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venerdì 28 giugno 2024

Carminati rappresenta l'apice di una piramide criminale


“In una situazione di crisi, occorre guardarsi dai pericoli ma saper riconoscere le opportunità” <43. Un piccolo estratto del celebre discorso che John F. Kennedy fece a Indianapolis nel 1959 e che a Roma incarna - più di chiunque altro - l'operato di una delle figure più influenti della malavita capitolina degli ultimi 40 anni: Massimo Carminati, noto ex terrorista NAR proselito della Banda della Magliana che da anni a Roma amalgama politica, affari e criminalità. La sua figura è inscindibilmente subordinata agli “anni di piombo” in cui lotta armata ed eversione di destra rappresentano il corollario che meglio contraddistingue “l'ultimo re di Roma” dagli anni '70 sino ad oggi, il suo nome albeggia prorompente nella cronaca nera della Capitale, una città succube delle più nefaste trame eversive e di lotta armata <44.
Esattamente come durante la seconda metà degli anni '70, in egual modo, nel decennio successivo il “re del mondo di mezzo” risulta essere l'epicentro delle cronache giudiziarie, una figura dominante, un interprete di spicco dell'ordita rete tra malavita, eversione ed estremismi. Successivamente agli anni della gioventù neofascista e in seguito al suo attivismo fra eversione e malavita, Massimo Carminati sovvertì il suo credo sostituendo obiettivi legati ad una concreta prospettiva economica, rispetto alla lotta ideologica che aveva contraddistinto la sua permanenza nei NAR, legandosi indissolubilmente a quella che passò alla storia sotto la celebre nomenclatura di “Banda della Magliana”, la quale tramite ingenti guadagni autofinanziati da rapine e altre operazioni altrettanto illecite, come l'usura e lo spaccio di droga, riuscì lentamente quanto alacremente in questa sorprendente scalata al potere <45.
Carminati rappresenta l'apice di una piramide criminale che è nata ed ha forgiato il proprio carattere nel cuore di Roma attraverso una progressiva escalation, riuscendo nell'intento di convertire una banda di semplici depredatori in un'imponente organizzazione criminale, che attraverso la forza di intimidazione riuscisse a portare al proprio cospetto uomini di Stato ed imprenditori <46.
Al suo nome sono legati alcuni dei misteri più controversi che hanno destabilizzato il nostro Paese, dal tentativo di depistaggio inerente alla strage di Bologna, al delitto del giornalista Mino Pecorelli, passando per l'omicidio di Fausto e Iaio a Milano fino ad arrivare al furto nel caveau di Piazzale Clodio <47 e viene giudicato responsabile per la rapina alla filiale della Chase Manhattan Bank di piazzale Marconi.
Carminati fu oggetto di numerosi processi, dai quali per la maggior parte dei casi ne uscì illeso. Un veterano nel traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco e manipolazioni di esplosivi sintetizzano con laconismo un curriculum criminale senza precedenti, Carminati si rende protagonista di furti, assassinii ed estorsioni, accusato dai tribunali di associazione a delinquere di stampo mafioso, invischiato in questioni legate alla detenzioni di armi - con la collaborazione del suo fedele braccio destro Riccardo Brugia - entrate a far parte dell'arsenale che la Banda della Magliana custodì con estrema cautela e ostentato riserbo nei sotterranei del Ministero della Sanità <48, alcune delle quali correlate alla strage della stazione ferroviaria di Bologna nel 1980.
Di fronte ai raccapriccianti trascorsi che lo hanno visto protagonista, l'interrogarsi su come egli abbia potuto raggiungere tanta fama senza alcuna opposizione nei vari ambienti politici e imprenditoriali risulta più che legittimo <49.
Massimo Carminati viene etichettato come il Re di questo “mondo di mezzo”, adulatore o spietato a seconda della convenienza e delle opportunità, in grado di strumentalizzare il proprio capitale criminale per suscitare autorevolezza nel campo dell'economia ma soprattutto in politica, si è arricchito beneficiando delle sue buone relazioni con la politica, servendosi del timore che circonda la sua figura mitizzata per ottenere quel che più desidera <50.
Carminati, con la fedele collaborazione dei suoi più servili affiliati tra i quali Salvatore Buzzi (presidente di un importante consorzio di cooperative) e Luca Odevaine (referente politico di spicco in materia d'immigrazione), era a capo di una ripartizione milionaria di fondi nel campo degli appalti e dei centri di accoglienza per gli immigrati. Da troppi anni ormai, per tutti, il Mediterraneo veste i panni di protagonista indiretto, coinvolto in una disgrazia perpetua con migliaia di morti: per Carminati tutto ciò ha sempre e solo rappresentato una grande opportunità per accrescere i suoi traffici criminali, avvalendosi dei fondi pubblici e comunitari destinati ai centri d'accoglienza per trasformare un'emergenza umanitaria come quella dei “barconi della speranza” in un business altisonante <51.
Per Carminati le suddette circostanze hanno rappresentato un'occasione atta a consolidare quella rete di relazioni grazie alle quali nel sottobosco romano è rinomato come “l'ultimo re di Roma” <52.
[NOTE]
43 Gatti, Claudio. (2014). Il business dei centri di accoglienza gestiti dalla mafia nera romana. Per l’inchiesta Terra di mezzo Carminati, Buzzi e Odevaine erano a capo di una spartizione milionaria di fondi. Cinquantamila.it.
44 Cifelli, Mauro. (2014). Massimo Carminati e la Capitale: dai Nar alla Banda della Magliana, la storia del “Nero”. Roma Today.
45 Cifelli, Mauro. (2014). Massimo Carminati e la Capitale: dai Nar alla Banda della Magliana, la storia del “Nero”. Roma Today.
46 Abbate, Lirio. (2014). Così Mafia Capitale voleva conquistare l’Italia. Tra tangenti, appalti e grazie a politici amici. L’Espresso.
47 Calandra, Raffaella. (2018). Le mani su Roma, dalla banda della Magliana fino a Mafia capitale. Il Sole 24 Ore.
48 Melani, Massimo. (2018). Italia, il Paese più corrotto in Europa. Ma il mondo non è rimasto sorpreso; chissà perché. Totalità.it
49 Melani, Massimo. (2018). Italia, il Paese più corrotto in Europa. Ma il mondo non è rimasto sorpreso; chissà perché. Totalità.it
50 Renzi, Valerio. (2014). La Mafia Capitale che regnava sul “mondo di mezzo” nelle intercettazioni di Carminati. Fanpage.it
51 Gatti, Claudio. (2014). Il business dei centri di accoglienza gestiti dalla mafia nera romana. Per l’inchiesta Terra di mezzo Carminati, Buzzi e Odevaine erano a capo di una spartizione milionaria di fondi. Cinquantamila.it.
52 Gatti, Claudio. (2014). Il business dei centri di accoglienza gestiti dalla mafia nera romana. Per l’inchiesta Terra di mezzo Carminati, Buzzi e Odevaine erano a capo di una spartizione milionaria di fondi. Cinquantamila.it.
Gianluca Righi, Mafia capitale e il business dei migranti, Tesi di laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico 2017-2018

