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domenica 23 aprile 2023

Il nesso tra gli obiettivi politici e militari della Resistenza è rintracciabile


La polemica contro la monarchia diventa più accesa e significativa nella stampa dei partiti di sinistra con l’annuncio della firma dell’armistizio l’8 settembre 1943 dal maresciallo Badoglio e con i cambiamenti che si verificano sul piano politico e militare in Italia.
La notizia della firma dell’armistizio viene trasmessa dalla radio alle 19.42 dell’8 settembre. Gianni Oliva nota che nessuno è preparato su quanto avviene, nello stesso modo in cui nessuno attende la destituzione di Mussolini proprio il 25 luglio. Fra l’altro, gli italiani non hanno la possibilità di scorgere qualche segnale nemmeno nella stampa, essendo ricolma di «notizie sulle confische dei beni dei gerarchi» e meno incentrata sulle informazioni che riguardano lo stato di guerra <1189. Perciò, la fuga del re verso Brindisi nel mentre la nazione si trova ad affrontare il problema della fine dell’alleanza con la Germania e dell’occupazione del territorio da due eserciti stranieri in conflitto fra loro, genera un grande stato di confusione e un vuoto di autorità. Ad accentuare la drammaticità della situazione concorre lo sfacelo dell’esercito italiano, lasciato senza ordini in un momento di eccezionale rilevanza. Se il re e il governo Badoglio abbandonano ogni piano di reazione contro l’esercito tedesco e contro i tentativi di restaurare il Partito fascista, i partiti antifascisti scelgono di costituire il Cln (il 9 settembre), allo scopo di invitare il popolo a lottare e a resistere per «riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle nazioni libere» e di assumersi l’impegno di organizzare e dirigere la lotta contro i nazi-fascisti al fianco delle Nazioni Unite <1190. Dunque, il Cln nasce come un organo idoneo a rappresentare una formazione politica unitaria che possa esprimere la compattezza del paese intorno alla lotta contro la Germania e i fascisti e che, nella «disastrosa situazione determinata dalla dittatura fascista e dalla sconfitta militare», sia in grado di rivendicare sul piano internazionale il contributo della nazione nella battaglia contro il nazifascismo <1191. Nel nuovo organismo entrano a far parte tutti i partiti antifascisti (tranne quello repubblicano) che si richiamano all’opposizione antifascista sorta all’estero e mantenuta in clandestinità durante la dittatura in Italia.
Tuttavia, lo Stato si trova presto diviso in due e la popolazione coinvolta in una guerra civile. Nel Sud dell’Italia, il governo e l’amministrazione del territorio sono in mano agli Alleati e alla monarchia (con sede a Brindisi dal 11 settembre), invece al Nord, in alleanza con e sotto la protezione dei tedeschi, Mussolini istituisce la Repubblica sociale italiana (la notizia giunge il 18 settembre da Radio Monaco) <1192. Sul campo di battaglia, oltre agli Alleati, si contrappone ai nazisti una parte della popolazione italiana. Vari episodi di scontro con le forze armate naziste si verificano a Porta San Paolo, a Cefalonia e al Sud (come ad esempio nelle quattro giornate di Napoli), ma costoro «[agiscono] per un impulso (…) in larga misura estraneo a consapevoli germi di riscatto nazionale» <1193 perché il fenomeno del ribellismo si sviluppa in modo compatto soprattutto nella zona Centro-Settentrionale dell’Italia tra la fine del ’43 e i primi mesi del ‘45. Sono i giovani, i militari e i militanti antifascisti che danno vita con la lotta partigiana alla Resistenza armata. Non tutti scelgono di combattere per ragioni politiche e la loro capacità d’azione dipende dal numero, dall’organizzazione e dalla necessità di viveri e di munizioni. Nondimeno, considerando che «la lotta al nazifascismo si combatte su più terreni, non esauribili esclusivamente da quello della lotta armata» <1194, acquisisce «un significato profondo e segna il primo passo nel percorso di legittimazione della nuova classe politica italiana» <1195. Ovvero, si può dire che gli aspetti militari e civili della Resistenza si intrecciano a quelli politici. Difatti, i partiti antifascisti si dotano di un organismo di coordinamento che inizia a funzionare anche a livello locale e regionale per «stabilire un collegamento tra le rivendicazioni [politiche] e l’obiettivo generale della lotta di liberazione» <1196. Il nesso tra gli obiettivi politici e militari della Resistenza è rintracciabile nelle seguenti affermazioni di Leo Valiani: «L’antifascismo se [vuole] che l’Italia del dopoguerra, ch’esso si [propone] di governare, [sia] riconosciuta immediatamente come nazione democratica, [deve] dimostrare che il popolo italiano nella sua parte attiva, [ha] fisicamente contribuito alla cacciata dei tedeschi dal suolo italiano e all’abbattimento del fascismo. L’eliminazione del fascismo che in Italia non [è] d’importazione straniera, ma [ha], sventuratamente profonde radici nel Paese, non sarebbe neppure definitiva, se non fosse opera delle masse popolari italiane» <1197.
