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mercoledì 27 aprile 2022

Umberto Eco coniando il termine paleotelevisione voleva sottolineare la forte impronta didattica che ha connotato i primi venti anni della televisione pubblica


Da un punto di vista tecnologico, la televisione è un'applicazione delle telecomunicazioni implementata attraverso l'uso del dispositivo elettronico televisore.
Il termine "televisione" venne stabilito il 10 marzo 1947 durante la conferenza mondiale delle radiocomunicazioni di Atlantic City dai delegati di 60 nazioni che stabilirono di adottare come abbreviazione la sigla "TV".
Per comprendere come funziona l’attuale sistema televisivo, occorre conoscerne la storia. Abbiamo precedentemente parlato, non a caso, della storia della radio e del cinema, perché da entrambi questi mezzi di comunicazione la tv ha preso le movenze. Il rapporto con questi media ha dato forma alla tv come la conosciamo oggi e continua ad influire tuttora.
La tv eredita dalla radio la possibilità di entrare nelle case di un sempre maggior numero di italiani a partire dagli anni ’60, di trasmettere in diretta, e l’appartenenza ai sistemi dello stato (almeno nel caso della tv pubblica).
Sempre dalla radio, la tv eredita il palinsesto su cui declinerà anche visivamente i generi in essa precedentemente diffusi: i telegiornali derivano dai radiogiornali, i festival della canzone traslocano sui palchi televisivi e i radio sceneggiati diventano veri e propri antenati delle soap opera.
Se dalla radio la tv ha rubato la programmazione, col cinema condivide il linguaggio espressivo, cioè il mix audiovisivo.
Possiamo quindi vedere la tv come l'incontro della riproduzione di contenuti audio in diretta e la riproduzione di contenuti audiovisivi in differita.
La televisione nasce all’interno del sistema pre-esistente della radio (dal punto di vista aziendale, di produzione e distribuzione), in un contesto storico in cui l’offerta di mezzi di comunicazione di massa stava diventando sempre più tele-comunicativa.
Il suo inizio può essere fatto risalire al 25 marzo 1925, quando l'ingegnere scozzese John Logie Baird ne diede dimostrazione nel centro commerciale Selfridges di Londra. All’epoca le immagini in movimento erano composte da due sole tonalità di grigio. Nel 1927 Baird trasmise la televisione da Londra a Glasgow (700 km di distanza) attraverso una normale linea telefonica in cavo. Nel 1928 realizzò la prima trasmissione televisiva transoceanica, da Londra a New York.
Sempre nello stesso anno riuscì a trasmettere le prime immagini a colori.
Considerata concettualmente un'evoluzione della radio e del cinema, la televisione fu parallelamente sviluppata da diversi gruppi di lavoro in diversi paesi e fu resa disponibile al pubblico subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Mentre per l'audio si poteva sfruttare la tecnologia della radio, per la ripresa, la trasmissione e la ricezione delle immagini dovevano studiarsi nuove forme tecniche da affiancare. Partendo dal concetto della persistenza delle immagini sulla retina umana, il cui principale utilizzo comunicativo era il cinema, si pensò di rendere su uno schermo idoneo (televisore) un'immagine elettronica scandita altrove da una telecamera e trasmessa via radio.
Vediamone il funzionamento.
[...] Sino ad alcuni anni fa, cinema e televisione erano due media ben distinti: se il primo fondava la sua forza sulla qualità della pellicola e sulla visione dei film in apposite sale ove la proiezione avveniva al buio (favorendo l'attenzione degli spettatori); il secondo risultava imbattibile per la capacità di rappresentare l'evento contestualmente al suo verificarsi.
Con i sistemi digitali di registrazione-riproduzione diffusi in entrambi i mondi, che hanno livellato la qualità delle immagini e i costi di produzione, la distanza dal punto di vista tecnologico e produttivo che li separava è venuta meno.
La televisione si è accostata al cinema, da un punto di vista dei contenuti, quando ha iniziato a portare nelle case i film su videocassetta, consentendo per la prima volta un tipo di visione on demand. Tra l’approdo dell’home video e la fruizione dei film su tablet dei giorni nostri, c’è però una lunga strada. Vediamo dunque in Italia quale evoluzione ha avuto la televisione nei suoi primi ‘60 anni di storia.
[...] Sulla linea temporale della storia della televisione vengono fissate da diversi studiosi varie “ere” (noi utilizziamo quelle fissate da Umberto Eco e Luca Tommasini insieme) che sono: “paleotelevisione”, “neotelevisione”, “TV verità”, “TV personale”, “televisione 3.0”.
Si copre, così, un arco temporale che parte dalla metà degli anni Cinquanta, precisamente dal 1954, e giunge fino ai giorni nostri.
In Italia i primi studi e le prime prove sperimentali di trasmissioni televisive furono effettuate a Torino a partire dal 1934, città che già ospitava il Centro di Direzione dell'EIAR <3.
