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lunedì 19 dicembre 2022

Nei documenti di Pecorelli si trovarono fascicoli sul caso Borghese

In quel particolare momento storico si stavano sperimentando in Italia i primi governi di centro sinistra che non riscuotevano l’approvazione di alcuni settori politici e di parte dei servizi segreti italiani e statunitensi. Il piano Solo non venne messo in pratica, anche se probabilmente aveva una sua validità visto che un piano simile permise il colpo di Stato dei colonnelli greci <97, ma solo la notizia, che era stata fatta trapelare, della sua possibile organizzazione ebbe il risultato di inibire le volontà riformiste del governo e del partito socialista, secondo le testimonianze dei protagonisti. «Il tentativo della destra di far passare una soluzione politica non solo conservatrice, ma reazionaria» <98, fu infatti, secondo l’allora segretario del partito socialista Pietro Nenni, uno dei motivi dell’accettazione di un “congelamento” del centro sinistra. Inoltre, "la minaccia del golpe autoritario negli anni tra il 1965 e il 1970 è più forte, più che il suo opposto, la rivoluzione proletaria. […]. La preoccupazione è diffusa in tutta la sinistra" <99.
L’ipotesi golpista venne messa in pratica nel 1970, la notte della festa dell’Immacolata, quando sotto il comando di Valerio Junio Borghese, ex-comandante della X^ Mas e fondatore del Fronte nazionale, militanti neofascisti e reparti della Guardia forestale si mossero per occupare il Ministero degli interni. Il colpo di Stato venne bloccato e ancora oggi non è possibile sapere molto su questo tentativo né perché venne bruscamente interrotto <100, né è possibile comprendere se la realizzazione del Golpe fosse davvero il fine o se lo scopo fosse quello dimostrativo. Del resto pochi giorni prima della strage di piazza Fontana su alcuni giornali conservatori si era prospettato l’intervento dell’esercito: "forze armate potrebbero essere chiamate a ristabilire immediatamente la legalità repubblicana. Questo non sarebbe un colpo di Stato, ma un atto di volontà politica a tutela della libertà e della democrazia" <101.
Come è evidente, non è né possibile né corretto, leggere la storia nazionale come una lunga e organica sequenza di strategie occulte organizzate in collaborazione con i servizi segreti italiani e stranieri, ma d’altra parte non è possibile analizzare la storia repubblicana senza indagarne anche i fatti meno chiaramente spiegati, i contesti nazionali ed internazionali, le strutture politiche e di intelligence <102. Se è vero che in Italia, così come in nessun altro paese europeo, il confronto Est Ovest condizionò la politica interna, lo sviluppo e la vita delle istituzioni democratiche del paese <103, è altrettanto vero che è indispensabile analizzare la storia repubblicana facendo riferimento alla politica, alla società, alla storia delle ideologie e alla loro evoluzione con le loro peculiarità nazionali pur sullo sfondo della Guerra fredda. L’intreccio violenza e democrazia è un tema di grande interesse e importanza per l’analisi della nostra storia ed essenziale risulta cercare di capire quale scopo abbiano avuto le differenti manifestazioni di violenza a cui abbiamo assistito durante gli anni repubblicani, provando ad inserire questa analisi nel lungo periodo <104.
[NOTE]
97 In Grecia assunse il nome di Prometeo.
98 P. Nenni, Intervista sul socialismo italiano, a cura di G. Tamburano, Laterza, Bari,1977, pp. 99-100.
99 G. Bocca, Il terrorismo italiano 1970-1978, Rizzoli, Milano, 1978, pp. 15-16.
100 F. Germinario, Destre radicali e nuove destre. Neofascismo, neonazismo e movimenti populisti, in P. Milza, S. Berstein ; N. Tranfaglia, B. Mantelli, Dizionario dei fascismi, Milano Dizionari Bompiani, 2002. p. 711
101 Editoriale apparso sul settimanale «Epoca» alla vigilia della strage di Milano, citato in G. Boatti, Piazza Fontana, in M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria. Strutture ed eventi dell’Italia unita, Editori Laterza, Roma-Bari, 1997, p. 489.
102 Su queste si veda, fra l’altro, G. De Lutiis, I servizi segreti in Italia. Dal fascismo alla seconda Repubblica, Editori Riuniti, Roma, 1998.
103 P. Craveri, op. cit., 1995, p. 454.
104 L. Paggi, Violenza e democrazia nella storia della Repubblica in «Studi Storici» ottobre/dicembre, anno 39, 1998. F. M. Biscione, Il sommerso della Repubblica. La democrazia italiana e la crisi dell'antifascismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.
Cinzia Venturoli, Stragi fra memoria e storia. Piazza Fontana, Piazza della Loggia, La stazione di Bologna: dal discorso pubblico all’elaborazione didattica. Il data base per la gestione delle fonti, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Anno accademico 2006/2007

