Sanremo (IM): uno scorcio del porto vecchio |
Le mire fasciste su Nizza si concretizzano tra il novembre 1942 e il
settembre 1943, con l’occupazione italiana. Jean Médecin viene costretto
alle dimissioni [n.d.r.: da sindaco della città] nel luglio 1943;
continua infatti a sostenere la radice francese di Nizza. Per quanto
riguarda le vicissitudini belliche successive all’attacco italiano, le
Alpi Marittime subirono l’occupazione da parte dei tedeschi, i quali
distrussero villaggi, frazioni o qualsiasi altra cosa che potesse
giovare alla Resistenza. Infine le distruzioni maggiori furono causate
dai bombardamenti alleati sulle posizioni nemiche, tra il novembre del
’43 e l’agosto del ’44.
Al termine della guerra a Nizza si trovano, distrutti o danneggiati, 13.000 abitazioni, 2.400 edifici agricoli e 399 edifici pubblici <40. Il razionamento dei viveri viene effettuato ogni giorno, ma vista la penuria di prodotti alimentari il mercato nero dilaga. L’inflazione è molto forte, e i salari non aumentano proporzionalmente ai prezzi. La popolazione in tutto il dipartimento è diminuita, dal 1936, di 65.000 unità. La diminuzione ha interessato soprattutto gli stranieri, passati da 113.645 a 59.352. Siccome la stragrande maggioranza degli stranieri prima della guerra erano italiani (più del 90%), la colonia italiana, nel 1944, risulta dimezzata. Inoltre la popolazione rimasta risulta composta soprattutto da persone di età elevata, cosa che rende difficile il riavvio delle attività nelle Alpi Marittime.
Il 28 agosto 1944 Nizza fu liberata dal movimento di Resistenza. In città la CGT aveva lanciato lo sciopero generale già dal 20 agosto. Il 19 settembre 1944 Virgile Barel è designato come presidente della Delegazione speciale che dovrà guidare la città fino alle nuove elezioni. Barel era stato eletto Maire [n.d.r.: in verità deputato e non sindaco] di Nizza nel 1936. Il 13 maggio 1945 vincerà le elezioni la lista Républicaine, socialiste et de la Résistance, con 46.000 voti, contro i 33.000 della lista del PCF [n.d.r.: in cui militava Barel]. A capo della città si trova ora l’avvocato Cotta, messosi in luce nelle file della Resistenza. Resterà in carica fino al 1947.
40 André Nouschi, La guerre de 1939-1945 e Nice et son pays aujourd’hui (depuis 1946), in Histoire de Nice et du pays niçois, a cura di Maurice Bordes, Privat, Toulose, 1976, pp. 407-462.
Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003
Al termine della guerra a Nizza si trovano, distrutti o danneggiati, 13.000 abitazioni, 2.400 edifici agricoli e 399 edifici pubblici <40. Il razionamento dei viveri viene effettuato ogni giorno, ma vista la penuria di prodotti alimentari il mercato nero dilaga. L’inflazione è molto forte, e i salari non aumentano proporzionalmente ai prezzi. La popolazione in tutto il dipartimento è diminuita, dal 1936, di 65.000 unità. La diminuzione ha interessato soprattutto gli stranieri, passati da 113.645 a 59.352. Siccome la stragrande maggioranza degli stranieri prima della guerra erano italiani (più del 90%), la colonia italiana, nel 1944, risulta dimezzata. Inoltre la popolazione rimasta risulta composta soprattutto da persone di età elevata, cosa che rende difficile il riavvio delle attività nelle Alpi Marittime.
Il 28 agosto 1944 Nizza fu liberata dal movimento di Resistenza. In città la CGT aveva lanciato lo sciopero generale già dal 20 agosto. Il 19 settembre 1944 Virgile Barel è designato come presidente della Delegazione speciale che dovrà guidare la città fino alle nuove elezioni. Barel era stato eletto Maire [n.d.r.: in verità deputato e non sindaco] di Nizza nel 1936. Il 13 maggio 1945 vincerà le elezioni la lista Républicaine, socialiste et de la Résistance, con 46.000 voti, contro i 33.000 della lista del PCF [n.d.r.: in cui militava Barel]. A capo della città si trova ora l’avvocato Cotta, messosi in luce nelle file della Resistenza. Resterà in carica fino al 1947.