Le prime trasmissioni della programmazione regolare furono le interviste con l'ingegner Filiberto Guala, amministratore delegato, che definì il nuovo mezzo come «il focolare del nostro tempo»; lo spettacolo intitolato "L'orchestra delle 15", presentato da Febo Conti; la rubrica musicale "Settenote" e "La domenica sportiva".
Altri contenuti erano le pellicole cinematografiche, che già dai primi anni la tv italiana inizia a trasmettere sotto acquisto dei diritti, e gli appuntamenti di teleteatro.
La trasmissione di spettacoli teatrali avveniva secondo due differenti modalità: attraverso la messa in scena di un testo in studio con logiche comunicative prettamente televisive, oppure la ripresa di spettacoli allestiti in teatro. Il repertorio spaziava dai classici greci al Rinascimento italiano, dalle tragedie di Shakespeare ai drammi del secondo '800.
Il 3 gennaio 1954, giorno d'esordio della programmazione regolare, i televisori accesi furono solamente ottantamila. Un mese dopo gli abbonati non superavano le ventimila unità e il prezzo del mezzo sfiorava le dodici mensilità di un reddito medio annuo (1954). Il segnale arrivò su tutto il territorio nazionale due anni dopo, il 31 dicembre 1956, e a quel momento gli abbonati erano ancora relativamente pochi - 360.000 - a causa del costo elevato degli apparecchi. Nonostante il numero limitato di abbonati, il pubblico televisivo è numerosissimo, coloro i quali non posseggono ancora il televisore affollano le case dei loro vicini più fortunati oppure i ritrovi pubblici: nel 1960 il 21% degli spettatori televisivi guarda la TV in casa di amici, il 33% nei locali pubblici.
La fruizione televisiva è inizialmente collettiva.
Il semiologo Umberto Eco coniando il termine paleotelevisione voleva sottolineare la forte impronta didattica che ha connotato i primi venti anni della televisione pubblica.
L'autoregolamentazione dell'epoca prevedeva, tra i suoi principi fondamentali, la non accettazione di scene turbanti la pace sociale ed incitanti all'odio di classe, il rispetto dei valori familiari e dei principi cattolici, difatti era previsto anche il pieno rispetto della "santità matrimoniale" e il rifiuto delle scene erotiche. Per garantire l'osservanza di queste norme, venne istituito, dal 1947 il "Comitato per la determinazione delle direttive di massima culturali".
L’obiettivo della Rai era alle origini quello educativo e informativo, addirittura l’alfabetizzazione era un compito che, a livello nazionale, sembrava incombere in particolar modo sulle spalle della nascente tv italiana.
Un programma rappresentativo della prima era è sicuramente il programma di Alberto Manzi "Non è mai troppo tardi", nel quale un gruppetto di anziani analfabeti impararono a leggere e scrivere. Vivian Lamarque lo descrive così in un articolo apparso sul Corriere della Sera: «Nella trasmissione di Alberto Manzi degli Anni Sessanta tutto era speciale, prima di tutto lui, il maestro, affettuoso senza retorica, senza paternalismi, chiaro nelle spiegazioni, poi loro, gli allievi, vecchine col fazzoletto a triangolo in testa, vecchini timidi ma attentissimi. Alcune sue lezioni si possono vedere in Rete: una scolaretta di 82 anni dopo due mesi di corso già legge ad alta voce "nella botte c'è buon vino, nella notte c'è un lumino" e - udite udite governanti - "non c'è spiaggia senza mare, non c'è dire senza fare". In trasmissione a volte c'è un ospite (già allora) per far sorridere gli scolari, ecco Carlo Campanini che si complimenta con loro, li incoraggia e loro si coprono il volto con le mani, sorridono emozionati».
In tale periodo, la televisione di Stato, i cui costi più rilevanti erano quelli relativi allo sviluppo della rete di ripetitori, mirava a svolgere la funzione di servizio pubblico e sociale di divulgazione culturale, instaurando un rapporto pedagogico con il telespettatore, vi era «la necessità di “educare” alla modernità, di elevare e di unificare le popolazioni col nuovo mezzo» <4.
Il palinsesto era strutturato su una rigida organizzazione settimanale, basata sulla suddivisione dei generi per serata, come ad esempio il varietà al sabato sera, tradizione che si è prolungata sinora. Nasce la tv per i ragazzi, nella fascia di programmazione pomeridiana, che riconosce nei giovani un target diverso, iniziando così a distinguere le varie fasce di età, per cui elaborare regole e temi diversi.
[NOTE]
3. Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, in seguito RAI, Radiotelevisione Italiana S.p.A.
4. Massimo Scaglioni, Fuori format, come (e perchè) l'anti-tv si fece tv, in Link 10 idee per la televisione. Decode or die, l'infografica applicata alla tv, pag 32
Valentina Beraldo - Jessica Maullu, I contenuti televisivi nello scenario transmediale: format culturali attraverso la tv e il web, Tesi di laurea, Politecnico di Milano, Anno accademico 2010/2011