Nizza: il torrente Peillon ed il Palazzo delle Esposizioni, punto di accesso per l'operazione della banda Spaggiari |
Mercoledì 14 luglio del 1976 a Nizza come in tutta la Francia è festa nazionale e non mancano i fuochi pirotecnici che coprono i rumori che salgono dalle fogne della città. Lunedì 19 il lavoro è terminato e i dipendenti della banca Societé Generale in avenue Jean Medecin, giusto dopo le Galeries Lafayette, scoprono la rapina del secolo.
Pochi giorni prima, il venerdì 9, Valéry Giscard d'Estaing, presidente della Repubblica, era stato in visita a Nizza. Spaggiari, il cervello della rapina, aveva tremato al pensiero che la polizia dispiegata per la sicurezza del Presidente, potesse ispezionare anche le fogne della vicina piazza Massena sotto al percorso del corteo presidenziale e aveva dovuto sospendere il lavoro ad una sola settimana dalla data prevista per il colpo.
Spaggiari era titolare di un negozio da fotografo e aveva un passato da combattente in Indocina e poi nell’OAS, l’organizzazione paramilitare clandestina che appoggiava i coloni francesi che si opponevano alla fine del colonialismo in Algeria; aveva una forte simpatia per l’estrema destra. Albert “Bert” Spaggiari, leggendo un romanzo poliziesco prende spunto per progettare il colpo, rivolgendosi al milieu marsigliese e ad ex commilitoni dell’Oas. Con la sua banda di una quindicina di soci lavorò per tre mesi in mezzo ai topi e alla merda. Un giorno entrò nella Societé Generale, prese in affitto una cassetta di sicurezza e vi depositò due sveglie, regolando l’orario a mezzanotte per farle suonare all’unisono e controllare che non scattassero allarmi.
Nel momento stabilito, nel corso del fine settimana dal 17 al 19 luglio 1976, vengono aperte 337 cassette di sicurezza con un bottino intorno agli attuali trenta milioni di euro. Su una parete del caveau della banca lascia una scritta che anni dopo sarà il titolo di un film sulla sua impresa: “Senza odio, senza violenza, senza armi”.
La Police non ci fa una bella figura e si pensa di archiviare il caso. Ma un po’ per fortuna un po’ per intuito trovano un testimone, un clochard che risiede nelle fogne che con la lingua sciolta da una ciucca racconta quello che ricorda a un gendarme di passaggio. Nel frattempo, due compari della banda del buco cercano di cambiare due lingotti e devono ammettere la loro complicità.
Bert viene arrestato, ma evade saltando dalla finestra dell’ufficio del giudice; si porta alle spalle del magistrato con la scusa di spiegargli la piantina delle fogne e salta dalla finestra del secondo piano del Palazzo di Giustizia in pieno centro cadendo rocambolescamente con una capriola, sul cornicione del portone e di lì sul tettuccio di una R6. Una moto di un complice lo aspetta con il motore acceso: fa un gesto di vittoria e poi fugge verso la libertà. Ci fu qualcuno che sospettò che sotto il casco del complice ci fosse un noto politico locale.
Entrano poco lontano in un cortile dove lo aspetta una grossa macchina inglese sotto il cui sedile posteriore è stato ricavato un nascondiglio dove non mancano panini e whisky.
Così nascosto supera quattordici posti di blocco fino a Parigi. Poi lascia la Francia per sempre. Emigrò prima in sud America e poi in Italia; latitante in contatto con esponenti dell’eversione nera, fu l’unico ladro condannato all’ergastolo ma non lo presero più.
La sua ultima sfida senz’armi alla Francia fu disporre il rientro della sua salma dall'Italia, portata nella notte su un camper dai familiari, tredici anni dopo, nel giugno 1986. Aveva scritto nel suo testamento: “alla giustizia regalo il mio ultimo affronto, muoio libero”.
Spaggiari divenne una sorta di eroe popolare perché beffò il potere economico e quello politico senza la minima violenza fisica. Nato in Alta Provenza nel 1932 con un’infanzia nella Francia della Repubblica di Vichy, era di origine italiana, come Emilia De Sacco, la sua fedele compagna. Era molto legato al nostro Paese, tanto da morire per un cancro ai polmoni in una casa sui monti del Bellunese. Si costruì un’immagine complessa fatta di orgoglio, presunzione e un filo di romanticismo che attecchì profondamente nel suo territorio.
Paolo Signorelli, ideologo e cattivo maestro della destra italiana, lo descrisse come «un simpatico guascone, un viandante, un viaggiatore dei sogni». Scrisse che «Il prosciugamento del caveau della Société Général di Nizza fu una beffa per i benpensanti e un omaggio al gusto della dissacrazione, un’opera d’arte. Anche perché a lui era il gesto estetico che interessava, non il danaro».
Comunque sia, la storia di Spaggiari, con qualche variante, l’ho sentita raccontare da Nizza a Ventimiglia da tantissime persone soprattutto da quelli che passavano le sere al Cafè de Turin o al Boccaccio. Ancora recentemente ci fu l’idea molto diffusa di intitolare a suo nome il nuovo stadio del Nizza costruito pochi anni fa. Alexy Bosetti, di origine di Pieve di Teco, è un calciatore che ha militato lungamente nel Nizza Olympique Gymnaste Club. Nel 2014 fu squalificato per aver mostrato i suoi tatuaggi togliendosi la maglietta dopo un gol. Sul suo braccio destro ha ritratti l'Aquila di Nizza e i volti di Albert Spaggiari e di Jacques Medecin, sindaco della città per oltre trent’anni condannato per corruzione: una buona compagnia, insomma.
Dalle mie parti avrebbero detto di Spaggiari che aveva il muso come la ribattuta della palla di pallapugno.
