Palazzo AMGA, Via SS. Giacomo e Filippo, Genova, 1960. Autore foto ignoto. Archivio Storico AMGA, fotografie edificio SS. Giacomo e Filippo. Fonte: Tomaso Lanteri Minet, Op. cit. infra |
Labò nel 1949 progettò con Daneri la nuova sede degli uffici amministrativi dell’Azienda Municipale Gas e Acqua (A.M.G.A.) <1 a ridosso delle rovine belliche della chiesa e del convento di SS. Giacomo e Filippo. L’area nel dopoguerra si presentava fortemente sinistrata con gravi danni sia negli edifici lungo il fronte strada sia nel complesso conventuale con il crollo quasi totale della chiesa e di alcuni corpi di fabbrica del convento. Il Piano di Ricostruzione prevedeva per l’area oggetto di intervento, ovvero la porzione in affaccio sul fronte strada, la ricostruzione di civili abitazioni senza alcuna prescrizione né sulle volumetrie, né sull’impianto urbano, rimandando all’osservanza del regolamento edilizio <2. Appare strano come il Piano di Ricostruzione, redatto negli stessi anni del progetto della sede dell’A.M.G.A. non menzioni, come destinazione edilizia, la possibilità di costruire un edificio pubblico per uffici e non introduca, a livello planimetrico, l’ingombro del corpo di fabbrica disegnato da Labò e Daneri.
Lo sviluppo dell’edificio avviene su otto piani, con un’altezza quasi uguale a quella dei primi edifici, verso Piazza Corvetto, di Via SS. Giacomo e Filippo. Il corpo di fabbrica appare compatto e sono subito leggibili e riconoscibili la parte basamentale e il coronamento arretrato rispetto al filo facciata. Il fronte principale trova il suo affaccio su Via Serra. Qui una struttura trilitica viene posta in aggetto rispetto al fronte. Una struttura di pilastrini in calcestruzzo intonacato ripartiscono la struttura in aggetto in tre parti <3. A sua volta ognuna delle tre ripartizioni viene sottoripartita attraverso il disegno dei profili fissi dei serramenti che consentono l’apertura di tre finestre a tutt’altezza <4. La gerarchia degli elementi di calcestruzzo nella parte in aggetto del fronte appare chiara; risultano essere di sezione maggiore la cornice dell’intera struttura e degli elementi orizzontali posti a quota dei marcapiani, mentre le ripartizioni compositive hanno una dimensione minore. L’intento compositivo è quello di inquadrare le bucature della parte a sbalzo del fronte con grandi cartelle in cemento armato.
La soluzione del basamento appare interessante. Qui l’elemento murario si smaterializza lasciando spazio a un’importante parete vetrata priva di suddivisioni, posta a filo con la parte in aggetto presente lungo lo sviluppo in alzato del fronte. Setti murari in calcestruzzo formano, dunque, un parallelepipedo autonomo, privo di ogni continuità di linee compositive con il restante sviluppo della facciata. L’elemento appare anche fortemente a-tettonico poiché è stato pensato e realizzato sospeso da terra. Gli elementi strutturali, costituiti da pilasti a sezione circolare in calcestruzzo armato, trattato con un effetto bocciardato, vengono lasciati a vista, ma posti arretrati rispetto alla facciata <5.
Il prospetto laterale, ad est, si affaccia su Via S. Bartolomeo degli Armeni ed è costituito da un imponente blocco monolitico ritmato da sette bucature disposte in asse. In adiacenza, ma arretrato rispetto il filo strada, è stato progettato un corpo edilizio di altezza minore e senza rivestimento lapideo che costituisca la cerniera tra il netto volume dell’A.M.G.A. e le preesistenze architettoniche poste ad una quota differente. Il rivestimento del prospetto est contribuisce a dare all’edificio un aspetto monolitico dove, per sottrazione, sono state scolpite le finestre. Privi di bucature sono i prospetti a nord e il prospetto a ovest: il primo viene posto in adiacenza ai corpi edilizi danneggiati del convento di SS. Giacomo e Filippo; il secondo è previsto in continuità con un nuovo edificio da costruirsi <6.
