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giovedì 6 aprile 2023

Ma Licio Gelli era stato schedato "quale pericolosissimo elemento sovversivo e probabile agente dei paesi dell’Est"


Dalla fine del 1978 «Osservatore politico» cominciò ad attaccare duramente il Venerabile, indagando sui trascorsi di Gelli durante la guerra. Nell’articolo "Due volte partigiano. Finalmente la verità sul Venerabile della P2", Pecorelli raccontò la storia di Licio Gelli dal periodo della Repubblica di Salò al successivo appoggio che diede al CLN:
"Da quando con l’ingresso del Pci nell’area governativa è tramontata la moda di scoprire un golpe alla settimana, politologi e tramologi si sono messi a pubblicizzare il più folkloristico filone della massoneria. Scrivendo del Grande Oriente, Rito Scozzese, di Maestri Venerabili, di Liberi muratori e delle misteriose liturgie di uomini incappucciati, è facile far immaginare tra ombre e corridoi, un susseguirsi di complotti, congiure e pugnali. Secondo i nostri esperti in Italia il novanta per cento dell’alta dirigenza dello Stato, i vertici industriali e bancari, la Magistratura appartengono alla massoneria e il pontefice massimo, il genio criminale che tutto muove e tutto decide è Gelli. Questo Gelli è un ex fascista, agente dei servizi segreti argentini, amico personale di Lopez Rega <140, fondatore degli squadroni della morte AAA in America Latina, legato alla Cia ed ai Falchi americani. Cardine della tesi è che Licio Gelli sia un nazista criminale, collaboratore delle Ss e delatore di partigiani" <141.
Gli articoli accennarono a nuove possibili rivelazioni ritrovate in un fascicolo di massima segretezza.
"Questo porta acqua al nostro mulino, perché siamo entrati in possesso di un documento che prova l’esatto contrario. Nel luglio 1944 Gelli si presentò in divisa d’ufficiale tedesco presso una casa di cure per malattie nervose chiamata Villa Sbertoli, in località Colligerate Pistoia, che le Ss avevano adibito a prigione. Forte dell’ascendenza personale e della perfetta conoscenza del tedesco, con sangue freddo eccezionale si fece consegnare i partigiani che grazie a lui poterono raggiungere di nuovo le rispettive formazioni" <142.
Il giornalista si riferiva al documento Com.In.Form, contenente un’informativa del Centro di controspionaggio di Firenze datata 29 settembre 1950. Nel rapporto si sosteneva che Gelli, legato al partito comunista fin dal 1944, fosse un possibile agente del Kominform e che mascherasse questa sua attività dietro quella dell’industriale e commerciante. «Osservatore politico» pubblicò anche un documento del 1944 firmato da Italo Carobbi, presidente del Cln.
"Questo comitato dichiara che Gelli Licio, pur essendo stato al servizio dei fascisti e dei tedeschi, si è reso utile alla causa dei patrioti pistoiesi. Esso ha: avvisato partigiani che dovevano essere arrestati; messo a disposizione e guidato personalmente il furgone della Federazione fascista per portare sei volte consecutive rifornimenti di viveri ed armi a diverse formazioni; partecipato e reso possibile la liberazione di prigionieri politici detenuti in Villa Sbertoli" <143.
Nel 1980 si scoprì che il giornalista non fu l’unico ad interessarsi a tale questione. I Servizi segreti italiani cessarono d’occuparsi di Licio Gelli dopo averlo schedato quale pericolosissimo elemento sovversivo e probabile agente dei paesi dell’Est, minimizzando e sottovalutando le investigazioni <144. Fonti informative della Guardia di Finanza ed alcuni uomini dell’ispettorato generale antiterrorismo continuarono ad indagare su questo documento venendo minacciati d’esonero dal servizio se avessero continuato ad investigare <145. L’Ispettore Santillo, dell’ispettorato generale antiterrorismo, scrisse una relazione sulla massoneria descrivendo con precise informazioni il Venerabile e denunciando una sorta di cordone sanitario informativo posto dai Servizi segreti sull’argomento. L’ispettore non ottenne mai la guida del SISDE alla cui guida fu preferito il generale Grassini, iscritto alla Loggia P2. Questo silenzio su Licio Gelli venne rotto da «Osservatore politico» che iniziò a rivelarne i primi contenuti. Copia di tale segretissimo fascicolo sarebbe stata trasmessa all’ambasciata americana a Roma, mentre una seconda sarebbe finita nelle mani di Pecorelli <146 da fonti ignote ed una terza copia venne recuperata nel sequestro di Castiglion Fibocchi.
