Durante l’ultimo anno di mandato, il governo conservatore di Edward Heath si trova ad affrontare una serie di crisi il cui sovrapporsi contribuisce a diffondere nel Paese la sensazione che, per la prima volta nella storia, la GranBretagna si trovi allo sbando, senza una direzione precisa da seguire e senza quella sicurezza sociale ed economica che l’aveva contraddistinta fino a quel momento. Le difficoltà legate all’aumento dei prezzi e dell’inflazione, all’irrisolta crisi in Irlanda del nord, alla contestazione da parte dei sindacati dei minatori e ai conseguenti scioperi, problematiche che sembrano convergere e sovrapporsi nei primi mesi del 1974, culminano simbolicamente con i tagli dell’energia elettrica e con l’introduzione della settimana corta (la cosiddetta “three-day week”) in seguito all’aumento del prezzo del petrolio e all’embargo dei Paesi dell’OPAC, una crisi annunciata da mesi, che tuttavia rappresenta per l’opinione pubblica uno shock senza precedenti nel secondo dopoguerra <408.
Una situazione, questa, della quale il partito di governo mostra di essere consapevole, al punto che la campagna mediatica per le elezioni del 1974 si serve di uno slogan che rimane nel tempo a simboleggiare, da un lato, questa crisi istituzionale e, dall’altro, il braccio di ferro con i sindacati: “Who governs Britain”? <409 La risposta a questo interrogativo, che non appare allora affatto scontata, finisce per ritorcersi contro lo stesso Heath protagonista di quella che viene definita dai media e dagli osservatori una “backfiring campaign”.
Margaret Thatcher, a quel punto ancora in carica come ministro dell’Istruzione e della Scienza, non è ancora emersa in seno al partito come una personalità decisiva per le sorti dei conservatori. Dello stile d’azione e di governo determinato e poco incline al compromesso, che nel giro di qualche anno inizierà a essere indicato come “thatcherismo”, non si vedono i segni, se non andando a rintracciarli a posteriori. Thatcher è una figura rispettata nella scena politica e tuttavia ancora marginale, come dimostrano sia la sua esclusione dal gruppo dirigente che si era occupato di rappresentare nei media nazionali il volto del partito in vista delle elezioni del 1970, sia le interviste rilasciate durante gli anni di governo dei Tory (1970-1974), incentrate sulla sua vita personale piuttosto che sulle policy proposte nel campo dell’istruzione.
Da un verbale “segreto” destinato alla circolazione interna all’apparato amministrativo statunitense, che riporta la conversazione intercorsa durante un pranzo informale del giungo 1973 tra Thatcher e l’ambasciatore americano a Londra Walter Annenberg, si rileva quello che era in questa fase il giudizio pressoché unanime sull’unica donna del gabinetto di governo, in patria come all’estero. Se la solidità e la preparazione di Thatcher non vengono messi in discussione, si afferma nel report che il momento in cui si credeva che potesse un giorno diventare primo ministro della Gran Bretagna sembra tramontato e che, a quel punto, un simile scenario appare inverosimile. La performance di Thatcher al governo viene definita solida e rispettabile e, allo stesso tempo, non straordinaria (“unspectacular”), o non particolarmente sorprendente in termini positivi. Nel documento la si descrive come consapevole della moderata importanza del proprio ruolo e del fatto che, politicamente, il suo non è un ministero dalla gestione del quale possano derivare dei vantaggi per il futuro del partito. Se ne sottolinea certamente la tenacia e l’infaticabilità nel viaggiare per tutto il Paese per tenere comizi e incontri con l’elettorato e il supporto incondizionato al primo ministro Heath, a riprova del fatto, negato da Thatcher stessa nella propria autobiografia, che i rapporti tra i due non si erano ancora deteriorati in quel momento. La nota che precede il resoconto dettagliato dell’incontro e il giudizio di Thatcher sui singoli membri del governo, descrive la parlamentare come “quasi un archetipo” di una donna inquadrabile come leggermente a destra rispetto alla posizione del partito conservatore, le cui idee sono fortemente influenzate dal suo background culturale e dalla sua provenienza dalla middle-class. Thatcher viene ritenuta istruita, intelligente, “e persino sofisticata”, e le si attribuisce uno spiccato anti-intellettualismo, piuttosto diffuso al tempo tra i quadri del partito. Si raccomanda, infine, di leggere i giudizi che Thatcher fornisce sui propri colleghi <410 con “queste informazioni in mente”, ovvero tenendo conto della solidità politica della donna senza tuttavia attribuirle un’importanza eccessiva nel contesto degli equilibri del partito, sulle cui dinamiche ha a quel punto un’influenza piuttosto limitata <411.
