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lunedì 17 giugno 2024

Sciascia illuminista, Guttuso esuberante


«Ho conosciuto benissimo Renato Guttuso: e posso dirlo non solo per i frequenti incontri, la lunga confidenza, la simpatia e l’affetto che avevo per lui, ma anche - e soprattutto - perché il nostro essere d’accordo nel giudicare persone, fatti e libri nella loro immediata verità, se appena tentavamo di risalire ai principi, diventava fondamentale e profonda discordia». <174
Più che mai simili in moltissimi contenuti, come l'attaccamento alla loro terra, l'interesse per una giustizia sociale, il rinnovamento di istituzioni superate. Personalmente non potevano essere più diversi: Sciascia illuminista, costante seguace del filo della ragione, uomo riservato; Guttuso esuberante, di temperamento passionale a volte volubile, perennemente in crisi, in cerca di compagnia, amici, amiche, movimento <175.
Sciascia non amava allontanarsi per periodi molto lunghi dalla Sicilia, mentre Guttuso trascorreva lunghi periodi lontano dalla sua terra, ma non se ne distacca mai emotivamente: quasi tutta la sua pittura ritorna alle vedute marine, ai ritratti, alle nature morte che sono radicati in Sicilia. Non a caso amava ripetere «Anche se dipingo una mela, c'è la Sicilia». <176
I rapporti di intensa e comprovata amicizia tra Renato Guttuso e Leonardo Sciascia, come noto, furono segnati nel 1979, da una rottura prettamente di carattere politico - definita dal comune amico Bruno Caruso il «fattaccio» <177 -, che tuttavia portò a un distacco molto sofferto tra i due. <178 Sciascia era stato consigliere comunale assieme a Guttuso a Palermo, eletto nel 1975 nelle liste del Pci, carica da cui si dimise dopo circa un anno e mezzo, mentre dal 1979 al 1983, in un momento di disapprovazione con il compromesso storico del Pci, diventò deputato al Parlamento nelle file del Partito Radicale. <179 In seguito, fatto che poi determinò la fine della storica amicizia, fu il noto misunderstanding con Berlinguer e Guttuso sul caso Moro riguardo alla questione delle responsabilità dei servizi segreti dell’Est nel rapimento. <180
Un rapporto che fino a quella data era stato segnato, pur nelle divergenze di vedute, da profonda amicizia, come emerge, ad esempio, da un intervista allo scrittore apparsa su “Critica Sociale” nel gennaio del 1978 dove, alla domanda sui legami personali e politici con Guttuso, Sciascia rispose: «Con Guttuso ho rapporti di profonda amicizia, mai incrinati dalla sua ortodossia e dal mio dissenso. In questo siamo entrambi molto siciliani». <181 Appena un anno dopo lo scrittore verrà smentito proprio dall'"ortodossia politica" del grande pittore che, nel maggio del 1979, in seguito alla candidatura di Sciascia nelle liste del Partito Radicale, scriverà: «Caro Leonardo, il senso di sgomento che ho provato nell'apprendere la notizia della tua candidatura nel PR mi ha fatto riflettere sulla misura e qualità della mia amicizia per te». <182 Una frase perentoria che dimostra quanto per il pittore le divergenze e la “contraddizione” nelle scelte politiche dello scrittore rappresentassero un muro invalicabile anche per i rapporti personali.