Il primo ed unico articolo venne pubblicato il 10 febbraio 1979 con il titolo "Massoneria: il professore e la balaustra" <147.
"L’appuntamento va collocato in uno scenario da 007 formato Hollywood. Giorno dell’incontro: lunedì 5 febbraio, che passerà alla storia come il lunedì delle streghe. Luogo: l’angolo di una strada male illuminata di Roma centro. Occhiali neri, baffi finti, bavero dell’impermeabile rialzato fino alle orecchie, cappello a larghe falde calato sul viso, giornale sotto braccio, sigaretta accesa. Il “Professore” era stato puntuale, così travestito era stato inevitabile per Pecorelli riconoscerlo senza averlo mai conosciuto. Direttore sono venuto a saldare il mio debito con lei. Per anni ho detto di conoscerla. Per provarle quanto sono pentito metto a repentaglio la mia vita. Le consegno un primo esplosivo documento, da fratello e da cittadino. Fantasia o realtà, sogno o allucinazione, il documento è qui, bianco su nero. Si tratta di un vecchio fascicolo ingiallito, registrato al n. 15.743 del Com.In.Form. E’ un lungo elenco di nomi che qualcuno un giorno ha tradito, un lungo elenco che noi non tradiremo una seconda volta. Perché non è nostro costume rivelare segreti di Stato, ma soprattutto non è nostro costume assecondare gli oscuri disegni di un professore dalle potenti e fraterne amicizie" <148.
Carmine Pecorelli venne assassinato pochi giorni prima della preannunciata pubblicazione integrale del documento. L’allusione alla lista di nomi traditi non piacque al Venerabile: si riferiva infatti ad un’operazione di spionaggio a favore dei partigiani, conclusasi con la fucilazione di una sessantina di fascisti. Sarebbe stata una cattiva pubblicità per il capo della P2, sebbene ci vorranno ancora due anni prima che le sue attività divengano di dominio pubblico. Le motivazioni che spinsero Carmine Pecorelli ad analizzare il passato di Licio Gelli portano solo ad alcune ipotesi. La storia del passato del Venerabile era molto interessante dal punto di vista giornalistico ma gli inquirenti si convinsero che il giornalista fosse entrato a far parte di una cordata dissenziente, all’interno della P2, che durante il sequestro Moro venne influenzata dal partito della trattativa. Tra le carte sequestrate nella redazione di «Op» venne rinvenuto un appunto anonimo sotto la dicitura «segretissimo», che definiva Licio Gelli: massone, nazista, ex informatore delle SS tedesche, spia dei servizi segreti italiani. E ancora accuse di spionaggio con il Sudamerica, riciclaggio di moneta contraffatta sudamericana e d’altre nazionalità per finanziare operazioni coperte di guerriglia in Europa, rapporti con la Mafia, ricatto allo Stato. Le fonti di Pecorelli non vennero mai scoperte, sebbene dall’articolo "Il professore e la balaustra" sembrerebbe che lo stesso giornalista indicasse il Colonnello Antonio Vezzier, alto ufficiale del controspionaggio di Firenze ed amico di Gelli, come principale risorsa. Improbabile dato che il giornalista non avrebbe mai bruciato una fonte informativa così preziosa. Lo stesso Vezzier raccontò ai magistrati d’essersi subito presentato da Gelli per protestare contro l’articolo di «Osservatore Politico» che lo vedeva implicato <149. Dalle agende del giornalista si scoprì che gli ultimi mesi furono fitti d’incontri con politici, magistrati, ufficiali dei Servizi segreti, funzionari del Viminale e con lo stesso Licio Gelli. Il giornalista ed il Venerabile si sentirono telefonicamente la prima volta il 7 febbraio ed il 7 marzo. Nella stessa agenda era annotato: 21 marzo, ore 20.30, cena Licio.