Tra i commenti di Thatcher relativi a vari esponenti del gabinetto di governo, spicca quello relativo a Keith Joseph (1918-1994), tradizionalmente a destra rispetto alle posizioni del partito, monetarista convinto, critico del governo Heath in seguito all’U-turn e strenuo oppositore dell’interventismo statale nell’industria <412. Di quanto riportato su Joseph da Thatcher, che lo stima e ne condivide il pensiero politico, l’ambasciatore Annenberg annota: «She has tremendous admiration for Joseph and considers him brilliant, versatile, and full of further promises. She said he could handle any ministry and she was confident that he has been marked for higher responsibility» <413.
Sicuramente Thatcher pensava a Joseph come un probabile leader del partito o come primo ministro, in un periodo in cui ancora non attribuiva a se stessa la possibilità di ricoprire gli stessi incarichi, almeno da quanto si evince dalle interviste e dalle dichiarazioni pubbliche.
Per tutto il 1973 gran parte del 1974 Mrs. Thatcher è impegnata a sostenere la riforma della scuola e a presentare la posizione del partito sul futuro del sistema di istruzione britannico, attenendosi, se non con rare eccezioni, al proprio compito istituzionale, nell’esercizio del quale si dimostra, appunto, preparata e “instancabile”.
Durante i mesi in cui il gabinetto di governo conservatore discute la possibilità di andare alle urne prima della scadenza del mandato, una ipotesi nata dal crescente malcontento dell’opinione pubblica per la difficile fase di transizione attraversata dal Paese, Thatcher, che pure non si mostra critica verso il primo ministro, figura tra i membri dell’esecutivo che premono per una soluzione improntata alla determinazione, e dunque perché Heath consegni nelle mani degli elettori la soluzione alla crisi di legittimità che sembra caratterizzare il suo ultimo anno da primo ministro, mentre non appare apprezzare l’idea di un governo “nazionale” improntato al compromesso.
Il primo ministro uscente, consapevole della sfida che si presentava e del distacco dalla politica che il malcontento per l’operato del suo governo aveva favorito, aveva proposto, in caso di rielezione, un governo in cui alcuni dei ruoli chiave sarebbero stati affidati a personalità esterne al partito. La retorica conciliante del governo unitario non aveva incontrato il favore di una parte dell’esecutivo, che spingeva invece il primo ministro a non dissimulare la fine di quel consenso che per anni era stato il perno della vita politica britannica, ma, piuttosto, a esasperarla con una campagna dura e scevra di compromessi, considerata l’unico mezzo per opporsi una volta per tutte alle richieste avanzate dai sindacati dei minatori del carbone <414. Thatcher era tra questi <415.
Sebbene Heath sembrasse voler evitare una nuova competizione elettorale, con l’inizio dei nuovi scioperi dei minatori il 10 febbraio 1974 si era dovuto infine risolvere a fissare per il 28 febbraio una nuova chiamata alle urne che preoccupava i Labour tanto quanto i Tory <416. Se la campagna elettorale è accompagnata da un clima di incertezza e di esitazione, il manifesto conservatore sembra voler dare del partito un’immagine ben più assertiva, sin dal titolo: 'Firm action for a fair Britain (“Un’azione decisa per una Gran Bretagna giusta”)' <417.
