Sara Zardo e Oreste Bilancia in una scena del film "Perché no?". Da rivista Kines, n. 38 del 1930. Fonte: Fondazione CSC |
Di Sara Zardo si sono perse le tracce nel tempo, dimenticata da molti, dalle biografie ufficiali e dagli appassionati. Non siamo riusciti infatti a trovare molto su di lei; due o tre parole, nulla di significativo. Si tratta invero di un’attrice di secondo piano ma sulla quale vogliamo soffermarci per via della natura delle lettere che di lei conserviamo nel Fondo Giacomo Gagliano e che colpiscono per via del contenuto. Dal tono delle missive si deduce che doveva esserci una certa confidenza tra l’attrice e Gagliano; Sara Zardo si confida, parla di alcuni personaggi chiamandoli solo per cognome e la scelta elle parole tradisce chiaramente il fatto che il giornalista avesse già, e più volte, raccolto le confidenze della giovane attrice. Dicevamo che non abbiamo molte notizie su Sara Zardo e in questo senso sono proprio le sue parole, le sue lettere che ci vengono in soccorso. Ma non sono le informazioni biografiche quelle che più colpiscono di queste missive scritte di getto, ma, come già accennato, i continui riferimenti alla difficoltà di essere donna, una bella donna in un ambiente spesso maschile; la difficoltà di essere lavoratrice e artista e il non volere scendere a compromessi. Temi di grandissima attualità, specialmente adesso, dopo il “caso Weinstein”, uno dei più potenti produttori di Hollywood accusato di molestie sessuali da molte attrici, caso che ha dato il via in tutto il mondo a proteste a denunce verso il sistema maschilista che sopravvive in moltissimi campi lavorativi e che vede le donne penalizzate da un punto di vista economico, sfruttate e troppo spesso costrette a scendere a compromessi per salvare il proprio lavoro o per inseguire i propri sogni.
Su Sara Zardo, oltre alle tre lettere finora menzionate, abbiamo anche un articolo di Gagliano pubblicato su L’Ora nell’aprile del 1929: non è sicuramente un caso visto che al mese di ottobre e al mese di novembre del 1929 risalgono due delle tre missive. Su di lei Gagliano scrive un articolo dal titolo “La serata di Sara Zardo con 'Il ferro' - D’Annunzio” (1929Lv: 3) in occasione di una rappresentazione dannunziana a Palermo:
"Mortella era Sara Zardo, un’attrice molto giovane e molto intelligente, della quale il nostro pubblico ha forse intuito il grande sogno d’arte che le rende gioiosa la fatica e la preoccupazione di dare una spiritualità nuova alle figurazioni sceniche che le chiedono il dono della sua grazia e della sua finezza. Se tutte le commedie gliene offrissero la possibilità, Sara Zardo vorrebbe «interpretare»: affondare lo sguardo nell’ombra che nasconde l’incertezza e l’angoscia, acuire la ricerca della più segreta umanità, fermare nella vita del personaggio il tremolante spasimo del suo cuore di donna, così squisitamente proteso e cogliere e a far vibrare i moti dell’anima" (Gagliano 1929Lv: 3).
Gagliano è lusinghiero nei confronti della giovane attrice e si sofferma più volte sulle sfumature della sua interpretazione e sul successo con il quale il pubblico siciliano ha accolto Sara Zardo:
"Della sua recitazione semplice e schietta, morbida e deliziosa sapevamo. Sara Zardo si affina sempre più in ogni nuova interpretazione e sempre più cancella ogni artifizio esteriore per rivelare, in una luce di sofferta verità, lo studio introspettivo della parte che ella vorrebbe solamente rivestita della sua anima. Ignoravamo a che cosa potesse giungere il suo temperamento di attrice drammatica: 'Il ferro' è stato, in questo senso, una prova bellissima, che non può non segnare una tappa nell’evoluzione artistica di questa sensibilissima attrice. [...] La tragedia si attorcigliava al corpo dell’interprete e le fiamme si proiettavano, ancora vive, sugli spettatori che, consapevoli, più volte a scena aperta e alla fine di ogni atto, scattarono in applausi calorosissimi. Di questo successo Sara Zardo dev’essere particolarmente lieta" (Gagliano 1929Lv: 3).
