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sabato 27 aprile 2024

La mitica figura di Pasquino era ripresa sulle terze pagine del Paese


Sui fogli più direttamente ispirati all’anticlericalismo tradizionale, i richiami alle polemiche con la Chiesa rimasero abbastanza frequenti, soprattutto per quanto riguardava gli interventi culturali di terza pagina. Sul "Paese", numerosi autori dedicarono i loro interventi alle proteste per le difficoltà che le minoranze religiose protestanti incontravano nell’esercizio dei loro culti, nonostante le garanzie della Costituzione e della legislazione ordinaria, a causa delle pressioni dei prelati locali sulle forze dell’ordine. Nel febbraio del 1953, su questo tema, uscì sul quotidiano romano una lunga e documentata inchiesta dell’avvocato Giacomo Rosapepe, che attraverso la trattazione di casi concreti raccolse gli spunti lanciati nel corso degli anni da collaboratori più assidui come Arturo Labriola e Mario Berlinguer <433.
Un altro tipo di interventi che faceva ormai parte del classico bagaglio della pubblicistica anticlericale era quello relativo alla discussione delle forme di superstizione legate ad alcuni aspetti della pratica religiosa cattolica. Negli anni 1947-1948, simili interventi furono praticamente assenti nella propaganda gestita dal PCI, dal momento che simili episodi di devozione erano diffusi soprattutto in quella base cattolica con cui il partito intendeva dialogare, e furono piuttosto rari anche nei fogli anticlericali orientati verso posizioni frontiste. Una parziale eccezione riguardava il caso dei presunti episodi miracolosi legati al culto mariano che sembravano verificarsi poco prima delle elezioni del 18 aprile. Il "Don Basilio", su questo tema, propose alcuni spunti satirici che furono ripresi anche dall’Unità <434: nelle vignette del settimanale satirico, le madonne che aprivano gli occhi «li richiudevano subito, disgustate», di fronte alla pletora di preti e attivisti di AC che ostentavano croci come se fossero stati cartelli pubblicitari, e invitavano ad identificare il voto della DC con l’amore per la Madonna <435; nelle stesse settimane, nella rubrica del settimanale satirico "I miracoli della settimana", si mettevano in ridicolo voci come quella su un cavallo che miracolosamente si rifiutava di portare il feretro in un funerale civile, e di fronte all’ennesima smentita sui presunti movimenti di una statua della Madonna, «quello cioè che qualunque bambino di sei anni avrebbe potuto constatare e dimostrare, senza che si disturbasse tanta gente», ci si chiedeva « se qualcuno avesse visto muoversi il cavallo del monumento di Garibaldi» <436.
Una ragione dell’interesse degli organi ufficiali del Partito comunista alla critica satirica di simili fenomeni era il fatto che essa fosse incentrata, più che sui limiti culturali di cui essi erano sintomi, sulla strumentalizzazione della credulità popolare da parte delle gerarchie per spingere i fedeli a compiere una scelta politica “reazionaria”: la distinzione tra “cristianesimo” e “clericalismo” era insomma declinata chiaramente secondo le già impostate coordinate della frattura tra basi e vertici del mondo cattolico. Dopo il 1948, L’Unità e i periodici del PCI tornarono ad evitare la condanna di pratiche assai diffuse in tutta Italia, ma su alcuni fogli non direttamente legati al partito si tornarono a leggere commenti caustici su superstizioni popolari definite esplicitamente «discutibili aspetti della fede» <437.
Tra gli articoli più direttamente volti a presentare un’immagine negativa delle istituzioni ecclesiastiche e dei suoi membri, non solo il "Don Basilio", che poteva permettersi di trattare argomenti scabrosi con taglio umoristico, ma persino "Il Paese" ripresero in parte la tendenza di mettere in evidenza fatti di cronaca relativi a comportamenti immorali di sacerdoti, soprattutto nella sfera sessuale <438. Già da tempo però simili interventi, così comuni nei fogli laicisti pubblicati a cavallo tra XIX e XX secolo, avevano iniziato a farsi più rari, e anche in questo campo, dopo il 1948, alla sciabola le redazioni preferirono sostituire nella maggior parte dei casi il fioretto. Il miglior prodotto giornalistico per la critica moralistica alle gerarchie cattoliche fu un particolare tipo di rievocazione storica: si trattava, in generale, di un lungo articolo di terza pagina, che invece di esporre grandi eventi del passato si soffermava con gusto aneddotico su vicende poco note o piccoli fatti biografici di papi e prelati, narrandoli con tono disteso, quasi corsivistico, spesso attualizzando scenari e giudizi per trasferire la condanna dalla Chiesa del passato a quella del presente.