[NOTE]
408 Nell’articolo di David McKie corrispondente politico di «The Guardian» del 31 dicembre 1973 (Tories “cooking the books”, p.1) si fa riferimento all’introduzione della settimana corta come a “una emergenza costruita a tavolino sulla base di una crisi energetica che non esiste” («Britain moves into three-day working today amid bitter allegations that the Government is merely staging an emergency exercise on the basis of a crisis which does not exist»). Il sospetto che si tratti di un espediente del governo per controllare i disordini sociali e per tagliare drasticamente le spese, partito dai rappresentanti dei sindacati, sembra essere confermato dallo scontro tra il ministro ombra dell’Industria e dei Trasporti Mr. Toy Benn e il primo ministro Heath («This suspicion, already voicd by some union leaders, lies behind the weekend clash between Mr. Tony Benn, Shadow Minister for Trade and Industry, and Mr. Heath. Mr. Benn challenged the Prime Minister to publish full information behind the Government’s decision at once»). Quest’ultimo era stato infatti invitato a rendere pubblici i dati sulla fornitura di energia elettrica, nonostante il presidente del consiglio (Lord President o the Council) avesse espressamente affermato che la three-day week era indispensabile perché le riserve energetiche potessero durare il tempo necessario a superare una crisi di cui non si intravvedeva la risoluzione. Alla richiesta di Mr. Benn Heath aveva risposto che la riserve di carbone ammontavano a 13 milioni di tonnellate alla data del 23 dicembre e andavano calando al ritmo di un milione di tonnellate a settimana, tre volte in più rispetto alla normalità. A questa dichiarazione, Mr. Benn, supportato dal leader dell’opposizione, il segretario del partito laburista Wilson, aveva ribattuto che l’introduzione della settimana corta avrebbe avuto effetti devastanti sul Paese, dai licenziamenti ai ritardi nei trasporti e che a subirne le conseguenze sarebbero stati soprattutto “gli anziani e i malati”. Nel bilancio tra le risorse che potevano essere investite per cedere alle richieste dei minatori e quelli dovuti al rallentamento della produttività, secondo l’opposizione, la seconda opzione era da ritenersi la più controproducente. A quest’accusa Heath aveva risposto che le misure restrittive erano state prese non per volontà personale del primo ministro ma in seguito alla decisione dei membri del governo di tentare di suddividere le scorte rimaste in moto tale che potessero durare fino alla fine della stagione invernale. Infine, in seguito alle supposizioni secondo le quali la settimana corta sarebbe rimasta in vigore per almeno sei settimane, Heath aveva annunciato che se era troppo presto per fare previsioni, sicuramente la disposizione sarebbe rimasta valida fino a quando i sindacati dei minatori non avessero interrotto gli scioperi e ripreso un normale ritmo lavorativo («Reports that the Government was already expecting the three-day week to run for at least six weeks were discounted in Whitehall yesterday as it was far too early to make such an assesment. In his reply to Mr. Benn, Mr. Heath said the three-day week would have to last until normal working was resumed by the miners and adequate supplies were available at power stations»). Il tono cospiratorio e le accuse al governo di aver inscenato una crisi petrolifera per “risistemare” i libri contabili avevano contribuito alla percezione della situazione da parte dell’opinione pubblica come non drammatica e non imminente. In realtà già diversi mesi prima una serie di articoli, anche dello stessa testata, avevano esposto nel dettaglio sia le conseguenze della guerra dello Yom Kippur sia gli effetti della decisione dell’Arabia Saudita di non riconoscere più la sterlina come settlement currency sul tasso di svalutazione del pound (Si veda, per esempio, Peter Hillmore, Crisis in oil draws closer, in «The Guardian», 24 ottobre 1973, p.1). Anche nell’ambito della produzione culturale la crisi petrolifera assume un ruolo preponderante, fornendo il pretesto per la rappresentazione della disillusione dei cittadini e per la descrizione di scenari foschi per il Paese, come dimostra in quegli anni il cinema mainstream, a partire dal film della serie su James Bond The Man with the Golden Gun del 1974. Se da un lato il nucleare veniva presentato come l’alternativa “pulita” al petrolio e al carbone, dall’altro si affermava un sentimento collettivo di consapevolezza dei danni legati all’inquinamento provocati dalle industrie (Black, J., Britain since the Seventies. Politics and Society in the Consumer Age, Reaktion Books, Londra, 2004, p. 78).
409 Sull’interpretazione dei fatti principali del 1974, con le sue due elezioni, la mancanza di una maggioranza, lo spostamento del voto dai due partiti tradizionali e come punto di rottura della storica stabilità britannica si veda il volume (che prende il nome dallo slogano usato da Heath, Who governs Britain?, Pelican, Londra, 2015) dedicato dallo storico Anthony King al periodo in questione.
410 Tra gli MP sui queli Thatcher si esprime ci sono John Gummer, Geoffrey Howe, Lord Windelsham, Peter Walker, Keith Joseph e Reginald Maudling e John Biffen.
