 'i violenti' ". <538
Inoltre, il leader democristiano è profondamente consapevole dell’errore commesso dal Partito popolare con il rifiuto dello Stato liberale proprio di fronte al montare del fascismo. In un momento di fragilità della democrazia, il movimento cattolico deve integrare nel proprio patrimonio politico-culturale quello liberale: "Inserendo Tocqueville nella genealogia della Democrazia cristiana De Gasperi si stacca dalla mentalità negativa nei confronti dello Stato della tradizione intransigente di origine lamnesiana, traduce l’opposizione allo Stato accentratore in una nuova concezione dello Stato". <539
Nel medesimo ambito avviene anche un’altra operazione che avrà fortuna nell’ambito della storiografia cattolica: in una paradossale convergenza con il canone storiografico gramsciano-azionista, anche quello cattolico accetta e fa propria l’interpretazione della Resistenza come 'secondo Risorgimento'; su questo punto, Pavone si è espresso piuttosto criticamente: "quello secondo cui la Resistenza rappresenterebbe l’inserzione nello Stato delle masse cattoliche che ne erano state escluse durante il Risorgimento […] costituisce, sul piano della logica storica, un evidente equivoco […]. Gli editori degli scritti di De Gasperi rivolgono al leader democristiano la lode di aver contribuito 'a dare al nuovo Stato una base popolare che non ebbe lo Stato risorgimentale' […]. Abbiamo all’inizio di questo scritto ricordato la tesi del Volpe sul fascismo come immissione delle masse nello Stato: mutatis mutandis, molte delle obiezioni che abbiamo mosso al Volpe potremmo ora ripeterle a queste posizioni cattoliche. […] fra i due atteggiamenti non esiste solo un’affinità ideologica, ma anche una continuità "in re", se è vero che la 'pace' fra Italia e Chiesa […] ebbe una sua manifestazione essenziale proprio nella Conciliazione fascista, e che la Democrazia Cristiana, assumendo il carattere di partito di massa, ha fruito, non da sola del resto, anche di certe eredità fasciste. […] In realtà, la formula della inserzione delle masse cattoliche nello Stato da un lato esprime la prevalenza finale avuta, nella Resistenza, dalla continuità dello Stato, dall’altro sta ad indicare le sempre maggiori pretese che di fronte ad esso Strato hanno accampato i cattolici, fino a rovesciare l’iniziale significa della formula […]: tanto che oggi l’Italia soffre insieme della sussistenza dello Stato liberale borghese e del suo sovvertimento ad opera dei cattolici". <540
[...] Fu comunque Scelba colui che esplicitò in modo più preciso e paradigmatico il neopopolarismo della Democrazia cristiana che, storicamente, viene a coincidere con la formula politica centrista: "Democrazia cristiana uguale centrismo, in quanto - continua Don Sturzo - il nostro programma è un programma temperato e non estremo; siamo democratici ma escludiamo le esagerazioni dei demagoghi; vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; ammettiamo l’autorità statale, ma neghiamo la dittatura anche in nome della Nazione; rispettiamo la proprietà privata, ma ne proclamiamo la funzione sociale; vogliamo rispettati e sviluppati tutti i fattori di vita nazionale, ma neghiamo l’imperialismo nazionalistico; e così via, dal primo all’ultimo punto del nostro programma, ogni affermazione non è mai assoluta ma relativa, non è per sé stante ma è condizionata, non arriva agli estremi ma tiene la via del centro. Questa posizione non è tattica, è programmatica, cioè non deriva da una posizione pratica di adattamento o di opportunità; ma da una posizione teorica di programma e di idealità. La Dc è per essenza costituzionalmente un partito di centro". <543
Una linea che esclude tanto l’opzione dossettiana delle sinistre interne, più attente alla questione sociale, quanto quella neoguelfa dei Comitati civici di Gedda, più sensibile alle istanze autoritarie dei settori ultraconservatori. In particolare la destra democristiana affondava le sue radici nel ritorno, a inizio anni Trenta, alla cultura intransigente, dopo la sconfessione vaticana del popolarismo sturziano, il compromesso con il fascismo e, successivamente, la delusione verso l’impossibilità di utilizzare il regime come strumento di cristianizzazione della società.
[NOTE]
534 P. Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, il Mulino, 1978, p. 70
535 G. C. Marino, La repubblica della forza. Mario Scelba e le passioni del suo tempo, pp. 24-25, Franco Angeli 1995
536 Ibidem, pp. 29-30
537 A. Giovagnoli, op. cit., pp. 37-38
538 P. Scoppola, op. cit., pp. 78-79
539 Ibidem, p. 84
540 C. Pavone, op. cit., pp. 64-65
543 M. Scelba, Discorso al Convegno sturziano di Torino (5-6 ottobre 1959), cit. in G. C. Marino, op. cit., p. 33
Elio Catania, Il conflitto sociale: “motore della Storia” o “tabù” storico-politico. Il caso di Milano nel secondo dopoguerra, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2016-2017

sabato 10 giugno 2023

Mauri venne reintegrato alla carica di Commissario di Guerra del Comando Zona Est di Parma

Parma. Fonte: Mapio.net

La risposta del Comando Nord Emilia alla lettera personale di Gloria [colonnello Paolo Ceschi], è datata al 26 marzo 1945 <202; si tratta quindi di un documento inviato a nome di tutto il Comando, in risposta ad uno personale e privato indirizzato unicamente al Comandante. In questo scritto vengono ripresi e contestate le obiezioni mosse da Gloria. Il generale, premettendo il fatto di non aver nessuno preconcetto nei confronti di Primo Savani [Mauri] avendolo conosciuto personalmente, deplorava l'azione di Mauri, sia per aver messo in pericolo il movimento sia perché le direttive dei comandi superiori e degli alleati erano sempre state quelle di nessun accordo col nemico. Questo, spiegava il Comandante Bertola, era stato ribadito anche dal Comando Generale, che biasimava la condotta di Mauri ed esortava a prendere provvedimenti, cosa a cui il Comandante aveva già ottemperato.
Dopo aver addotto spiegazioni sui motivi dell'estromissione di Savani, il Generale Roveda [Bertola] si rivolgeva direttamente al Colonnello parmense con queste parole: "non comprendo su quali elementi giudichi il provvedimento preso dal P.C. ed il motivo per cui, specie nella tua veste di Comandante e quindi al di sopra di ogni questione di partiti, ti intrometta in faccende interne di un partito, oltre che dare un giudizio quale tu dai". <203 In merito all'osservazione del Comandante parmense sui collaboratori del Comando, il generale del Nord Emilia sottolineò il fatto che la sua decisione non era stata condizionata da alcuna manovra politica e che il Comando del Nord Emilia, non era dominato dall'influenza comunista.
Gloria non fu l'unico a intercedere per Mauri, ma anche il Comitato Liberazione Nazionale di Parma, intervenne, seppur tardivamente, inviando una lettera riservata <204 alla Delegazione Nord Emilia del CUMER il 26 marzo. Anche il Comitato, come Gloria, sottolineava come la vicenda abbia avuto una risonanza profonda nella provincia, per la popolarità e la stima di cui Mauri gode nel movimento parmense. Forte del fatto di non essere stato interpellato ufficialmente nella vicenda, il Comitato si sentiva in dovere di esternare e condividere il suo punto di vista. Anzitutto venne fatto notare che Mauri fece quanto era possibile per informare il Comitato dell'accaduto, inoltre il pensiero del CLN di Parma era il seguente: "il prof Mauri non aveva facoltà di trattare con i nazifascisti e non lo ha fatto […] gli venne sottoposto un patto che non era nelle sue facoltà né di respingere né di accettare" <205. Per queste ragioni il Comitato non riteneva giusto che il Mauri, che ha solamente dimostrato un "alto senso di responsabilità e di correttezza in tutta la vicenda" <206, debba sopportare un provvedimento del genere che rischia di creare una crisi in seno al Comando Unico.
Abbiamo visto quindi le accuse da parte del Nord Emilia e del Partito Comunista da una parte, e la difesa del Comandante Gloria e del Comitato provinciale dall'altra; si è visto anche come Mauri stesso cercò di affrancarsi dalle accuse mosse e di come, nella speranza di una revoca del provvedimento da parte del Partito, abbia continuato per un certo periodo a rivestire l'incarico di Commissario. Tuttavia, di fronte all'inamovibilità del Nord Emilia, nella metà di aprile scrisse a Gloria annunciando il suo ritiro: "è necessario che mi attenga all'ordine del CMNE per dare esempio di quella disciplina la cui realizzazione nelle nostre file è stata una delle direttrici della mia opera di Commissario Politico. È doloroso lasciarci alla vigilia della Vittoria, dopo tanto fervore di opere in cordiale collaborazione, ma un soldato della nostra grande causa, deve essere forte anche nel dolore […] se nulla avrai in contrario, entrerò a far parte della 12° brigata Garibaldi per continuare a fare il mio dovere di partigiano". <207.
Nei pochi documenti pervenuti scritti da Mauri, il Commissario si limitava a riferire, con rigore e precisione, la sua testimonianza sui fatti accaduti, senza lasciar trapelare alcun giudizio o pensiero sui provvedimenti presi a suo carico e senza appellarsi alla sua innocenza o scusarsi. Solo in una lettera indirizzata al Triumvirato Insurrezionale del P.C., scritta l'11 maggio 1945, a Liberazione avvenuta, egli riportò la sua versione dei fatti e ammise gli errori commessi. Si tratta di un mea culpa che aveva però il fine di poter esser riammesso all'interno del partito comunista: "io, che ricoprivo la carica Commissario Politico di zona, in quanto militante del P.C. avrei dovuto opporre uno sdegnoso rifiuto, ripetendo quella che era la parola d'ordine del nostro partito e cioè col nemico si combatte, non si discute. […] ho commesso, seppur in buona fede un gravissimo errore politico […] avrei dovuto informare immediatamente il partito. Ho sbagliato. […] per gli errori commessi sono stato giustamente colpito. Siccome sono e intendo rimanere comunista, chiedo di essere reiscritto nel Partito al quale ho dato e intendo dare tutta la mia attività". <208
Le parole espresse da Savani in questa lettera, sono ben diverse da quelle scritte nelle relazioni e in via confidenziale a Gloria, dove Mauri non fece mai cenno ad un suo eventuale errore ma, proprio come si addice ad un avvocato, al contrario motivò ogni decisione presa, perfino quella di non chiedere suggerimenti al partito ma di rivolgersi, personalmente e urgentemente, al CLN di Milano.
Conclusione del "caso Mauri"
Proprio come avvenne per la questione della nomina del Comando Unico, anche la vicenda dell'avvocato Mauri proseguì e si trascinò dopo la lotta partigiana. Ad un mese dalla Liberazione e dalla sfilata ufficiale di tutte i partigiani trionfanti, alla quale Mauri partecipò come semplice patriota, quando ormai le esigenze della guerra erano svanite, il Comandante Nord Emilia, il generale Roveda, con l'ordine del giorno N° 5 <209, revocò il provvedimento e Mauri venne reintegrato alla carica di Commissario di Guerra del Comando Zona Est. "Il comando Generale [spiega Roveda ] fu indotto a tale provvedimento dalla necessità di impedire il ripetersi da parte di singoli patrioti di iniziative atte a prendere in considerazione una tregua d'armi." <210 Quella esplicata dal Comandante è un motivazione nuova, che non emerge dagli scritti precedenti e può apparire come un tentativo di edulcorare il duro provvedimento di alcuni mesi prima. La revoca del provvedimento venne motivata in considerazione del: "Ottimo e disciplinato comportamento del patriota Mauri nel periodo successivo alla data del provvedimento, la lunga sua permanenza nei ranghi delle forze partigiane e lo zelo a cui si è costantemente ispirato, la sua lunga vita cospirativa di antifascista sincero […]". <211
Infine, il fatto che nel 1946 Primo Savani, dopo la vittoria alle elezioni amministrative del Partito Comunista, venne nominato dal partito stesso Sindaco di Parma, conferma che anche il Partito aveva revocato il suo ordine di espulsione reintegrandolo nei quadri.
[NOTE]
202 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta 3 OD, fasc. OP d1, f. 110.
203 Ibidem
204 Ivi, busta RI, fasc. QM, f. 28.
205 Ibidem
206 Ibidem
207 Ivi, f. 41.
208 Ivi, f. 48.
209 Ivi, f. 50.
210 Ibidem
211 Ibidem.
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018

domenica 4 giugno 2023

Non vi sono dubbi sul collocare il debutto del femicrime con un ritardo di circa vent’anni (in Italia) e fino a quasi mezzo secolo (in Spagna)