40 André Nouschi, La guerre de 1939-1945 e Nice et son pays aujourd’hui (depuis 1946), in Histoire de Nice et du pays niçois, a cura di Maurice Bordes, Privat, Toulose, 1976, pp. 407-462.
Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003
L’attività del tribunale militare di Sanremo
Inizialmente il tribunale si occupava di fatti accaduti nel settore di competenza territoriale del XV° CA, poi, dopo l’11 novembre 1942, diventò un annesso di quello della 4ª Armata che aveva sede a Breil-sur-Roya. Non affronteremo il tema delle sanzioni toccate ai militari della guarnigione nella Riviera dei Fiori, ma solamente quelle riguardanti i civili, francesi ma anche italiani, residenti a Mentone o soldati che occupavano la «città dei limoni».
Abbiamo recensito 159 sentenze pronunciate dal 14 gennaio 1942 al 27 luglio 1943 per fatti che risalivano fino al 3 settembre 1941. Queste sentenze hanno riguardato 78 cittadini italiani, 47 francesi, 2 austriaci, 1 monegasco, 1 olandese, 1 ungherese, 1 jugoslavo, 1 inglese, 1 svizzero e 1 cecoslovacco, e anche 25 militari italiani. I capi d’imputazione furono vari: passaggio illegale della linea di demarcazione (32), rialzo illecito dei prezzi (24), mancata occultazione delle luci (19), furto aggravato (17), contrabbando (10), furto (9), vendita di prodotti contraffatti o inadatti al consumo (6), trasporto illegale di lettere non controllate dalla censura (6), diserzione (6), violenza (5), ubriachezza (5), oltraggio al capo del governo italiano (3), documenti falsi (3), abbandono di posto (3), propositi disfattisti (2), omicidio involontario (2), detenzione di armi (1), oltraggio a un agente (1), ascolto della radio inglese (1), più tre situazioni assai complesse <35. Il tribunale assolse 41 accusati (25,7%), si dichiarò incompetente in 7 casi (4,4%) che trasferì ai tribunali civili o al tribunale di guerra della 4ª Armata, condannò 48 imputati al pagamento di ammende (30%) che andavano da 20 a 3000 lire, mentre altri 56 a pene carcerarie (35%) che andavano da 1 mese a 8 anni; infine altri 7 a pene carcerarie con il beneficio della sospensione (4,4%). Le punizioni più pesanti riguardavano il furto aggravato e toccarono sovente a militari italiani mentre i disertori, paradossalmente, furono condannati al massimo a tre anni di carcere <36. Le ammende furono inflitte quasi esclusivamente a commercianti italiani (73,5%) e le pene carcerarie toccarono al 53,5% dei cittadini italiani, molto spesso militari, un fatto che dimostra una certa imparzialità del tribunale <37, anche se del 62,5% delle assoluzioni beneficiarono cittadini italiani. Il reato di passaggio illegale della linea di demarcazione fu sanzionato in modo assai ineguale (6 assoluzioni, 3 pene carcerarie col privilegio della sospensione, 4 condanne a 8 mesi, 13 a 1 anno, 1 a 1 anno e 8 mesi, 3 a 2 anni, 1 a 2 anni e 6 mesi e 1 a 3 anni) e colpì quasi esclusivamente cittadini francesi (65,6%) e/o stranieri (28,1%).
[NOTE]
35 ACS, Tribunali militari della 4ª Armata, Sezione XV CA, Sentenze, volumi 11-15.
36 Contrariamente al tribunale militare di Breil dove i disertori furono condannati da 7 a 26 anni di prigione.
37 Segnaliamo che il francese perseguito per aver ascoltato la BBC fu assolto e che i tre francesi perseguiti per oltraggio al capo del governo italiano si videro infliggere solamente da 6 a 8 mesi di prigione.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
Inizialmente il tribunale si occupava di fatti accaduti nel settore di competenza territoriale del XV° CA, poi, dopo l’11 novembre 1942, diventò un annesso di quello della 4ª Armata che aveva sede a Breil-sur-Roya. Non affronteremo il tema delle sanzioni toccate ai militari della guarnigione nella Riviera dei Fiori, ma solamente quelle riguardanti i civili, francesi ma anche italiani, residenti a Mentone o soldati che occupavano la «città dei limoni».