411 Si legge nel report: «The only woman in the cabinet, Mrs. Thatcher’s performance has been solid, respectable and unspectacular. She has not sought to introduce radical remedies to deal with Britain’s problems in education and science. Believing strongly that educational policy is not an issue on which her party could expect to gain political advantage, she has concentrated, with remarkable self-confidence, on making sure it does not become a disadvantage. She is a strong supporter of Heath and undoubtedly is a very real political asset to the Government. She is one of the workhorses of the Government and is constantly touring the country defending its policy». E ancora: «Once touted as a potential first woman Prime Minister, it is most doubtful that she could, or does, realistically expect to lead her party. But she carries weight within Tory Party councils and can be expected to continue to play an influential role. Mrs. Thatcher is an almost archetypal, slightly to the right-of-centre Tory whose views are strongly influenced by her own middle-class background and experience. A well-educated, intelligent and even sophisticated woman herself, Mrs. Thatcher shares with others in her party a certain anti-intellectual bias. Her views on her party colleagues are interesting but should be read with the above in mind». Il documento, desegretato nel 1998, e intitolato Margaret Thatcher’s Views on Politics and Tory Personalities, è conservato presso l’archivio del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (US National Archives II, State Department Files, RG59, Central File 1970-3, Box 2652).
412 Keith Joseph (1918-1994), avvocato e politico conservatore. Ricopre diversi ruoli minori nel governo di Macmillan. In seguito al rimpasto di governo seguito alla “notte dei lunghi coltelli” nel 1962 diventa Minister of Housing and Board of Trade; portavoce dei ministeri ombra dei Servici Sociali e in seguito del Lavoro durante l’era Heath. Dopo la vittoria del 1970 diventa segretario di Stato per i Servizi Sociali. Personaggio centrale nella conferenza di Selsdon, fortemente influenzata dal suo approccio, rimangono alla storia i suoi due discorsi pronunciati a cavallo tra le elezioni del febbraio 1974 e quelle di ottobre dello stesso anno (Upminster Speech e Preston Speech, dei quali si parlerà più avanti in questo capitolo). Proprio nel corso di questi discorsi annuncia la fondazione, insieme a Margaret Thatcher, del Centre for Policy Studies.
413 «Nutre una incredibile ammirazione per Joseph, che considera brillante, versatile e pieno di sorprese per il futuro. [Thatcher] ha affermato che lui potrebbe gestire qualunque ministero e si è detta sicura che sia destinato a incarichi più alti» (Ibid.).
14 La nuova fase di tensione con i lavoratori dell’industria mineraria del carbone era stata scatenata dal disaccordo sullo Stage 3 del negoziato sui salari, con i sindacati che avevano rifiutato un ulteriore incremento del 13 per cento proposto dal National Coal Board e che suggerivano di trattare il caso dei minatori come un caso speciale, al fine di evitare che il governo subisse un numero ingestibile di richieste dello stesso tipo da altre union se i minatori avessero avuto la meglio. In questo senso, una vittoria schiacciante dei conservatori alle elezioni del 1974 avrebbe rappresentato per Heath e per i Tory la parola definitiva nella disputa con le Union.
415 Nella sua unica apparizione in un programma nazionale durante la campagna elettorale, l’Election Call della BBC, Thatcher inizia a manifestare i propri dubbi in merito a un governo di unità nazionale, sostenendo che non necessariamente riunire le migliori menti del Paese avrebbe garantito che queste si sarebbero trovate d’accordo sulle strategie di governo («I think it’s a false assumption that if you get a government of all the best brains, the best brains will agree what to do»). In un’intervista rilasciata pochi giorni dopo al «Daily Express», Thatcher si riferisce alla propria crescente insofferenza e al proprio carattere combattivo, seppur nascosto dietro un “rivestimento di zucchero” con l’espressione «there’s a bit of though steel that’s me» (l’intervista è disponibile presso l’archivio della fondazione Thatcher esclusivamente su supporto audiovisivo - Inteview for Daily Express, “Under all that sugar - a bit of thoughsteel”, 20 febbraio 1974. La trascrizione è citata in Moore, C., Not for Turning, cit., p. 247).
