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venerdì 29 aprile 2022

Pisanò si era rifiutato di ammettere di essere un agente


Ben presto l'appoggio del SIM si rivelò particolarmente utile per gli Alleati perché i servizi segreti tedeschi, l'Abwehr dell'esercito e il Sicherheistdienst delle SS, si avvalsero nel nostro Paese di agenti autoctoni da inviare nel Sud Italia come spie e sabotatori. L'organizzazione dei due servizi del Reich in Italia fu inevitabilmente collegata con l'evoluzione della presenza militare tedesca. Fino al 1943 il SD era presente a Roma solamente tramite la sezione dedicata allo spionaggio estero (Ausland-SD) mentre l'Abwehr si occupava principalmente di controspionaggio (Terzo Abwehr o Abwehr III) oltre che del reclutamento di agenti da inviare in missioni in Grecia o nel Medio Oriente <48. Già nell'agosto del 1943, tuttavia, il generale Karl Wolff era stato designato come Comandante supremo della polizia e delle SS in Italia il quale da Monaco aveva iniziato ad organizzare la futura struttura delle SS in Italia <49. A sua volta il generale Wilhelm Harster, giurista bavarese, venne designato come comandante della Sicherheitspolizei (Sipo, Polizia di sicurezza) e del SD in Italia con sede a Verona, ovvero l'organismo che coordinava l'attività della Gestapo, della Kripo (Polizia criminale) e del SD (al quale veniva aggiunta la sezione Inland) <50. Pertanto, anche le altre due polizie iniziarono ad operare nel territorio italiano e, secondo i Servizi italiani, erano dirette inizialmente da Eugen Dollmann e Herbert Kappler <51. Anche l'Abwehr, il servizio dell'esercito, non esitò ad inviare personale che potesse organizzare anche in Italia la Prima e la Seconda sezione, rispettivamente avente compiti di spionaggio e sabotaggio. L'Ausland-SD, diretto da Karl Hass, prima a Roma e poi a Verona, iniziò ad interessarsi anche all'attività di sabotaggio sia materiale che morale, la cosiddetta attività di quinta colonna, andando a scontrarsi e intralciarsi con il Secondo Abwehr <52. Entrambi i servizi disponevano inoltre di proprie scuole per addestrare potenziali spie e sabotatori, anche in questo caso spesso non lavorando in sinergia ma cercando ognuno di accaparrarsi il maggior numero possibile di agenti.
Per complicare ulteriormente la situazione, oltre al già citato Ufficio PdM, organizzazione più ufficiosa che ufficiale, nell'ottobre 1943 veniva creato il nuovo servizio informativo della Repubblica Sociale, il Servizio Informazioni Difensivo (SID), il quale avrebbe dovuto rappresentare il contraltare del SIM. L'organismo era stato posto sotto la guida di Vittorio Foschini, giornalista ma anche ex agente del cosiddetto servizio 6x, un servizio informativo attivato verso la fine del 1942 su iniziativa dello stesso Foschini, approvato prima dal Ministro della Cultura Popolare Buffarini Guidi e in seguito dal Duce stesso al quale venivano indirizzate le 'veline' <53. Come si può intuire dal nome, l'organizzazione contemplava esclusivamente attività di controspionaggio e non di spionaggio, la quale era demandata ai servizi informativi tedeschi <54.