Attualmente, l’ambito degli studi critici accademici che si occupa del giallo scritto e/o con protagonista delle donne è ancora agli albori, e sta iniziando a produrre materiale critico soprattutto nei contesti anglofoni. Ciò che invece è possibile riscontrare nel panorama della critica riguardo al contesto spagnolo sono riferimenti isolati in alcune antologie e testi critici sulla storia del giallo in Spagna e pochissime opere dedicate esclusivamente alla produzione al femminile, includendo tesi e dissertazioni. Ciononostante, nella maggioranza dei casi, gli studi critici disponibili su ciò che in questa tesi spesso si definisce con l’appellativo di femicrime si limitano a singoli articoli sparsi per le riviste specializzate nel campo femminista o a capitoli su una singola autrice nello specifico inclusi all’interno di testi più globali.

Dal canto suo, la critica italiana risulta anche più desolante e arretrata dato che, nonostante vi siano vari critici che negli ultimi anni si stanno interessando al giallo di attribuzione e protagonismo femminile, è realmente difficile trovare opere dedicate esclusivamente a esse. Ciò che è possibile riscontrare sono solo opere panoramiche, che però non presentano una preoccupazione concretamente rivolta alla singola letteratura scritta dalle donne. In altre parole, nell’attualità, si dedica ancora troppo poco spazio al femicrime italiano e solamente sotto forma di riferimenti isolati nelle antologie e opere critiche sulla storia del giallo italiano.

Negli ultimi decenni, nonostante la ricerca nella prospettiva di genere sia già entrata all’interno delle istituzioni e che almeno una delle proprie linee si dedichi propriamente a promuovere la visibilità delle donne, gli sforzi per riuscire ad ottenere il pari riconoscimento del contributo femminile nello spazio pubblico, e più concretamente nella narrativa di tipo poliziesco, continuano a essere impari, pertanto è stato considerato necessario continuare questo compito.

L’interesse di questa tesi nasce precisamente dall’inesistenza di uno studio esaustivo e tassonomico sulla storia e la caratterizzazione del giallo al femminile in castigliano e in italiano e, soprattutto, dall’assoluta assenza di studi comparati tra di essi. In altre parole, quest’investigazione pretende realizzare uno studio contrastivo del giallo che sia scritto e abbia come protagonista le donne (o femicrime) della Spagna e dell’Italia nell’epoca attuale a partire da due casi di studio: la serie narrativa su Petra Delicado di Alicia Giménez Bartlett e la serie con Maria Dolores Vergani di Elisabetta Bucciarelli.

Perché scegliere Alicia Giménez Bartlett ed Elisabetta Bucciarelli come autrici principali di questa investigazione? Bisogna cominciare con il dire che l’idea iniziale prevedeva scegliere tra quelle scrittrici che si fossero dedicate al giallo rispettivamente in Spagna e in Italia, che avessero scritto una serie di tipo police procedural che avesse un ispettore di polizia donna come protagonista e che fossero attuali.

Perché Giménez Bartlett e Bucciarelli nello specifico? Giménez Bartlett perché la maggior parte della critica specializzata concorda nel situare la scrittrice come fondatrice del police procedural al femminile in Spagna. Di fatto, Petra Delicado, la protagonista dei suoi romanzi, è stata una delle prime funzionarie della polizia di Stato nella narrativa europea, rompendo così con le strutture fallocentriche del giallo e affrontare una doppia sfida, come donna e come professionista. Aver apportato il punto di vista femminile e l’aver raggiunto un alto grado di popolarità hanno implicato una grande novità e opportunità di crescita per il genere, aprendo importanti aspettative per il futuro del genere poliziesco. Tale affermazione trova riscontro nel fatto che Delicado sia un personaggio di successo, la cui identità costituisce uno dei nuclei dell’intrigo e va ricoprendo sempre più spessore man mano che si avanza nella serie che, per il momento, nasce nel 1996, è presente nell’attualità e probabilmente continuerà nel futuro. In questo senso, bisogna aggiungere che la produzione della serie di cui Delicado è protagonista presenta una struttura seriale che, oltre a essere ancora aperta, permette di osservare i cambiamenti che si sono prodotti nel personaggio centrale, l’ispettore Petra Delicado, nel contesto storico che la circonda e nella caratterizzazione dei distinti aspetti della serie in generale. Per di più, Giménez Bartlett in Italia (pubblicata dalla casa editrice Sellerio) possiede un grande successo, riscontrabile nell’ingente quantità di vendite e nell’importanza nel campo letterario, che potrebbe giustificare un’eventuale influenza sul femicrime italiano attuale.

Bucciarelli, d’altro canto, nonostante abbia pubblicato il primo romanzo della propria serie nove anni dopo la scrittrice spagnola, è stata scelta perché è una delle prime e pochissime gialliste italiane ad aver scritto una serie di tipo police procedural abbastanza ampia e ancora aperta, sviluppata tra il 2005 e il 2014. Di conseguenza, avrebbe permesso di portare avanti una comparazione il più equivalente possibile sui tratti caratteristici e gli sviluppi della serie. La differenza temporale tra le pubblicazioni sarebbe stata interessante da indagare per verificare in che modo fosse confluita nella serie italiana l’eventuale influenza maturata nel corso dei circa dieci anni che le dividono. In realtà, la serie Delicado in Italia viene pubblicata solo a partire del 2000, quindi il salto temporale è stato alquanto minimo per poter essere considerato rilevante, permettendo quindi di effettuare uno studio comparativo che si mantenesse su un piano parallelo senza dover subire sconvolgimenti cronologici. Infine, è stato estremamente curioso il fatto che la serie italiana presentasse una serie di punti comuni sia nella costruzione e caratterizzazione del personaggio protagonista sia in molti altri aspetti, che sono serviti a dare l’ultima spinta e puntare definitivamente su di essa.

Entrando nel merito della strutturazione di questa tesi, è importante chiarire che questa investigazione è stata divisa in due parti e in tre rispettivi blocchi tematici attraverso cui sono stati esplorati, da una prospettiva generale fino ad addentrarsi nel particolare, l’evoluzione e i differenti aspetti del giallo e, soprattutto, del femicrime per analizzare subito dopo le serie delle autrici anteriormente menzionate.

La prima parte, che comprende i primi tre capitoli, è stata dedicata alla base teorica: concretamente, si sono ripercorsi una serie di obiettivi specifici a partire dall’impostazione dell’origine e dello sviluppo del giallo a livello generico e successivamente contestualizzato in Spagna e in Italia, per poi cercare di fornire un quadro storico della genealogia, dell’evoluzione, della caratterizzazione e della classificazione del femicrime con il fine di verificare l’ipotesi secondo cui potrebbe considerarsi un sottotipo a parte del giallo o semplicemente una normale e ulteriore evoluzione poliziesca. In questo modo, si è cercato di arrivare a un primo tentativo di raccolta antologica dalle origini fino ai giorni nostri, per poi focalizzare l’attenzione sui contesti spagnolo e italiano soprattutto nell’epoca attuale.

L’ordine dell’investigazione fornisce, nel primo capitolo, un quadro generale sulla teoria e classificazione del giallo a partire dalle origini, passando poi per lo sviluppo fino ad arrivare allo stato attuale del genere e delle proprie derivazioni nell’ambito occidentale, con particolare attenzione per quei paesi che sono stati la culla di nascita del genere poliziesco: Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Nel corso del capitolo, inoltre si sono indicati alcuni fra gli esponenti più celebri e rilevanti, i tratti distintivi che hanno definito e definiscono il giallo e le varie derivazioni del passato e del presente.

Il primo passo è stato chiarire la denominazione “novela policíaca” (romanzo poliziesco o giallo). A questo proposito, i critici che si sono occupati dello studio della genealogia del giallo hanno fornito differenti nomenclature: romanzo di detective o deduttivo, romanzo criminale, noir, romanzo poliziesco, tra le altre. In questo caso specifico, si è optato per “novela policíaca” come definizione generica che comprendesse tutta la produzione letteraria costituita dagli elementi distintivi e basilari di questo genere: crimine, investigatore, investigazione e risoluzione. Una delle ragioni si poggia sul fatto che, negli ultimi anni, la presenza di protagonisti appartenenti alla polizia tradizionale svolge un ruolo sempre più importante, almeno in Europa. Inoltre, dato che è il contesto europeo che interessa a questo lavoro, il termine “policíaco” è la forma con cui in passato il genere è stato introdotto nel panorama editoriale di molti paesi europei - Francia (roman policier), Italia (romanzi polizieschi o gialli) e, in misura minore anche in Spagna (novela policíaca per l’appunto) -, pertanto, risulta essere la definizione più conosciuta dal pubblico lettore.

Il passo successivo è stato fornire una solida base teorica sulla nascita e lo sviluppo del giallo insieme a un tentativo di classificazione del genere e delle varie derivazioni dell’epoca attuale.

D’accordo con la critica, la nascita del giallo è da situare negli Stati Uniti industriali della fine del XIX secolo, in un momento in cui vi erano delle condizioni storico-sociali favorevoli alla sua comparsa: l’industrializzazione capitalista ha infatti portato all’aumento della criminalità e la conseguente istituzione delle forze di polizia; allo stesso modo, si indica l’influenza del positivismo e del pensiero razionalista e dalle pretese scientifiche; senza dimenticare la possibile influenza di quei precedenti letterari - i racconti di crimini reali, di delinquenti o banditi, le cause celebri e il feuilleton - provenienti dal vecchio continente.

La paternità è da attribuire a Edgar Allan Poe con The Murders in the Rue Morgue (1841), con cui introduce il primo sottotipo poliziesco: la detective novel (o romanzo deduttivo), un tipo di narrazione breve in cui il detective - un investigatore dilettante alto-borghese, spesso stravagante, con speciali doti d’osservazione, analisi e deduzione - deve risolvere un mistero (un omicidio) avvenuto in una “stanza chiusa”, seguito da un compagno che gli dà lustro e che svolge la funzione del narratore che gestisce il gioco tra il detective e il lettore per scoprire chi riuscirà a risolvere per primo l’enigma in maniera logica.