Nel periodo che va da settembre 1943 ad aprile 1944 (durante il quale il movimento di Liberazione riesce a guadagnare «maggiore compattezza»), lo spazio riservato alla «battaglia pro e contro la monarchia» è fondamentale all’interno dei Cln <1198. I partiti di sinistra premono per il disconoscimento dell’autorità di Vittorio Emanuele III e per la decadenza dell’istituto monarchico. Invece, nell’ala moderata del Cln, il Pli e la Dl, non ritengono opportuno mettere in discussione la monarchia e sono favorevoli ad una successione dinastica <1199. La “questione istituzionale” acquisisce importanza nelle riflessioni degli antifascisti sin dal 1924. Inoltre, è adottata programmaticamente verso la fine degli anni Trenta, - alla luce del sodalizio del re con la politica fascista - dal movimento Giustizia e Libertà e dalla Concentrazione antifascista <1200. Nondimeno, le motivazioni e le esigenze politiche che spingono i partiti di sinistra contro la monarchia si moltiplicano dopo l’8 settembre 1943 e non sono da ricondurre unicamente all’atteggiamento mantenuto dal re di fronte al fascismo e alla crisi politica dell’Italia <1201.
Negli organi di stampa di partito, la “polemica antimonarchica” non ha solo una funzione propagandistica indirizzata a giustificare “moralmente” una soluzione radicale del problema istituzionale. Nello specifico, sulla pregiudiziale antimonarchica viene costruito un nucleo narrativo fondamentale volto a legittimare il passaggio dal fascismo alla democrazia dei partiti <1202. Dall’analisi degli organi di stampa emerge che alcune dinamiche comunicative sono fondamentali sul piano narrativo per ridisegnare «le relazioni di potere esistenti» <1203 allo scopo di costruire un nuovo regime politico <1204. Infatti, con l’avvio del processo di democratizzazione del sistema politico italiano, oltre ad una maggiore «liberalizzazione» <1205, scaturisce una nuova identificazione degli attori politici. Le forze dell’antifascismo si impegnano con tenacia nell’individuazione degli avversari o dei nemici del rinnovamento politico per accreditarsi quali garanti della democrazia davanti all’opinione pubblica e conquistare le redini del potere. Tra le pratiche discorsive utilizzate più di frequente per combattere il fascismo e l’«assetto politico e istituzionale fondato sulla preminenza del sovrano» <1206 sono rilevanti le azioni che demarcano l’identità del potere. Nel senso che i partiti costruiscono la loro l’immagine di promotori della democrazia delegittimando il fascismo; negando alla monarchia l’autorità di esprimere l’unità del paese per le sue compromissioni con il fascismo e perché capace di perpetuarlo in politica sotto nuove vesti; agendo in nome del popolo con l’obiettivo di affermare la sovranità popolare <1207; attribuendo un ruolo essenziale alla mobilitazione popolare contro il nazi-fascismo <1208. È in nome del popolo - mobilitato per conquistare l’indipendenza nazionale e per “migliorare le condizioni di vita dell’avvenire” - che i partiti antifascisti traggono la titolarità di istituire una società pluralista e democratica <1209. Questo principio introduce «l’antitesi tra sovranità monarchica e sovranità popolare» ed è particolarmente visibile nella polemica dei partiti di sinistra contro la monarchia e il governo Badoglio negli ultimi mesi del 1943 <1210. Al di là delle contingenze storiche e delle divergenze programmatiche, l’obiettivo centrale dei partiti antifascisti rimane la fondazione di un sistema democratico <1211, e la monarchia, secondo il punto di vista dei partiti di sinistra, risulta una minaccia sia nei confronti dei loro tentativi di porsi alla guida del rinnovamento politico del paese, sia per l’eliminazione del fascismo dalla vita collettiva, essendo compromessa con quest’ultimo <1212.