L’ingresso all’edificio avviene dalle due aperture disposte in adiacenza al corpo centrale in aggetto. Un setto murario divide i due accessi: quello carrabile, per raggiungere il cortile interno, da quello per varcare la soglia di ingresso al corpo di fabbrica. I sette gradini, disposti prima dell’accesso, conferiscono all’edificio la valenza di una architettura pubblica e consentono al solaio del piano terra di disporsi a una quota più alta rispetto a quella del filo strada, potendo così ottenere un piano semi-interrato.
Il corpo scala a doppia rampa parallela, così come i due vani corsa ascensore si attestano di fronte all’ingresso, mentre gli spazi per l’accoglienza al pubblico si trovano sulla destra. E’ presente anche una scala di servizio accessibile dal solo personale interno. La disposizione in pianta del piano terra è lasciata particolarmente libera; infatti, solo una serie di pilastri strutturali determina lo spazio interno. La stessa maglia di pilastri si ritrova ai piani superiori. Anche qui lo spazio distributivo interno consente una rimodulazione degli spazi.
La disposizione e le suddivisioni interne si ripetono a tutti i livelli. L’unica differenza sta nella distribuzione degli uffici totalmente illeggibile in prospetto; infatti, dietro un fronte unitario alcune volte troviamo ampie sale riunioni, altre volte invece locali per il lavoro di una o due persone.
Il piano d’attico risulta essere arretrato rispetto al filo facciata sul fronte principale e sul prospetto a est. Un ampio terrazzo corre intorno all’edificio. Il parapetto è costituito da un muretto d’attico che si sviluppa in continuità, sia per materiale, sia per allineamento con il resto del prospetto.
Lo sviluppo dell’edificio avviene su otto piani, con un’altezza quasi uguale a quella dei primi edifici, verso Piazza Corvetto, di Via SS. Giacomo e Filippo. Il corpo di fabbrica appare compatto e sono subito leggibili e riconoscibili la parte basamentale e il coronamento arretrato rispetto al filo facciata. Il fronte principale trova il suo affaccio su Via Serra. Qui una struttura trilitica viene posta in aggetto rispetto al fronte. Una struttura di pilastrini in calcestruzzo intonacato ripartiscono la struttura in aggetto in tre parti <3. A sua volta ognuna delle tre ripartizioni viene sottoripartita attraverso il disegno dei profili fissi dei serramenti che consentono l’apertura di tre finestre a tutt’altezza <4. La gerarchia degli elementi di calcestruzzo nella parte in aggetto del fronte appare chiara; risultano essere di sezione maggiore la cornice dell’intera struttura e degli elementi orizzontali posti a quota dei marcapiani, mentre le ripartizioni compositive hanno una dimensione minore. L’intento compositivo è quello di inquadrare le bucature della parte a sbalzo del fronte con grandi cartelle in cemento armato.
La soluzione del basamento appare interessante. Qui l’elemento murario si smaterializza lasciando spazio a un’importante parete vetrata priva di suddivisioni, posta a filo con la parte in aggetto presente lungo lo sviluppo in alzato del fronte. Setti murari in calcestruzzo formano, dunque, un parallelepipedo autonomo, privo di ogni continuità di linee compositive con il restante sviluppo della facciata. L’elemento appare anche fortemente a-tettonico poiché è stato pensato e realizzato sospeso da terra. Gli elementi strutturali, costituiti da pilasti a sezione circolare in calcestruzzo armato, trattato con un effetto bocciardato, vengono lasciati a vista, ma posti arretrati rispetto alla facciata <5.
Il prospetto laterale, ad est, si affaccia su Via S. Bartolomeo degli Armeni ed è costituito da un imponente blocco monolitico ritmato da sette bucature disposte in asse. In adiacenza, ma arretrato rispetto il filo strada, è stato progettato un corpo edilizio di altezza minore e senza rivestimento lapideo che costituisca la cerniera tra il netto volume dell’A.M.G.A. e le preesistenze architettoniche poste ad una quota differente. Il rivestimento del prospetto est contribuisce a dare all’edificio un aspetto monolitico dove, per sottrazione, sono state scolpite le finestre. Privi di bucature sono i prospetti a nord e il prospetto a ovest: il primo viene posto in adiacenza ai corpi edilizi danneggiati del convento di SS. Giacomo e Filippo; il secondo è previsto in continuità con un nuovo edificio da costruirsi <6.