Avocando a sé queste due importanti prerogative, Abwehr e SD poterono costituire delle reti di spionaggio e sabotaggio nel territorio occupato dagli Alleati. Tra la seconda metà del 1943 e i primi mesi del 1944 vennero arruolati principalmente tedeschi e sudtirolesi che conoscessero la lingua italiana, in modo tale da permettere loro di operare più facilmente alle spalle della linea del fronte. Verso la fine del 1944 tuttavia, come ci informa il contro-spionaggio italiano, la situazione era molto differente. Tra gli agenti nemici arrestati sia dal SIM che dagli Alleati nel corso di quell'anno infatti, più dell'85% erano italiani <55. Lo stesso report ci illustra che tra costoro figuravano disertori, persone ricercate per crimini comuni, ma la maggior parte erano fascisti fanatici <56. L'iniziale difficoltà per i Servizi tedeschi di arruolare personale in loco, aveva portato ad ingaggiare persone poco affidabili che avevano accettato di diventare agenti solamente per la generosa remunerazione che veniva loro garantita <57. Tuttavia, nel corso del 1944, la situazione cambiò quando i Servizi tedeschi riuscirono ad arruolare agenti provenienti da organizzazioni fasciste che potessero essere più affidabili come per esempio la Decima MAS di Junio Valerio Borghese, la Guardia nazionale repubblicana o la banda Koch <58. La Decima MAS in particolare svolse un ruolo fondamentale per quanto riguardava la messa a disposizione di uomini per l'Abwehr e il Sicherheitsdienst. Già reparto speciale della Regia Marina, nonostante appartenesse formalmente alla Marina della Repubblica Sociale Italiana, era un'unità militare indipendente e direttamente alleata ai nazisti tramite un accordo siglato dal suo Comandante, Junio Valerio Borghese con il capitano di vascello della Kriegsmarine Max Berninghaus <59. Scrive Ganapini che «Tra tutte, la Decima Mas è la formazione più nettamente connotata e che forse meglio di ogni altra esemplifica le caratteristiche proposte a modello per la struttura militare volontaria fascista repubblicana» <60. L'alone eroico e di leggenda che circonda la soprattutto dalla figura dello stesso Borghese.
[...] Gli uomini della Decima furono impiegati principalmente in azioni contro i partigiani mettendosi in luce non solo per la particolare violenza ma anche per i numerosi abusi compiuti nei confronti della popolazione civile <66. Coloro i quali, pertanto desiderassero partecipare ad azioni dirette nei confronti degli Alleati avevano una sola opportunità: essere impiegati dai servizi segreti tedeschi con compiti informativi e di sabotaggio oltre le linee nemiche.
I futuri agenti venivano avvicinati da reclutatori (sia tedeschi che italiani) per azioni dirette esclusivamente dall'Abwehr o dal SD oppure venivano scelti dalle organizzazioni della RSI in azioni concordate con i tedeschi <67. Ad esempio possiamo citare il tentativo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, Francesco Barracu, di organizzare un gruppo di persone di fiducia, capitanate da padre Luciano Usai, con lo scopo di costituire una rete informativa politico-militare e di propaganda in Sardegna, sua regione di origine <68. Il gruppo venne addestrato e in seguito paracadutato nell'isola dall'Abwehr ma anche questa iniziativa tuttavia fallì poiché il gruppo venne arrestato dalle autorità alleate <69.
Ma quali erano le modalità di azione degli agenti inviati dai servizi tedeschi? Innanzitutto si deve distinguere da agenti sabotatori, ''lasciati indietro'' in seguito alla ritirata dell'esercito, muniti di esplosivi per specifiche missioni e in contatto diretto o attraverso intermediari con agenti muniti di radio-trasmittente, dagli agenti di spionaggio, solitamente inviati in missione attraverso le linee con il compito di osservare posizioni e numero di truppe, mezzi e sedi nemiche <70. Una terza categoria è invece l'agente doppiogiochista, il cui rendimento, secondo una relazione del controspionaggio del SIM era «difficilmente accertabile» <71. È probabile però che chi si presentava ai comandi alleati «di sua volontà, raccontando i particolari più minuti della sua missione [potesse] essere in azione di doppio gioco, specie per attività di carattere politico che fermentano e si irradiano in specie dai campi di concentramento ove di solito l'agente viene per principio avviato» <72. L'attività di CS era dunque indispensabile per contrastare le azioni nemiche. Essa, secondo il SIM era dotata di "due armi: l'indagine e l'interrogatorio: quest'ultimo è la base e l'arma più decisiva; occorre imporre la propria supremazia morale e di capacità all'interrogando e non dimenticare di essere abbastanza curiosi e precisi secondo una logica corroborata dal sapere e dalla volontà. Gli schemi per gli interrogatori sono noti: essi sono dovuti al fatto che un interrogatorio deve fornire gli elementi più numerosi che sia possibile per le operazioni repressive successive e gli interrogatori conseguenti. L'interrogatorio vale per quello che apporta all’attività controinformativa non per quello che interessa direttamente l'agente inquisito, ormai individuato. Nei riguardi dell'agente inquisito l'interrogatorio è un dovere per la giustizia; nei riguardi di ulteriori azioni controinformative è sopratutto una necessita procedurale che comporta - in caso di trascuratezza - responsabilità di ordine morale e professionale. Sino ad ora in questo servizio l'informatore più sicuro è l'agente stesso con il vantaggio che - grazie alla capacità ed all'abilità di chi lo esamina - l'informazione ottenuta è controllata e indiscutibile" <73.