Un simile prodotto giornalistico non era una novità, visto che già nel 1903 "L’Asino" di Podrecca pubblicava racconti aneddotici sulla Curia del Cinquecento e del Seicento, in cui «i nepoti del papa […] erano, come assai frequentemente nelle famiglie cattoliche, gozzovigliatori, lussuriosi, scapestrati all’eccesso», ed uno di essi poteva sedurre ed abbandonare la sorella di un allievo del Bernini, senza patire alcuna punizione se non quella di essere rappresentato in chiave negativa nel rilievo dell’Altare di San Pietro <439. Subito dopo la caduta del fascismo, si assistette ad una nuova diffusione di questo genere di racconti sui giornali, tanto che già nell’ottobre del 1945 Giordani, dal suo "Quotidiano", lamentava il gusto per «una pittura della Curia dell’epoca rinascimentale tirata sul cliché della letteratura di bancarelle, che andava di moda nell’era dei nonni o giù di lì» <440. Nel 1950, con alcuni articoli che facevano riferimento ad aneddoti gustosi relativi alle celebrazioni dell’Anno Santo all’epoca del nepotismo papale <441, iniziò e durò per alcuni anni una presenza assidua di bozzetti storici del genere su molti giornali della sinistra anticlericale, compreso un organo di partito come l’Avanti!
Sul foglio socialista, alcuni collaboratori sostituivano la trattazione di casi piccanti di attualità con racconti del passato sulle prostitute attive durante il governo temporale papale, ironicamente definito «pio»; in essi si veniva a sapere che le “professioniste” d’alto bordo potevano evitare i provvedimenti persecutori grazie ai loro buoni rapporti con membri della Curia, clienti abituali: esse, concludeva Nando Poli, erano considerate
" “oneste cortesane” alle quali la Curia Romana non pone alcun impedimento ad assistere alla Santa Messa nei maggiori templi ove entrando non sollevano scandalo alcuno, ma soltanto mormorii di ammirazione, e il loro profumo di belle peccatrici si mescola all’aroma dei sacri incensi ". <442
Uno dei casi in cui si poteva percepire meglio l’intento attualizzante di questo genere di insinuazioni fu la serie di articoli, pubblicata a maggio sempre sull’Avanti!, relativa al rigido controllo dei papi rinascimentali sugli scrittori che operavano a Roma. Molti erano definiti, impropriamente e genericamente, «giornalisti», come Niccolò Franco, «cronista di 400 anni fa» e «protomartire del giornalismo italiano», vista la condanna a morte che subì per la sua libertà di pensiero <443. Poche settimane dopo l’adesione entusiastica di molti giornalisti italiani alla “campagna della verità” indetta da Truman in funzione antisovietica, la narrazione delle difficoltà di espressione nella Roma dei papi, in cui l’unica voce libera era quella dell’inafferrabile Pasquino, poteva essere facilmente traslata al tempo presente, grazie soprattutto all’uso del lessico contemporaneo per individuare le figure professionali <444.
La mitica figura di Pasquino, visto come anticipatore dei commenti critici e sarcastici sulla Curia, era ripresa sulle terze pagine del "Paese", ad esempio per ricordare alcuni papi della controriforma: anche in questo caso, l’atteggiamento degli autori degli articoli era quasi divertito; si finiva per definire un monarca cattolico «vero soggetto da manicomio», mentre l’ordine di Pio V di sterminare gli ugonotti in Francia era connotato con falso eufemismo come opera «assai poco evangelica» <445. Sulle pagine culturali del quotidiano di Roma, in quegli stessi mesi, era possibile trovare una galleria di ritratti di papi e alti prelati del passato redatti in questo stile: si andava dagli intrighi e le gozzoviglie dei papi avignonesi <446, a Sisto IV, implicato nella congiura dei Pazzi <447, a Sisto V, che secondo alcune fonti non ufficiali da frate portava un bastone sotto la tonaca, da cardinale mozzò un orecchio a un «collega» che lo prendeva in giro per le sue umili origini, e durante il suo pontificato non tollerava neppure le pudiche effusioni di due innamorati <448, a Leone X che esiliò numerosi letterati contrari alle sue opinioni e si attirò l’antipatia dell’Ariosto <449. In articoli di questo genere non mancavano, naturalmente, note di amara ironia sulle credenze promosse dalle gerarchie cattoliche ai tempi del processo a Galileo <450, o sul Sillabo ottocentesco, a cui «veniva fatto di ripensare» «a fronte della progressiva clericalizzazione del paese» <451; alcune delle osservazioni più gustose riguardavano poi i torbidi giochi di potere che si celavano dietro le mura dei sacri palazzi: dietro sorrisi ed amicizie sarebbero state nascoste in ogni epoca tensioni degne di un nido di vipere, che si esplicitavano all’interno dei conclavi <452.