Arturo Viale, 8. Senza odio, senza violenza, senza armi in Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019
Pochi giorni prima, il venerdì 9, Valéry Giscard d'Estaing, presidente della Repubblica, era stato in visita a Nizza. Spaggiari, il cervello della rapina, aveva tremato al pensiero che la polizia dispiegata per la sicurezza del Presidente, potesse ispezionare anche le fogne della vicina piazza Massena sotto al percorso del corteo presidenziale e aveva dovuto sospendere il lavoro ad una sola settimana dalla data prevista per il colpo.
Spaggiari era titolare di un negozio da fotografo e aveva un passato da combattente in Indocina e poi nell’OAS, l’organizzazione paramilitare clandestina che appoggiava i coloni francesi che si opponevano alla fine del colonialismo in Algeria; aveva una forte simpatia per l’estrema destra. Albert “Bert” Spaggiari, leggendo un romanzo poliziesco prende spunto per progettare il colpo, rivolgendosi al milieu marsigliese e ad ex commilitoni dell’Oas. Con la sua banda di una quindicina di soci lavorò per tre mesi in mezzo ai topi e alla merda. Un giorno entrò nella Societé Generale, prese in affitto una cassetta di sicurezza e vi depositò due sveglie, regolando l’orario a mezzanotte per farle suonare all’unisono e controllare che non scattassero allarmi.
Nel momento stabilito, nel corso del fine settimana dal 17 al 19 luglio 1976, vengono aperte 337 cassette di sicurezza con un bottino intorno agli attuali trenta milioni di euro. Su una parete del caveau della banca lascia una scritta che anni dopo sarà il titolo di un film sulla sua impresa: “Senza odio, senza violenza, senza armi”.
La Police non ci fa una bella figura e si pensa di archiviare il caso. Ma un po’ per fortuna un po’ per intuito trovano un testimone, un clochard che risiede nelle fogne che con la lingua sciolta da una ciucca racconta quello che ricorda a un gendarme di passaggio. Nel frattempo, due compari della banda del buco cercano di cambiare due lingotti e devono ammettere la loro complicità.
Bert viene arrestato, ma evade saltando dalla finestra dell’ufficio del giudice; si porta alle spalle del magistrato con la scusa di spiegargli la piantina delle fogne e salta dalla finestra del secondo piano del Palazzo di Giustizia in pieno centro cadendo rocambolescamente con una capriola, sul cornicione del portone e di lì sul tettuccio di una R6. Una moto di un complice lo aspetta con il motore acceso: fa un gesto di vittoria e poi fugge verso la libertà. Ci fu qualcuno che sospettò che sotto il casco del complice ci fosse un noto politico locale.
Entrano poco lontano in un cortile dove lo aspetta una grossa macchina inglese sotto il cui sedile posteriore è stato ricavato un nascondiglio dove non mancano panini e whisky.
Così nascosto supera quattordici posti di blocco fino a Parigi. Poi lascia la Francia per sempre. Emigrò prima in sud America e poi in Italia; latitante in contatto con esponenti dell’eversione nera, fu l’unico ladro condannato all’ergastolo ma non lo presero più.
La sua ultima sfida senz’armi alla Francia fu disporre il rientro della sua salma dall'Italia, portata nella notte su un camper dai familiari, tredici anni dopo, nel giugno 1986. Aveva scritto nel suo testamento: “alla giustizia regalo il mio ultimo affronto, muoio libero”.
Spaggiari divenne una sorta di eroe popolare perché beffò il potere economico e quello politico senza la minima violenza fisica. Nato in Alta Provenza nel 1932 con un’infanzia nella Francia della Repubblica di Vichy, era di origine italiana, come Emilia De Sacco, la sua fedele compagna. Era molto legato al nostro Paese, tanto da morire per un cancro ai polmoni in una casa sui monti del Bellunese. Si costruì un’immagine complessa fatta di orgoglio, presunzione e un filo di romanticismo che attecchì profondamente nel suo territorio.
Paolo Signorelli, ideologo e cattivo maestro della destra italiana, lo descrisse come «un simpatico guascone, un viandante, un viaggiatore dei sogni». Scrisse che «Il prosciugamento del caveau della Société Général di Nizza fu una beffa per i benpensanti e un omaggio al gusto della dissacrazione, un’opera d’arte. Anche perché a lui era il gesto estetico che interessava, non il danaro».
Comunque sia, la storia di Spaggiari, con qualche variante, l’ho sentita raccontare da Nizza a Ventimiglia da tantissime persone soprattutto da quelli che passavano le sere al Cafè de Turin o al Boccaccio. Ancora recentemente ci fu l’idea molto diffusa di intitolare a suo nome il nuovo stadio del Nizza costruito pochi anni fa. Alexy Bosetti, di origine di Pieve di Teco, è un calciatore che ha militato lungamente nel Nizza Olympique Gymnaste Club. Nel 2014 fu squalificato per aver mostrato i suoi tatuaggi togliendosi la maglietta dopo un gol. Sul suo braccio destro ha ritratti l'Aquila di Nizza e i volti di Albert Spaggiari e di Jacques Medecin, sindaco della città per oltre trent’anni condannato per corruzione: una buona compagnia, insomma.
Dalle mie parti avrebbero detto di Spaggiari che aveva il muso come la ribattuta della palla di pallapugno.
Arturo Viale, 8. Senza odio, senza violenza, senza armi in Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019
Altri lavori di Arturo Viale: Punti Cardinali, Edizioni
Zem, 2022; La Merica…non c’era ancora, Edizioni Zem, 2020; L’ombra di
mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi;
Mezz’agosto; Storie&fandonie; Ho radici e ali.
Adriano Maini