Analizzare un interrogatorio di un agente nemico è pertanto un utile strumento per comprendere sia le modalità di reclutamento, di addestramento ma anche per capire la personalità, le motivazioni e i desideri di coloro i quali decidevano di arruolarsi nei servizi di intelligence tedeschi, oltre che ovviamente per cercare di capire come operavano e cosa erano interessati a conoscere i servizi alleati (e italiani).
Un esempio utile può essere l'interrogatorio di Giorgio Pisanò, arruolatosi nel 1943 come paracadutista nella Decima Mas e nel dopoguerra giornalista, saggista, parlamentare e importante esponente del Movimento Sociale Italiano. Un caso non unico tra gli appartenenti al partito ad aver svolto attività di intelligence. L'agente che lo interrogò nel 1945 lo descrisse come «fervent fascist but claims for him Fascism represents Italy. He is intelligent, courageous and very observant. He is anxious to serve his country. Says he would prefer to be tried by Allies, even if it means going before a firing squad» <74. Come molti altri «ardenti fascisti» come lui, si era arruolato nella Decima Mas «partly because he wanted to do something spectacular for his country, and partly because 10th MAS was entirely Italian, and not under the away of the Germans» <75. Sono proprio i tedeschi però, nel giugno del 1944, ad offrire a Pisanò e al suo battaglione di paracadutisti la possibilità di essere addestrati per «lavori speciali» per i quali erano necessari «uomini di coraggio» <76. Al corso di spionaggio, tenuto da istruttori dell'Abwehr, Pisanò e i suoi compagni vennero istruiti nel riconoscimento di aerei, navi, carri armati, armi, uniformi, nel distinguere i distintivi delle unità e delle formazioni, nella lettura delle mappe e nello studio delle fotografie. Completato il corso di durata mensile, a Pisanò venne assegnata una missione in Puglia con il compito di «tenere gli occhi aperti» e notare i distintivi di truppe, veicoli e segnare la loro appartenenza alle truppe britanniche, americane, canadesi o indiane. Gli vennero fornite ventimila lire ed un fazzoletto necessario per il suo riconoscimento nel momento in cui sarebbe tornato presso i comandi tedeschi. In caso di fermo o cattura avrebbe dovuto raccontare di aver lavorato per l'organizzazione Todt ed essere scappato per cercare di raggiungere i familiari nel Sud Italia <77. La sua missione tuttavia fallì miseramente dato che, giunto nei pressi di un comando alleato in Toscana per ottenere i permessi necessari per raggiungere la Puglia, il suo nome e quello del suo compagno di viaggio risultarono essere presenti nelle liste degli agenti nemici <78. Secondo il sergente statunitense responsabile del suo interrogatorio, Pisanò, quando era stato interrogato dal SIM, si era rifiutato di ammettere di essere un agente, riferendo inoltre una storia differente a quella raccontata in precedenza. Negava inoltre di aver partecipato ad altre missioni anche se i compagni di cella riferivano che egli si fosse vantato di averne portato a termine due <79.
[NOTE]
48 AUSSME, SIM, b. 66, f. 1-1-1 1943 Organizzazione informativa tedesca in Italia, Appunti sull'organizzazione informativa tedesca in Italia e su alcune persone maggiormente in vista, 19 ottobre 1943, pp. 1-2. L'unico lavoro che ha analizzato la struttura informativa tedesca in Italia è quello di C. Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, in P. Ferrari, A. Massignani (a cura di), Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, Milano, Franco Angeli, 2010. Alcune informazioni sul SD in Italia si trovano in E. Collotti, Documenti sull’attività del Sicherheitsdienst nell’Italia occupata, in Il Movimento di liberazione in Italia, a. 1963, vol. 71, n. 2, pp. 38-77
49 L. Klinkhammer, L'occupazione tedesca in Italia (1943-1945), pp. 84-86.
50 Wilhelm Harster aveva ricoperto lo stesso incarico in Olanda, dove nel dopoguerra venne processato e condannato per la sua attività in quel paese, in particolare per quanto riguardava la deportazione degli ebrei. Fu anche un alto funzionario ministeriale bavarese fino agli anni Sessanta. C. Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 468.
