Contrariamente alla static map della regione, le geografie della Resistenza si reggono su una dynamic map la cui funzione principale è permettere lo spostamento dei personaggi da un punto geografico all’altro. Tra le ragioni principali per cui il contratto toponimico alla base delle geografie della Resistenza viene rispettato, dunque, c’è il suo utilizzo in relazione alla funzionalità narratologica che gli spetta: le qualità visuali dello spazio come i marcatori stradali, i numeri delle case e i nomi degli edifici e delle strade, prima di corrispondere a una precisa intenzione ideologica della narrazione, si propongono come uno strumento narrativo indispensabile per la messinscena dell’itinerario dei personaggi e, dunque, per la logica interna della narrazione.
Il quarto episodio di Paisà è interamente incentrato sul moto a luogo. I protagonisti rosselliniani camminano per la città, condividendo una stessa speranza: rintracciare le persone amate in mezzo al caos bellico. Il loro percorso consiste in un continuo spostamento da un posto di Firenze all’altro che rende la città leggibile, per dirla con Lynch, ovvero uno spazio che, benché raso al suolo, mantiene una possibilità di orientamento per chi lo percorre. L’itinerario dei due personaggi viene sospeso solo in due sequenze: la prima riguarda l’incontro dei due viaggiatori con gli ufficiali americani che, in mezzo alle sparatorie, osservano il Battistero di Firenze e che, incuriositi dal nome del campanile laggiù, prestano poca attenzione alle domande dell’uomo riguardo alle loro strategie per la liberazione della città. Il loro sguardo panoramico sulla città corrisponde piuttosto a quello di due turisti, completamente disinteressati alla realtà storica o a quella personale dei personaggi, come confermato dal binocolo, elemento attraverso cui viene filtrato lo spazio bellico. Nella seconda sospensione dell’itinerario dei due viaggiatori, ci si imbatte in una simile percezione di Firenze da parte di un vecchio generale che osserva la guerra da un punto sollevato, dal balcone della sua casa dove i due viaggiatori finiscono nel tentativo di ottenere ulteriori indicazioni spaziali necessarie per il proseguimento del loro percorso.
Assieme al binocolo, appare un altro oggetto dalla forte carica semantica: la mappa consultata dal generale che, seguendo la guerra a distanza, annota i luoghi da dove arrivano le pallottole. Tutti e due gli esempi si addicono nuovamente all’opposizione tra luogo e spazio, ossia tra la mappa e l’itinerario come definiti da De Certeau. Da un lato, Firenze viene vissuta come lieu, come uno spazio astratto, filtrato dal «totalizing and static overview of the solar Eye» (De Certeau, 1984, p. 93) degli alleati e del generale, dall’altro invece, come espace da chi la percorre e da chi, proprio in questa pratica del camminare, trasgredisce e riscrive il territorio bellico. In questo secondo caso, l’itinerario si profila come una pratica spaziale che non viene più confinata alla descrizione totalizzante del luogo, ma al movimento che si propone contemporaneamente come un atto trasgressivo dello spazio esperito nella sua forma più elementare, da Wandersmanner, e come un elemento diegetico che permette lo svolgimento dell’intreccio. La differenziazione tra i due diversi modi di rapportarsi con la Firenze resistenziale corrisponde a un’opposizione che Ryan ha presentato in termini di mappa statica e mappa mobile: il punto di vista degli stranieri e del generale incarna la prospettiva di un occhio sopraelevato, una proiezione verticale che circoscrive lo spazio dell’ambientazione dividendolo in segmenti e concordandolo con «un algoritmo sistematico» (Ryan, 2003, p. 218). Al contrario, l’itinerario dei due personaggi permette una visione dello spazio snodata man mano che il racconto procede, svelando lo spazio gradualmente e da un punto di vista dinamico, dalla prospettiva interna del soggetto in movimento. Il tour si contrappone alla mappa, proprio perché rappresenta l’esperienza di un viaggiatore. Si tratta di una pratica spaziale con cui i personaggi colti nello spostamento tentano di “leggere” lo spazio in base a «immagini eidetiche» (Tuan, 1975, p. 208), ovvero a marcatori spaziali individuati sul posto.