Del procedimento giudiziario sulla P2, all’interno del quale sussisteva l’istruttoria sul caso Pecorelli, poi stralciata nel 1989, si conservano la requisitoria del pubblico ministero Giovanni Salvi e la sentenza istruttoria di proscioglimento del 15 novembre 1991 a favore di Massimo Carminati, Licio Gelli, Antonio Viezzer, Cristiano e Valerio Fioravanti.
Ilaria Moroni, Caso Pecorelli 1983-2003, Archivio Flamigni

Le sentenze riguardanti l'omicidio Pecorelli hanno visto l'assoluzione di tutti gli imputati: si tratta di Giulio Andreotti e Gaetano Badalamenti, come mandanti, e di diversi esponenti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, formazione eversiva di destra), come esecutori materiali, tra i quali spicca il nome di Massimo Carminati. De Cataldo, all'interno del romanzo, collega la responsabilità materiale dell'omicidio agli esponenti della destra armata e in particolare al personaggio del Nero, mentre rimane sul vago sulle responsabilità dei mandanti, dal momento che il Vecchio non è un personaggio assimilabile a nessuno degli imputati.
[...] «Il libro è abbastanza veritiero» <642: nessun magistrato, nessuno storico, nessun critico letterario, nemmeno lo stesso Giancarlo De Cataldo si sono mai spinti a dare un giudizio simile in merito a "Romanzo criminale". A farlo, in una conversazione intercettata dalla procura di Roma, è invece Massimo Carminati, ex terrorista dei Nar, a cui si ispira il personaggio del Nero. Nel dicembre del 2014, infatti, una vasta operazione di polizia, intitolata prima “Terra di
Mezzo” e poi “Mafia Capitale”, porta in carcere Carminati con l'accusa di essere a capo di una vasta rete criminale che coinvolge, attraverso estorsioni e gare di appalto truccate, membri delle cooperative, politici, poliziotti, ambienti della destra romana: una rete dunque non troppo lontana da quella che il Libanese, il Freddo e il Dandi costruiscono all'interno di "Romanzo criminale". L'operazione della polizia arriva in realtà dopo anni di inchieste giornalistiche sull'argomento, in particolare quelle del giornalista dell'Espresso Lirio Abbate. Il risultato delle indagini è inoltre ampiamente anticipato da "Suburra", il romanzo che De Cataldo scrive insieme a Carlo Bonini. L'arresto di Carminati avvia anche un processo opposto rispetto a quello di "Romanzo Criminale": nei giorni di “Mafia Capitale” è la cronaca a nutrirsi della finzione. Il 2 dicembre, subito dopo l'operazione di polizia, il giornalista Mauro Favale scrive dal suo profilo di Twitter, «Se so' bevuti er #Nero #Carminati». Al di là della battuta non è l'unico caso in cui il romanzo di De Cataldo viene ripreso all'interno degli articoli che narrano l'inchiesta, e se un articolo di Panorama titola “Massimo Carminati, il Nero di Romanzo Criminale”, altre testate si spingono oltre, come il caso della Stampa e di Internazionale, che utilizzano una foto della serie tv per accompagnare i titoli: un personaggio legato a vicende storiche e contemporanee, che ha ispirato un personaggio di fiction, assume su di sé l'identità pop che viene dalla finzione. Questo meccanismo ha un suo lato grottesco, come dimostra la stessa indagine, secondo cui due personaggi non identificati, «presumibilmente due poliziotti» <643, in un incontro con lo stesso Carminati si dicono affascinati dai suoi racconti riguardo gli avvenimenti del passato, dichiarando: «starei due giorni a sentirti» <644.
[NOTE]
642 G.I., “E il 'Guercio' parlò di De Cataldo. 'È abbastanza veritiero'”, Repubblica, 07/12/2014.
643 Giovanni Bianconi, “«Stai attento, sei sotto indagine». Quelle soffiate degli agenti al boss”,
04/12/2014, Corriere della Sera.
644 Federica Angeli, “Pool d'infedeli per 'il Guercio': agenti e carabinieri”, Repubblica, 04/12/2014.