Abbiamo recensito 159 sentenze pronunciate dal 14 gennaio 1942 al 27 luglio 1943 per fatti che risalivano fino al 3 settembre 1941. Queste sentenze hanno riguardato 78 cittadini italiani, 47 francesi, 2 austriaci, 1 monegasco, 1 olandese, 1 ungherese, 1 jugoslavo, 1 inglese, 1 svizzero e 1 cecoslovacco, e anche 25 militari italiani. I capi d’imputazione furono vari: passaggio illegale della linea di demarcazione (32), rialzo illecito dei prezzi (24), mancata occultazione delle luci (19), furto aggravato (17), contrabbando (10), furto (9), vendita di prodotti contraffatti o inadatti al consumo (6), trasporto illegale di lettere non controllate dalla censura (6), diserzione (6), violenza (5), ubriachezza (5), oltraggio al capo del governo italiano (3), documenti falsi (3), abbandono di posto (3), propositi disfattisti (2), omicidio involontario (2), detenzione di armi (1), oltraggio a un agente (1), ascolto della radio inglese (1), più tre situazioni assai complesse <35. Il tribunale assolse 41 accusati (25,7%), si dichiarò incompetente in 7 casi (4,4%) che trasferì ai tribunali civili o al tribunale di guerra della 4ª Armata, condannò 48 imputati al pagamento di ammende (30%) che andavano da 20 a 3000 lire, mentre altri 56 a pene carcerarie (35%) che andavano da 1 mese a 8 anni; infine altri 7 a pene carcerarie con il beneficio della sospensione (4,4%). Le punizioni più pesanti riguardavano il furto aggravato e toccarono sovente a militari italiani mentre i disertori, paradossalmente, furono condannati al massimo a tre anni di carcere <36. Le ammende furono inflitte quasi esclusivamente a commercianti italiani (73,5%) e le pene carcerarie toccarono al 53,5% dei cittadini italiani, molto spesso militari, un fatto che dimostra una certa imparzialità del tribunale <37, anche se del 62,5% delle assoluzioni beneficiarono cittadini italiani. Il reato di passaggio illegale della linea di demarcazione fu sanzionato in modo assai ineguale (6 assoluzioni, 3 pene carcerarie col privilegio della sospensione, 4 condanne a 8 mesi, 13 a 1 anno, 1 a 1 anno e 8 mesi, 3 a 2 anni, 1 a 2 anni e 6 mesi e 1 a 3 anni) e colpì quasi esclusivamente cittadini francesi (65,6%) e/o stranieri (28,1%).
[NOTE]