Ana Stefanovska, Lo spazio narrativo del neorealismo italiano, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, 2019
Il quarto episodio di Paisà è interamente incentrato sul moto a luogo. I protagonisti rosselliniani camminano per la città, condividendo una stessa speranza: rintracciare le persone amate in mezzo al caos bellico. Il loro percorso consiste in un continuo spostamento da un posto di Firenze all’altro che rende la città leggibile, per dirla con Lynch, ovvero uno spazio che, benché raso al suolo, mantiene una possibilità di orientamento per chi lo percorre. L’itinerario dei due personaggi viene sospeso solo in due sequenze: la prima riguarda l’incontro dei due viaggiatori con gli ufficiali americani che, in mezzo alle sparatorie, osservano il Battistero di Firenze e che, incuriositi dal nome del campanile laggiù, prestano poca attenzione alle domande dell’uomo riguardo alle loro strategie per la liberazione della città. Il loro sguardo panoramico sulla città corrisponde piuttosto a quello di due turisti, completamente disinteressati alla realtà storica o a quella personale dei personaggi, come confermato dal binocolo, elemento attraverso cui viene filtrato lo spazio bellico. Nella seconda sospensione dell’itinerario dei due viaggiatori, ci si imbatte in una simile percezione di Firenze da parte di un vecchio generale che osserva la guerra da un punto sollevato, dal balcone della sua casa dove i due viaggiatori finiscono nel tentativo di ottenere ulteriori indicazioni spaziali necessarie per il proseguimento del loro percorso.
Assieme al binocolo, appare un altro oggetto dalla forte carica semantica: la mappa consultata dal generale che, seguendo la guerra a distanza, annota i luoghi da dove arrivano le pallottole. Tutti e due gli esempi si addicono nuovamente all’opposizione tra luogo e spazio, ossia tra la mappa e l’itinerario come definiti da De Certeau. Da un lato, Firenze viene vissuta come lieu, come uno spazio astratto, filtrato dal «totalizing and static overview of the solar Eye» (De Certeau, 1984, p. 93) degli alleati e del generale, dall’altro invece, come espace da chi la percorre e da chi, proprio in questa pratica del camminare, trasgredisce e riscrive il territorio bellico. In questo secondo caso, l’itinerario si profila come una pratica spaziale che non viene più confinata alla descrizione totalizzante del luogo, ma al movimento che si propone contemporaneamente come un atto trasgressivo dello spazio esperito nella sua forma più elementare, da Wandersmanner, e come un elemento diegetico che permette lo svolgimento dell’intreccio. La differenziazione tra i due diversi modi di rapportarsi con la Firenze resistenziale corrisponde a un’opposizione che Ryan ha presentato in termini di mappa statica e mappa mobile: il punto di vista degli stranieri e del generale incarna la prospettiva di un occhio sopraelevato, una proiezione verticale che circoscrive lo spazio dell’ambientazione dividendolo in segmenti e concordandolo con «un algoritmo sistematico» (Ryan, 2003, p. 218). Al contrario, l’itinerario dei due personaggi permette una visione dello spazio snodata man mano che il racconto procede, svelando lo spazio gradualmente e da un punto di vista dinamico, dalla prospettiva interna del soggetto in movimento. Il tour si contrappone alla mappa, proprio perché rappresenta l’esperienza di un viaggiatore. Si tratta di una pratica spaziale con cui i personaggi colti nello spostamento tentano di “leggere” lo spazio in base a «immagini eidetiche» (Tuan, 1975, p. 208), ovvero a marcatori spaziali individuati sul posto.
Ana Stefanovska, Lo spazio narrativo del neorealismo italiano, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, 2019