Intanto, la risposta dello Stato si faceva attendere o risultava assolutamente insoddisfacente, ed i presunti responsabili ne uscivano spesso impuni. A parte il processo per la strage di Piazza Fontana, si deve ricordare che anche nel caso di Peteano, ad esempio, furono accertate manovre di depistaggio ad opera di alcuni funzionari del Sid che consentirono la fuga all’estero di alcuni degli imputati e servirono a tenere nascosta all’opinione pubblica la sezione italiana della struttura Stay Behind. <33
Oltre agli attentati dinamitardi e a numerosi reati minori contro sedi e simboli di sinistra, oltre alle aggressioni squadriste ed alle intimidazioni, fatti che sono stati interpretati da alcuni osservatori come un’alternativa alle stragi all’interno della “strategia della tensione”, nell’estrema destra italiana ci fu anche chi tentò una via golpista. Solo un anno dopo la strage di Piazza Fontana il tentativo di colpo di Stato capeggiato da Junio Valerio Borghese, che riuscì ad occupare il Ministero degli Interni, fallì, eppure contribuì ad aumentare la tensione già presente nel paese. Seguirono altri tentativi di colpo di Stato sempre di matrice di destra ma diversi tra loro, tutti falliti e che non ebbero neppure effetti cruenti, ma che evidenziarono l’esistenza di forze con obiettivi eversivi <34 e che sì propiziarono una reazione da parte delle forze democratiche. <35
A differenza di Satta, Mirco Dondi non separa stragismo e golpismo, ma li riconduce entrambi allo stesso piano eversivo ideato e diretto dagli organi a capo della “strategia della tensione” individuando un nesso di continuità tra gli attentati e i tentativi di colpo di Stato. Dondi riporta il dato acquisito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta che indagò sui fatti negli anni Novanta, secondo il quale i vertici dello Stato non solo erano al corrente dei preparativi del golpe Borghese, ma lo avrebbero persino incoraggiato. <36 Inoltre, oltre ad osservare un notevole ritardo nell’informare l’opinione pubblica dei fatti, Dondi sostiene che anche successivamente i dettagli più preoccupanti vennero taciuti non solo dagli organi di governo e dai partiti, ma anche dalla stampa, probabilmente allo scopo di non diffondere panico fra la popolazione e prevenire eventuali conseguenze istituzionali. <37 Egli intuisce un patto di silenzio tra i partiti democratici (anche quelli all’opposizione erano stati messi a conoscenza del golpe) in tal senso. Ma forse ciò servì ai politici per non essere additati come responsabili diretti o indiretti del golpe (in particolare i democristiani avrebbero avuto molto da perdere dalla diffusione completa delle informazioni).
Nonostante la gravità della situazione, il paese non cadde nell’anarchia o nella guerra civile, come alcuni temevano, e le istituzioni non furono rovesciate. L’ordine pubblico divenne un argomento di discussione costante in Parlamento, dovuto all’escalation della violenza fra i gruppi fascisti e antifascisti. <38 Il processo per il golpe Borghese andò avanti come anche le indagini sugli altri colpi di Stato, <39 nel 1972 le indagini per la strage di Piazza Fontana subirono una svolta decisiva verso la pista neofascista e nel 1973 si arrivò allo scioglimento di ON, la principale formazione dell’estrema destra. Insomma, si poteva già intravvedere il fallimento del terrorismo nero.
[NOTE]
33 Vladimiro Satta, I nemici della Repubblica..., cit., p. 427.
34 Sulla presunta pericolosità del golpe Borghese, vid. Mirco Dondi, L’eco del boato..., cit., p. 251; gli altri colpi di stato di quegli anni che fortunatamente non ebbero mai luogo, ma della cui preparazione sono state trovate prove, riguardano: la Rosa dei venti, un’organizzazione composta da militari, estremisti neri e industriali che rimandò due volte il colpo di stato e che alla fine rinunciò (Vladimiro Satta, I nemici della Repubblica..., cit., p. 369 e ss.; Mirco Dondi, L’eco del boato..., cit., p. 325 e ss.); il conte Edgardo Sogno, che stava mettendo a punto un piano per sciogliere il Parlamento e far nominare un governo di tecnici e militari. Vladimiro Satta, I nemici della Repubblica..., cit., p. 364 e ss.; Mirco Dondi, L’eco del boato..., cit., p. 392 e ss.
35 Vladimiro Satta, I nemici della Repubblica..., cit., p. 343 e ss.
36 Mirco Dondi, L’eco del boato..., cit., p. 251 e ss. L’autore cita Mario Tanassi e Giulio Andreotti tra i politici al governo informati dei fatti.
37 Secondo Dondi, la stampa, in tutti gli episodi che si possono ricomprendere sotto la “strategia della tensione”, avrebbe sempre raccontato meno di quello che sapeva.
38 Vladimiro Satta, I nemici della Repubblica..., cit., p. 280 e ss.
39 Mirco Dondi, L’eco del boato..., cit., p. 394 e s.