Ed è significativa, infatti, la risposta di Sciascia che chiarisce la propria visione in merito: "La tua preoccupazione e il tuo sgomento non vengono dallo scoprirmi in contraddizione: sono un modo e del tuo modo di vivere il comunismo, e del tuo modo di intendere l'amicizia. Tu dici “La notizia della tua candidatura nel PR mi ha fatto riflettere sulla misura e qualità della mia amicizia per te”. Al contrario, il tuo essere comunista negli anni del realismo socialista, durante la polemica Vittorini-Togliatti, di fronte ai fatti d'Ungheria e di Cecoslovacchia, in questi anni di compromesso storico, non mi hanno mai fatto riflettere sull'amicizia che sentivo per te anche prima di conoscerti e che poi ha trovato conferma nel conoscerti. [...] Un mio concittadino usava chiudere le discussioni con questa frase: “Siamo d'accordo, ma la pensiamo diversamente”. Anche noi, caro Renato, siamo d'accordo su tante cose: ma la pensiamo diversamente. Contentiamoci dell'essere d'accordo su qualche punto. E continuiamo, finchè si può, a pensarla diversamente". <183
Fin qui la storia nota delle loro divergenze politiche legate alla fase conclusiva dei loro rapporti. Ma è, tuttavia, in campo figurativo e letterario che emergono svariati punti di condivisione che vanno a comporre, nella loro varietà, il lungo sodalizio culturale intercorso fra i due prima del 1979. Tra gli artisti siciliani del Novecento, infatti, la figura di Guttuso è stata forse quella che più ha suscitato l'interesse, accanto a quello della critica ufficiale, di letterati e poeti, in varia misura adusi alla critica d'arte. Come emerge dalla vasta bibliografia su Guttuso, numerosi risultano gli scritti di letterati - in genere presentazioni e testi introduttivi a cataloghi di mostre - quali Alberto Moravia, Elio Vittorini, Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto, Pier Paolo Pasolini, Fernandez, Gesualdo Bufalino e Leonardo Sciascia. Dagli scritti di Elio Vittorini e Duilio Morosini nel catalogo della mostra milanese del 1942, <184 a quello di Pablo Neruda del 1954, <185 alla celebre monografia di Vittorini del 1960, <186 per non tacere poi di quelli di Alberto Moravia, <187 Pier Paolo Pasolini, <188 Giuseppe Ungaretti, <189 Elsa Morante e di altri scrittori. <190 Inutile, forse, aggiungere qui quanto le ragioni di questa diffusa attenzione siano da ricondurre alle comuni radici culturali dell'antifascismo, sulle quali si fonda gran parte della cultura italiana del secondo Novecento e a cui si deve, peraltro, quel clima culturale che vide un legame stringente e ideologico tra arte e letteratura, del quale risulta emblematico il sodalizio tra Sciascia e Guttuso.
Nell'acceso dibattito post-bellico tra realisti e astrattisti, dove la figura del pittore bagherese occupa un posto rilevante <191, Sciascia si schiera apertamente con i sostenitori del figurativismo, mantenendo tuttavia alcune riserve sulle posizioni estremiste di matrice marxista dell'amico. <192 E difatti, tempo dopo, in un'intervista dove gli veniva chiesto se condivideva l'estetica del “realismo socialista” della pittura di Guttuso, lo scrittore fermamente rispondeva: "No, e del resto, per un artista vero - qual è per esempio Guttuso - il “realismo socialista” non esiste. Guttuso è un grande pittore più quando fa “I tetti di Sicilia” che quando dipinge i “Funerali di Togliatti”. Le etichette esistono in senso deteriore, e per la la parte deteriore" <193.
Non è un caso, forse, che Sciascia scelga proprio un dipinto come "Paese del latifondo siciliano" del 1956, come illustrazione della copertina di uno dei suoi romanzi più celebri, "Il giorno della Civetta", pubblicato da Einaudi nel 1961 <194. Inoltre Sciascia, sin dai primi anni Cinquanta, dimostra il suo interesse per artisti dediti al realismo, anche di epoche precedenti, come attestano alcuni saggi e recensioni di questi anni: si ricordi, ad esempio, la recensione apparsa su “Galleria”, nel novembre del 1952, della monografia su Vincenzo Gemito di Fortunato Bellonzi e Renzo Frattarolo, dove ritroviamo espressa meglio la sua visione del realismo nell'arte: «la verità si fa arte e diventa più vera della stessa verità da cui muove» <195. O si consideri la sua recensione, anni dopo, alla mostra parigina di Courbet del 1977 al Grand Palais, dove, liberando l'artista dalla semplicistica etichetta di “realismo socialista” cui aveva contribuito un saggio di Louis Aragon, afferma: «i quadri dicono semplicemente la storia di un grande pittore, una storia ricca di contraddizioni, di ambiguità e di mistero quanto quella di ogni grande artista, in ogni tempo», per sgombrare poi il campo da ogni dubbio citando uno scritto del pittore del 1855, dove l'artista stesso affermava: «l'etichetta di realista mi è stata imposta così come agli uomini del 1830 è stata imposta quella di romantici (…) ho voluto semplicemente mettere nell'intera conoscenza della tradizione il sentimento ragionato e indipendente della mia individualità». <196
E qui si notano già le premesse di fondo della prospettiva sciasciana nei confronti del realismo, che sarà poi alla base della sua visione del realismo di Guttuso, con il quale lo scrittore entrerà in contatto nel secondo dopoguerra negli ambienti romani del Caffè Greco. In quegli anni Guttuso era già per molti artisti un punto di riferimento nodale e nel suo entourage romano gravitano artisti che poi saranno molto vicini a Sciascia. Si pensi allo scultore messinese Augusto Perez, assistente nel 1936 di Emilio Greco all'Accademia di Belle Arti a Napoli; oppure a Francesco e Antonello Trombadori (che fu anche fine scrittore); e, infine, a Bruno Caruso, i cui rapporti con Sciascia furono altrettanto significativi, non solo nel periodo romano. Lo studio di Guttuso di via Margutta a Roma, in quegli anni, era frequentato, inoltre, da artisti siciliani che ne sposano idealità etiche e politiche, come Carla Accardi, Ugo Attardi, e gli artisti della Scuola Romana, sulla quale Sciascia scriverà un articolo apparso nel 1983 sul “Corriere della Sera” <197.
