La città di Schio era uno dei centri più importanti della provincia di
Vicenza, quarta città più popolosa dopo il capoluogo, Bassano del Grappa
e Valdagno. L’industrializzazione della zona aveva subito una forte
accelerazione dalla metà del XIX secolo con la creazione di alcune
fabbriche all’avanguardia come il famoso Lanificio Rossi, oltre che a
numerosi opifici. La crescita dell’economia aveva a sua volta prodotto
un proletariato urbano particolarmente attivo e politicizzato che, più
volte, si scontrò con gli imprenditori in numerose proteste che
bloccarono la città. La guerra e l’arrivo della RSI non migliorarono le
condizioni di vita della popolazione locale, i licenziamenti di massa e
il divieto di riassunzione dei sovversivi causò esodi di massa della
popolazione <171. La caduta di Mussolini e l’armistizio non turbarono
particolarmente la popolazione di Schio e dei dintorni; il giorno
successivo, 9 settembre, una folla esultante si radunò in piazza
Alessandro Rossi, tanto che il Podestà del Comune Radi si affrettò ad
emanare un comunicato per invitare alla calma la popolazione <172. A
differenza della maggior parte dei paesi limitrofi, a Schio il fascismo
non riuscì mai ad avere una presa salda sulla popolazione e ciò causò
l’istituzione di un sistema di controllo molto stretto da parte delle
autorità locali, arrivando a più di 300 persone schedate e sotto
sorveglianza per il loro rapporti con l’ambiente operaio <173. La
città divenne il nodo centrale per il sistema di aiuti finanziari e di
rifornimenti per i partigiani <174. Con il sopraggiungere della
precettazione dei lavoratori da mandare in Germania e gli scioperi di
inizio anno del 1944 la tensione crebbe, come apprendiamo dai rapporti
della GNR:
«Schio, 11 marzo 1944-XXII.
Oggetto: Segnalazione sospensione del lavoro.
10
corrente ore 9 operaie circa 70 Filanda Maule di Malo (Vicenza)
sospendevano lavoro, ripreso dopo circa 35 minuti per pronto intervento
Arma, segno protesta sospensione da lavoro per una giornata filandiera
Valmorbida Clorinda d’anni 18 da Malo sorpresa leggere alta voce in
detto stabilimento sottoriportato manifestino sovversivo la cui unica
copia in originale rimettesi at Prefettura Vicenza punto Detto
manifestino veniva rinvenuto in mattinata da altra filandiera mentre
recavasi at filanda per iniziare lavoro punto In detta Valmorbida
escludesi proposito propagandistico punto Proprietario filanda diffidava
dipendenti operaie dal far circolare in fabbrica manifestini del genere
punto Nessun perturbamento ordine pubblico punto»
“Operai del Veneto!
Opponetevi
con tutto l’animo alla brutale violenza germanica che vuole strappare
voi le vostre donne alle case d’Italia. Resistere per affrettare la
caduta della Germania e la liberazione d’Italia. Vi siamo vicini con
tutti i mezzi spirituali e materiali. Non temete rappresaglie.” <175
Le
forze tedesche arrivarono a Schio la notte tra il 9 e il 10 settembre
del 1943, con reparti provenienti principalmente dalla Divisione
Granatieri Corazzati SS Liebstandarte Adolf Hitler e dalla 25ª Divisione
Corazzata del 2° SS-Panzerkorps <176. Gli autocarri carichi di
truppe e mezzi che scendevano verso Schio arrivarono da Valli del
Pasubio e da Torrebelvicino; la mattina del 10 settembre un reparto di
tedeschi avanzò verso il presidio italiano alla Caserma Cella <177.
Nella caserma stazionavano degli alpini da Rovereto che, il giorno
prima, erano stati disarmati per ordine del loro comandante ed avevano
respinto alcune proposte di collaborazione avanzate da dirigenti
antifascisti della città; l’attacco tedesco si abbatté sulla Caserma
Cella causando la cattura e la deportazione verso la Germania di 54
autocorriere piene di soldati italiani <178.