Questo genere diventa rapidamente popolare oltre oceano, estendendosi soprattutto nel territorio anglosassone: nel 1887 Sir Arthur Conan Doyle con l’archetipico Sherlock Holmes (a chi inoltre si deve l’introduzione dell’azione all’interno del romanzo deduttivo), seguito da G. K. Chesterton (che aggiunge la componente moralista con Padre Brown nel 1911) e da Agatha Christie (la quale introduce elementi psicologici con Hercule Poirot, 1920 e Miss Marple, 1930), tra gli altri, i quali inaugurano la seconda Età d’Oro del giallo che culmina negli anni Trenta.

Parallelamente, la Francia sviluppa la propria corrente, il roman policier introdotto da Émile Gaboriau con la pubblicazione de L’Affaire Lerouge (1863) nel quale convergono letteratura poliziesca e feuilleton, creando un tipo di narrazione che differisce dalla detective novel per complementare l’intelligenza analitica del protagonista (già esponente delle forze di polizia e con il gusto per il travestimento), valoroso, incorrotto ma decisamente umano con delle conoscenze esatte e concretamente reali e dettagliate delle procedure di polizia, che cerca e analizza i moventi por cui è stato commesso il delitto e risolverlo. In un secondo momento si assiste all’evoluzione del roman policier con Georges Simenon a cui si deve il merito di introdurre l’elemento costumbrista (cioè l’attenzione verso la descrizione realista e critica dei paesaggi, ambienti, usi e costumi del luogo in cui si svolge l’azione da un punto di vista autodiegetico) e la cui serie che vede protagonista il celebre commissario Maigret (1931) getterà le basi dell’odierno police procedural.

Ritornando agli Stati Uniti, in seguito al bocco immediatamente successivo ai racconti di Poe, il genere si evolverà solamente durante il decennio del 1940 verso il denominato romanzo hard-boiled, che si caratterizza per il crudo realismo e il compromesso sociale. L’investigatore protagonista si professionalizza e diventa un detective privato. Si tratta di un personaggio dinamico, “duro”, leale, violento, solitario (ma donnaiolo), sboccato e psicologicamente tormentato che investiga per le strade (e critica ferocemente) gli aspetti più infimi, sordidi e corrotti della società attraverso una narrazione autodiegética. I massimi esponenti di questa corrente sono Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Con la nascita dell’hard-boiled, inoltre, si dà inizio a una relazione simbiotica tra la letteratura poliziesca e il cinema.

Queste tre correnti (romanzo deduttivo, roman policier e hard-boiled) rappresentano la fonte di ispirazione primaria per il giallo attuale che dopo la Seconda Guerra Mondiale e, soprattutto a partire dal 1960, entra nella terza Età d’Oro. Ad oggi, qualsiasi sia la matrice (anglosassone, francese o americana), il giallo si apre a nuove frontiere e si creano svariati subtipologie e sottocategorie; pertanto, il panorama narrativo poliziesco attuale resulta molto ampio ed eterogeneo, perciò si sono riscontrate reali difficoltà al momento di stilare una classificazione che pretendesse essere esaustiva. Di conseguenza, è stato impossibile procedere ad una classificazione unica, mentre è stato possibile procedere delimitando innanzitutto l’analisi al solo contesto europeo, escludendo gli U.S.A, e optando per un raggruppamento multiplo che prendesse come criterio selettivo tre dei punti indicati da Sánchez Zapatero e Martín Escribà (2017: 91): il tipo di personaggio protagonista (dando maggiore spazio alla detective novel e al police procedural con protagonista principale rispettivamente un detective privato professionista o amateur e un membro delle forze di polizia), criteri geografici (dei quali si sono messi in risalto il giallo mediterraneo, il giallo e il noir) e criteri di genere (il femicrime, a cui si è dato il dovuto spazio nel terzo capitolo). Per ognuno di essi, si sono evidenziato i tratti distintivi dal punto di vista critico-letterario in generale insieme alle eventuali caratteristiche topografiche (principalmente nel contesto europeo), evoluzioni ed esportazioni, necessarie in funzione dell’analisi comparativa.

A questi tre gruppi si aggiungono quelle forme poliziesche che nella tesi sono state definite inclassificabili, tra i quali risaltano l’anti-poliziesco (che sovverte le regole canoniche del giallo) e soprattutto l’ibridazione - che consiste nel far confluire all’interno di uno stesso romanzo le caratteristiche proprie di più generi o correnti letterarie allo stesso tempo - che attualmente può considerarsi la tendenza più popolare.

Nel secondo capitolo, la teoria e la classificazione del giallo si circoscrive alla Spagna e all’Italia, poiché si considera che entrambi i contesti geografici hanno condiviso delle circostanze storiche, geografiche, economiche, politiche e sociali similari (ad esempio, i regimi dittatoriali, con le conseguenti azioni di estrema censura e politiche di chiusura verso il mondo esterno ai propri confini) che, in qualche modo, hanno portano a gettare delle basi analoghe più o meno favorevoli alla nascita, allo sviluppo del giallo e probabilmente anche alla sua caratterizzazione. Anche in questo caso si è mantenuto lo stesso filo conduttore secondo il quale fornire degli esempi di autori rappresentativi di ogni sottotipo poliziesco, lasciando particolare spazio al panorama del giallo attuale.

In primo luogo, è stato quindi possibile verificare il fatto che il giallo non può considerarsi un genere autoctono con una genealogia propria in nessuno dei due paesi oggetto di questo studio, a causa di alcune circostanze sfavorevoli. Mentre il 1841 segnava per il mondo la nascita del giallo, in Spagna e in Italia si è riscontrato uno sviluppo tardivo dovuto all’assenza di una vera economia capitalista, di una borghesia potente e la mancanza di un’infrastruttura di polizia moderna, in principio, e in seguito la censura, la carenza di un’ideologia giuridica e poliziesca ben definita, la scarsa fiducia nelle forze di polizia e l’onnipresente svalutazione del giallo come genere letterario.

Ad ogni modo, è stato possibile compiere una distinzione in tre fasi dello sviluppo e successiva affermazione del genere poliziesco sia in Spagna sia in Italia.

Mentre il Regno Unito e la Francia consolidavano le rispettive correnti - la detective novel con Sir Arthur Conan Doyle e il roman policier di Émile Gaboriau fino ad arrivare alla prima Età d’Oro negli anni ‘20 e ‘30 - la Spagna dà inizio alla propria prima fase del giallo alla fine del XIX secolo con delle forme pioneristiche - prevalentemente narrazioni sulla vita di banditi e sulle cause celebri - fino all’inizio della guerra civile (1936-1939). In questo momento è possibile parlare solamente di traduzioni di narrazioni straniere dato che pochissimi scrittori spagnoli presero sul serio il romanzo poliziesco e rimase un gioco di ingegno proveniente dall’estero (modello anglosassone) il cui unico fine era intrattenere il lettore. In Italia, la prima fase comprende il periodo che va dalla metà del 1800 fino al 1931. Corrisponde all’epoca che vede, da un lato, delle forme primordiali di giallo scritto da autori italiani, direttamente influenzati dalla detective novel e dalla dime novel americana, che si firmavano con degli pseudonimi e impiegavano delle ambientazioni estere; dall’altro lato, vi erano scrittori che hanno introdotto nel romanzo d’appendice alcuni elementi polizieschi. In questo stesso periodo, inoltre, si deve segnalare l’azione decisiva delle case editrici, in particolare di Mondadori con la pubblicazione della collezione “I libri gialli” (1929), che diedero dignità a un genere considerato indegno di essere all’altezza della grande letteratura, dando spazio ai romanzi stranieri di importazione, tradotti e pubblicati in riviste specializzate e in varie collezioni editoriali.

Proseguendo negli anni, mentre gli Stati Uniti inauguravano la corrente realista dell’hard-boiled negli anni ‘40, la seconda fase spagnola che racchiude il periodo del regime franchista (1939-1975) si caratterizza per una scarsa presenza di storie poliziesche. Fra i pochi esemplari, in generale si riscontra il predominio del modello della detective novel in quelle che potrebbero definirsi imitazioni dei modelli stranieri, traduzioni e/o pseudo-traduzioni, l’uso di pseudonimi stranieri e la localizzazione delle trame all’estero (diventa autoctona solo in un secondo momento negli anni Sessanta). In questo momento storico, tuttavia, bisogna sottolineare comunque una forte azione editoriale, la comparsa di una letteratura popolare poliziesca serializzata stilisticamente e tecnicamente accettabile e il successo del cinema noir americano che finirà per esercitare un’enorme influenza sulla successiva generazione di scrittori spagnoli che - a causa delle limitazioni della censura e dell’oppressione franchista - inizieranno a interessarsi sempre di più al modello hard-boiled nella terza fase. Allo stesso modo, in Italia, la seconda fase corrisponde all’epoca del regime fascista e alla Seconda Guerra Mondiale. Durante il fascismo la produzione del genere poliziesco è fortemente controllata dalla censura che, da una parte, favorisce un tipo di giallo nazionalista di ispirazione simenoniana e il debutto dei personaggi del police procedural; dall’altra, continua a essere presente la matrice anglosassone della detective novel che, tuttavia, non ottiene il favore dei lettori. Ci furono anche forme poliziesche che avevano come obiettivo la propaganda verso il regime, fino a che, alla fine, si proibì del tutto la pubblicazione di qualunque forma di narrazione poliziesca. In Italia, inoltre, alla seconda fase seguì un momento che potrebbe essere definito di transizione (1945 1966) in cui, in seguito alla caduta del regime, le case editrici inondarono il mercato con testi provenienti dall’estero (per lo più autori anglosassoni e francesi) lasciando nell’ombra gli italiani che volevano dedicarsi al giallo.

Infine, in linea con le tendenze del giallo internazionale, nella terza fase che in Spagna abbraccia l’epoca democratica (dal 1975 fino ai giorni nostri), è possibile intravedere il primo momento più prolifico, eterogeneo e di successo del genere poliziesco nel contesto spagnolo. A livello letterario, e focalizzando l’attenzione sul giallo, sono l’hard-boiled e il cinema noir americano a ispirare maggiormente gli scrittori che contraddistingueranno le proprie narrazioni con azione, violenza, linguaggio estremamente colloquiale, forte critica sociale (a causa del desencanto della Transizione) e l’ambientazione urbana spagnola che si andrà marcando via via sempre di più fino a diventarne una componente fondamentale. In misura minore si possono trovare forme di detective novel, di police procedural e prime contaminazioni tra sottogeneri vari. In Italia questa terza fase si anticipa di un decennio, a metà degli anni Sessanta, e si può dividere a sua volta in due momenti: dal 1966 al 1978 gli scrittori riscoprono l’enigma e la conseguente investigazione anglosassone classica, ci sono inoltre forme che divergono dal canone con esempi anti-polizieschi (come i romanzi di Sciascia ed Eco) e si inizia a sentire una certa connessione con l’ambientazione metropolitana o provinciale attorno alla quale costruire i gialli; dopo un momento di arresto durante gli anni Ottanta, dal 1979 fino al giorno d’oggi inizia la vera e autoctona produzione del giallo italiano che continua a mantenere il filone inaugurato durante il decennio anteriore che culmina nella creazione di attivi gruppi di autori intorno a determinati capoluoghi (il Gruppo 13 di Bologna, la Scuola dei Duri di Milano e il gruppo Neonoir di Roma, tra gli altri) i quali danno voce al noir più amaro e feroce derivato dalla necessità de esprimere critiche posTangentopoli attraverso, però, protagonisti appartenenti alle forze armate officiali piuttosto che detective privati.