Quindi, il fascismo viene rappresentato come il “male politico” per eccellenza <1213 per aver soppresso i diritti e le libertà fondamentali, aver condotto il paese alla catastrofe ed avvallato l’alleanza con i “barbari” nazisti <1214. In altre parole, ricalca la figura del nemico della nazione e della democrazia ed è considerato incapace di fare presa nella coscienza degli italiani <1215. Difatti, al fascismo repubblicano non si riconosce alcuna personalità politica perché si ritiene “resuscitato” soltanto allo scopo di servire ai tedeschi e di fomentare la guerra civile <1216. Invece, la rappresentazione che gli antifascisti danno di sé è quella di essere l’unica forza in grado di superare il fascismo, di risanare le ferite da esso causate alla nazione e di contribuire alla guerra di liberazione <1217. Ai repubblicani fascisti, sebbene si organizzino politicamente, si nega il diritto di governare la nazione, di esprimere una politica autonoma e di esistere: uomini, istituti e mentalità fasciste evocano un’entità colpevole davanti agli italiani e una “negatività assoluta”, da distruggere per fare spazio alla rinascita della democrazia <1218.
Tale rappresentazione del fascismo getta luce sui contenuti della polemica contro la monarchia e il governo Badoglio, che proliferano soprattutto negli organi di stampa dei tre partiti di sinistra (socialista, azionista, comunista) a partire dall’8 settembre.
[NOTE]
1189 G. Oliva, La grande storia della Resistenza (1943-1948), cit., L’annuncio dell’armistizio, pp. 1-2.
1190 Contro nazisti e fascisti lotta senza quartiere. La Costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale, in «l’Unità», n. 15, 12 settembre 1943, p. 1.
1191 G. Galli, I partiti politici italiani. Dalla Resistenza all’Europa integrata, cit., p. 23. Tutti i partiti entrano a far parte del Cln, salvo quello repubblicano, irremovibile sulla pregiudiziale monarchica. Da subito la linea politica del Cln viene impostata soprattutto dalle coalizioni di maggioranza moderata. Questo si evince anche dall’apparato decisionale del Cln, all’interno del quale i partiti di sinistra dispongono di tre voti mentre alla coalizione di destra ne sono riservati quattro, nonostante i partiti che hanno un peso rilevante siano solo due: Dc e Pli. In tal modo, comincia a delinearsi una peculiarità del sistema politico italiano di lunga durata. La governabilità del paese si basa su soluzioni di governo di profilo moderato e non su un’efficace alternanza con una maggioranza progressista (Ivi, p. 21).
1192 G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna. Volume decimo. La seconda guerra mondiale. Il crollo del fascismo. La Resistenza, cit., p. 230.
1193 P. G. Zunino, La Repubblica e il suo passato, cit., p. 212.
1194 Cfr. M. Flores, M. Carrattieri (a cura di), La Resistenza in Italia. Storia, memoria, storiografia, Firenze, goWare, 2018.
1195 Ivi, p. 14.
1196 G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna. Volume decimo. La seconda guerra mondiale. Il crollo del fascismo. La Resistenza, cit., p. 258.
1197 AA. VV, Storia dell’Italia contemporanea, Volume primo, Resistenza e Repubblica 1943-156, cit., p. 129.
1198 E. Salvatorelli, Quadro e trasformazione dei partiti, in AA.VV, L’Italia dalla liberazione alla repubblica, cit., p. 224.
