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mercoledì 21 agosto 2024

Il mattone, a Milano, in fondo paga sempre


L’eccezionalità della pandemia ha costretto Milano a fermarsi, benché la sua classe dirigente non ne volesse sapere. D’altronde, nessuno poteva sospettare l’enormità di quel che poi sarebbe accaduto. Il 27 febbraio 2020, a 4 giorni dall’annuncio del primo caso di contagio da covid-19 in Lombardia, sui canali social del Sindaco di Milano Beppe Sala628 comparve un video di 38 secondi corredato dal messaggio Milano non si ferma! e dal relativo hashtag #milanononsiferma. Lo script del video, che ha fatto il giro del mondo ed è stato visto da milioni di persone, recitava: «Milano. Milioni di abitanti. Facciamo miracoli ogni giorno. Abbiamo ritmi impensabili ogni giorno. Portiamo a casa risultati importanti ogni giorno. Perché ogni giorno non abbiamo paura. Milano non si ferma». Seguiva una sequenza in cui i nomi delle principali città italiane (in minuscolo) si alternavano nell’hashtag, con una chiusura a effetto: l’italianonsiferma che subito si trasformava in #milanononsiferma.
Ecco, basterebbero questi 38 secondi per identificare i tratti essenziali della cultura milanese: il culto dell’efficienza, del pragmatismo, della professionalità, il mito della velocità, nonché l’esaltazione della propria tradizione civica e la rivendicazione del proprio ruolo di capitale economica che può fregiarsi del titolo di metropoli globale. Tratti che vengono rilevati pressoché immutati nei secoli dai vari osservatori e che nell’Ottocento, come abbiamo visto, erano alla base mito della capitale morale.
Cosa potrà accadere nel medio-lungo periodo è quasi impossibile da prevedere, a causa della natura stessa di questa crisi economica, che dipende da fattori non economici. Se lo chiedono anche gli ‘ndranghetisti, che sono divenuti più prudenti rispetto allo «shopping selvaggio» in città che tutti si aspettavano: la domanda è diventata anche per loro «ma ci conviene?» <629. Dalle indagini in corso emergerebbe un dato controintuitivo, cioè che quello shopping «matto e disperato» di imprese, esercizi commerciali e immobili non sarebbe in corso nella capitale economica d’Italia. Il condizionale è naturalmente d’obbligo, perché le indagini sono in corso, però dai discorsi degli uomini delle ‘ndrine emergerebbe una stasi momentanea degli investimenti in città in attesa di capire il futuro dell’economia milanese.
Uno scenario quindi non molto diverso da quello degli investitori tradizionali e legali dei due settori trainanti dell’economia milanese. In un’intervista al Corriere della Sera <630 l’immobiliarista Manfredi Catella, allievo di Salvatore Ligresti <631, a luglio 2020 ha fatto sapere che i principali investitori internazionali istituzionali, come i fondi sovrani di Singapore e Abu Dhabi, hanno deciso di sospendere qualsiasi operazione in qualsiasi parte del mondo fosse stata pensata.
Nel 2020 Milano è la città che ha perso più di tutti, con un calo del PIL pari al 10%, un dato allarmante se si pensa che con i suoi 367 miliardi di dollari l’area metropolitana del capoluogo lombardo è la prima in Italia e l’undicesima al mondo per prodotto interno lordo, nonché il sesto polo in Europa per investimenti stranieri <632. La città, complice anche il dilagare dello smart working, a giugno 2020 è tornata poi sotto quota 1 milione e 400mila abitanti <633.
Non stupisce, quindi, che i principali investitori legali e illegali siano in attesa, benché sul fronte grandi eventi emerga dalle indagini in corso un interesse delle organizzazioni mafiose per le opere connesse alle Olimpiadi 2026 che partiranno a breve <634. Il mattone, a Milano, in fondo paga sempre e gli investimenti immobiliari importanti, soprattutto quelli legati alle cosiddette rigenerazioni urbane degli ex-Scali ferroviari, non sembrano volersi fermare, ad oggi. Anzi, nota Peroni sul Sole 24 Ore:
«Milano intanto vive di pensieri, progetti verticali. Anche quando la stagnazione economica farebbe pensare a rielaborazioni orizzontali. Cioè manutenzione del preesistente, pragmatismo, cautela sui grandi investimenti sfidanti ed imponderabili» <635.