51 TNA, WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, Appunti sull'organizzazione informativa tedesca in Italia, s.d., p. 24. Per quanto riguarda il ruolo di Dollmann in Italia, secondo Gentile, tuttavia, egli non fu altro che un «esperto di pubbliche relazioni delle SS in Italia», dove era presente già dal 1937. Vedi C. Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 465.
52 TNA, WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, Appunti sull'organizzazione informativa tedesca in Italia, s.d., p. 25. Si tratta del noto Karl Hass, tra i responsabili, assieme a Kappler ed Erich Priebke dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
53 Scarne notizie sull'operato del servizio 6x si possono trovare in G. Leto, Polizia segreta in Italia, Roma, Vito Bianco editore, 1961 p. 42, cit. in R. Canosa, I servizi segreti del Duce. I persecutori e le vittime, Milano, Mondadori, 2000, p. 415; ma anche Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, Servizio Informazioni Militare (d'ora in avanti AUSSME, SIM), b. 186, f. 1-1-7 Organizzazione e attività del SID, sottof. Documenti riguardanti il SID, lettera di Vittorio Foschini a Benito Mussolini, 24 marzo 1943. Foschini venne però molto presto sostituito (gennaio 1944) dal colonnello dei Carabinieri Candeloro De Leo e addirittura internato dai tedeschi. Vedi E. Pala, Il Servizio Informazioni Difesa della Repubblica sociale italiana. Il caso del nucleo di controspionaggio di Brescia, in Annale dell'Archivio della Resistenza bresciana e dell'età contemporanea, n.5, 2009, p. 162.
54 AUSSME, SIM, b. 68, fasc. 1-1-7 Organizzazione e attività del SID, Servizio informazioni difesa, s.d., p.1. In realtà esisteva una sezione Alfa addetta allo spionaggio ma come si evince dallo stesso documento la sua attività al di fuori dalla Repubblica è sempre stata impedita dai tedeschi. Vedi ivi, p. 4.
55 AUSSME, SIM, b. 150, f. 1-18-85 Relazione annuale sull'attività di C.S., Relazione sull'attività svolta dai Centri e Sezioni C.S. nell'anno 1944, 17 dicembre 1944, p. 3.
56 Ibidem.
57 Ivi, p. 2, ma anche TNA WO 204/12987 German intelligence service vol.1, Enemy intelligence service in Italy, 15 aprile 1944, pp. 3-4.
58 La Guardia Nazionale Repubblicana, erede nella RSI della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, era nata come corpo di polizia militare che accorpava ex Carabinieri, uomini della Miliza, ufficiali di Polizia e membri della Polizia Africa Italiana (PAI). La banda Koch era invece uno corpo speciale di Polizia con a capo Pietro Koch incaricata di dare la caccia ai partigiani sotto la protezione di Kappler. Per approfondire vedi L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, pp. 30-46; M. Griner, La «Banda Koch».
59 L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, p. 61.
60 Ivi, p. 60.
66 A. Lepre, La storia della Repubblica di Mussolini. Salò: il tempo dell'odio e della violenza, Milano, Mondadori, 1999, pp. 176-181.
67 TNA, WO 204/12450 X Flotilla MAS and S. Marco regiment vol. 1, Abwehr Abt II. Interest in Italian special formations, 1 giugno 1944, p. 1.
68 AUSSME, SIM, b. 27, f. 1-7-40 Lancio nelle campagne di Cabras a mezzo paracadute di presunti agenti nemici, Appunto del 27 luglio 1944, prot. n. 290/1944.
69 ACS, Allied Control Commission (d'ora in avanti ACC), Legal, f. 443 Case of Usai Luciano & others (enemy agents, Sardinia), Report ''Case of Usai Luciano and others'', p. 1-4.
70 AUSSME, SIM, b. 334, fasc. 1-1-26 Studio sull'organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, Cenni riepilogativi sull'organizzazione informativa nemica, s.d. [gennaio 1945], p. 5.
71 Ibidem.
72 Ivi, p. 6.
73 Ivi, p. 6-7.
74 NARA, rg 226, e. 174, b. 93, f. 753 IV corps, Supplementary report on detailed interrogation of enemy agent - Pisanò Giorgio, p. 9.