416 Child, D., Britain since 1945, cit., p. 239. Sulle ragioni che convincono Heath della necessità di andare a elezioni anticipate e sul ruolo ricoperto dalle dispute sindacali e dall’aumento del prezzo del petrolio si veda: Ian Aitken, Oil price, not miners, “made Heath call election”, in «The Guardian», 19 febbraio 1979, p. 2.
417 Il manifesto è conservato al Staffondshire and Stock-on-Trent Archive Service, William Salt Library (135/95).
Eva Garau, Margaret Thatcher. Formazione e ascesa di un leader, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Cagliari, Anno accademico 2014-2015
Una situazione, questa, della quale il partito di governo mostra di essere consapevole, al punto che la campagna mediatica per le elezioni del 1974 si serve di uno slogan che rimane nel tempo a simboleggiare, da un lato, questa crisi istituzionale e, dall’altro, il braccio di ferro con i sindacati: “Who governs Britain”? <409 La risposta a questo interrogativo, che non appare allora affatto scontata, finisce per ritorcersi contro lo stesso Heath protagonista di quella che viene definita dai media e dagli osservatori una “backfiring campaign”.
Margaret Thatcher, a quel punto ancora in carica come ministro dell’Istruzione e della Scienza, non è ancora emersa in seno al partito come una personalità decisiva per le sorti dei conservatori. Dello stile d’azione e di governo determinato e poco incline al compromesso, che nel giro di qualche anno inizierà a essere indicato come “thatcherismo”, non si vedono i segni, se non andando a rintracciarli a posteriori. Thatcher è una figura rispettata nella scena politica e tuttavia ancora marginale, come dimostrano sia la sua esclusione dal gruppo dirigente che si era occupato di rappresentare nei media nazionali il volto del partito in vista delle elezioni del 1970, sia le interviste rilasciate durante gli anni di governo dei Tory (1970-1974), incentrate sulla sua vita personale piuttosto che sulle policy proposte nel campo dell’istruzione.
Da un verbale “segreto” destinato alla circolazione interna all’apparato amministrativo statunitense, che riporta la conversazione intercorsa durante un pranzo informale del giungo 1973 tra Thatcher e l’ambasciatore americano a Londra Walter Annenberg, si rileva quello che era in questa fase il giudizio pressoché unanime sull’unica donna del gabinetto di governo, in patria come all’estero. Se la solidità e la preparazione di Thatcher non vengono messi in discussione, si afferma nel report che il momento in cui si credeva che potesse un giorno diventare primo ministro della Gran Bretagna sembra tramontato e che, a quel punto, un simile scenario appare inverosimile. La performance di Thatcher al governo viene definita solida e rispettabile e, allo stesso tempo, non straordinaria (“unspectacular”), o non particolarmente sorprendente in termini positivi. Nel documento la si descrive come consapevole della moderata importanza del proprio ruolo e del fatto che, politicamente, il suo non è un ministero dalla gestione del quale possano derivare dei vantaggi per il futuro del partito. Se ne sottolinea certamente la tenacia e l’infaticabilità nel viaggiare per tutto il Paese per tenere comizi e incontri con l’elettorato e il supporto incondizionato al primo ministro Heath, a riprova del fatto, negato da Thatcher stessa nella propria autobiografia, che i rapporti tra i due non si erano ancora deteriorati in quel momento. La nota che precede il resoconto dettagliato dell’incontro e il giudizio di Thatcher sui singoli membri del governo, descrive la parlamentare come “quasi un archetipo” di una donna inquadrabile come leggermente a destra rispetto alla posizione del partito conservatore, le cui idee sono fortemente influenzate dal suo background culturale e dalla sua provenienza dalla middle-class. Thatcher viene ritenuta istruita, intelligente, “e persino sofisticata”, e le si attribuisce uno spiccato anti-intellettualismo, piuttosto diffuso al tempo tra i quadri del partito. Si raccomanda, infine, di leggere i giudizi che Thatcher fornisce sui propri colleghi <410 con “queste informazioni in mente”, ovvero tenendo conto della solidità politica della donna senza tuttavia attribuirle un’importanza eccessiva nel contesto degli equilibri del partito, sulle cui dinamiche ha a quel punto un’influenza piuttosto limitata <411.