L’ingresso all’edificio avviene dalle due aperture disposte in adiacenza al corpo centrale in aggetto. Un setto murario divide i due accessi: quello carrabile, per raggiungere il cortile interno, da quello per varcare la soglia di ingresso al corpo di fabbrica. I sette gradini, disposti prima dell’accesso, conferiscono all’edificio la valenza di una architettura pubblica e consentono al solaio del piano terra di disporsi a una quota più alta rispetto a quella del filo strada, potendo così ottenere un piano semi-interrato.
Il corpo scala a doppia rampa parallela, così come i due vani corsa ascensore si attestano di fronte all’ingresso, mentre gli spazi per l’accoglienza al pubblico si trovano sulla destra. E’ presente anche una scala di servizio accessibile dal solo personale interno. La disposizione in pianta del piano terra è lasciata particolarmente libera; infatti, solo una serie di pilastri strutturali determina lo spazio interno. La stessa maglia di pilastri si ritrova ai piani superiori. Anche qui lo spazio distributivo interno consente una rimodulazione degli spazi.
La disposizione e le suddivisioni interne si ripetono a tutti i livelli. L’unica differenza sta nella distribuzione degli uffici totalmente illeggibile in prospetto; infatti, dietro un fronte unitario alcune volte troviamo ampie sale riunioni, altre volte invece locali per il lavoro di una o due persone.
Il piano d’attico risulta essere arretrato rispetto al filo facciata sul fronte principale e sul prospetto a est. Un ampio terrazzo corre intorno all’edificio. Il parapetto è costituito da un muretto d’attico che si sviluppa in continuità, sia per materiale, sia per allineamento con il resto del prospetto.
Nel piano seminterrato è collocata una sala per proiezioni e conferenze. Particolarmente interessante è la struttura in cemento armato composta da cinque travi inclinate collegate con un elemento ad arco. Questa scelta strutturale, oltre a determinare il carattere estetico della sala conferenze/sala proiezioni, consente di non aver pilastri in centro all’ambiente e che avrebbero interrotto la continuità con la griglia strutturale dei piani soprastanti. Il progetto trovò ampi consensi all’interno del panorama cittadino; infatti, nel marzo del 1950 venne esposto alla “Mostra del Comune” voluta dal Sindaco Adamoli per presentare i principali interventi edilizi portati avanti dal comune dopo la fine della seconda guerra mondiale <7.
Un primo parallelismo può essere compiuto con un altro progetto sviluppato dallo stesso Labò per una chiesa in Via Napoli realizzata nel 1956 <8. Qui la struttura in calcestruzzo viene resa esplicita e lasciata a vista. Essa ripartisce l’intradosso della copertura diventando l’elemento di decoro della navata, contribuendo a fornire lo stesso sentimento di tensione strutturale allo spettatore che è presente nella sede dell’A.M.G.A.. Una forte connessione può essere trovata con il progetto di D. Osterland nella chiesa di S. Martiktkirche ad Hannover, realizzata tra il 1946 e il 1953. Forti appaiono le connessioni tra il progetto di Labò e quello di Osterland, soprattutto per quanto riguarda la copertura e il giunto tra pilastro e travetti della copertura, lasciati a vista <9. Inoltre, il progetto di Labò e Daneri anticipa soluzioni compositive, dell’edificio ad uffici di Via Fassio ultimato nel 1958.
Anche in questo progetto una griglia in calcestruzzo ripartisce l’intero sviluppo della facciata ad esclusione del piano terra, dove trovano spazio le ampie aperture dei locali commerciali, e del piano primo, dove il tamponamento è affidato a una parete di vetrocemento. I rapporti compositivi tra basamento e sviluppo del fronte risultano non avere una diretta correlazione, cosa che non accadde nel progetto della sede dell’A.M.G.A. <10.
[NOTE]
1 Iter pratica edilizia: 16 febbraio 1950 approvazione progetto da parte della Commissione Edilizia con delibera n° 303; 15 maggio 1951 parere favorevole reparto Igiene e Sanità; 1 giugno 1951 parere favorevole della Soprintendenza con prescrizione di distacco dal caseggiato da ricostruirsi sulla Via; 2 aprile 1951 presentazione progetto di variante in corso d’opera con modifiche delle tramezzature interne e del corpo scala a nord per consentire il collegamento con la Scuola Galliera.