Attualmente, il giallo spagnolo si mantiene vicino all’hard-boiled americano canonico - anche se la componente della critica sociale risulta attenuata - allontanandosi così dalla tendenza europea. Ciononostante, segue la moda e il successo europeo, con la quale condivide la struttura seriata e il boom di vendite, entrando nella categoria dei best-sellers. A parte il noir (o novela negra) è pertinente parlare anche delle altre modalità di romanzo poliziesco in Spagna: popolare (detective novel, ma trattata in forma burlona o semplici copie mimetiche senza intenzione creativa) parodica, costumbrista-psicologica, intellettualizzata, police procedural, femicrime e modelli sempre più “ibridi”. In Italia, invece, la geolocalizzazione continua a svolgere un ruolo prominente con l’aggiunta di nuove sperimentazioni e ibridazioni nelle quali introspezione psicologica, realismo, attenzione por il sociale e crimini feroci fanno da base e, inoltre, vi si trovano protagonisti di vario tipo e agenzie: poliziotti, detective per caso, donne, ecc.

La lista di autori e opere che sono state citate nel capitolo non è esauriente, infatti il proposito di questo lavoro d’investigazione non è mai stato quello di creare un elenco di autori (ne esistono molti altri ben più esaustivi di questo, consultabili in qualsiasi testo sulla storia del giallo), ma cercare di delineare e identificare i tratti caratteristici del giallo spagnolo e del giallo italiano, fornendo come esempi alcuni fra gli autori più rappresentativi, selezionati in base al contributo e all’innovazione che hanno caratterizzato le varie fasi evolutive, sia a livello di personaggi sia di modifiche nei metodi di investigazione, nella forma espressiva, nel focus, ecc. Sicuramente ciò non impedisce l’eventualità di aver tralasciato autori che avrebbero potuto rappresentare esempi migliori, quindi, non bisogna considerare inferiori o senza importanza coloro che non sono stati menzionati.

Nell’ultimo capitolo che compone la base teorica è stata analizzata la “tendenza” che, in questa tesi, per mere ragioni di comodità, è stata definita femicrime. Consapevoli che si tratta di una etichetta particolarmente controversa, è necessario chiarire che questo termine serve esclusivamente a porre l’attenzione principalmente sulle scrittrici che abbiano degli investigatori-donne come protagoniste della propria narrativa poliziesca. Nondimeno, si è considerato opportuno riservare almeno una menzione anche a quelle autrici che abbiano optato per creare detective maschili e viceversa, così come alcuni fra i membri (reali e narrativi) facenti parte della comunità LGBTI. Tuttavia, come qualsiasi tentativo di creare un canone letterario, per quanto si seguano dei criteri delimitatori rimane comunque un processo personale ed esclusivo, nel quale ci sarà sempre qualche autrice o opera narrativa che sfortunatamente rimarrà fuori, senza che ciò debba intaccare il merito e l’importanza che si deve loro. Di conseguenza, nell’approssimazione ai gialli che siano stati scritti o che abbiamo una donna come protagonista, si è cercato di fornire un elenco che non pretende essere completo, ma che serva almeno a gettare le basi per degli studi futuri, limitato alle opere o scrittrici più significative in base alle quantità di vendite, ai premi ricevuti o all’accoglienza della critica.

Così come nel caso dei capitoli anteriori, prima di entrare nel merito della questione letteraria del femicrime è stato imprescindibile affrontare i contesti della Spagna e dell’Italia dal punto di vista storico, politico e sociale dato che i regimi, le guerre e, infine, la democrazia hanno svolto un ruolo fondamentale al momento di definire la posizione delle donne nella società e la loro emancipazione e riappropriazione di quelle posizioni che fino ad allora erano state loro negate. Considerando il giallo come specchio della realtà grazie alla natura di letteratura con valore di cronaca sociale, la condizione delle donne viene necessariamente riflessa su di esso, normalizzando, tra le altre cose, il concetto di donna-poliziotto o, in generale, la relazione tra donne e crimini che fino a pochi decenni fa sembrava qualcosa di completamente incompatibile.

Dal punto di vista letterario, dopo aver stabilito una base storico-narrativa (con le relative esponenti rappresentative) della genealogia e dello sviluppo a livello generale, si è cercato di fornire un altrettanto quadro del femicrime in Spagna e in Italia. In questo senso, è stato possibile constatare che anche il femicrime sembra seguire la stessa tripartizione del giallo che si è proposta per la controparte maschile nei rispettivi paesi, anche se in numero ridotto rispetto agli uomini (e, anche, alle colleghe di lingua anglofona), almeno durante le prime due fasi. Si considera, infatti, che la crescita dell’incursione femminile nel giallo inizia a farsi più consistente solo a partire del 1970.

Nonostante la scarsa presenza della componente femminile nella prima fase dello sviluppo del giallo, non si può confutare l’importanza del contributo di alcune grandi scrittrici come Emilia Pardo Bazán (1911, La gota de sangre) per la Spagna e Carolina Invernizio (1886, Il bacio di una morta) per l’Italia per aver introdotto per prime nel panorama editoriale dei rispettivi paesi un tipo di giallo pioneristico di matrice anglosassone e mischiato al romanzo d’appendice rispettivamente, che sembrano ispirarsi ai contemporanei maschili piuttosto che al femicrime di allora dato che non presentano personaggi femminili come protagoniste.

Nel panorama internazionale, a partire della metà del XIX secolo, nascono le prime pioneristiche investigatrici (amateurs) - spesso da penna maschile - che si approcciavano al mondo dell’investigazione per riscattare il nome di qualche essere amato e lasciare la professione una volta aver portato a temine con successo il proprio compito. Nonostante le autrici anglofone avessero già fornito delle donne di spessore nei panni di investigatrici per caso, è solo a partire dagli inizi del XX secolo che diventano più forti, indipendenti e meno fedeli alla famiglia, preferendo sempre più spesso il lavoro ad essa. Ciò significa che il femicrime internazionale è molto più progressivo e anticonvenzionale rispetto a quello nato in paesi come la Spagna e l’Italia, dove la componente patriarcale è sempre stata più schiacciante. In questo senso, entrambi i paesi oggetto di analisi hanno avuto bisogno di più tempo per arrivare a un modello di personaggio femminile che possedesse tali caratteristiche.

In Italia, l’introduzione della prima donna investigatrice si deve attribuire nuovamente a Invernizio con Nina la poliziotta dilettante nel 1909, mentre in Spagna si dovrà aspettare ancora qualche anno fino al debutto di Bárbara Arenas, nata dalla penna di Lourdes Ortiz nel 1979. Cronologicamente, quindi, non vi sono dubbi sul collocare il debutto del femicrime con un ritardo di circa vent’anni (in Italia) e fino a quasi mezzo secolo (in Spagna) rispetto ai paesi (soprattutto anglosassoni) che possono considerarsi i progenitori del giallo (Regno Unito e Stati Uniti, soprattutto).

Mentre gli altri paesi del mondo affrontavano la prima Età d’Oro del femicrime (anni Venti e Trenta con l’espediente dell’anziana signora per la detective novel) con esponenti del calibro di Agatha Christie per poi diventare femminista in America sotto l’influenza hard-boiled negli anni Quaranta (con donne giovani, forti, colte e attive), in Spagna e in Italia, i regimi totalitari hanno limitato e poi interrotto la pubblicazione del giallo, avendo ovviamente delle ripercussioni anche sul femicrime del quale non vi è stata quasi nessuna espressione - con pochissime eccezioni come Cocchi Adami (negli anni ‘30) in Italia, e Capmany in Spagna (negli anni ‘60) -. Si dovrà aspettare la terza fase per avere nuovamente esempi di giallo al femminile.

Considerando che il fascismo termina circa vent’anni prima del franchismo, senza dimenticare che l’Italia passa anche per un periodo liminare di “esterofilia” nella pubblicazione di gialli di provenienza estera prima di entrare nella terza fase, solo negli anni Sessanta è stato possibile vedere le prime narrazioni che sancissero il ritorno del femicrime italiano con donne come protagoniste. A differenza dei colleghi uomini, il giallo al femminile inizierà a consolidarsi già a partire degli anni Ottanta e ampliare la propria curva di sviluppo durante gli anni Novanta, crescendo progressivamente fino al giorno d’oggi. Questa stessa curva in Spagna si colloca un decennio dopo, a partire dagli anni Settanta, con una lenta e progressiva espansione che inizierà a essere considerevole a partire dagli anni ‘90 fino a raggiungere il picco massimo nell’attualità del XXI secolo.

Negli anni ‘70, nonostante la ragguardevole ascesa del femicrime, nell’arco mediterraneo che comprende la Spagna e l’Italia, il numero di scrittrici all’inizio risulta abbastanza esiguo in confronto al femikrimi scandinavo, ad esempio. Le ragioni possono essere svariate: dai motivi sociali dovuti all’influenza della religione cattolica, passando per considerazioni storiche - dato che si tratta di aree di instabile tradizione democratica - fino ad arrivare a motivazioni culturali e la mancanza di referenti anche stranieri che fungessero da modello.

Se gli anni ‘70 marcavano la seconda Età d’Oro del femicrime in prospettiva internazionale, in Spagna e in Italia, il decennio nel 1970 si inizia a percepire la crescita del giallo al femminile con un tipo de poliziesco prossimo all’hard-boiled. Ciononostante, il femicrime spagnolo presenta una scarsa critica sociale, preferendo invece dei toni umoristici e una rappresentazione stereotipata dell’investigatrice protagonista (come nel caso del sopracitato Picadura mortal, 1979), mentre il modello italiano possiede uno stile tough molto più violento. In Spagna, inoltre, compare anche un tipo di poliziesco dai forti echi femministi rintracciabili ne Un estudio en lila (1980) di Maria Antònia Oliver.

La decade del 1990 segna l’inizio del periodo più prolifico e vario che da un lato fa sì che rivivano alcune forme antiche del femicrime pioneristico anglosassone (Isabel Clara Simò), femicrime noir (Alicia Giménez Bartlett), femicrime in chiave femminista con delle configurazioni estremamente innovative come il fatto di lasciare il protagonismo, non sempre esclusivo, all’omosessualità (Blanca Álvarez, Itxaro Borda e Rosa Montero) e parodie (Laura Caveiro). La situazione italiana è similmente eterogenea con narrazioni del mistero (Renée Reggiani), gotico medievale (Laura Mancinelli), crimini reali (Martina Vergani), crimine lesbico (Fiorella Cagnone) e narrativa di mafia (Silvana La Spina), tra le altre. Inoltre, anche in questo caso sono importanti le geolocalizzazioni del giallo che ha dato luogo a raggruppamenti di autori in capoluoghi specifici - Gruppo 13, Scuola dei duri e Neonoir - nei quali si inscrivono anche molte scrittrici che in generale continuano a contraddistinguersi per un tipo di narrazione più dura, cruda e persino horror, con l’interesse e la critica sociale.