35 ACS, Tribunali militari della 4ª Armata, Sezione XV CA, Sentenze, volumi 11-15.
36 Contrariamente al tribunale militare di Breil dove i disertori furono condannati da 7 a 26 anni di prigione.
37 Segnaliamo che il francese perseguito per aver ascoltato la BBC fu assolto e che i tre francesi perseguiti per oltraggio al capo del governo italiano si videro infliggere solamente da 6 a 8 mesi di prigione.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
L’uomo ammise, peraltro, di aver fornito in precedenza ai réseaux
della Resistenza francese altre importanti notizie sulla nostra marina,
da lui specificate in sede di interrogatorio, senza però rivelare la
fonte di cui era tramite […] Gli elementi informativi venuti in possesso
dei réseaux della Resistenza francese solo da un organo
centrale della nostra marina potevano essere attinti e di là soltanto
provenire […] Il fortunato colpo del sottocentro di controspionaggio di
San Remo, dipendente dal centro impiantato dal SIM a Nizza, schiudeva
insperate possibilità […] Il tragico crollo della situazione [8
settembre 1943] e la fine delle ostilità misero fine ad ogni indagine e
determinarono l’immediata scarcerazione del “corriere” e informatore
italiano […] un documento acquisito dal SIFAR nel 1953 […] Redatto da
un elemento direttivo della Resistenza francese, tale documento illustra
con ricchezza di elementi i successi ottenuti nella raccolta delle
informazioni concernenti la nostra marina […] Uno degli agenti del SIM
inviati sulla riviera venne intercettato dai réseaux che misero
le mani sul questionario compilato dal nostro Servizio per una
“verifica” presso la Delegazione navale centrale di armistizio. A questo
punto i réseaux si precipitarono a dare l’allarme per coprire
appunto la loro “fonte” […] Qual era l’organico degli operatori radio
del SIM all’estero? Dove erano dislocati? […] Nizza - sergenti maggiori Giovanni Pittini e Bignotti; Corsica - sergente maggiore Tussini […]
Carlo De Risio, Generali, Servizi Segreti e Fascismo. La guerra nella guerra 1940-1943, Libreria Editrice Goriziana, 2011
Carlo De Risio, Generali, Servizi Segreti e Fascismo. La guerra nella guerra 1940-1943, Libreria Editrice Goriziana, 2011
Nizza |
Durante il proprio periodo di occupazione della Francia, l'Italia mantenne due stazioni di controspionaggio, una a Nizza, diretta dal maggiore Valenti, l'altra a Genoble, diretta dal capitano Bassi. Garthe e Dernbach furono incaricati da Berlino, Abt III, di stabilire e mantenere buone relazioni con queste stazioni italiane [...] il servizio segreto italiano mantenne operativi il maggiore Valenti a Nizza ed il capitano Bassi a Grenoble. Le relazioni [di Dernbach] con i due ufficiali rimasero amichevoli, ma gli italiani cifravano i rapporti trasmessi, mentre il III-F [la struttura di Dernbach] relazionava in chiaro tutte le informazioni riguardanti la zona italiana. I due italiani non dovrebbero aver tenuto rapporti con l'SD.
Le pratiche di solito non venivano risolte correttamente dagli italiani, che, anzi, le lasciavano andare in scadenza, fino a quando dovevano essere chiuse per mancanza di rilevanza tattica o strategica.
Dernbach ritiene che Valenti e Bassi stessero seguendo una politica di morbido sabotaggio all'insegna della linea tesa ad affrettare la fine della guerra.
Dopo l'armistizio dell'Italia, Valenti raggiunse Badoglio e Bassi la sua unità. Sembra che un assistente di Bassi, segretario di consolato ad Annemasse, entrato in qualche modo in possesso di documenti dell'Abw [Abwehr, il servizio segreto militare tedesco], li abbia portati in Svizzera per venderli a qualche servizio segreto nemico [della Germania].
Documento (W 90 CI - IIR-57) del servizio segreto dell'esercito statunitense, Rapporto sull'interrogatorio di Friedrich Dernbach, già ufficiale del controspionaggio tedesco, operante in Francia, 11 dicembre 1946
s.fasc.2
Documenti con classifica 3a relativi all’attività svolta dal maggiore dei CC. Riccardo Valenti nel 1943 nel Centro controspionaggio di Nizza, ritenuto criminale di guerra dai francesi
[...]
s. fasc. 1. “ Valenti Riccardo maggiore CC. [carabinieri] spe [servizio permanente effettivo] 2 esemplari“ <142.
cc 90 1943 luglio 7-1951 aprile 21 ins. 1 “accuse francesi” in duplice copia.
Nota dell’Ufficio informazioni su presunti criminali di guerra richiesti dalla Francia, lettera del Comando generale dell’Arma dei CC del 12 dicembre 1948, dichiarazione del mar. CC Di Resta, note verbali dell’Ambasciata francese in Italia del 1947.
ins. 2 “difesa dell’interessato” in duplice copia.
3 relazioni difensive del maggiore Valenti del 1947.
ins. 3 “elementi raccolti in merito all’attività svolta dall’interessato” in duplice copia.
attestati di ufficiali italiani dei servizi di informazione sull’attività del maggiore Valenti al Centro di contro spionaggio di Nizza del 1948 (gen. Amè, tenente colonello Fatarappa-Sandri, CV Galleani; lettere del 1946 dell’Ufficio Informazioni relative alla concessione di ricompensa da parte del governo statunitense e attestati di ufficiali americani sull’operato del maggiore Valenti a favore della causa alleata.