2 Il Piano di Ricostruzione prevedeva per l’area compresa tra Via SS. Giacomo e Filippo, Via Assarotti e Via S. Bartolomeo degli Armeni che la chiesa di SS. Giacomo e Filippo, in adiacenza ai corpi conventuali, non veniva ricostruita. Invece, l’impianto a corte del convento veniva riprogettato solo in parte sul sedime e con le altezze di quello esistente; infatti due ali dell’edificio religioso sorgevano su un nuovo sedime, mantenendo, tuttavia, costante la superficie della corte.
3 Il primo progetto ripartiva la struttura in aggetto, su Via SS. Giacomo e Filippo, in quattro parti. Archivio della Regione Liguria, Fondo Genio Civile, edifici pubblici, AMGA.
4 Ai profili dei serramenti vengono anteposti tondini di sezione ridotta in acciaio verniciato nella stessa tinta della parte in aggetto.
5 Pietro Domenico Patrone, Daneri, Sagep, Genova, 1982, p. 103.
6 Ibidem. L’edificio in adiacenza al fronte del palazzo dell’A.M.G.A. venne realizzato successivamente riprendendo l’allineamento, l’altezza globale del fronte su filo strada e l’altezza di interpiano del progetto di Labò e Daneri. Nel 1957 venne presentata al Ministero dei Lavori Pubblici e al Comune di Genova una proposta di variante (che negli anni successivi venne realizzata) al Piano di Ricostruzione del Comune di Genova con l’impostazione del disegno planimetrico dell’edificio residenziale da costruirsi in adiacenza all’A.M.G.A. Elaborati grafici e iter della pratica della variante al Piano di Ricostruzione sono depositati presso l’Archivio Storico Comune di Genova, Fondo Urbanistica, Scatola 39, Variante Piano Ricostruzione Via SS. Giacomo e Filippo.
7 Azzo Toni, La mostra del Comune, in “Genova. Rivista mensile del Comune”, n. 3, marzo, 1950, p. 150. Il modello del palazzo dell’A.M.G.A. era posto davanti ad una cascata d’acqua a testimonianza delle lavorazioni che l’azienda municipale stava compiendo, non solo per fornire nuovi uffici all’ente, ma anche per aumentare la disponibilità di acqua potabile in tutte le case potenziando le fonti di approvvigionamento e la rete di distribuzione. Alla mostra Labò presentava anche il suo progetto per la ricostruzione del teatro Carlo Felice.
8 In entrambi i progetto l’intento è quello che l’elemento strutturale diventi ornamento contribuendo, inoltre, a definire il carattere della costruzione.
9 Labò per le sue soluzioni appare plausibile avere assunto come riferimenti, oltre al progetto di Osterlen, il progetto di ampliamento della stazione di Termini del 1946 a firma di Mario Ridolfi, Aldo Carbelli, Mario Fiorentino, Ludovico Quaroni, Aldo Caré e Vittorio Ceradini.
10 Warner Sironi, L’architettura di Luigi Carlo Daneri. Una vicenda razionalista italiana, Libraccio Editore, Milano, 2013, pp. 51-55.
Tomaso Lanteri Minet, Mario Labò. La produzione architettonica e il ruolo di promotore culturale nella prima metà del XX secolo, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2017
Un primo parallelismo può essere compiuto con un altro progetto sviluppato dallo stesso Labò per una chiesa in Via Napoli realizzata nel 1956 <8. Qui la struttura in calcestruzzo viene resa esplicita e lasciata a vista. Essa ripartisce l’intradosso della copertura diventando l’elemento di decoro della navata, contribuendo a fornire lo stesso sentimento di tensione strutturale allo spettatore che è presente nella sede dell’A.M.G.A.. Una forte connessione può essere trovata con il progetto di D. Osterland nella chiesa di S. Martiktkirche ad Hannover, realizzata tra il 1946 e il 1953. Forti appaiono le connessioni tra il progetto di Labò e quello di Osterland, soprattutto per quanto riguarda la copertura e il giunto tra pilastro e travetti della copertura, lasciati a vista <9. Inoltre, il progetto di Labò e Daneri anticipa soluzioni compositive, dell’edificio ad uffici di Via Fassio ultimato nel 1958.