Con l'inizio degli anni Sessanta si affievolisce in parte per Guttuso l'impegno politico a favore della riflessione, con un linguaggio alto, non più inquadrabile in categorie, che trova le proprie ragioni nel ricordo, testimoniato nel ciclo pittorico autobiografico. Sono gli anni che Crispolti definisce di “realismo esistenziale” <198, al quale Sciascia guarda con maggiore simpatia, come dimostra la sua attenzione per i dipinti del ciclo autobiografico dedicati ai “mostri” di Villa Palagonia, sulla quale anni dopo lo scrittore scriverà una nota introduttiva di particolare spessore storiografico. <199
I rapporti tra i due si intensificano negli anni Sessanta, con incontri a Roma, nello studio di Bruno Caruso, frequentato da altri artisti dell'entourage sciasciano: Fabrizio Clerici, Tono Zancanaro, Mino Maccari, Renzo Vespignani, Ugo Attardi, Carlo Levi e altri. E proprio in uno di questi incontri nasce l'idea della pubblicazione della cartella "Vietnam-Libertà", apparsa poi nel 1968, alla quale aderirono con le loro incisioni Attardi, Guttuso, Levi e Vespignani, introdotte dal testo di Sciascia. <200
Sempre negli stessi anni i due si ritrovano spesso nelle gallerie d'arte palermitane, prima fra tutte “Arte al Borgo” di Eustachio, e poi del figlio Maurilio Catalano. <201 Non va poi dimenticata la collaborazione di Sciascia al quotidiano “L'Ora” di Vittorio Nisticò, dove proprio in quegli anni lo scrittore andava pubblicando elzeviri, articoli su vari artisti, recensioni di mostre e altro, contribuendo al clima mittleuropeo e aggiornato che la rivista si proponeva <202.
[NOTE]
174 L. Sciascia, Io lo conoscevo bene, “L'Espresso”, 11 ottobre, 1987, infra.
175 Per una aggiornata biografia di Guttuso si rimanda alla recente monografia biografica di Maria Antonietta Spadaro, cfr. M. A. Spadaro, Renato Guttuso, Palermo, Flaccovio, 2010.
176 G. Jackson, Nel labirinto di Sciascia, Edizioni La Vita Felice, Milano 2004, p. 202.
177 B. Caruso, Le giornate romane di Leonardo Sciascia, La Vita Felice, Milano 1997, p. 63.
178 Su questo punto cfr. L. Sciascia, Io lo conoscevo..., 1987.
179 A. Maori, Leonardo Sciascia: elogio dell'eresia, Edizioni La Vita Felice, Milano 1995, pp. 22-24.
180 Su questa vicenda cfr. L. Sciascia, A futura memoria: se la memoria ha un futuro, Bompiani, Milano 1989, pp. 102-105.
181 L. Sciascia, Intervista su “Critica Sociale”, gennaio 1978, ripubblicata in L. Sciascia, La palma va a nord, a cura di V. Vecellio, Gammalibri, Milano 1982, p.17.
182 Lettera di Renato Guttuso a Leonardo Sciascia, s.d., pubblicata su “La Repubblica”, maggio 1979.
183 Lettera di Leonardo Sciascia a Renato Guttuso, s.d., pubblicata su “La Repubblica”, maggio 1979.
184 E. Vittorini, D. Morosini, Disegni di Guttuso, Edizioni di Corrente, Milano 1942.
185 P. Neruda, A. Trombadori, Renato Guttuso, Vystavnì Sine Mànesa, Praga 1954.
186 E. Vittorini, Guttuso, Edizioni del Milione, Milano, 1960.
187 A. Moravia, F. Grasso, Renato Guttuso, Edizioni Il Punto, Palermo 1962.
188 P. P. Pasolini, Venti disegni di Renato Guttuso, Editori Riuniti, La Nuova Pesa, Roma 1962.
189 G. Ungaretti, Renato Guttuso, Zeichnungen 1930-1970, Propyläen Verlag, Berlino 1970.
190 É noto quanto estesa fosse la rete di amicizie di Guttuso in campo artistico e letterario: qui ci si limita a ricordare tra questi Picasso, di cui Guttuso era ospite almeno due volte l'anno, Neruda che fu testimone alle sue nozze con Mimise, «la persona che più l'ha capito e che più l'ha amato» come scrisse Sciascia.