Ins. 4 “Valenti Riccardo Maggiore CC. [carabinieri] spe [servizio permanente effettivo] 2 esemplari (fascicolo suppletivo)” in duplice copia.
Ulteriori dichiarazioni di ufficiali italiani (colonnelli: Bertacchi, Borla, Duran, Fetarappa-Sandri; tenenti colonnelli: Tessitore, Bodo; dichiarazione del 1951 del ten col. CC. Valenti, con allegati documenti del 1943 e 1946.
42 Fu capo del Centro di contro spionaggio di Nizza del Servizio informazioni militare dal 21 marzo 1943 all’8 settembre 1943.
aa.vv, cataloghi di AUSSME, Stato Maggiore dell'Esercito, Ministero della Difesa
Nizza |
Nel luglio del 1943 una buona parte del Comitato di Informazione italiano e dell'O.V.R.A. [presenti in Francia] erano passati sotto il quadro dell'Intelligence Service inglese (2).
[...] Alla fine di agosto le suddette sagge misure, e notizie, permisero di allacciare contatti e tenere riunioni comuni con soldati e ufficiali italiani che, grazie anche ad una efficace e discreta propaganda, erano diventati filofrancesi ed erano arrivati a rifiutare l'atto di occupazione della Francia da parte dell'esercito italiano, strategicamente e politicamente insensato, attribuito più che altro alla follia di Mussolini e della sua cricca, ma che non era stato mai approvato dal popolo italiano. Non mancarono anche riunioni clandestine con vari membri dei partiti comunisti e socialisti (3).
Dal 25 luglio all'8 settembre 1943, con la caduta di Mussolini e la formazione del governo del generale Pietro Badoglio, una catena di evasioni e di protezioni veniva assicurata dai gruppi della Resistenza francese del comandante Giuseppe Manzoni [n.d.r.: nella maggior parte delle fonti un cognome, tuttavia, riportato come Manzone], detto «Joseph le Fou», della «F.T.P.» e dalle popolazioni di St. Raphael, di Cannes, di Nizza e di Monaco, a favore dei soldati italiani che abbandonavano le formazioni e si rifugiavano nelle montagne costiere e interne della zona di frontiera. Anche marinai di Villafranca e di Monaco effettuarono imbarchi clandestini di militari verso la costa ligure.
Dopo la capitolazione dell'8 settembre 1943 diciassette guide francesi prendevano in consegna, individualmente o a piccoli gruppi, gli elementi sbandati della IV armata italiana dissoltasi, e, oltre a curarne i feriti, li rifornivano di cibo e di abiti borghesi, accompagnandoli quindi con tutta sicurezza verso il rifugio «Nizza», situato nella regione di Tenda. Al passaggio della frontiera questi sbandati venivano presi in consegna da elementi italiani che lavoravano in pieno accordo con i Francesi, e si cercava di convincerli a costituirsi in formazioni partigiane sia sulle alpi che sulla costa ligure, in previsione di uno sbarco delle truppe alleate.
Un tenente italiano P.M. e quattro militari dell'ex IV armata italiana si erano messi a disposizione del gruppo «Joseph le Fou» per sabotare i pezzi di artiglieria che dovevano essere consegnati in perfetto stato di efficienza alle truppe tedesche. Furono distrutti ventotto pezzi di artiglieria e recuperato un enorme quantitativo di armi individuali che, dal novembre 1943 al gennaio 1945, permise uno scambio di armi provenienti dalla IV armata e in possesso di partigiani italiani.
Su ordine del B.C.R.A. di Londra e di Algeri, venivano rinforzate le zone di frontiera delle Alpi Marittime presidiate da alpini italiani e dalle prime formazioni garibaldine della Resistenza.
Una seconda catena di protezioni e di aiuti agli sbandati italiani era stata costituita nelle regioni di St. Martin Vesubie, di Boreau e del colle della «Ciriegia». Messi in contatto alla frontiera con i primi elementi della Resistenza italiana, chi aveva abbandonato l'esercito veniva diretto su San Giacomo e su Entraque (4).