Anche in questo progetto una griglia in calcestruzzo ripartisce l’intero sviluppo della facciata ad esclusione del piano terra, dove trovano spazio le ampie aperture dei locali commerciali, e del piano primo, dove il tamponamento è affidato a una parete di vetrocemento. I rapporti compositivi tra basamento e sviluppo del fronte risultano non avere una diretta correlazione, cosa che non accadde nel progetto della sede dell’A.M.G.A. <10.
[NOTE]
1 Iter pratica edilizia: 16 febbraio 1950 approvazione progetto da parte della Commissione Edilizia con delibera n° 303; 15 maggio 1951 parere favorevole reparto Igiene e Sanità; 1 giugno 1951 parere favorevole della Soprintendenza con prescrizione di distacco dal caseggiato da ricostruirsi sulla Via; 2 aprile 1951 presentazione progetto di variante in corso d’opera con modifiche delle tramezzature interne e del corpo scala a nord per consentire il collegamento con la Scuola Galliera.
2 Il Piano di Ricostruzione prevedeva per l’area compresa tra Via SS. Giacomo e Filippo, Via Assarotti e Via S. Bartolomeo degli Armeni che la chiesa di SS. Giacomo e Filippo, in adiacenza ai corpi conventuali, non veniva ricostruita. Invece, l’impianto a corte del convento veniva riprogettato solo in parte sul sedime e con le altezze di quello esistente; infatti due ali dell’edificio religioso sorgevano su un nuovo sedime, mantenendo, tuttavia, costante la superficie della corte.
3 Il primo progetto ripartiva la struttura in aggetto, su Via SS. Giacomo e Filippo, in quattro parti. Archivio della Regione Liguria, Fondo Genio Civile, edifici pubblici, AMGA.
4 Ai profili dei serramenti vengono anteposti tondini di sezione ridotta in acciaio verniciato nella stessa tinta della parte in aggetto.
5 Pietro Domenico Patrone, Daneri, Sagep, Genova, 1982, p. 103.
6 Ibidem. L’edificio in adiacenza al fronte del palazzo dell’A.M.G.A. venne realizzato successivamente riprendendo l’allineamento, l’altezza globale del fronte su filo strada e l’altezza di interpiano del progetto di Labò e Daneri. Nel 1957 venne presentata al Ministero dei Lavori Pubblici e al Comune di Genova una proposta di variante (che negli anni successivi venne realizzata) al Piano di Ricostruzione del Comune di Genova con l’impostazione del disegno planimetrico dell’edificio residenziale da costruirsi in adiacenza all’A.M.G.A. Elaborati grafici e iter della pratica della variante al Piano di Ricostruzione sono depositati presso l’Archivio Storico Comune di Genova, Fondo Urbanistica, Scatola 39, Variante Piano Ricostruzione Via SS. Giacomo e Filippo.
7 Azzo Toni, La mostra del Comune, in “Genova. Rivista mensile del Comune”, n. 3, marzo, 1950, p. 150. Il modello del palazzo dell’A.M.G.A. era posto davanti ad una cascata d’acqua a testimonianza delle lavorazioni che l’azienda municipale stava compiendo, non solo per fornire nuovi uffici all’ente, ma anche per aumentare la disponibilità di acqua potabile in tutte le case potenziando le fonti di approvvigionamento e la rete di distribuzione. Alla mostra Labò presentava anche il suo progetto per la ricostruzione del teatro Carlo Felice.
8 In entrambi i progetto l’intento è quello che l’elemento strutturale diventi ornamento contribuendo, inoltre, a definire il carattere della costruzione.
9 Labò per le sue soluzioni appare plausibile avere assunto come riferimenti, oltre al progetto di Osterlen, il progetto di ampliamento della stazione di Termini del 1946 a firma di Mario Ridolfi, Aldo Carbelli, Mario Fiorentino, Ludovico Quaroni, Aldo Caré e Vittorio Ceradini.
10 Warner Sironi, L’architettura di Luigi Carlo Daneri. Una vicenda razionalista italiana, Libraccio Editore, Milano, 2013, pp. 51-55.
Tomaso Lanteri Minet, Mario Labò. La produzione architettonica e il ruolo di promotore culturale nella prima metà del XX secolo, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2017