1199 Sulle differenze programmatiche e l’unità d’intenti dei partiti cfr. M. Bendiscioli, Antifascismo e Resistenza, Roma, Studium, 1964, pp. 14-24; 34-35. Le posizioni contrastanti all’interno del Cln si manifestano subito dopo la sua costituzione (10-12 settembre). Quando l’azionista Ugo La Malfa prospetta l’ipotesi di «dichiarare l’immediata decadenza della monarchia», si opta per una soluzione più moderata che consiste nella disapprovazione pubblica della fuga del re insieme al suo governo (S. N. Serneri, Resistenza e democrazia dei partiti. I socialisti nell’Italia del 1943-1945, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, 1995, pp. 167-168).
1200 E. Salvatorelli, op. cit., Ibidem.
1201 Gli eventi più rilevanti che spingono i partiti di sinistra a trattare pubblicamente sulla «questione dell’illegittimità politica e costituzionale, oltreché giuridica, della monarchia» sono la fuga del re e l’occupazione nazista. Tuttavia, la sua rilevanza accresce nel momento in cui devono affrontare la lotta per liberazione nazionale e il problema dell’ordine politica dell’Italia (S. N. Serneri, Resistenza e democrazia dei partiti. I socialisti nell’Italia del 1943-1945, cit., p. 166) Candeloro spiega come nel dopoguerra «l’insistenza sulla questione istituzionale e in particolare sul ritiro del re dalla vita politica» viene giudicata “eccessiva”. Ma per comprendere l’importanza della “questione istituzionale”, secondo lo storico, bisogna tenere conto di una serie di ragioni. Innanzitutto, la difficoltà degli antifascisti di riconoscere in Vittorio Emanuele III un capo dello stato per le sue “gravi responsabilità passate”, l’intenzione di «conservare un sistema di governo autoritario ed antiliberale» e l’ostilità nei confronti degli antifascisti. Oltre a ciò, non è gradito nemmeno l’appoggio di Churchill al re, visti i precedenti rapporti del conservatore inglese con Mussolini e le sue aspirazioni imperialistiche. A queste preliminari constatazioni, Candeloro aggiunge poi che «la questione istituzionale si [lega] direttamente a quella di un rinnovamento più o meno ampio dell’ordinamento politico dell’Italia e al problema della partecipazione dello Stato italiano alla lotta antinazista, praticamente impossibile senza che fosse almeno avviato un processo di democratizzazione del governo esistente» (G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna. Volume decimo. La seconda guerra mondiale. Il crollo del fascismo. La Resistenza, cit., pp. 238-239).
1202 Simone Neri Serneri è del parere che «il conflitto tra i partiti e la monarchia [ha] come posta la ricostruzione della legittimità costituzionale, anziché il suo mantenimento, come invece [sostengono] moderati e monarchici». Infatti, anche il politologo Leonardo Morlino nota come «il primo periodo della transizione dal fascismo alla democrazia [si realizza] con la competizione tra la monarchia e le altre forze politiche per costruire la base legittima del nuovo regime; in particolare la monarchia [mira] a mantenere la continuità della forma di governo, pur nella discontinuità del regime politico» (S. N. Serneri, Resistenza e democrazia dei partiti, op. cit., p. 166 e nota 6).
1203 Su come vengono utilizzate le pratiche discorsive in politica nella prassi della legittimazione/delegittimazione dell’autorità politica cfr. B. Baldi (a cura di), La delegittimazione politica nell’età contemporanea. 2. Parole nemiche: teorie, pratiche e linguaggi, Roma, Viella, 2017, p. 8.
1204 «Il programma del Partito d'Azione parte con la premessa di affermare un nuovo regime politico, in nome di una tradizione non rispettata, che ha portato alla "rovina del paese". La prolungata abdicazione degli istituti monarchici - corresponsabili con il fascismo della rovina del Paese - legittima la inderogabile esigenza di un regime repubblicano, nel quale le libertà civili e politiche dovranno essere affermate e difese con il presidio di tutte le misure atte ad impedire che esse possano diventare strumento di partiti e di gruppi, che della libertà si avvalgono con il proposito di distruggerla» (Italiani, in Italia Libera, n. 1, gennaio 1943, p. 1).