In linea con la tendenza internazionale, il femicrime spagnolo attuale diventa sempre più testimone dei nuovi cambiamenti sociali nei confronti degli stereotipi di genere. Da una parte, c’è un tipo di femicrime più “duro” e fedele al femicrime anglosassone femminista degli anni ‘70, che vede protagoniste donne forti, emancipate, colte, socialmente vincolate ed estremamente realistiche. Dall’altro lato, si sta facendo spazio un tipo di romanzo prossimo al femikrimi scandinavo, definito dalla presenza di donne molto femminili il cui contesto domestico possiede un’importanza quasi superiore alla trama poliziesca. Inoltre, si continua a dare spazio all’omosessualità e alle nuove figure maschili (uomini fragili, subordinati e vittime) e femminili (assassine o in generale criminali). Non bisogna dimenticare poi le scrittrici che si avvalgono di voci maschili, così come gli scrittori che impiegano quelle femminili per approcciarsi al mondo poliziesco. In ogni caso si presentano con caratteristiche prevalentemente ricorrenti come la struttura seriale, l’investigazione integrata dalle analisi scientifiche, l’attenzione verso l’introspezione psicologica delle protagoniste, l’interesse umanistico e l’ibridismo. Anche in Italia si riscontrano le stesse tendenze e le caratteristiche appena menzionate, tuttavia, nel primo caso, si individua la quasi esasperazione del modello hard-boiled per il fatto che la componente orrifica è decisamente accentuata. Le protagoniste presentano una certa fragilità e sono tormentate da fantasmi del passato, pertanto è interessante anche la dimensione psicologica dei personaggi. Nel secondo caso c’è una quantità più dilagante della tendenza del femikrimi scandinavo. Ad ogni modo, sono le forme ibride e la localizzazione topografica gli elementi prevalenti.

Questa proposta teorica considera il femicrime, non come un’entità unitaria e omogenea, ma come una molteplicità di voci che si esprimono da e attraverso posizioni diversificate e persino contraddittorie, il cui unico denominatore comune è il proprio genere, ma, allo stesso tempo, resultano interessantissime perché parlano delle rispettive circostanze personali e culture particolari che possono portarle ad avere un punto di vista più o meno impegnato socialmente.

Il compendio delle voci più rappresentative, così come la delimitazione della caratterizzazione del giallo al femminile, ha avuto come obiettivo completare un’analisi sufficientemente panoramica con il fine di presentare dei risultati che segnassero tendenze, sviluppi e innovazioni apportate dalle “damas de negro” spagnole e le “signore in giallo” italiane nell’attualità come verrà indicato nelle conclusioni. A partire da queste premesse, inoltre, è stato possibile identificare delle analogie e delle differenze tra femicrime spagnolo e italiano nell’attualità, utili per la parte comparativa della seconda sezione di questa investigazione.

Prima di passare alla suddetta comparazione e propedeuticamente ad essa, la seconda parte di questa tesi si apre con un’analisi critica dei casi su cui si è basato lo studio contrastivo: la serie su Petra Delicado, scritta da Alicia Giménez Bartlett per la Spagna e quella italiana che ha come protagonista Maria Dolores Vergani di Elisabetta Bucciarelli, delle quali sono stati analizzati gli aspetti intrinseci costitutivi. Successivamente a tale processo, si è cercato di mostrare le analogie e le differenze tra le serie con il fine di sviluppare lo studio contrastivo attraverso il quale verificare l’eventuale influenza del giallo concepito da Giménez Bartlett nel femicrime attuale italiano e più concretamente nella produzione di Bucciarelli, arrivando così a raggiungere l’obiettivo principale di questa tesi, e in generale stabilire un contatto tra femicrime spagnolo e italiano nell’epoca attuale.

Alla serie su Petra Delicado è stato dedicato il quarto capitolo della tesi, per il quale è stato importante poter usufruire di una base critica (costituita da tesi dottorali e saggi critici accademici di vario tipo) molto consistente sulla produzione poliziesca di Giménez Bartlett che abbraccia diversi aspetti della serie sviluppati in maniera approfondita e meticolosa. Senza pretese di esaustività, la metodologia, sostenuta da studi narratologici, propone anche un’analisi strutturale della serie. Inoltre, sono stati usati dei testi che offrono delle interpretazioni critiche sugli aspetti rilevanti della serie Delicado, riguardanti soprattutto la caratterizzazione della protagonista come donna e ispettore; le identità di genere che impersona; le relazioni della protagonista nell’ambiente professionale - in particolare con il collega, il viceispettore Fermín Garzón e la sovversione dei ruoli patriarcali di genere - e le relazioni sentimentali; le tematiche sociali; la rappresentazione temporale e spaziale della città di Barcellona; la componente intertestuale e le questioni formali. In questo modo, si è cercato di fornire un’immagine il più completa possibile degli elementi che caratterizzano la serie e, soprattutto, dell’interessantissima e sfaccettata protagonista che continua ad evolversi con ogni nuovo romanzo.

Il quinto capitolo è stato invece dedicato alla serie su Maria Dolores Vergani di Elisabetta Bucciarelli, per la cui analisi è stato possibile usufruire solamente di alcune interviste personali e una scarsissima produzione critica che avesse la serie come oggetto (che tra l’altro esclude i racconti che hanno come protagonista l’ispettrice, importanti invece perché apportano degli elementi significativi per la definizione della costruzione ed evoluzione del personaggio). Considerando le suddette premesse, si è cercato quindi di rafforzare la base critica dell’opera di Bucciarelli e approfondire quegli aspetti che fino a questo momento non avevano trovato il dovuto riscontro nei pochi studi ad essa dedicati (per i quali è stata applicata una parte della metodologia impiegata per la serie Delicado e i pochi studi sul femicrime italiano), il che è stato uno dei compiti più difficili di questa investigazione.

Ai risultati ottenuti nel quarto e quinto capitolo è stata applicata una metodologia contrastiva basata su otto variabili stabilite a partire dalle considerazioni espresse all’interno degli studi di Losada Soler (2015), Romano Martín (2015a) e Villalonga Fernandéz (2016): la costruzione; la caratterizzazione ed evoluzione delle protagoniste come donne e come poliziotte; le relazioni professionali e private; la posizione delle protagoniste nei confronti della società e le identità di genere che incarnano in essa; le dimensioni temporali e spaziali (spazi interni come la casa e la questura, tra gli altri; e spazi esterni, cioè le città di Barcellona e Milano rispettivamente); le tematiche del giallo e i temi sociali - fra le quali spiccano quelli direttamente legate alle donne (maternità, violenza di genere e sessualità), per le quali è stato opportuno impiegare una metodologia aggiuntiva che trattasse di temi di ginocritica anche se solo in maniera tangente -; gli aspetti formali (stile e tecnica narrativa); il tipo di narratore e, infine, i riferimenti intertestuali. A partire da questi punti, sono state individuate delle analogie e delle differenze tra le serie, nei confronti delle tendenze del femicrime in generale e rispetto al giallo canonico (e i vari sottotipi) con le quali è stato possibile sviluppare lo studio contrastivo nel sesto e ultimo capitolo e successivamente giungere a delle conclusioni sull’obiettivo finale de questa tesi.

Innanzitutto, bisogna iniziare indicando in quale tipo di giallo si inseriscono le serie. Ben consapevoli del fatto che il panorama poliziesco (sia in generale, sia dalla prospettiva di genere) è decisamente composito, la conclusione a cui è stato possibile giungere è che entrambe le serie si inscrivono nelle fila del police procedural europeo attuale per la struttura seriale e la forte ibridazione dei vari aspetti intrinseci delle serie che sono state scelte come casi di studio. A questo punto, però, è necessario ripercorrere le otto variabili anteriormente menzionate per poter tenere un quadro globale e completo dell’analisi.

Iniziando dal primo punto, si partiva dall’idea di stabilire di che tipo o tipologie di donne e ispettori si trattasse e se rappresentassero una tendenza più o meno condivisa nel panorama attuale del femicrime di tipo procedural dei rispettivi paesi. Allo stesso tempo, considerando che si tratta di due saghe narrative seriali era importante studiare il processo evolutivo a cui le protagoniste si sarebbero sottoposte per poter rappresentare un ritratto scrupoloso delle caratteristiche fisiche e psicologiche (se possibile) di questi personaggi, cercando di associarle ai modelli di riferimento del passato e del presente che abbiano influito sulla costruzione o con i quali si trovino a contrastare.

Direttamente legato ai tratti che definiscono le protagoniste come donne e come ispettori di polizia, è il contesto di relazioni professionali (colleghi di lavoro e superiori) e private (amori, famiglia e amicizie) con le quali si trovano a interagire. L’analisi rivolta a questo secondo punto è servita ad avere un quadro completo di tutti gli aspetti della vita delle due donne e determinare se questi vincoli sociali determinano il modo in cui i due personaggi si muovono e si relazionano con gli altri.

Iniziando con il primo punto, Delicado e Vergani sono due personaggi che rimangono abbastanza conformi alla linea comune tra femicrime spagnolo e italiano attuali ma, da una prospettiva diversa, hanno subito anche l’influenza dell’hard-boiled e del femicrime americano degli anni Settanta e Novanta. Ciò si esplicita nella rappresentazione abbastanza contraddittoria delle due protagoniste. Da un lato, ci si ritrova davanti a due donne solitarie, rigide, forti e sicure di sé stesse, anche se Doris Vergani, d’accordo con la tendenza italiana, è più femminile (eccezion fatta per il vestiario androgino che usa per il lavoro) e più attenta alla propria apparenza estetica a differenza di Petra. Dall’altro lato, sono donne molto realistiche e particolarmente umanizzate, delle quali spesso si accentuano le insicurezze e le fragilità attraverso una forte introspezione psicologica, avvicinandosi così alla corrente umanista e psicologica. Vergani, in particolare, presenta una costruzione psicologica particolarmente articolata e tormentata, che la rendendono un personaggio molto più “oscuro” ed enigmatico di Delicado ma anche rispetto ai predecessori e ai contemporanei del giallo italiano e dei gruppi provinciali e metropolitani circoscritti a Milano (come la Scuola dei Duri).

Inoltre, si tratta di due donne intelligenti, molto colte e dai gusti letterari, cinematografici, artistici e musicali raffinati, confermando nuovamente la propria inclusione fra le fila del giallo al femminile così come delineato da Losada Soler (2015) e Romano Martín (2015a) rispettivamente per la Spagna e per l’Italia. A questo stesso proposito bisogna aggiungere che alle spalle hanno una formazione accademica (rispettivamente Avvocatura e Psicologia), che le porta a condividere un passato professionale diverso da quello delle forze di polizia. Differenti sono, però, le circostanze che le hanno portate a lasciare la precedente professione per entrare in polizia: libera scelta per Delicado, scelta forzata per Vergani. Inoltre, bisogna dire che il passato da psicologa continua ad esercitare una forte risonanza sul modo in cui Vergani gestisce le indagini, mentre il passato da avvocata di Delicado non trova riscontro in nessuna occasione.