Tra i commenti di Thatcher relativi a vari esponenti del gabinetto di governo, spicca quello relativo a Keith Joseph (1918-1994), tradizionalmente a destra rispetto alle posizioni del partito, monetarista convinto, critico del governo Heath in seguito all’U-turn e strenuo oppositore dell’interventismo statale nell’industria <412. Di quanto riportato su Joseph da Thatcher, che lo stima e ne condivide il pensiero politico, l’ambasciatore Annenberg annota: «She has tremendous admiration for Joseph and considers him brilliant, versatile, and full of further promises. She said he could handle any ministry and she was confident that he has been marked for higher responsibility» <413.
Sicuramente Thatcher pensava a Joseph come un probabile leader del partito o come primo ministro, in un periodo in cui ancora non attribuiva a se stessa la possibilità di ricoprire gli stessi incarichi, almeno da quanto si evince dalle interviste e dalle dichiarazioni pubbliche.
Per tutto il 1973 gran parte del 1974 Mrs. Thatcher è impegnata a sostenere la riforma della scuola e a presentare la posizione del partito sul futuro del sistema di istruzione britannico, attenendosi, se non con rare eccezioni, al proprio compito istituzionale, nell’esercizio del quale si dimostra, appunto, preparata e “instancabile”.
Durante i mesi in cui il gabinetto di governo conservatore discute la possibilità di andare alle urne prima della scadenza del mandato, una ipotesi nata dal crescente malcontento dell’opinione pubblica per la difficile fase di transizione attraversata dal Paese, Thatcher, che pure non si mostra critica verso il primo ministro, figura tra i membri dell’esecutivo che premono per una soluzione improntata alla determinazione, e dunque perché Heath consegni nelle mani degli elettori la soluzione alla crisi di legittimità che sembra caratterizzare il suo ultimo anno da primo ministro, mentre non appare apprezzare l’idea di un governo “nazionale” improntato al compromesso.
Il primo ministro uscente, consapevole della sfida che si presentava e del distacco dalla politica che il malcontento per l’operato del suo governo aveva favorito, aveva proposto, in caso di rielezione, un governo in cui alcuni dei ruoli chiave sarebbero stati affidati a personalità esterne al partito. La retorica conciliante del governo unitario non aveva incontrato il favore di una parte dell’esecutivo, che spingeva invece il primo ministro a non dissimulare la fine di quel consenso che per anni era stato il perno della vita politica britannica, ma, piuttosto, a esasperarla con una campagna dura e scevra di compromessi, considerata l’unico mezzo per opporsi una volta per tutte alle richieste avanzate dai sindacati dei minatori del carbone <414. Thatcher era tra questi <415.
Sebbene Heath sembrasse voler evitare una nuova competizione elettorale, con l’inizio dei nuovi scioperi dei minatori il 10 febbraio 1974 si era dovuto infine risolvere a fissare per il 28 febbraio una nuova chiamata alle urne che preoccupava i Labour tanto quanto i Tory <416. Se la campagna elettorale è accompagnata da un clima di incertezza e di esitazione, il manifesto conservatore sembra voler dare del partito un’immagine ben più assertiva, sin dal titolo: 'Firm action for a fair Britain (“Un’azione decisa per una Gran Bretagna giusta”)' <417.