Tutte le suddette missioni compiute nella prima fase della lotta, vennero condotte a termine con efficacia e con poco rischio; invece quelle della seconda fase si rivelarono molto difficili e pericolose. Per sviluppare ulteriormente le informazioni militari, politiche ed economiche della parte di territorio italiano sotto il loro controllo, i resistenti francesi prendevano contatto con Lauck Albert, responsabile di collegamento con i capi del movimento «Combat», e nella zona di Ventimiglia-Grimaldi, con Vincenzo Pallanca che, durante il fascismo in Italia, era stato uno dei responsabili addetti alla protezione degli antifascisti (5).
Il Pallanca si metteva immediatamente a disposizione dei resistenti francesi e italiani con suo cognato Giovanni Raffa, proprietario di un garage a Nizza, Avenue Desambras. Ad essi si aggiungeva un certo Squarciafichi detto «Gima», Alberto Pallanca fratello di Vincenzo e suo cognato Silvestri Claudio. L'attività del Silvestri divenne di capitale importanza: infatti grazie alle sue funzioni di maresciallo dei carabinieri ed alle sue complicità con una donna guardiana delle carceri di Ventimiglia in contatto con la Resistenza francese, riuscì a far evadere parecchi partigiani francesi prigionieri.
Come è noto nel settembre del 1943 gran parte dei soldati della IV armata italiana furono catturati, maltrattati e a reparti interi fucilati dai Tedeschi. In questi frangenti difficili la catena costituita per le evasioni riusciva a mettere in salvo un altro centinaio di uomini che, dopo molte difficoltà, raggiungevano l'Italia o i «Maquis» della Resistenza francese.
Furono atti e sacrifici di sangue che consolidarono ulteriormente, in modo fraterno, l'amicizia franco-italiana.
Un episodio che ha favorito le relazioni italo-francesi è stato quello che ha avuto per protagonista Salvatore Bono comandante di una sezione della IV armata di presidio nella stazione forroviaria di Nizza: l'8 di settembre non solo non si arrese e non consegnò l'edificio alle truppe d'occupazione tedesche, ma con coraggio, autorità e sprezzo del pericolo, fece aprire il fuoco dai suoi uomini contro il nuovo nemico. Tra l'altro l'atto eroico rinforzò la volontà degli Italiani residenti in Francia di liberarsi dal giogo nazifascista (6).
Nel gennaio del 1944 sulla costa ligure i contatti tra partigiani italiani e francesi erano già abbastanza consistenti e si cercò di rinforzarli. Tre resistenti italiani riusciranno ad infiltrarsi in seno alle formazioni repubblicane fasciste per intervento dei Francesi. Grazie a loro si stabilirono relazioni con l'insieme della costa ligure da Ventimiglia a Genova.
Un altro protagonista e fautore della fraternità d'anni tra partigiani francesi e italiani a Vallecrosia, fu il dottor Giacomo Gibelli (di cui abbiamo già parlato), residente in Camporosso, che fece la sua parte per organizzare la Resistenza imperiese. La sua attività permise di far entrare nei ranghi dell'Azione italo-francese della Resistenza i partigiani Ugo Lorenzi, Francesco Marcenaro (ex radiolettricista della Marina italiana) e Mario Lorenzi conoscitore esperto di tutti i più reconditi passaggi della frontiera delle Alpi Marittime (7).
Da parte della Resistenza francese vennero stabiliti altri contatti con due membri del Partito comunista italiano di Boves, con l'ex tenente della IV armata Nadio Pranzati e con Primo Giovanni Rocca, comandante della IX divisione garibaldina; furono prese iniziative per sviluppare ulteriormente la lotta sulla costa ligure e lungo la vallata del Roja dove i contatti erano già stati presi con i partigiani di Casterino, di Collardente e della regione di Briga-Tenda allora italiana, dove Camillo Maurando del luogo, Pierino Lanciolli di San Dalmazzo e un certo Massa avevano costituito i primi gruppi di partigiani francesi (8).