Entrando nell’ambito professionale e trattandosi di due serie police procedural, il metodo investigativo adottato da entrambi gli ispettori si avvale di strumenti propri di questa corrente come ad esempio l’indagine di gruppo (soprattutto in coppia) e il supporto delle tecnologie scientifiche e informatiche. Allo stesso tempo, si è riscontrato che Vergani è un ispettore atipico (una donna molto femminile che si rifiuta di portare con sé la pistola d’ordinanza) ma conforme alla linea del femicrime italiano e spagnolo attuale che prevede che nell’esercizio della propria professione l’investigatrice impieghi le armi generalmente associate alle donne - intuizione, acume, cultura, empatia, ironia e una certa sottigliezza psicologica - che se da un lato l’avvicinano alla crime psychology, dall’altro l’allontanano, senza rinnegarlo del tutto, dal modello tough (violento, cinico, bevitore e sboccato) allo stile Humprey Bogart utilizzato da Giménez Bartlett per la costruzione di Delicado.

Per quanto si tratti di un’investigatrice competente e con esperienza già dal principio della serie (a differenza di Petra che deve fare un po’ più di gavetta sul campo prima che lei stessa e poi anche gli altri la considerino un ispettore di polizia al 100%), ciò non significa che nello svolgere il proprio lavoro non si trovi ad affrontare degli attimi di insicurezza e sconforto enfatizzando la vulnerabilità propria di qualunque essere umano. Ciononostante, non si possono scartare degli atteggiamenti comuni con Petra come l’essere rigide e riservate ma “delicate” allo stesso tempo, accentuando il concetto di dualismo che le accompagna in tutti gli aspetti della loro vita, con la differenza che Petra è riuscita a raggiungere un equilibrio perfetto fra le due parti, mentre il personaggio di Vergani lo sta ancora cercando mentre lavoro, rigidità e fragilità continuano a prendere spesso il sopravvento.

Infine, bisogna sottolineare che la struttura seriata delle rispettive opere ha permesso di creare due personaggi dinamici. Sia Delicado che Vergani crescono e maturano con l’esperienza e a partire da avvenimenti chiave (come coincidere nell’affrontare un caso di pedofilia, abuso e pornografia infantile) che sconvolgono loro la vita e le porta a mettere in dubbio alcuni aspetti del proprio lavoro, stile di vita, credenze e opinioni. In questo modo i personaggi si aprono al cambiamento e finiscono, ad esempio, per scostarsi dalla ruolo dell’ispettore duro e della donna solitaria a tutti i costi per “ammorbidire” (o forse sarebbe più corretto dire accentuare l’umanità delle ispettrici) le proprie maniere poliziesche o iniziare a relazionarsi seriamente con l’altro sesso avvicinandosi al nuovo modello di donna detective stereotipicamente più sensibile promosso dal femikrimi scandinavo, arricchendo la loro caratterizzazione di nuove sfumature senza alterarla del tutto.

A questo proposito, nonostante Petra e Doris all’inizio delle rispettive serie si collocano nella tendenza identificata da Losada Soler e Romano Martin rispettivamente per il femicrime spagnolo e italiano secondo le quali le investigatrici sono divorziate oppure single, tale affermazione non definisce in maniere esauriente la situazione delle due protagoniste, che invece si presenta come più complessa.

Nel caso di Petra Delicado, ci si ritrova davanti a una donna che nella prima parte della serie si mantiene fedele al concetto di personaggio solitario al puro stile tough per poi evolversi. Non rimane chiusa nel suddetto ruolo ma si apre all’amore - decidendo di sposarsi per la terza volta (assumendo contemporaneamente lo status di sposa e madre e riuscendo a stabilire un equilibro super gender partes come non era riuscita a fare con i primi due matrimoni) - e all’amicizia, che instaurerà unicamente con il fedele collega di lavoro Fermín Garzón. Nel primo caso si è dimostrato, però, che non si è trattato di un cambiamento radicale poiché Petra non si trasforma affatto nel tipico angelo del focolare, mentre la famiglia e l’attenzione verso l’ambito domestico - tipico del femicrime del XXI secolo e in particolare del versante umanista - rimane in una posizione secondaria rispetto alla trama investigativa, assumendo la sola funzione di mezzo salvifico che impedisce alla protagonista di capitolare di fronte alla cattiveria del genere umano. Nel secondo caso, si è comprovato che Delicado ha introdotto in Spagna una nuova forma di concepire le indagini di gruppo (o in coppia) del police procedural, capovolgendo gli stereotipi patriarcali e facendo in modo che sia la donna ad avere il comando. In questo modo crea una macchina investigativa che è inusuale di per sé, ma che funziona perfettamente, provando il valore delle donne che si guadagnano così lo spazio che corrisponde loro in un mondo di pregiudizi e l’accettazione e la stima di colleghi e superiori.

A differenza di Delicado, per la quale la famiglia genitoriale (con l’eccezione di un piccolo cameo della sorella Amanda) e le amicizie di vecchia data sono completamente assenti, nella serie Vergani si riscontrano dei vincoli sociali più marcati che possono assumere più o meno importanza e frequenza d’accordo con la predisposizione del femicrime italiano del XXI secolo identificate da Romano Martín (2015a: 278) e Losada Soler (2015: 12) per il femicrime attuale spagnolo in generale. Di conseguenza, se nella serie Delicado sono il terzo marito (Marcos Artigas) e i suoi quattro figli l’ancora di salvezza che, inoltre, insieme a Garzón contribuiscono a umanizzare e approfondire la costruzione dello spazio privato della protagonista, qui sono i genitori adottivi a interpretare il suddetto ruolo insieme alla grande e storica amica Inga Riboldi. Quest’ultimo personaggio, tuttavia, si va defilando man mano che si prosegue nella serie, come a voler presagire e lasciar spazio a eventuali nuove figure nel gruppo di persone prossime alla protagonista, in particolare un uomo, Marco Giaguari, che (a differenza dei pochi altri uomini più o meno tossici della sua vita) possiede tutte le prerogative per rompere la corazza dentro cui Vergani tiene racchiusi i propri sentimenti. A questo proposito, come Petra all’inizio della propria serie, anche Doris è una donna solitaria che gode della propria solitudine, ma anche per lei arriva il momento in cui sente la mancanza di qualcosa di più, e Giaguari probabilmente sarà colui che riuscirà ad apportarle armonia e serenità e che le permetterà di creare un nucleo familiare e un focolare tutto suo a cui accudire nei momenti di sconforto nello stesso modo in cui Marcos Artigas (curiosa è l’omonimia tra i due uomini) lo è per Petra. Per riuscire a stabilire in che misura questo possibile futuro nucleo familiare si avvicinerà al femikrimi scandinavo oppure al concetto di famiglia come concepito da Delicado si dovranno attendere le nuove pubblicazioni della serie. Per il momento risulta palese che, come Petra, durante il processo di maturazione, anche Dolores abbandona l’idea di scappare dall’amore e aprirsi alla possibilità di innamorarsi e avere una famiglia, un aspetto facilmente etichettabile come femicrime attuale a livello internazionale.

A livello professionale nella serie Vergani, a parte la quasi completa assenza di figure di grado superiore a cui render conto e l’iniziale presenza di vari collaboratori (per la maggior parte esterni alla questura) che perpetua la concezione procedural delle indagini di gruppo proprio anche del femicrime attuale, ciò che risulta fondamentale è che si ripresenta l’espediente della coppia investigativa mista con ruoli gerarchici invertiti: l’ispettore Vergani e l’agente Achille Maria Funi. Con il suo fare da sempliciotto, l’indole buona, impacciato ma competente nel proprio lavoro, Funi somiglia molto a Garzón (eccezion fatta per l’età), con la differenza che la relazione con il proprio superiore è molto più formale. Solo una volta superato il limite della differenza di grado, diventando a sua volta ispettore, i rapporti tra i due iniziano a distendersi e a gettare le basi per una duratura amicizia basata sulla stima reciproca. Inoltre, a differenza del duo Delicado/Garzón, nella serie si allude al fatto che Funi possa sentire un qualche tipo di attrazione verso la propria superiore, ma in nessun momento viene manifestato esplicitamente. L’ormai neo-ispettore reprime l’impulso alla radice, preferendo dirigere le proprie attenzioni verso un’altra donna.

Detto ciò, nella serie Vergani la scelta della coppia investigativa mista con una donna al comando potrebbe derivare da una duplice fonte: da una parte, dalla serie italiana di Fassio dalla quale si differenzia per l’assenza (o sarebbe meglio dire la soppressione preventiva) della tensione sessuale tra i personaggi, anche se in realtà in Italia non risulta un espediente particolarmente sfruttato. Dall’altra parte, si considera decisamente plausibile un’influenza diretta della serie Delicado, anche se Bucciarelli gli dà un tocco di originalità se si considera l’iniziale importanza del gruppo di collaboratori esterni così come far sì che in un momento determinato della serie Funi diventi parigrado e si collochi alla stessa altezza de Vergani prima di poter allacciare dei rapporti più informali.

Per concludere, Vergani - d’accordo con la tendenza del femicrime spagnolo e italiano attuale - è un personaggio che si relaziona con l’ambiente circostante in maniera molto diversa rispetto al solitario detective dell’hard-boiled americano come per il caso di Delicado (almeno nella prima metà della rispettiva serie), dato che possiede dei vincoli sociali forti, una famiglia e delle questioni personali da risolvere. Ciononostante, non sono sufficientemente essenziali per la narrazione e lo sviluppo della trama per poter tracciare una netta separazione da esso né per poter considerare una stretta relazione con il femicrime di tipo umanista. Alla luce di ciò e nonostante le piccole e grandi differenze, diventa sempre più verosimile l’influenza della serie Petra Delicado complementata dalla contaminazione con degli elementi propri di altre correnti poliziesche del passato e dell’attualità.

Proseguendo con la terza variabile, se si considera che i due personaggi in esame sono due donne ispettori delle forze statali della polizia era quasi inevitabile che si sollevasse la questione del binomio donna/poliziotto e di come il fatto di essere donna influisca nel modo di approcciarsi alla società e a un mondo, quello della polizia, dalla facciata decisamente associata agli uomini e, di conseguenza, al maschilismo, e viceversa.

Di certo, la presenza di una protagonista femminile all’interno di un tipo di romanzo che canonicamente ha sempre (o quasi) avuto una facciata al maschile, sovverte gli schemi patriarcali dei ruoli di genere e fornisce una visione della vita poliziesca alternativa che, ciononostante, non ne altera lo status quo e conferma l’idealizzazione della polizia come protettore dei valori della società. Inoltre, questa analisi ha dimostrato che nessuna delle due serie sembra perseguire un impegno puramente femminista, ma si tratta di due donne che si ritrovano a incarnare molteplici identità (sia nel ruolo di ispettori di polizia sia in quello di donne) ambivalenti e contradittorie: a volte vicine alle teorie femministe, altre più postfemministe, passando per intermezzi pre-femministi e pensino arrivare a rinnegare il proprio status di donna (in maniera più o meno consapevole) per aggregarsi alle fila maschili. Le protagoniste interpretano queste identità a seconda dei contesti da affrontare con il fine di attribuire maggior visibilità alla donna che è una persona prima di tutto rispetto alla posizione che occupa nella società contemporanea senza necessariamente essere portavoce di alcuna ideologia. In questo modo, è evidente che entrambe le serie si allontanano dal modello di giallo femminista degli anni ‘70 per avvicinarsi a un ideale di donna postmoderno. Ciò non significa che la lotta di genere sia meno importante, ma per le autrici, in questo momento storico, evidentemente è più importante puntare i riflettori, commentare e invitare a riflettere sulle difficoltà che una donna vive nell’interagire con la società contemporanea che non smette di esporla costantemente ai pregiudizi e ai trattamenti sessisti (sia nell’ambito privato e familiare sia in quello professionale).