Dalle lettere invece, emerge la grande confidenzialità che Gagliano riusciva ad instaurare con le attrici: disposto all’ascolto, riusciva a mettere a proprio agio e a creare un clima intimo e rassicurante.
Qualche informazione sulla carriera di Sara Zardo si evince già dalla prima lettera datata ottobre 1929 (Zardo 1929Ca): "Mi sono scritturata con la compagnia stabile Mascalchi dell’Orfeo. Le referenze su M. sono ottime. La Gramatica naviga ancora in alto mare. In questi giorni poi ho fatto un provino cinematografico riuscito molto bene quindi, a forte sentimentalità voglio entrare in quella strada e se questo altro anno non ci sarà per me una scrittura di primissimo ordine in drammatica entrerò nei film. Mascalchi darà molti lavori di avanguardia e avrà così spesso la stampa in teatro. Roma poi è Roma. Sarò prima donna a vicenda con la Meringhi. Primo attore è Lombardi. Le invio le fotografie pregandola di sceglierne una per il dramma al quale tengo moltissimo. Lei farà in modo che esca presto vero? Un’altra che fosse di suo gradimento me la designi e io gliela rispedirò con dedica" (Zardo 1929Ca).
Ma i toni della lettera cambiano repentinamente ed entra in scena - trattandosi di teatro sembra proprio il caso di dirlo - un personaggio, un uomo di nome Ragusa. Ad onor del vero, abbiamo tentato di fare una ricerca per identificare il personaggio in questione ma, mancando il nome di battesimo ed altri elementi identificativi, la ricerca non ha dato nessun esito. Del resto potrebbe trattarsi di un impresario, o di un personaggio di poco conto, certo, ma abbastanza potente - di quel piccolo potere meschino, troppo spesso, abusato e sopravvalutato - per creare dei problemi all’attrice, come vedremo anche nella lettera successiva: "Tra le infinite pene e lotte che ho per intraprendere la nuova vita c’è la improvvisa ricomparsa di Ragusa nell’orizzonte romano. Quella bella tempra di delinquente atavico e di raccattatore di che cosa non sarà capace sapendomi sola, a Roma, e in lotta per un primato di ruolo? Dio mio! Gagliano se lei ha qui conoscenze nel campo giornalistico o intellettuale che possa annullare un’eventuale cattiva opera di Ragusa o almeno sorvergliarlo lo faccia per carità. Non è la mia minore preoccupazione questa e le lotte sono già tante!" (Zardo 1929Ca).
La stima e la fiducia dell’attrice si rinnovano anche nella lettera del novembre dello stesso anno: "Che piacere fa ricevere le sue lettere! Lei ha un dono raro: quello di sapere essere un vero amico e per me, in questo momento soprattutto, è una vera consolazione. Grazie per la piccola istantanea e grazie per le cartoline che lo hanno seguito nel suo vertiginoso giro. Sono contenta che le foto le siano piaciute, le tenga pure" (Zardo 1929Cb).
Dopo questo breve incipit, che serve anche a ribadire il grado di confidenzialità tra i due, l’attrice introduce nuovamente la questione relativa a Ragusa: "Ragusa! Ahimè...che peso! Lo incontro spesso disgraziatamente. Qualche volta tenta avvicinarsi ma il mio viso deve prendere un’espressione così... evidente e precisa che tira in lungo e non mi parla. So però che a mezzo Marsala e qualche altro intermediario vuol arrivare a Mascalchi per dargli “la calma della gioia”. Io giorni fa, in pieno palcoscenico e parlando di novità ho elogiato il suo lavoro per puro spirito di sincerità e lui lo è venuto a sapere (ancora mi chiedo come). Mi aspetto quindi da un momento all’altro di vedermelo in palcoscenico" (Zardo 1929Cb).