I primi nuclei della
Resistenza scledense si radunarono sui colli circostanti, la maggior
parte dei partigiani prese residenza per circa un mese presso le
contrade Festari e Formalaita sotto la guida di alcuni antifascisti
della città e il comando di Iginio Piva, andando a creare il cosiddetto
“gruppo del Festaro”. Il 29 aprile il Fascio Repubblicano di Thiene dava
ordini per l’arresto di diversi cittadini in seguito all’uccisione del
locale Commissario Prefettizio; l’ordine venne eseguito alle prime ore
del pomeriggio dai fascisti appartenenti agli Enti Economici
dell’Agricoltura e alla Compagnia della Morte di Vicenza. Risultava noto
il fatto che gli arrestati erano estranei all’accaduto e che l’azione
era stata portata avanti unicamente su iniziativa del fascio locale che
aveva già predisposto l’esecuzione. La fucilazione non avvenne a causa
di screzi tra i funzionari fascisti locali e le forze tedesche <179.
30
aprile in località S. Caterina di Tretto avvenne un rastrellamento a
seguito dei lanci aerei degli alleati in zona; i tedeschi razziarono il
paese, svuotando il caseificio locale e rubando delle radio <180. Il
17 maggio venne costituita la 30ª Brigata d’assalto “Ateo Garemi” nella
zona di Campodavanti verso cima Posina; nato su iniziativa del gruppo di
Malga Campetto, ovvero i “Fratelli Bandiera”, per raccogliere tutta la
Resistenza del vicentino nord-occidentale. La brigata era formata da due
battaglioni: lo “Stella”, operante nella Valle dell’Agno e lo
“Apolloni”, operante principalmente nella Val Leogra e in parte
sull’Altopiano di Asiago; con altri battaglioni in fase di creazione
<181.
Dall’estate del 1944 cominciano le operazioni di
rastrellamento da parte delle forze tedesche tra il Pasubio e la Val
Posina. In località San Vito di Leguzzano, nella notte tra il 2 e il 3
giugno avvenne uno scontro tra i militi della GNR e il Battaglione
“Ismene” guidato dal “Tar”, dove morì un partigiano e rimasero feriti
due fascisti che vennero trasportati in ospedale a Schio; pochi giorni
dopo, nella notte tra il 6 e il 7 alcuni partigiani entrarono
nell’ospedale e giustiziarono i due fascisti. Il 22 giugno i tedeschi
eseguirono una rappresaglia prelevando quattro persone da Vallortigara,
portandole a S. Giustina di Ca’ Trenta dove vennero fucilate dopo essere
state costrette a scavare le proprie fosse <182. Tra il 31 luglio e
il 1° agosto avvenne uno scontro tra l’Ost-Bataillon 263 e il gruppo
garibaldino guidato da Ferruccio Manea, detto “Tar” <183.
Nel
contesto del “Piano Vicenza” il massiccio del Pasubio avrebbe dovuto
costituire una “zona libera” e per questo, nell’estate del 1944, molti
partigiani cominciarono a convergere nell’area e, contemporaneamente, i
tedeschi affrettavano le opere per la costruzione della “Linea Blu”
<184. A luglio la formazione partigiana guidata dal “Tar” giunse a
Posina e si divise in due gruppi: il primo salì verso i Campiluzzi, un
gruppo di malghe che sorgeva sul Pasubio; l’altro gruppo guidato dallo
stesso “Tar” raggiunse il rifugio “Lancia” che venne sgomberato e
occupato dai guerriglieri. Tra il 30 e il 31 luglio, mentre “Tar” si
trovava presso il comando della formazione a valle, arrivò la notizia
che le forze sul Pasubio avevano efficacemente respinto un attacco
tedesco <185. Due settimane prima, il 15 luglio, la Scuola Allievi
Ufficiali di Tonezza del Cimone veniva presa d’assalto da forze
partigiane che vennero respinte grazie all’intervento di un reparto
tedesco; a seguito dello scontro i guerriglieri riuscirono ad
impossessarsi di molto equipaggiamento bellico presente nella struttura
<186. I combattenti provenivano da Campolongo e la forza che attaccò
la scuola era composta di circa 50 elementi ed il piano iniziale era di
circondare il luogo e prendere di sorpresa ufficiali e cadetti per
asportare più materiale possibile senza colpo ferire <187. Un
partigiano venne catturato e il suo interrogatorio garantì preziose
informazioni ai nazi-fascisti <188. Le azioni sul Pasubio e a Tonezza
rappresentarono un duro colpo per le forze occupanti; le forze della
“Garemi” a quel punto minacciavano seriamente le linee di rifornimento e
comunicazione; inoltre, la ricollocazione prevista per il Comando
tedesco a Recoaro Terme rendeva necessario ripulire l’intera “zona
libera” del Pasubio dalla presenza dei partigiani. Questa situazione
diede l’impulso fondamentale alla seguente Operazione “Belvedere” con lo
scopo di garantire la sicurezza nelle retrovie nazi-fasciste.