In quanto agli aspetti formali, è stato interessante analizzare soprattutto il ritmo, la struttura, lo stile, il linguaggio, la voce narrativa e l’ironia a partire dei quali verificare le influenze di entrambe le serie e trasversalmente se sono elementi tali da poter marcare e giustificare la differenziazione del femicrime dal giallo canonico.

La struttura dei romanzi di entrambe le serie aderisce alla formula del giallo in tutti gli aspetti: l’estensione, la serialità, la struttura narrativa - rottura dell’ordine (crimine) e la sua restaurazione (risoluzione) in seguito a un processo di indagini - e l’idealizzazione dell’operato della polizia come istituzione.

Il ritmo delle narrazioni è relativamente rapido in entrambi i casi, soprattutto nella serie italiana, nella quale si fa più cadenzato attraverso l’uso di frasi paratattiche. In questo senso, molto si deve alla formazione della stessa scrittrice che è sceneggiatrice per la televisione e il teatro, senza dimenticare l’enorme successo della serie televisiva La signora in giallo che in Italia ha contribuito a definire le caratteristiche del femicrime italiano. Allo stesso modo, è possibile considerarlo un ritmo affine a quello impiegato dalla Scuola dei Duri di Milano e, in generale, degli esponenti del noir metropolitano italiano degli anni Novanta, nonostante non possieda gli stessi toni invettivi e scurrili.

Le lingue impiegate nelle serie sono rispettivamente lo spagnolo e l’italiano standard, in alcune occasioni arricchito con dei latinismi  - che elevano il linguaggio e rendono evidente l’elevata cultura e formazione delle due donne - e molti forestierismi. La serie Delicado, però, presenta una tendenza target-oriented e un linguaggio spesso sboccato (al puro stile tough) con la quasi totale assenza di gergo catalano. La serie Vergani, invece, mostra una tendenza source-oriented, pertanto vi è una presenza maggiore di termini stranieri, si riscontrano anche delle forme dialettali lombarde (minime) e in nessun momento è volgare.

Riassumendo, si considera che lo stile e il linguaggio impiegati da Bucciarelli sono il frutto delle influenze autoctone tanto a livello narrativo quanto televisivo, tuttavia, Bucciarelli attribuisce loro un’originalità del tutto propria, difficilmente associabile a una tendenza altra che prescinda dalla formazione della scrittrice.

In entrambe le serie si riscontra una presenza frequente di elementi dilatori come le digressioni che permettono di approfondire la dimensione introspettiva delle protagoniste, i dialoghi e in misura minore le descrizioni di carattere sociale e urbano. Nella serie Delicado, inoltre, sono presenti anche delle digressioni di carattere esplicativo per contestualizzare qualche allusione intertestuale che in qualche modo rallentano la narrazione, mentre nella serie Vergani rimangono spesso implicite nel testo. Dal canto suo, però, si riscontrano digressioni esplicative sull’arte e le questioni personali soprattutto sul passato della protagonista. Fra tutte gli aspetti indicati riguardanti lo stile narrativo impiegato dalle due scrittrici, bisogna evidenziarne il carattere estremamente intertestualizzato.

L’intertestualità è quella rete di connessioni tra testi narrativi o con altre forme di espressione come la musica, il cinema, la televisione, l’arte e gli altri prodotti culturali tipici della postmodernità. In questo caso è stato interessante studiare il tipo di riferimenti che caratterizzano le serie e la possibilità di stabilirne la conformità di uso tra femicrime spagnolo e italiano.

In entrambe le serie (in particolare nella serie Delicado) il lettore si ritrova continuamente bombardato da allusioni e citazioni intertestuali di vario ambito: dalla letteratura al cinema, dalla musica alla pittura, dalla scienza alla psicologia e alla filosofia, dalla storia alla religione. In questa tesi, fra tutte, si è optato per dare spazio solo ai riferimenti letterari e cinematografici.

Nel primo caso si sono riscontrate prevalentemente allusioni ai classici della letteratura mondiale (spagnoli, italiani, inglesi, francesi, americani, russi e della mitologia greca e latina), mentre in misura minore si ritrovano i riferimenti alla favola, ai gialli delle varie correnti, ai testi scientifici di settori differenti e persino alla Bibbia. Nel secondo, si segnala una prevalenza del cinema d’autore e del cinema noir classico, sia di produzione nazionale che internazionale, che a differenza dell’omologa narrativa ricopre un ruolo determinante tra le allusioni di questo tipo nel corso delle due serie, quasi a voler legittimare la propria supremazia e importanza rispetto ad essa.

Come si è appurato in questa investigazione, i suddetti riferimenti svolgono delle funzioni differenti: parallelismi e comparazioni fra circostanze o personaggi letterari e cinematografici; allusioni il cui fine è sfoggiare la copiosa cultura e la formazione delle protagoniste; fare un tributo a un autore o a un’opera (nel caso della serie Vergani); rappresentare ed esplicare le molteplici sfaccettature (nel caso di Petra Delicado) che costruiscono e costituiscono la protagonista. Inoltre, è stato possibile individuare l’intenzione da parte delle autrici nel ricercare una certa complicità con i lettori più colti e nel fare da docenti nel caso di lettori più ingenui o inesperti.

La presenza di riferimenti intertestuali nelle trame del giallo non è di certo una novità introdotta da Giménez Bartlett né dal giallo di per sé, piuttosto si tratta di un’espediente tipico in tutta la produzione narrativa postmoderna. Quindi, riguardo a questo aspetto, affermare che nella serie Vergani vi sia la sola influenza della serie Delicado o del femicrime spagnolo attuale sarebbe limitante, riduzionista e inconsistente.

Per quanto riguarda il narratore, probabilmente è da considerare l’aspetto che pone una netta differenza fra le due serie sotto analisi dato che si contrappongono rispettivamente una narrazione in prima persona con una terza voce narrante.

La narrazione autodiegetica con focalizzazione interna che si riscontra nella serie Delicado permette di conoscere il personaggio nell’intimo dei propri pensieri, dubbi e crisi derivanti dalla doppia lotta interiore che esplora continuamente il binomio donna/poliziotto e il relativo inserimento nella sfera pubblica e il quella privata. Si tratta di un espediente nato con l’hard-boiled, per diventare il mezzo espressivo preferito anche dal femicrime anglosassone a partire dalle vittoriane, passando per le ribelli degli anni ‘80 fino ad arrivare alle voci più attuali perché permetteva loro di enfatizzare il punto di vista femminile nei conflitti derivati dalla condizione di essere donne poliziotto all’interno di una società patriarcale e maschilista. Ciononostante, nella serie Delicado non bisogna associarlo a questa finalità, ma serve a rafforzare l’umanità del personaggio e incoraggiare i lettori a instaurare un rapporto più amichevole con la protagonista.

Dall’altro canto, la narrazione della serie Vergani è riservata a un narratore onnisciente che conosce ed è testimone di tutto ciò che circonda il passato e il presente della protagonista, i suoi pensieri e quelli degli altri personaggi, prendendosi persino la libertà di esprimere la propria opinione con toni condiscendenti, esortativi o fortemente ironici sulle azioni o le debolezze della protagonista, contribuendo a fornire a sua volta un ritratto realisticamente umanizzato che aiuti il lettore a prenderla in simpatia.

A proposito di ironia, sarcasmo o sottile disapprovazione verso alcuni aspetti de la società attuale bisogna aprire una piccola parentesi per sottolineare il fatto che si tratta di un elemento assolutamente primario per entrambe le scrittrici e che bisogna considerare una caratteristica comune tra femicrime spagnolo e italiano attuali.

Tornando al narratore, bisogna dire che la narrazione in terza persona è insolita nel giallo ma ha comunque origine nell’hard-boiled americano degli anni ‘50 e ‘60, quando l’espediente del narratore autodiegetico cade in disuso per favorire il crescente interesse verso il punto di vista delle vittime o dei criminali. Contrariamente a ciò, Bucciarelli non smette di seguire la propria investigatrice né gli altri membri del dipartimento in cui lavora, ma di certo ha interesse ad ampliare l’orizzonte delle prospettive.

Ancora più insolito è il fatto che nel bel mezzo della serie (in Ti voglio credere) il narratore onnisciente si alterna con la narrazione in prima persona coincidente con Doris Vergani, per mettere in risalto e focalizzare l’attenzione sull’introspezione della protagonista durante uno dei momenti più difficili della sua vita, contribuendo ad amplificare il realismo di un personaggio profondamente in crisi. In questo modo entra a pieno diritto nella definizione di femicrime per il quale l’uso del narratore autodiegético serve a esplorare la lotta interiore delle protagoniste nei confronti della società e con sé stesse.

Se si parla di aspetti sociali, era imprescindibile analizzare la dimensione temporale e spaziali dentro le quali vengono delimitate le serie. Per quanto riguarda il tempo, era importante identificare il cronotopo, controllare la sequenza temporale durante la quale si svolgono gli avvenimenti, verificare la corrispondenza tra tempo narrativo e tempo storico e appurare la verosimiglianza tra tempo reale e tempo narrativo. Allo stesso modo, era importante analizzare se il principio della verosimiglianza si rispettasse anche nella rappresentazione geografica, storico-sociale e urbanistica rispettivamente di Barcellona e Milano, studiando la posizione delle protagoniste (e delle autrici) nel modo di presentare le città nelle quali vivono e si muovono: sono osservatrici? Sono ferocemente critiche? Quali sono gli aspetti della città che più importa loro tra il sociale, la politica, l’urbanistica, ecc.? Inoltre, All’interno della cornice della dimensione spaziale, sono stati inclusi anche alcuni spazi “chiusi” (la casa delle protagoniste e il commissariato/la questura, tra gli altri) e la funzione che svolgono in termini di genere, interessanti per la configurazione dei due personaggi principali e poter determinare se assimilano le condotte mascolinizzate dominanti o se cercano di incorporare i valori che sono state assegnate alle donne nello spazio privato.

Per quanto riguarda la dimensione temporale, tanto la serie Delicado quanto quella di Vergani rispettano la corrispondenza tra tempo narrativo e tempo storico, mantenendo il principio della verosimiglianza. Di conseguenza, il cronotopo risulta ben marcato e coincide con l’epoca attuale, accompagnando il normale incedere del tempo reale.

Precedentemente si è già parlato della presenza di elementi dilatori che rallentano lo scorrere del tempo narrativo - pause di natura riflessiva, dialoghi, alcune descrizioni (sociali e urbane) e flashbacks (specialmente nella serie Vergani) - o che l’accelerano (in misura minore) come l’ellissi o delle espressioni ellittiche. In generale, ogni romanzo delle rispettive serie segue la sequenza logico-temporale degli avvenimenti e delle indagini  - crimine, investigazione, risoluzione del caso -, anche se a differenza della serie Delicado, nella serie Vergani le indagini si intrecciano parallelamente con le vite degli altri personaggi (sospetti, testimoni e colpevoli) coinvolti. Di conseguenza, considerando anche il tipo de narratore, la percezione del tempo risulta frammentata oltre che oggettiva in contrapposizione con il lineare soggettivismo attraverso cui viene avvertita nella serie Delicado.