Stefano Boeri, l’architetto che ha realizzato i grattacieli green di Bosco Verticale e ora ha firmato il progetto del nuovo Pirellino di Catella che divide la politica milanese <636, lega proprio l’uscita dalla crisi economica alla realizzazione di questi imponenti investimenti immobiliari <637. Che rischiano tuttavia, in una città senza certezze, di fare la fine dei grandi non-luoghi partoriti negli anni ’80, soprattutto se lo smart working diventerà un elemento strutturale della nuova economia post-covid.
Per l’Avvocato Isolabella «il covid è arrivato a puntino» nello svelare che in realtà a Milano «stanno arruffianando la facciata» <638, cioè stanno facendo «un po’ come i russi ai tempi del viaggio della grande Caterina di Russia verso il Mar Nero: lungo tutto il viaggio prepararono una serie di facciate di legno di finti palazzi per mostrare alla sovrana che il suo paese era pieno di città e palazzi». Allo stesso modo, il covid ha smascherato l’inconsistenza politica e culturale dell’idea di città portata avanti negli ultimi trent’anni. Il punto, ragiona Umberto Ambrosoli, sarà riuscire a condividere in maniera più efficace i valori storici alla base della convivenza civile milanese che hanno fatto grande la città:
«Se non saremo nelle condizioni di condividere in una maniera più efficace i valori della nostra convivenza, le tipologie di danno che ne possono derivare sono enormi. Se nei valori della nostra convivenza passerà in secondo piano quello dell’interesse collettivo e del rapporto tra l’interesse individuale e quello collettivo, o meglio dell’esigenza di un’armonia tra questi due, e passerà l’idea che si è liberi di coltivare il proprio interesse individuale a prescindere da tutto, è ovvio che poi sarà molto più facile che qualcuno sfrutti l’innovazione (dalle cripto-valute alla blockchain) per farsi gli affari propri, a danno degli altri» <639.
Su un punto concordano i vari osservatori intervistati: la forza di Milano risiede nel fatto che ha sempre saputo attrarre, assorbire e valorizzare il resto d’Italia. E la sua storia, come abbiamo visto, ci insegna che è sempre stata in grado di ripartire prima, facendo di un volano di crescita quella concezione «antica» dell’impresa che affondava le sue radici nell’illuminismo lombardo.
L’Avvocato Isolabella lo ha potuto constatare direttamente con l’evoluzione della composizione del suo studio: su una ventina di avvocati, solo 4 sono «milanesi doc», e si tratta, ci tiene a precisarlo, «di avvocati penalisti, cioè di persone che affrontano o imparano ad affrontare la realtà più cruda della società. Milanese, ma non solo milanese, che però ha un riferimento a Milano» <640. I «nuovi milanesi», cioè quelle persone originarie di altre regioni che hanno studiato e attualmente lavorano a Milano, si sentono più milanesi che italiani, perché Milano ha una grande vis attractiva e storicamente deve la sua forza propria alla contaminazione di idee e persone diverse.
Sotto questo punto di vista, emblematica è l’intervista rilasciata l’11 giugno 2020 da Andrée Ruth Shammah, che nel 1972 a Milano fondò una delle istituzioni cittadine, il teatro Pier Lombardo, oggi intitolato alla memoria del suo compagno di una vita, Franco Parenti, che nel gennaio 1983 raccolse in una sei giorni di dibattiti, film e spettacoli migliaia di studenti contro la mafia:
«Di colpo durante il lockdown mi sono chiesta chi sono veramente. Io vengo dalla Siria, i miei genitori sono scappati sui tetti di Aleppo quando nel 1948 è nato Israele. Sono nata a Milano ma mio padre poteva scappare in Giappone. Ebrea, ho studiato in una scuola francese cattolica. Non ho mai fatto i conti con questo casino. È stata Milano a darmi un’identità che ha coinciso con il fare teatro. Facevo e dunque ero. Quando il fare si è interrotto di colpo, è diventato lampante che quando penso a Milano penso a delle persone che fanno delle cose, che occupano delle posizioni. Forse la novità sta proprio qui: non chiedere alle persone solo cosa fai ma avere la curiosità di capire cosa sente, chi è. Milano a differenza di altre città ha costruito cose che durano, ha costruito dei muri. Ma i muri non servono a niente se non hanno dei contenuti vivi» <641.