Notiamo, in prima istanza, dalle frasi introduttive, che si tratta di una lettera di risposta ad una di Gagliano; questi, probabilmente, nella sua missiva chiede espressamente notizie sul personaggio in questione. Ed è anche giustificabile considerando i toni della precedente lettera di Sara Zardo che nuovamente si esprime con parole dure che ne rivelano l’amarezza: "Vede Gagliano bisogna essere di una intuizione femminile per comprendere fino a che punto una donna possa provare disgusto per un uomo quindi a lei caro amico non la descrivo. Ho già deciso di non far nulla perché il lavoro, al caso, non venga rappresentato ma io a costo di essere sciolta dalla compagnia non ne prenderò parte" (Zardo 1929Cb).
E ancora si sottolinea l’ingerenza che ha quest’uomo nella vita dell’attrice tanto da portarla a considerare di lasciare la compagnia in cui lavora. Per rigore di cronaca bisogna evidenziare che non conosciamo i fatti se non quelli che Sara Zardo descrive ma è altrettanto vero che scrive ad un amico e che in lui cerca conforto e consiglio e dal quale, invero, trattandosi di un giovanissimo giornalista, non avrebbe potuto trarre altro.
Il racconto prosegue e l’attrice ci fornisce nuovamente qualche notizia sul suo lavoro, partecipa alla messa in scena di un’opera di Pirandello e ne sembra più che entusiasta ma subito dopo i toni diventano nuovamente amari e sottolinea come, da seconda attrice, fosse stata superata da un’altra attrice per motivi che ella stessa racconta: "1l novembre, giorno di debutto della compagnia è vicino e le prove sono intensissime. Abbiamo messo su: Carità mondana - La crisi - Lulù - Le sue...prigioni - Le signorine della villa accanto e Liolà di Pirandello. Novità questa per tutta l’Italia e ritenuta da molti il vero capolavoro di Pirandello. La conosce Gagliano? È una cosa magnifica e di cui sono entusiasta anche io. Qui in compagnia io sono al quarto posto! Credevasi essere seconda donna assoluta una da due giorni una piccola attricetta senza nessun merito vero ma spalleggiata da amanti illustri mi è passata avanti come ruolo, camerino, e importanza. Io che non ho amanti illustri ma solo un signor orgoglio non ho protestato e subisco. Se è vero che in me c’è del valore verrà fuori lo stesso, ma ne dubito seriamente perché non credo più in niente[sic] ma solo... nell’amicizia di Gagliano" (Zardo 1929Cb).
Forse non aveva davvero un grande talento, o forse aveva previsto quello che effettivamente sarebbe stato. Non abbiamo conoscenza del modo in cui stessero esattamente le cose, e del resto la storia, e in generale la ricerca, si basa anche su ipotesi; rimane, però, una certa malinconia dopo avere letto le parole di Sara Zardo.
Non sappiamo neanche che fine abbia fatto l’attrice; le sue ultime notizie in nostro possesso risalgono al 1930, data che riporta l’ultima lettera a Gagliano in cui racconta di trovarsi nella capitale francese per intraprendere una nuova avventura: «Sono a Parigi scritturata dalla Paramount per il primo film italiano interamante parlato. Mi tratterrò ancora una ventina di giorni. Scrivete e ricordate la vostra amica» (Zardo 1930C).
Di lei rimane però il ricordo e la promessa, anche se molto vaga, di cercare ancora tra le carte, una qualche verità.
Salvatrice Graci, Giacomo Gagliano, giornalista siciliano: la vita, l’universo femminile, il linguaggio giornalistico. Indagine archivistica e primo riordino del “Fondo Giacomo Gagliano”, Tesi di dottorato, UNED, Universidad Nacional de Educación a Distancia, 2017