All’inizio
di agosto la “Garemi” si riorganizzò in un Gruppo Brigate e le sue
forze vennero suddivise come segue: Brigata “Stella”, Brigata
“Pasubiana”, Brigata “Val Leogra” e Brigata “Pino” per un totale di
circa 400 effettivi <189.
L’Operazione “Belvedere” scattò il 12
agosto con un rastrellamento che non riuscì a raggruppare molti
partigiani che, grazie alla conoscenza del territorio, riuscirono quasi
sempre a sganciarsi dagli inseguitori. Lo scontro più rilevante e che
più spesso rappresenta questa operazione avvenne in territorio trentino;
un gruppo di partigiani venne circondato in località Malga Zonta presso
Folgaria, in provincia di Trento, lì i tedeschi e i partigiani
condussero una sparatoria di alcune ore che vide i primi avere la
meglio. I sopravvissuti allo scontro vennero riuniti ad una quindicina
di civili rastrellati il giorno stesso; la giornata si concluse con 14
partigiani e tre malgari, accusati di aver dato loro supporto, fucilati
mentre dal lato tedesco si contarono tre morti e quattro feriti <190.
Nonostante questa azione possa sembrare un successo per le forze
tedesche in realtà la maggior parte dei partigiani che subirono
l’attacco riuscì ad evitare le maglie del rastrellamento tedesco
<191.
[NOTE]
171 De Grandis, E la piazza decise, p. 27.
172 Valente, Schio, la verità sull’8 settembre, p. 59.
173 De Grandis. E la piazza decise, p. 31.
174 Vangelista, Guerriglia a nord, p. 207.
175 Franzina, La provincia più agitata, p. 155.
176 Valente, Schio, la verità sull’8 settembre, p. 59.
177 Ivi, pp. 72-73.
178 Simini, Eccidi e stragi di militari, civili e partigiani nell’alto vicentino (1943-1945), pp. 9-10.
179
Testimonianza di Corrà Giovanni, Dalla Fontana Bortolo, Fabris Pietro,
Finozzi Antonio, Gamba Francesco, Gemmo Livio, Leder Giobatta, Munarini
Antonio, Rossi Cesare, Spillare Antonio e Vecelli Riccardo consegnata al
Procuratore Generale presso la Corte d’Assise Straordinaria (27 giugno
1945), ASVI, CLNP, b. 15 bis fasc. b, sotto-fascicolo b3.
180
Questura di Vicenza, Ufficio Politico Militare, testimonianza di ex
militari della RSI (13 giugno 1945), ASVI, CLNP, b. 10 fasc. 8.
181
Galeotti, Brigata Pasubiana del Gruppo Formazioni A. Garemi, pp,
127-128; Pirina, Guerra civile sulle montagne, vol. III, pp. 9-10.
182 Simini, Eccidi e stragi di militari, civili e partigiani nell’alto vicentino (1943-1945), pp.20-21.
183 Dossi Busoi, I grandi rastrellamenti nazi-fascisti dell’estate-autunno nel vicentino, p. 28.
184 Galeotti, Brigata Pasubiana del Gruppo Formazioni A. Garemi, p. 285.
185 Galeotti, Brigata Pasubiana del Gruppo Formazioni A. Garemi, pp. 295-297.
186 Brunetta, Veneto e Resistenza, p. 141.
187 Franzina, Vicenza di Salò, pp. 276-277.
188 Ivi, p. 270.
189
Dossi Busoi, I grandi rastrellamenti nazi-fascisti dell’estate-autunno
nel vicentino, pp. 30-32; Vangelista, Guerriglia a nord, pp. 192-193.
190
Dossi Busoi, I grandi rastrellamenti nazi-fascisti dell’estate-autunno
nel vicentino, pp. 34-35; Brunetta, Veneto e Resistenza, p. 155; Pirina,
Guerra civile sulle montagne, vol. III, p. 35.
191 Galeotti, Brigata Pasubiana del Gruppo Formazioni A. Garemi, p. 311.
Matteo Ridolfi, La guerra civile nel vicentino nord-occidentale. Stragi ed eccidi dalla Val Chiampo alla Val d’Astico (1943-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023
venerdì 19 aprile 2024
Dall’estate del 1944 cominciano le operazioni di rastrellamento da parte delle forze tedesche tra il Pasubio e la Val Posina
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