Paolo La Valle, Raccontare la storia al tempo delle crisi, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015

16 Aprile 1993
Arrestati 55 componenti della banda della Magliana tra cui Ernesto Diotallevi, Massimo Carminati (ritenuto artefice del depistaggio nelle indagini sulla strage di Bologna), Enrico Nicoletti, collegati a fatti di mafia, eversione nera e alla loggia P2
[...]
4 agosto 1994
Il giudice Leonardo Grassi ha depositato la sentenza di rinvio a giudizio per la strage della stazione di Bologna e dell'Italicus e nel frattempo trasmette gli atti alla Procura perché continui le indagini sull'attentato al treno Italicus avvenuto nell'agosto del '74. Sono stati rinviati a giudizio per i depistaggi il capo del centro SISMI di Firenze Federico Mannucci Benincasa, il maggiore del SIOS Aeronautica Umberto Nobili, i fascisti Ivano Bongiovanni e Massimo Carminati. Nell'ordinanza vengono trasmessi gli atti dell'inchiesta anche alla Procura di Roma perché proceda contro Licio Gelli e gli uomini dei servizi e gli affiliati alla P2 che insieme a lui, hanno portato avanti un disegno antidemocratico...
Redazione, Italia. Strana Democrazia!, ed. in pr. - diffusa sul Web

Qualsiasi decisione sia stata presa dai funzionari pubblici, secondo la Corte, non era il risultato di una coazione derivante dal timore, dall’assoggettamento verso il sodalizio, ma adottate scientemente e liberamente al fine di stipulare accordi che fossero convenienti per entrambe le parti. L’alterazione del funzionamento delle gare d’appalto non è stato altro che il risultato di un sistema corrotto che ha ceduto alle avances del sodalizio in questione; e tutto ciò, asserisce la Corte, lungi dall’estere un sistema vittima della carica intimidatoria degli imputati. La forza d’intimidazione, in tale ottica, non è stata accertata, trattandosi si ipotetici destinatari della stessa che, in realtà, accettavano il progetto degli esponenti del sodalizio di ripartizione dei vantaggi. Per tali ragioni, la Corte ha ritenuto che ci fosse stata una forzatura evidente della norma incriminatrice, finalizzata all’incriminazione di condotte non corrispondenti al modello tipico da essa descritto <314. La pronuncia in esame ha una particolare rilevanza poiché s’inserisce nel quadro giurisprudenziale relativo alle mafie atipiche; in particolare, ha statuito e chiarito dei punti cruciali sul tema, emettendo principi di diritto che, ad oggi, costituiscono un’importante linea guida per l’applicabilità della fattispecie associativa a mafie non tradizionali <315.
[NOTE]
314 In conclusione, per la S.C. “le risultanze probatorie del processo non consentono affatto di affermare, sul piano generale ed astratto, che sul territorio del Comune di Roma non possono esistere fenomeni criminali mafiosi, quanto, piuttosto, che con specifico riguardo al caso in esame, si è indebitamente piegata la tipicità della fattispecie prevista dall’art. 416 bis c.p. per farvi confluire fenomeni ad essa estranei. (...) Volendo ricorrere ad una metafora, può dirsi che una parte del ‘palazzo’ non è stata ‘conquistata’ dall’esterno, dalla criminalità mafiosa, ma si è consapevolmente ‘consegnata’ agli interessi del gruppo che faceva capo a Buzzi e Carminati; un gruppo criminale che ha trovato un terreno fertile da coltivare” p. 327.
315 Per maggiori approfondimenti sul tema delle nuove mafie SCIARRONE R., Mafie vecchie mafie nuove, Roma, II ed., 2009.

Emma Crisafi, L'associazione per delinquere di stampo mafioso: tra problematiche tradizionali e recenti questioni interpretative, Tesi di laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico 2021-2022