1205 In ambito politologico, il processo di democratizzazione è suddiviso in diverse fasi, che indicano a quale grado si trova il passaggio da un regime autoritario ad uno democratico. La prima fase è un periodo di transizione durante la quale, affinché si possa parlare di democrazia, si deve verificare una maggiore “liberalizzazione”, da intendere come «concessione dall’altro, quand’anche parziale, di una serie di diritti civili e politici ai cittadini» (F. Del Giudice, Compendio di scienza politica, vol. 11/5, Napoli, Edizioni Simone, 2015, p. 39).
1206 S. N. Serneri, Resistenza e democrazia dei partiti, op. cit., p. 166.
1207 Cfr. S. N. Serneri, Classe, partito, nazione. Alle origini della democrazia italiana 1919-1948, pp. 267-269.
1208 Già dal 25 luglio, le manifestazioni di giubilo assumono per le forze antifasciste un ruolo fondamentale, sia per rimarcare il loro attivismo di fronte alla svolta provocata dalla monarchia, sia per reclamare modifiche sul piano istituzionale (L. La Rovere, L’eredità del fascismo, cit., pp. 33-34).
1209 Cfr. Il problema del potere, in «Avanti!», n. 6, 19 ottobre 1943, (edizione romana, Supplemento straordinario), pp. 1-2; L'Italia senza governo, in «Avanti!», n. 8, 20 Novembre 1943, p. 1; Guerra regia e guerra di popolo, in «Italia Libera», n. 11, 17 ottobre 1943, p. 1; La guerra del popolo italiano, in «Italia Libera», n. 15, 28 gennaio 1945, p. 1; Coscienza della responsabilità, in «l’Unità», a. XXI, n. 8, 30 marzo 1944, p. 1. Sull’evoluzione del concetto di sovranità, si veda G. Ferrara, La sovranità popolare e le sue forme, in S. Labriola (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, 1. Sovranità e democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 251-276.
1210 S. N. Serneri, op. cit., Ibidem.
1211 Simona Colarizi attribuisce all’influenza che gli Alleati, l’Urss e la Chiesa esercitano sulle vicende interne dell’Italia un peso determinante nella configurazione del sistema politico italiano del secondo dopoguerra, all’interno del quale soprattutto il Partito comunista risulta incompatibile per la sua “vocazione rivoluzionaria” e il legame con l’Urss. Secondo tale prospettiva il porsi del Pci sul terreno della democrazia corrisponde ad una scelta tattica per legittimarsi a livello nazionale (S. Colarizi, Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni. 1943-2006, cit., pp. 12-26). Tuttavia, come rileva Giorgio Galli, gli scopi rivoluzionari, dagli anni ’40, vengono abbandonati e gli obiettivi politici dei partiti di sinistra vengono portati avanti «in nome di una “democrazia progressiva”». La loro “aura rivoluzionaria” permane nell’immaginario collettivo destando «in rilevanti settori delle masse da essi influenzate la sensazione di volere continuare a porsi il problema della conquista rivoluzionaria del potere» (G. Galli, I partiti politici italiani. Dalla Resistenza all’Europa integrata, cit., pp. 23-25). Ma, già dal 27 aprile 1943, i partiti antifascisti giungono all’intesa di unirsi nell’azione per la libertà e la ricostruzione nazionale in un sistema democratico nel quale «tutti i poteri, e anche il più alto, derivassero dalla volontà popolare» (Ch. F. Delzell, I nemici di Mussolini, cit., p. 214). Cfr. La funzione dei partiti antifascisti, in l’«Unità», A. XX, n. 24, 17 novembre 1943, pp. 1-2. «I partiti antifascisti sapranno assolvere il compito storico che loro spetta: guidare il popolo italiano nella guerra nazionale di liberazione, per avviarlo fuori del baratro in cui l’ha piombato il fascismo, verso quella ricostruzione democratica e progressiva che assicurerà al nostro paese un migliore avvenire» (Ibidem).
1212 Neri Serneri pone in evidenza la questione della polemica antimonarchica con le seguenti considerazioni: «l’opposizione alla monarchia era ritenuta un corollario necessario della lotta al fascismo, in quanto nella corona si vedeva – non senza ragioni – il referente principale delle forze già sostenitrici del regime e l’ostacolo maggiore per la democratizzazione del paese» (S. N. Serneri, Resistenza e democrazia dei partiti. I socialisti nell’Italia del 1943-1945, cit., p. 167).