Milano grande perché a farla grande non sono tanto i milanesi, ma la loro capacità di dare identità attraverso il fare e il saper fare alle persone, valorizzandole. All’ombra di una narrazione che ha sempre puntato sugli elementi di successo, che indubbiamente ci sono e ci sono stati, cresceva e cresce però l’anima nera di Milano, come la definisce Antonio Calabrò, di cui si trova traccia oggi solo nella letteratura, in particolare nei noir dei vari Robecchi, Biondillo e Colaprico:
«Tutti i luoghi di accelerazione della ricchezza hanno un’anima nera, da New York a Londra, fino a Milano. Il problema è la consapevolezza della sua esistenza, dietro lo scintillio della città e l’enfasi sui grattacieli peraltro pienamente fondata. Vi è un’accelerazione della frenesia del vivere, dove conta il consumo di cocaina. Questo significa che esiste un nesso di causalità stretto tra successo, cocaina e criminalità organizzata? No, però nell’accelerazione si aprono spazi per il mondo della cocaina e quindi della criminalità organizzata. È un ragionamento che vale per tutte le grandi metropoli oggi. È vero però che non è più un problema di magistratura, ma di coscienza civile. Sarebbe utile che più gente leggesse Robecchi» <642.
Assistiamo oggi quindi a un processo simile a quello del 1881, quando venne fondato il mito della capitale morale che oscurò la «Milano in ombra» che emergeva nelle inchieste giornalistiche di Ludovico Corio, Francesco Giarrelli, Paolo Valera. È sicuramente in corso un nuovo scontro tra le due anime della borghesia milanese, quella democratico-repubblicana e quella reazionaria-conservatrice: dall’esito dipenderà la forma che assumerà l’habitus milanese e il modello di sviluppo post-covid. Nonché la capacità di reazione alle organizzazioni mafiose nella futura economia.
[NOTE]
629 Il dato è emerso nell’intervista alla dott.ssa Alessandra Dolci all’autore, 15 febbraio 2021.
630 Dario Di Vico, La nuova edilizia cambia le città e traina tutto il Pil, Corriere della Sera, 20 luglio 2020.
631 Nel 2010 dichiarò in un’intervista: «dopo la scomparsa di mio padre, sei anni fa, mi sono rimasti tre mentori: mia moglie, Gerald Hines e Ligresti», salvo dichiarare quattro anni dopo «con Ligresti c'è stato un rapporto limitato e puntuale». Citato in Vittorio Malagutti, Renzi, Ligresti e il nuovo che avanza, Espresso Online, link: http://malagutti.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/11/06/renzi-ligresti-e-il-nuovo-che-avanza/. Per approfondire, si veda anche STEFANONI, F. (2014). Le mani su Milano, Milano, Laterza.
632 Citato in Giulio Peroni, Il dilemma del nuovo San Siro nella Milano ferita dal Covid, Il Sole 24 Ore, 7 febbraio 2021.
633 Alessia Gallione, Milano, la metropoli si spopola. Dopo anni di record, arriva la frenata, La Repubblica, 16 luglio 2020.
634 Il dato è emerso nell’intervista alla dott.ssa Alessandra Dolci all’autore, 15 febbraio 2021.
635 Giulio Peroni, Il dilemma del nuovo San Siro nella Milano ferita dal Covid, Il Sole 24 Ore, 7 febbraio 2021.
636 Francesco Floris, I grattacieli “green” di Catella spaccano la politica milanese a pochi mesi dalle elezioni: tutti contro tutti sull’aumento delle volumetrie, Il Fatto Quotidiano, 4 febbraio 2021.
637 Intervista rilasciata a Fabio Massa, nel suo libro Fuga dalla Città, Chiarelettere, pp. 102-103.
638 Lodovico Isolabella, intervista all’autore, 6 giugno 2021.
639 Umberto Ambrosoli, Intervista all’autore, 4 febbraio 2021.
640 Lodovico Isolabella, intervista all’autore, 6 giugno 2021.
641 Maurizio Giannattasio, Andrée Ruth Shammah e «un Canto per Milano»: «Lavoro per fare spazio a persone e volti nuovi», Corriere della Sera, 13 luglio 2020.
642 Antonio Calabrò, Intervista all’autore, 3 febbraio 2021.

Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020