Per una valutazione complessiva degli sviluppi della comunicazione politica degli ambienti di sinistra nei confronti delle gerarchie e le istituzioni cattoliche, si può osservare come in quest’ambito, forse ancora più che altrove, l’esperienza della sconfitta del 18 aprile segnò una cesura. Dopo il 1948 fu sostanzialmente abbandonato il tentativo di imbastire una risposta propagandistica organizzata e diretta all’ostilità cattolica, attraverso la riduzione della Chiesa istituzionale a strumento di lotta di classe internazionale e la rivendicazione della corretta interpretazione dello spirito cristiano ed evangelico; i giornali più legati alla tradizione laicista continuarono ad ospitare interventi polemici meno duri, mentre i mezzi di comunicazione i cui contenuti erano più direttamente controllati dalla propaganda comunista abbandonarono i riferimenti alla Chiesa che non fossero originati da una risposta agli strali provenienti dal cattolicesimo organizzato. Nel corso dei primi anni Cinquanta, però, il riferimento ad aspetti della vita associata apparentemente non politici non scomparve nelle polemiche comuniste: esso, piuttosto, si trasferì sul piano della critica alla moralità e all’onesta degli avversari.
[NOTE]
433 Per alcune informazioni sulle pressioni cattoliche contro le manifestazioni pubbliche del culto protestante negli anni successivi al 1948, cfr. l’ampia documentazione raccolta in P. Soddu, L’Italia del dopoguerra cit., passim e spec. Pp. 99 e ss.
434 Per un es. della ripresa di questo genere di critiche sulla stampa di partito comunista, cfr. A. Iacoviello, “Hanno adoperato la Madonna per fare un comizio elettorale”, L’Unità, 14/III/1948, p. 3.
435 Don Basilio, III, 76, 22/II/1948, p. 1.
436 Don Basilio, III, 80, 21/III/1948, p. 2.
437 Cfr. ad es. A. Pasquali Lasagni, “Discutibili aspetti della fede”, Il Paese, 18/XII/1950, p. 5.
438 Cfr. ad es. R. Guarini, “Un monsignore sgozzato dall’amante che non voleva abortire per la terza volta”, Il Paese, 14/II/1953, pp. 1 e 6.
439 Il racconto è cit. in A. Chiesa, La satira politica cit., p. 21.
440 “Cattolicesimo e comunismo”, Il Quotidiano, 5/X/1945, p. 1.
441 Cfr. N. Poli, “Aperta la Porta Santa da un cardinale diciassettenne”, Avanti!, 26/IV/1950, p. 3.
442 Id., “Sfuggivano alle persecuzioni solo ‘quelle’ di alto rango”, Avanti!, 2/III/1950, p. 3.
443 V. Riderelli, “Era pericolosa sotto il governo papale la professione di giornalista”, Avanti!, 10/V/1950, p. 3.
444 Altri articoli di questa serie sono Id., “Vietato sparlare delle autorità anche se ciò che si scrive è vero”, Avanti!, 12/V/1950, p. 3, e “«Dacci un papa miglior, Spirito Santo, che ci ami, tema Dio né campi tanto»”, Avanti!, 13/V/1950, p. 3.
445 Cfr. ad es. A. Brugnola, “L’acre commento di Pasquino per la morte di papa Ghisleri”, Il Paese, 9/VIII/1950, p. 3.
446 M. Alessandrini, “Avignone «colosso feudale» pieno d’intrighi e di corruzione”, Il Paese, 7/IV/1952, p. 5.
447 G. Gabrielli, “Sisto IV contro il ‘Magnifico’ in lotta sanguinosa e spietata”, Il Paese, 8/XI/1950, p. 3.
448 M. Alessandrini, “Deriso per le sue origini di porcaro il futuro papa strappò l’orecchio a un collega”, Il Paese, 16/VI/1950, p. 3, e Id., “Cinque anni di galera per un candido bacio”, Il Paese, 27/VII/1950, p. 3.
449 G. Pozzi, “Processo ad un umanista per ingiurie contro Roma”, Il Paese, 14/III/1951, p. 3, e G. Lupi, “Tra Giulio II iroso e Leone X apatico l’Ariosto diffidò della corte papale”, Il Paese, 3/II/1953, p. 3.
450 S. Baldioli, “Giosuè fermò il Sole dunque esso gira e se è il sole che gira la Terra sta ferma”, Il Paese, 30/XII/1950, p. 3.
451 Spartaco, “Il Sillabo”, Il Paese, 2/I/1951, p. 3.
452 Cfr. G. Lupi, “Un succedersi di colpi mortali dati e ricevuti col sorriso sulle labbra”, Il Paese, 17/XII/1952, p. 3, e L. Callari, “Un maiale scannato per la salute del cardinale”, Il Paese, 19/I/1953, p. 7.
Andrea Mariuzzo, Comunismo e anticomunismo in Italia (1945-1953). Strategie comunicative e conflitto politico, Tesi di Perfezionamento, Scuola Normale Superiore - Pisa, 2006