Achille Gallucci, l’allora procuratore di Roma, nella prima requisitoria con cui chiedeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di Gelli e Vezzier per il reato di omicidio scriveva:
"È innegabile che in una serie di articoli, spesso non completamente comprensibili, il Pecorelli avesse iniziato nei confronti di Gelli una pericolosa e veritiera campagna. È verosimile che ciò abbia preoccupato Gelli, il quale cercò certamente di avere contatti con il giornalista. Il movente dell’omicidio va cercato nella singolare personalità della vittima e nello spregiudicato modo in cui egli realizzava la sua attività giornalistica. Utilizzando un linguaggio ermetico con allusioni e ammiccate comprensibili solo all’interessato, appartenendo a un tipo di giornalismo affatto particolare spesso al bivio tra la rozza provocazione ed il cinico ricatto" <150.
[NOTE]
141 Due volte partigiano. Finalmente la verità sul Venerabile della P2, «Osservatore politico», 2 gennaio 1979.
142 Ibidem.
143 «Osservatore politico», 2 gennaio 1979.
144 CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 70.
145 Ibidem.
146 Verrà trovata tra le carte del giornalista dopo il suo omicidio, FLAMIGNI, Dossier Pecorelli, p. 30.
147 Nel linguaggio massonico balaustra è sinonimo di loggia, DI GIOVACCHINO, Scoop mortale, p.85.
148 Massoneria: il professore e la balaustra, «Osservatore politico», 10 febbraio 1979.
149 «Cerca di ricondurlo alla ragione, questo qui va fermato», aveva detto Vezzier al Venerabile. Ma Gelli, che doveva averci già pensato da sé, aveva scosso la testa: «Non è uomo da poter facilmente controllare». Ivi, p.87.
150 Ibidem.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012/2013

Perché era vero che il capo della Loggia P2 conosceva il direttore della rivista “OP” Mino Pecorelli. Era una conoscenza nata dalla comune amicizia con il senatore Egidio Carenini, sottosegretario democristiano del ministero dell’Industria e del Commercio nel biennio 1974-1976, che lo stesso Gelli aveva ricordato nel 2006, quando ammise di vedere Pecorelli “tutte le settimane per una colazione: io, Mino e Carenini. Parlavamo di tutte le notizie che in quel momento potevano avere un particolare interesse. Pecorelli era una persona preziosa perché in caso di necessità avrebbe potuto aiutarci con la sua penna” <437.
Eppure Pecorelli, ucciso da mano ignota nel marzo del 1979, non aveva certo aiutato il capo della P2 “con la sua penna”. Basti pensare che dal gennaio 1979 “Osservatorio Politico” non aveva fatto altro che attaccare il Venerabile Maestro uscendo con articoli di inedita durezza. Era il caso del servizio su "Massoneria: finalmente la verità sul Venerabile della P2 - due volte partigiano". All’interno Pecorelli raccontava in esclusiva le mille vite di Gelli collaboratore dei fascisti e dei nazisti prima, doppiogiochista poi, partigiano infine. Inoltre, nell’ultima uscita di “OP” il 20 marzo 1979, Pecorelli pubblicava un dossier, "La massoneria: è ancora una cosa seria quella italiana?", in cui si denunciavano “attentati, stragi, tentativi di golpe, l’ombra della massoneria ha aleggiato dappertutto: da Piazza Fontana al delitto Occorsio, dal golpe Borghese alla fuga di Sindona” <438.
[NOTE]
437 S. Neri, Parola di Venerabile, Aliberti, Reggio Emilia, 2006.
438 L’articolo si trova in CP2, Servizi segreti, eversione stragi, terrorismo, criminalità organizzata, traffico di droga, armi e petroli, Pecorelli e l’agenzia O.P., 2-quater/VII, tomo XVI, p. 387-389.
Lorenzo Tombaresi, Una crepa nel muro: storia politica della Commissione d'inchiesta P2 (1981-1984), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", Anno Accademico 2014/2015