Inoltre, considerando che l’estensione della serie Vergani è più breve rispetto alla serie Delicado, chiaramente abbraccia un arco di tempo minore: nove anni (dal 2005 al 2014) rispetto ai ventuno della serie di Giménez Bartlett (dal 1996 al 2017). Ciò non mette in dubbio l’isocronia degli eventi narrati con quelli reali, anche se in entrambi i casi la suddetta equivalenza temporale viene distorta in due occasioni: nella serie Delicado i personaggi non sembrano invecchiare seguendo il normale incedere del tempo, limitandosi a circa dieci anni; nella serie Vergani, invece, è la trama degli ultimi due romanzi e il racconto “L’abbraccio” a subire un rallentamento e svilupparsi nel corso di un solo anno.

Nonostante le grandi e piccole differenze, non vi sono dubbi sul fatto che in entrambe le serie è importante rispettare l’isocronia e la verosimiglianza tra tempo della narrazione e tempo reale, però si tratta di una prerogativa propria del giallo (iniziando dal roman policier francese e passando per l’hard-boiled americano degli anni ‘40 fino alle rispettive derivazioni) più che del femicrime o della serie Delicado nello specifico.

Dal punto di vista della dimensione spaziale, le serie vedono contrapporsi rispettivamente Barcellona e Milano (e in alcune occasioni anche altri paesini o persino città estere), due dei capoluoghi più “noir” della storia del giallo di entrambi i paesi. A differenza dei propri predecessori, però, nessuno dei due casi si limita alle sordide periferie né forniscono una critica feroce dei bassifondi, del degrado urbano o della corruzione sociale e politica. La Barcellona e la Milano a cui appartengono Petra e Doris non sono emarginate né miserabili, ma le protagoniste ripercorrono buona parte delle rispettive città (dai centri storici fino a raggiungere la periferia e i quartieri nuovi) osservando e fornendo una rappresentazione della società attuale - in particolare della classe agiata - complessa e senza manicheismi, attraverso una critica sottile e di stampo umanista e psicologico che spesso punta alla riflessione. A questo proposito, mentre i crimini della serie Delicado si producono sia nei quartieri degradati che in quello alto-borghesi a dimostrazione del fatto che il male non possiede classe sociale, nella serie Vergani si rimane sempre nella parte della Milano “bene”, la classe più alta e ricca, svelandone i lati più oscuri.

Come per il caso della dimensione temporale, la rappresentazione delle città, nonostante il differente punto de vista fornito dal tipo de narratore, risulta in entrambi i casi fedele alla realtà (urbana e storico-sociale). Una tendenza che si inserisce senza dubbio nel giallo e specialmente nel police procedural europeo per il quale il costumbrismo rappresenta un elemento fondamentale. Ciononostante, nei casi di studio in oggetto l’ambientazione non raggiunge lo stesso livello di protagonismo, ma svolge solamente tre funzioni: scene del crimine, luoghi funzionali allo sviluppo dell’azione e alla costruzione del quadro sociale e, infine, locazione spaziale.

Più che sulla città, l’attenzione si focalizza sull’azione e sulla dimensione introspettiva (sfera emotiva e riflessiva) delle protagoniste, con la differenza che nella serie Vergani l’attenzione introspettiva non si limita alla sola protagonista, ma a molti dei personaggi che intervengono a vario titolo nel corso delle indagini: poliziotti, criminali, testimoni, ecc. Di conseguenza, nonostante vi siano delle minime differenze, è possibile collocare entrambe facilmente nella tendenza del giallo umanista.

Dalla prospettiva di genere, la città configurata da Giménez Bartlett e Bucciarelli non è particolarmente ostile nei confronti delle donne, almeno per le protagoniste. Petra e Doris, infatti, non devono conquistare la città, considerando che occupano una buona posizione sociale, dapprima come avvocata e psicologa rispettivamente, e successivamente come ispettori di polizia. Ciò non significa che tutte le donne delle serie siano in salvo, dato che in molti casi (specialmente nella serie Vergani) sono proprio esse le vittime della trama. Inoltre, le stesse protagoniste non sfuggono del tutto agli stereotipi e alle discriminazioni sessuali, in particolare all’interno di quegli spazi “chiusi” dove vivono e si muovono.

In primo luogo si indicano le abitazioni delle protagoniste, uno spazio tradizionalmente relazionato e identificato con il sesso femminile (nel quale finiva spesso rilegato nel passato) che nelle serie rompe con lo stereotipo per trasformarsi in uno spazio in cui le due protagoniste possono godere della propria libertà. La differenza tra le due serie sta nel fatto che mentre per Petra la propria casa rappresenta un vero e proprio rifugio (per assumere occasionalmente anche le funzioni di spazio semi/pubblico, ufficio e successivamente ambiente coniugale), nella serie Vergani è uno spazio poco vissuto, impersonale quasi come una stanza d’albergo. Vergani cercherà il proprio focolare nel rascard in Valle d’Aosta che assume una valenza completamente opposta ad esempio alla casa paterna a cui spetterà il ruolo di luogo oppressivo e di detenzione.

In questa sezione, merita spazio anche il commissariato di polizia, un luogo tradizionalmente dominato dagli uomini, che in entrambe le serie svolge la funzione di centro operativo, scenario di molte azioni fondamentali (ad esemplo gli interrogatori) e nodo di transito dei personaggi. Inoltre, trascorrendovi la maggior parte del loro tempo (soprattutto l’ispettore Vergani), i personaggi vi si muovono con una naturalezza tale che potrebbe considerarsi quasi come una seconda casa. A differenza della serie Delicado (almeno agli inizi), nella questura di Vergani in apparenza si respira un’atmosfera abbastanza familiare, sprovvista di tensioni sessiste, anche se vi sono degli echi che lasciano sottendere che non è tutto positivo come sembra.

Un’ultima cornice spaziale da evidenziare sono i bar, anche se in questo caso si riscontra un’altra sostanziale differenza tra i due casi di studio. Nella serie spagnola, la protagonista frequenta abitualmente una serie di locali (generalmente immaginari, fra i quali spicca La Jarra de Oro), che sia per bere alcol o per consumare un pasto, facendo così un ghigno alla storia del giallo e, allo stesso tempo, rompendo con la anacronistica e negativa percezione che provocava la presenza di una donna all’interno di questi luoghi. Si potrebbe affermare che Delicado incarna metaforicamente la riappropriazione degli spazi da parte delle donne, trasformandoli in luoghi per la socializzazione nei quali Petra può confrontarsi con il viceispettore Garzon su temi professionali e personali. In questo caso, insieme ad altri elementi che sono stati affrontati in precedenza, la serie Delicado si colloca in una posizione molto vicina all’hard-boiled. Al contrario, i locali pubblici sono un elemento che in generale manca (con qualche pochissima eccezione legata quasi esclusivamente alle indagini) nella serie Vergani, allontanando del tutto la protagonista italiana dalla suddetta corrente e, di conseguenza, dalla serie Delicado.

Alla luce di quanto appena esposto è possibile affermare che anche in questo caso non può escludersi una certa influenza della serie Delicado nella serie di Bucciarelli, nonostante alcune divergenze. Allo stesso tempo, si considerano altrettanto importanti i fattori derivanti dalla vicinanza geografica del giallo autoctono italiano attuale e in particolare la possibile influenza di alcuni giallisti, come Bellotti, nel modo di rappresentare Milano attribuendo una sfaccettatura “noir” alla porzione benestante e alto-borghese. Non solo, attualmente il panorama poliziesco in Italia si fregia di una decisa componente umanista che si riflette anche nella serie Vergani. Mentre il costumbrismo che tanto contraddistingue il giallo europeo qui si vede minimizzato, anche se non del tutto assente. In altre parole, per la rappresentazione delle dimensioni spaziali (esterne e interne), si considera che la serie Vergani sia il prodotto della convergenza di vari fattori e influenze tanto autoctone quanto europee che, tra le altre, includono la serie Delicado.

Nel corso dell’analisi della dimensione spaziale, è stato possibile riscontrare una forte attenzione per le questioni sociali, non solo nella rappresentazione delle città in cui viene sviluppata la trama, ma anche nelle tematiche. È stato possibile identificare temi che si includono nella formula poliziesca (corruzione e decadenza negli ambienti urbani della società moderna, violenza sessuale, traffico di esseri umani, prostituzione e pornografia infantile) e temi che nella realtà hanno raggiunto un grande interesse mediatico e un elevato indice di rilevanza e/o preoccupazione sociale (maternità, difficoltà delle donne, immigrazione ed emarginazione delle classi sociali povere, false apparenze delle classi benestanti, peso del giornalismo e dei media, culti e religioni di vario tipo, accattonaggio, omosessualità, dipendenze, feticismo, pazzia e solitudine) condivise da entrambe le serie nella maggioranza dei casi.

In nessuno dei due casi di studio si è riscontrata una critica feroce, ma la volontà di far prendere coscienza dell’esistenza di tali fenomeni e un invito a riflettere su di essi. Ciò che invece è importante sottolineare, tra le altre, è la rappresentazione analogamente oscena e inaccettabile della pedofilia e l’importanza solo liminare delle telematiche legate all’ambito domestico (famiglia e maternità) nonostante si dedichi molto spazio al mondo privato delle protagoniste, portando entrambe le serie ad allontanarsi dalle fila del femikrimi propriamente detto. Più che alla serie Delicado, la serie Vergani è molto prossima al femicrime attuale e più nello specifico al giallo femminista di matrice hard-boiled e di taglio umanista per l’attenzione posta sui “nuovi crimini sociali” che hanno la donna nel mirino: la violenza e l’abuso sessuale, la violenza domestica, il femminicidio, l’oggettificazione del corpo della donna e le conseguenti degenerazioni (come la dismorfofobia che porta a sottoporsi a interventi di chirurgia estetica invasivi e spesso innecessari o a disturbi alimentari come l’anoressia), l’amore e il sesso nelle molteplici interpretazioni e deformazioni che l’autrice tratta da una prospettiva decisamente psicologica.

Infine, oltre a quanto esposto fino a questo momento, è stato un attributo importante integrare gli studi su base bibliografica con le considerazione delle stesse scrittrici attraverso un’intervista che ha consentito di chiarire alcuni aspetti riguardanti la loro relazione con il mercato editoriale, verificare alcune questioni di genere, conoscere gli scrittori o le tendenze da cui hanno tratto ispirazione, così come alcune scelte riguardanti una serie di aspetti intrinseci delle rispettive produzioni poliziesche.

Nelle conclusioni si terranno in considerazione dei risultati ottenuti per rispondere agli interrogativi principali di questa investigazione: esiste realmente un giallo al femminile? È possibile affermare che il femicrime spagnolo e italiano condividono degli elementi caratteristici? Alicia Giménez Bartlett ha influenzato la opera poliziesca di Elisabetta Bucciarelli?


Mariadonata Angela Tirone, Il giallo e la donna nell’attualità. Uno studio comparato tra Spagna e Italia attraverso le serie narrative di Petra Delicado (Alicia Giménez Bartlett) e Maria Dolores Vergani (Elisabetta Bucciarelli), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Salamanca, 2019