1213 Alla radice del male, in «Italia Libera», A. III, n. 6, 7 gennaio 1945, p. 1. «Il male, che Mussolini ed il fascismo, con la loro incompetenza ed imponderatezza, hanno fatto all’Italia non poteva essere maggiore, e le dolorose vicende che si sono svolte da quell’infausto 10 giugno 1940 ad oggi, e che non sono purtroppo terminate, sono state prodotte in gran parte dall’avere tolto allo Stato Maggiore la sua vera funzione, quella della preparazione e della condotta della guerra, devoluta invece, per supina acquiescenza dei poteri costituiti, a Mussolini ed alla sua banda» (Miles, Questioni militari. Stato Maggiore e fascismo, in «Il Popolo», a. II, n. 2, febbraio 1944, p. 4).
1214 Gli artefici della guerra civile, in «Il Popolo», cit.; Saper pensare, in «Italia Libera», cit.; Esercito e popolo affratellati nella difesa di Roma. I partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale mentre la monarchia e il governo rivelano la loro totale incapacità, in «Italia Libera», n. 7, 11 settembre 1943, p. 1; La resistenza contro l’occupazione tedesca si rafforza in Italia, in «Avanti!», n. 8, 20 novembre 1943, p. 2; Fine di Mussolini, in «l’Unità», a. XX, n. 15, 12 settembre 1943, p. 1.
1215 «(…) i nemici della patria sono proprio coloro con i quali si era schierato Giovanni Gentile, illusi idealisti o vili mercenari che hanno rinnegato la loro madre e l’hanno venduta ai nemici tradizionali della nostra cultura latina, ai massacratori dei nostri fratelli» (Rassegna delle idee e dei fatti, «Il Popolo», a. II, n. 4, 18 maggio 1944, p. 2).
1216 Fascismo repubblicano, in «Avanti!», n. 9, 15 dicembre 1943, p. 2; Il fascismo contro il fascismo, in «Il Popolo», 14 novembre 1943, p. 2; Fede a un giuramento. Un vincolo che non può essere sciolto dal Quisling italiano, in «Il Popolo», 14 novembre 1943, p. 2; A chi serve l’esercito repubblicano, in «Il Popolo», 14 novembre 1943, p. 3; Lazzi buffoneschi, in «l’Unità», a. XX, n. 19, 10 ottobre 1943, p. 3; Il primo e l’ultimo 28 ottobre del fascismo repubblicano, in «l’Unità», a. XX, 22, 3 novembre 1943, p. 4; Gli impiegati non debbono partire da Roma, in «l’Unità», a. XX, n. 23, 10 novembre 1943, p. 4; Torna Mussolini, in «Italia Libera», n. 8, 15 settembre 1943, p. 2; Un vero governo fantasma, in «Italia Libera», n. 9, 25 settembre 1943, p. 2.
1217 «Noi conquisteremo nuove e migliori condizioni di vita, e con esse la stima e il rispetto del mondo, se sapremo oggi lottare con la più estrema energia contro la Germania nazista ed i suoi alleati fascisti, i peggiori nemici che abbiano mai minacciato l'esistenza dei lavoratori e dei popoli liberi. In questa lotta il popolo italiano ritroverà sé stesso. Alla testa del popolo il proletariato dimostrerà che è sempre vivo in lui quell'alto sentimento di solidarietà internazionale di cui ha dato prova in passato, solidarietà verso i lavoratori di tutti i paesi e verso quanti combattono per l'indipendenza e la libertà nazionale» (Per l’onore e l’avvenire dell’Italia, in «l'Unità», supplemento al n. 17, settembre 1943, p. 2).
1218 Rinnegamenti fascisti, in «Il Popolo», 23 ottobre 1943, p. 3; Così parlò Mussolini, in «Il Popolo», cit.; Fuori i tedeschi, via i fascisti, in Il Popolo, 14 novembre 1943, p. 4.
Violeta Ҫarkaj, Il nemico della democrazia. Il fascismo raccontato dalla stampa antifascista (1922-1945), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2019