[NOTE]
(2) Da una testimonianza scritta del comandante partigiano francese Joseph Manzone detto «Joseph le Fou»
(3) Dalla testimonianza scritta succitata. Le prime riunioni si svolsero a Boves, a Borgo San Dalmazzo e a Entracque.
(4) Questa testimonianza scritta - scrive «Joseph le Fou» - è destinata a onorare la resistenza italo-francese e soprattutto a onorare gli abitanti dei paesi e delle città che hanno aiutato tanti giovani senza aver chiesto o ricevuto nessuna ricompensa e nessun riconoscimento, come Pieracci Costantino, di Nizza, ecc.
(5) Vincenzo Pallanca aveva facilitato l'evasione verso la Francia di tutti i nemici del Regime, braccati o condannati nel loro paese, dal 1929 al 1939, anni precendentì alla seconda guerra mondiale. Come vedremo nelle note che seguono, lui e i suoi famigliari vennero sterminati dai Tedeschi il 9 dicembre 1944.
(6) Bono Salvatore, medaglia d'oro, uccide un ufficiale delle S.S. Colpito da una raffica di mitra mentre lancia una bomba a mano, viene ricoverato dilaniato nell'ospedale di Nizza in gravissime condizioni. Vedi: Secchia Pietro, Enciclopedia dell'Antifascismo e della Resistenza - Edit. La Pietra, Milano, 1968, Vol. I, pag. 329
(7) In una sua testimonianza il partigiano Francesco Marcenaro scrive quanto segue: « .. Uno dei tanti episodi della guerra partigiana sconosciuto ai più, è quello vissuto da Ugo Lorenzi, Mario Lorenzi e Francesco Marcenaro, che, dopo gli avvenimenti dell'8 settembre 1943, si erano trovati nella zona tra Ventimiglia e il confine francese. Soli e con il solo scopo di contribuire alla lotta di liberazione, dopo un lungo peregrinare per sottrarsi alle rappresaglie tedesche e dopo una fuga da una casa di Grimaldi dove erano stati accerchiati, con grande coraggio tentarono l'impossibile attaccando per primi con bombe a mano le truppe che effettuavano l'accerchiamento, creando un disorientamento tale da poter evadere dalla casa saltando da una finestra. Oltre ai succitati, nella casa si trovavano dei giovanissimi ragazzi: Alberto Lorenzi, Oreste Tarabusi ed Enrico Tarabusi; quest'ultimo venne poi preso da una pattuglia mentre tentava di raggiungere Ventimiglia, e si deve al suo coraggio, nel negare di essere a conoscenza del fatto, se le famiglie dei protagonisti della lotta non subirono rappresaglie. Mentre i giovani rientravano a Ventimiglia, i tre succitati raggiungevano un rifugio, sul limite del confine, di proprietà di Antonio Lorenzi e del fratello Alberto. Questi erano già in contatto con Vincenzo Pallanca e con Giovanni Raffa garagista di Nizza. Vagliate le conseguenze dell'episodio passarono il confine e raggiunsero le formazioni partigiane francesi comandate da «Joseph le fou». Ai suoi ordini parteciparono a numerose azioni di sabotaggio ed attuarono molti collegamenti via terra e via mare con le forze italiane di liberazione come testimoniano i documenti rilasciati dalle Autorità militari franco-alleate... ».
(8) Dalla testimonianza scritta di «Joseph le Fou».
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977
Con l’8 settembre e la caduta del fascismo la situazione evolvette: lo
sbandamento della IV Armata nei territori occupati rafforzò notevolmente
la posizione degli antifascisti, che disponevano di una maggiore
libertà di manovra e di nuove reclute, che disertavano e si univano alla
Resistenza portando con sé armi ed esperienza di guerra.
All’inizio del ‘44 tutta la Costa Azzurra fu teatro di una serie di attentati, sabotaggi, esecuzioni di fascisti e collaborazionisti, che trovarono anche il sostegno della popolazione francese locale.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista in Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015
All’inizio del ‘44 tutta la Costa Azzurra fu teatro di una serie di attentati, sabotaggi, esecuzioni di fascisti e collaborazionisti, che trovarono anche il sostegno della popolazione francese locale.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista in Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015