[NOTE]
408 Nell’articolo di David McKie corrispondente politico di «The Guardian» del 31 dicembre 1973 (Tories “cooking the books”, p.1) si fa riferimento all’introduzione della settimana corta come a “una emergenza costruita a tavolino sulla base di una crisi energetica che non esiste” («Britain moves into three-day working today amid bitter allegations that the Government is merely staging an emergency exercise on the basis of a crisis which does not exist»). Il sospetto che si tratti di un espediente del governo per controllare i disordini sociali e per tagliare drasticamente le spese, partito dai rappresentanti dei sindacati, sembra essere confermato dallo scontro tra il ministro ombra dell’Industria e dei Trasporti Mr. Toy Benn e il primo ministro Heath («This suspicion, already voicd by some union leaders, lies behind the weekend clash between Mr. Tony Benn, Shadow Minister for Trade and Industry, and Mr. Heath. Mr. Benn challenged the Prime Minister to publish full information behind the Government’s decision at once»). Quest’ultimo era stato infatti invitato a rendere pubblici i dati sulla fornitura di energia elettrica, nonostante il presidente del consiglio (Lord President o the Council) avesse espressamente affermato che la three-day week era indispensabile perché le riserve energetiche potessero durare il tempo necessario a superare una crisi di cui non si intravvedeva la risoluzione. Alla richiesta di Mr. Benn Heath aveva risposto che la riserve di carbone ammontavano a 13 milioni di tonnellate alla data del 23 dicembre e andavano calando al ritmo di un milione di tonnellate a settimana, tre volte in più rispetto alla normalità. A questa dichiarazione, Mr. Benn, supportato dal leader dell’opposizione, il segretario del partito laburista Wilson, aveva ribattuto che l’introduzione della settimana corta avrebbe avuto effetti devastanti sul Paese, dai licenziamenti ai ritardi nei trasporti e che a subirne le conseguenze sarebbero stati soprattutto “gli anziani e i malati”. Nel bilancio tra le risorse che potevano essere investite per cedere alle richieste dei minatori e quelli dovuti al rallentamento della produttività, secondo l’opposizione, la seconda opzione era da ritenersi la più controproducente. A quest’accusa Heath aveva risposto che le misure restrittive erano state prese non per volontà personale del primo ministro ma in seguito alla decisione dei membri del governo di tentare di suddividere le scorte rimaste in moto tale che potessero durare fino alla fine della stagione invernale. Infine, in seguito alle supposizioni secondo le quali la settimana corta sarebbe rimasta in vigore per almeno sei settimane, Heath aveva annunciato che se era troppo presto per fare previsioni, sicuramente la disposizione sarebbe rimasta valida fino a quando i sindacati dei minatori non avessero interrotto gli scioperi e ripreso un normale ritmo lavorativo («Reports that the Government was already expecting the three-day week to run for at least six weeks were discounted in Whitehall yesterday as it was far too early to make such an assesment. In his reply to Mr. Benn, Mr. Heath said the three-day week would have to last until normal working was resumed by the miners and adequate supplies were available at power stations»). Il tono cospiratorio e le accuse al governo di aver inscenato una crisi petrolifera per “risistemare” i libri contabili avevano contribuito alla percezione della situazione da parte dell’opinione pubblica come non drammatica e non imminente. In realtà già diversi mesi prima una serie di articoli, anche dello stessa testata, avevano esposto nel dettaglio sia le conseguenze della guerra dello Yom Kippur sia gli effetti della decisione dell’Arabia Saudita di non riconoscere più la sterlina come settlement currency sul tasso di svalutazione del pound (Si veda, per esempio, Peter Hillmore, Crisis in oil draws closer, in «The Guardian», 24 ottobre 1973, p.1). Anche nell’ambito della produzione culturale la crisi petrolifera assume un ruolo preponderante, fornendo il pretesto per la rappresentazione della disillusione dei cittadini e per la descrizione di scenari foschi per il Paese, come dimostra in quegli anni il cinema mainstream, a partire dal film della serie su James Bond The Man with the Golden Gun del 1974. Se da un lato il nucleare veniva presentato come l’alternativa “pulita” al petrolio e al carbone, dall’altro si affermava un sentimento collettivo di consapevolezza dei danni legati all’inquinamento provocati dalle industrie (Black, J., Britain since the Seventies. Politics and Society in the Consumer Age, Reaktion Books, Londra, 2004, p. 78).
409 Sull’interpretazione dei fatti principali del 1974, con le sue due elezioni, la mancanza di una maggioranza, lo spostamento del voto dai due partiti tradizionali e come punto di rottura della storica stabilità britannica si veda il volume (che prende il nome dallo slogano usato da Heath, Who governs Britain?, Pelican, Londra, 2015) dedicato dallo storico Anthony King al periodo in questione.
410 Tra gli MP sui queli Thatcher si esprime ci sono John Gummer, Geoffrey Howe, Lord Windelsham, Peter Walker, Keith Joseph e Reginald Maudling e John Biffen.