Lilia Zanelli, Gli anni di piombo nella letteratura e nell’arte degli anni Duemila, Tesi di dottorato, Università di Salamanca, 2018

Nei documenti di Pecorelli si trovarono fascicoli sul caso Borghese, appunti sull’organizzazione «Rosa dei venti» e fotocopie di corrispondenza segreta e riservata del Sid mentre, tra i documenti non considerati di rilevante interesse ed inizialmente non inventariati, il rapporto ispettivo della Banca d’Italia sull’Italcasse ed il fascicolo Com.In.Form contenente valutazioni dei Servizi segreti su Licio Gelli. Nell’abitazione del giornalista venne anche ritrovato il fascicolo Mi.Fo.Biali, documentazione non autorizzata dalla magistratura effettuata dai Servizi segreti su richiesta del ministro Andreotti, per avere informazioni su Mario Foligni, segretario del Nuovo Partito Popolare.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012/2013 

Durante la riunione a casa del boss Calderone, capo della famiglia catanese, venne comunicato che in Italia si stava preparando un colpo di Stato di marca fascista con a capo il principe Borghese, che godeva dell'appoggio di settori politici e di altre istituzioni. Per un effettivo controllo del sud vuole la partecipazione della mafia con mille o duemila uomini. In cambio i golpisti promettevano ai siciliani una revisione dei processi e delle condanne, anche quelle già passate in giudicato, con occhio benevolo.
I mafiosi erano dubbiosi nello stringere alleanze coi fascisti a causa dello storico precedente del prefetto Mori e della lotta che quest'ultimo fece alla mafia, prima di essere deposto da Mussolini. Però sapevano che era importantissimo far uscire di prigione alcuni importanti boss per rafforzare l'organizzazione. Decisero così di avere un incontro a Roma con Borghese, il quale spiegherà nel dettaglio il piano “Tora-Tora” (dal nome in codice dell'attacco a Pearl Harbour). Golpisti e Cosa Nostra raggiungono un'intesa su tutto, compresi i dettagli operativi.
Dalla parte opposta dello stretto erano invece pronti gli 'ndranghetisti delle cosche Nirta (sull'Aspromonte) e De Stefano (a Reggio Calabria). Il 26 ottobre 1969 avvenne una prima riunione a Montalto tra i vertici della 'ndrangheta e uomini dei servizi segreti per decidere se e come partecipare al futuro golpe. Dal 1993 in poi la collaborazione di numerosi pentiti consentì di ricostruire i contatti intercorsi nel 1970 ad Archi tra i potentissimi De Stefano e il principe Borghese. ‘Ndrangheta, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, in particolare, rappresentavano in quel periodo i soggetti di un patto che però vide protagoniste anche altre forze occulte della società italiana, la massoneria e i servizi deviati. Ci sarebbe stata un’occasione, riferita dal noto pentito Giuseppe Albanese, in cui tutti i poteri occulti si sarebbero incontrati, attraverso i loro rappresentanti, in una tenuta di proprietà di Borghese lungo la Costa degli dei, laddove peraltro, durante la seconda metà degli anni ’70, si riscontrò la presenza di alcuni campi paramilitari per l’addestramento alla guerriglia.
I collaboratori indicarono villa “La Spagnola”, ma questa non rientrò mai nei patrimoni di Borghese.
Limitrofa a questa struttura era però situata la villa di Bruno Tassan Din, braccio destro di Angelo Rizzoli, editore del Corriere della Sera, iscritto negli elenchi della P2 e implicato in alcune delle vicende più misteriose della storia italiana. Alla riunione, che si sarebbe tenuta alla Spagnola, secondo le segnalazioni dei collaboratori di giustizia, avrebbero preso parte il gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1970 e 1979 e uomo di fiducia di Licio Gelli, Lino Salvini; il marchese Felice Genovese Zerbi assieme al fratello Carmelo iscritto alla P2; i generali con tessera P2 Gianadelio Maletti e Vito Miceli; l’ammiraglio Gino Birindelli; Edgardo Sogno. Al summit sarebbe stato presente anche il fondatore di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, il cui nome collegava l’eversione nera alla massoneria e alla 'ndrangheta, e importanti figure del panorama politico calabrese e italiano. <59
Anche in questa occasione si evidenzia come certi eventi tragici del nostro Paese siano nati da convergenze di interessi tra gruppi criminali e parti deviate dello Stato.
3.8. L'interesse statunitense
Per capire come anche gli americani sapessero tutto da tempo e probabilmente seguivano con attenzione lo svilupparsi della vicenda per poi confermare un possibile appoggio al golpe, è importante ricordare le parole di Tommaso Buscetta di fronte ai giudici Falcone e Borsellino. Il pentito dichiarerà infatti che una volta tornato negli States dopo il meeting in Sicilia viene arrestato dall'FBI, e a sorpresa la prima domanda che gli viene posta è: “Allora lo fate questo golpe?” e alla sua prudente risposta, “Quale golpe?”, specificano “Quello con Borghese!”. <60
Il fallimento del golpe venne così spiegato sempre da Buscetta, il quale aggiunge che "In quei giorni c'era la flotta russa nel Mediterraneo, e agli americani non piaceva questa coincidenza..."
[NOTE]
59 Giovani comunisti di Bovalino Marina (RC), Legami tra estrema destra reggina, 'ndrangheta e massoneria, 13 Luglio 2013, http://digilander.libero.it/fmiccoli10/legami.htm
60 Interrogatorio di Tommaso Buscetta nell'agosto del 1984 ai magistrati di Palermo

Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013