75 Ivi, p. 1.
76 Ibidem.
77 Ivi, p. 2-4.
78 Ivi, p. 6. Pisanò in seguito riuscì a scappare per essere poi riarrestato dagli alleati nel 1945.
79 Questa versione verrà sostenuta anche nelle sue opere autobiografiche. Vedi in particolare G. Pisanò, Io, fascista 1945-1946. La testimonianza di un superstite, Milano, Il Saggiatore, 2002, pp. 102-122.
Nicola Tonietto, La genesi del neofascismo in Italia. Dal periodo clandestino alle manifestazioni per Trieste italiana. 1943-1953, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, anno accademico 2016-2017 
 
Il punto cronologico di partenza di questa ricerca si situa però nella fase immediatamente precedente la caduta del fascismo, quando Mussolini, ritenendo ormai prossima l’invasione delle regioni meridionali da parte delle truppe Alleate, decise la costituzione di una formazione paramilitare che avrebbe dovuto costituire l’ultimo baluardo del regime. Questa organizzazione fu chiamata, significativamente, “Guardia ai Labari” e a dirigerla - su indicazione di Carlo Scorza - fu chiamato il principe Valerio Pignatelli di Cerchiara, personaggio complesso e dalla personalità poliedrica. Il principe, che si trovava in Calabria, fu convocato in gran fretta a Roma, dove però arrivò dopo che il Gran Consiglio aveva approvato l’ordine del giorno Grandi e soprattutto dopo che il Re aveva sostituito Mussolini con Badoglio alla presidenza del Consiglio dei ministri. Pignatelli, tuttavia, ottemperò ugualmente al suo compito e, dopo la nascita della Repubblica sociale italiana, mise rapidamente in piedi una milizia armata e una rete informativa in diverse province meridionali.
In Calabria l’organizzazione, che avrebbe dovuto agire in vista di uno sfondamento delle forze Alleate per attuare un’azione sabotatrice di retroguardia, fu particolarmente sviluppata; la scoperta della sua attività da parte delle autorità di pubblica sicurezza, diede luogo al cosiddetto processo degli “ottantotto” (così chiamato dal numero degli imputati), che portò alla sbarra molti imputati giovanissimi e alcuni personaggi eccellenti e che si concluse con una sentenza di condanna solo per pochissimi accusati, puniti comunque con pene non particolarmente severe.
Anche in Sicilia l’azione neofascista si manifestò subito dopo lo sbarco degli angloamericani, quando si costituirono organismi clandestini a Palermo, Trapani e Catania. Inoltre, dal dicembre 1944 al gennaio 1945, in diverse zone dell’isola si registrarono manifestazioni tese ad evitare l’arruolamento dei giovani nell’esercito regio impegnato nella liberazione dell’Italia continentale, che in alcuni casi si tradussero in vere e proprie sommosse e che sono passati alla storia come i moti dei “non si parte”, sfociati, nel gennaio 1945, in un’azione insurrezionale culminata nella nascita dell’effimera “Repubblica di Comiso” <1.
Nell’altra isola, la Sardegna, si verificarono numerose dimostrazioni contro il governo che portarono all’arresto di diversi giovani accusati di fare parte delle organizzazione clandestine sarde e siciliane, mentre a Bari nasceva il primo giornale neofascista, “Il Manifesto”, diretto da Pietro Marengo.
Movimenti neofascisti di varia pericolosità operarono anche a Roma dopo l’arrivo degli Alleati, venendo coadiuvati dalle unità dei servizi segreti della Repubblica Sociale Italiana <2 inviate al Sud per contribuire a sferrare l’attacco alle spalle al nemico.
[NOTE]
1 Sebbene il movimento dei “non si parte” e la “Repubblica di Comiso” non possano ascriversi tra le responsabilità esclusive dei “fascisti”, è tuttavia certo che il clandestinismo fascista, oltre ad esservi direttamente coinvolto, ebbe ogni interesse a sostenere queste esperienze che, evidentemente, miravano ad indebolire l’autorità del nuovo governo italiano.
2 D’ora in poi RSI.

Domenico Sorrenti, Il neofascismo nell'Italia meridionale tra eversione e legalità, Tesi di dottorato, Università della Calabria, 2017