411 Si legge nel report: «The only woman in the cabinet, Mrs. Thatcher’s performance has been solid, respectable and unspectacular. She has not sought to introduce radical remedies to deal with Britain’s problems in education and science. Believing strongly that educational policy is not an issue on which her party could expect to gain political advantage, she has concentrated, with remarkable self-confidence, on making sure it does not become a disadvantage. She is a strong supporter of Heath and undoubtedly is a very real political asset to the Government. She is one of the workhorses of the Government and is constantly touring the country defending its policy». E ancora: «Once touted as a potential first woman Prime Minister, it is most doubtful that she could, or does, realistically expect to lead her party. But she carries weight within Tory Party councils and can be expected to continue to play an influential role. Mrs. Thatcher is an almost archetypal, slightly to the right-of-centre Tory whose views are strongly influenced by her own middle-class background and experience. A well-educated, intelligent and even sophisticated woman herself, Mrs. Thatcher shares with others in her party a certain anti-intellectual bias. Her views on her party colleagues are interesting but should be read with the above in mind». Il documento, desegretato nel 1998, e intitolato Margaret Thatcher’s Views on Politics and Tory Personalities, è conservato presso l’archivio del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (US National Archives II, State Department Files, RG59, Central File 1970-3, Box 2652).
412 Keith Joseph (1918-1994), avvocato e politico conservatore. Ricopre diversi ruoli minori nel governo di Macmillan. In seguito al rimpasto di governo seguito alla “notte dei lunghi coltelli” nel 1962 diventa Minister of Housing and Board of Trade; portavoce dei ministeri ombra dei Servici Sociali e in seguito del Lavoro durante l’era Heath. Dopo la vittoria del 1970 diventa segretario di Stato per i Servizi Sociali. Personaggio centrale nella conferenza di Selsdon, fortemente influenzata dal suo approccio, rimangono alla storia i suoi due discorsi pronunciati a cavallo tra le elezioni del febbraio 1974 e quelle di ottobre dello stesso anno (Upminster Speech e Preston Speech, dei quali si parlerà più avanti in questo capitolo). Proprio nel corso di questi discorsi annuncia la fondazione, insieme a Margaret Thatcher, del Centre for Policy Studies.
413 «Nutre una incredibile ammirazione per Joseph, che considera brillante, versatile e pieno di sorprese per il futuro. [Thatcher] ha affermato che lui potrebbe gestire qualunque ministero e si è detta sicura che sia destinato a incarichi più alti» (Ibid.).
14 La nuova fase di tensione con i lavoratori dell’industria mineraria del carbone era stata scatenata dal disaccordo sullo Stage 3 del negoziato sui salari, con i sindacati che avevano rifiutato un ulteriore incremento del 13 per cento proposto dal National Coal Board e che suggerivano di trattare il caso dei minatori come un caso speciale, al fine di evitare che il governo subisse un numero ingestibile di richieste dello stesso tipo da altre union se i minatori avessero avuto la meglio. In questo senso, una vittoria schiacciante dei conservatori alle elezioni del 1974 avrebbe rappresentato per Heath e per i Tory la parola definitiva nella disputa con le Union.
415 Nella sua unica apparizione in un programma nazionale durante la campagna elettorale, l’Election Call della BBC, Thatcher inizia a manifestare i propri dubbi in merito a un governo di unità nazionale, sostenendo che non necessariamente riunire le migliori menti del Paese avrebbe garantito che queste si sarebbero trovate d’accordo sulle strategie di governo («I think it’s a false assumption that if you get a government of all the best brains, the best brains will agree what to do»). In un’intervista rilasciata pochi giorni dopo al «Daily Express», Thatcher si riferisce alla propria crescente insofferenza e al proprio carattere combattivo, seppur nascosto dietro un “rivestimento di zucchero” con l’espressione «there’s a bit of though steel that’s me» (l’intervista è disponibile presso l’archivio della fondazione Thatcher esclusivamente su supporto audiovisivo - Inteview for Daily Express, “Under all that sugar - a bit of thoughsteel”, 20 febbraio 1974. La trascrizione è citata in Moore, C., Not for Turning, cit., p. 247).
416 Child, D., Britain since 1945, cit., p. 239. Sulle ragioni che convincono Heath della necessità di andare a elezioni anticipate e sul ruolo ricoperto dalle dispute sindacali e dall’aumento del prezzo del petrolio si veda: Ian Aitken, Oil price, not miners, “made Heath call election”, in «The Guardian», 19 febbraio 1979, p. 2.
417 Il manifesto è conservato al Staffondshire and Stock-on-Trent Archive Service, William Salt Library (135/95).
Eva Garau, Margaret Thatcher. Formazione e ascesa di un leader, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Cagliari, Anno accademico 2014-2015