191 Sul dibattito in ambito figurativo tra realismo e astrattismo nel secondo dopoguerra cfr. R. Bossaglia, La ripresa del dopoguerra: le varie tendenze, in Ead., L'arte nella cultura italiana del Novecento. Con un dizionario minimo degli artisti e dei critici, Laterza, Milano 2000, pp. 37-41.
192 La scelta di campo in favore del realismo, che fu naturalmente trasversale rispetto alla letteratura e alle arti visive, va intesa nel solco della cultura gramsciana che emergeva nella critica letteraria e figurativa dei primi anni Cinquanta attraverso riviste quali “Nuova Corrente”, “Nuovi Argomenti”, “L'esperienza poetica”, “Galleria”, “Il Selvaggio”, dove scrivevano Pasolini, Romanò, Roversi, Maccari, Guttuso stesso e Sciascia. Su questo punto cfr. M. Onofri, Storia di Sciascia, Editori Laterza, Roma 2004, pp. 33-34.
193 L. Sciascia, Intervista su “Critica Sociale”, gennaio 1978, cit., p. 17.
194 Cfr. Renato Guttuso, Paese del latifondo siciliano (1956). Illustrazione per la copertina dell’edizione originale di L. Sciascia, Il giorno della civetta, Einaudi, Torino 1961.
195 L. Sciascia, Recensione a F. Bellonzi, R. Frattarolo, Gemito, De Luca, Roma 1952, in «Galleria», III, 2, novembre 1952, pp. 61-62
196 Cfr. L. Sciascia, I misteri di Courbet, in Id., Fatti diversi di storia letteraria e civile, Adelphi, Milano 2009, pp. 202-208.
197 Cfr. L. Sciascia, Scuola Romana: una mostra per risvegliare una città, “Corriere della Sera”, 5 maggio 1983. Sulle frequentazioni dello studio romano di Guttuso negli anni del dopoguerra cfr. D. Favatella Lo Cascio (a cura di), Storie di amici e di arte. Opere dal Museo Renato Guttuso, catalogo della mostra (Bagheria-Vigevano 2004), Bagheria 2004, pp. 21-22.
198 E. Crispolti, Malinconie esistenziali di Guttuso, da Milano (1935), e suggerimenti parigini di Severini, da Roma (1937), ai Pasqualino, a Palermo (un frammento di storia dei "Quattro"), in Il presente si fa storia: scritti in onore di Luciano Caramel, a cura di C. De Carli, F. Tedeschi, Vita e Pensiero, Milano 2008, pp. 313-330.
199 F. Scianna, La villa dei mostri, introduzione di L. Sciascia, Einaudi, Torino 1977; lo stesso testo di Sciascia è ripubblicato in una versione più ampia in L. Sciascia, Cruciverba, Einaudi, Torino 1983, pp. 67-75.
200 Cfr. Vietnam libertà, Milano, Istituto Litografico Internazionale, 1968 [con 5 acqueforti originali di Bruno Caruso, Carlo Levi, Renato Guttuso, Renzo Vespignani, Ugo Attardi, in 90 esemplari]. Sull'argomento si veda A. Motta, Bruno Caruso negli scritti di Leonardo Sciascia, in Storia di un'amicizia. Scritti di Leonardo Sciascia sull'opera di Bruno Caruso, Kàlos, Palermo 2009, p. 124.
201 Le informazioni sull'assidua frequentazione di Sciascia della Galleria “Arte al Borgo”, negli anni Sessanta e Settanta, si devono a una piacevole conversazione verbale con Maurilio Catalano, che ringrazio vivamente. Sulle mostre degli anni Sessanta e Settanta nella galleria palermitana cfr. E. De Castro, “Arte al Borgo” 1963-1973: dieci anni di mostre a Palermo, in “Retablo”, I, 1999, 11, p. 7.
202 Al noto periodico palermitano “L’Ora”, fondato dall'imprenditore siciliano Ignazio Florio, nel corso della metà del Novecento ebbe tra le più autorevoli firme, per quanto concerne la critica d'arte, oltre a Sciascia, anche lo stesso Guttuso, e inoltre Maria Accascina, Adolfo Venturi, Emilio Cecchi e altri. Per un inquadramento generale del periodico citato cfr. G. De Marco, “L'Ora”. La cultura in Italia dalle pagine del quotidiano palermitano (1918-1930). Fonti del XX secolo, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, Milano 2007.
Giuseppe Cipolla, Leonardo Sciascia e le arti figurative in Sicilia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Palermo, 2010