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domenica 7 gennaio 2024

I giornali erano tenuti a scrivere la parola “duce” in maiuscolo


Sotto la direzione di Polverelli l’Ufficio stampa si occupò anche di curare la produzione di manifesti, di scritte murarie e di tutte le campagne propagandistiche del regime. L’evento emblematico che mise in scena l’immagine miticizzata del dittatore e che testimoniò la fortuna del “mussolinismo” fu la “Mostra della Rivoluzione fascista” in occasione del decennale della marcia su Roma: inaugurata nel 1932, rimase aperta ai visitatori fino al 1934 diventando in breve tempo meta per milioni di simpatizzanti del regime. Nella mostra, dove l’immagine di Benito Mussolini capeggiò su qualsiasi altra, venne allestita anche una sala dedicata al duce stesso, la “Sala Mussolini”, dove venne messa in mostra una grandissima mole di sue reliquie e venne anche ricostruito, a grandezza naturale, il suo studio di Milano di prima della Marcia su Roma <243.
L’importanza acquisita dall’Ufficio Stampa ne portò al riordino e al potenziamento, elevandolo nel giugno del 1935 a Ministero della Stampa e della Propaganda e, nel 1937, cambiò nome in Ministero della Cultura Popolare <244.
Il fondatore del culto del duce fu Augusto Turati <245, Segretario del PNF dal 1926 al 1930, ma a moltiplicare le formule, i riti e il cerimoniale da tenersi intorno alla figura di Mussolini fu Achille Starace, suo successore. Sotto il suo segretariato venne istituzionalizzata la formula del “saluto al duce” nel momento delle apparizioni pubbliche di Mussolini, che la propaganda iniziò a dipingere come la somma di ogni qualità umana: Mussolini come miglior filosofo, Mussolini come miglior sportivo, come miglior statista, come miglior uomo e, talvolta, Mussolini come Dio <246. Mussolini doveva essere un esempio per ogni italiano, di qualsiasi età, e per questo la sua venerazione fu introdotta anche nelle scuole: dal 1940 gli stessi maestri elementari ebbero la possibilità di prendere parte, come diremmo oggi, a dei corsi di aggiornamento riguardanti la “mistica fascista”, utili, a detta degli organizzatori, per trarre “dal Mito Mussoliniano le direttive d’azione pedagogica” <247. Mussolini il fondatore di una nuova civiltà, Mussolini eroe decantato da Giovanni Gentile, ammirato e temuto dai suoi gerarchi e adorato dalle masse, in particolar modo da quelle meno secolarizzate e lontane dal mondo operaio, che vedevano in lui un potente benevolo incontrato durante quelle adunate organizzate con una scenografia talmente curata da generare coinvolgimento emotivo, cioè pathos, ma che, a differenza dei politici dell’Italia liberale, aveva umili origini e per questo riusciva ad avere successo anche in quelle località dove la propaganda faticava ad arrivare <248.
A concorrere alla diffusione del culto del duce furono anche quelle opere non istituzionali scritte da coloro che vollero esprimere la loro ammirazione per il dittatore, o per il fascismo di cui era capo. Prima della segreteria di Starace la liturgia del fascismo si concentrò principalmente sul culto dei fascisti morti durante il periodo dello squadrismo, elevati a martiri dal partito stesso.
Un’opera che al momento della sua pubblicazione ottenne molta risonanza e riscosse anche il plauso di Mussolini fu la “Storia della Rivoluzione Fascista” di Giorgio Alberto Chiurco, pubblicata nell’aprile del 1929. L’opera, dedicata “al Duce Benito Mussolini”, tratta, scrive Michelangelo Borri, del periodo dello squadrismo in maniera funzionale alla: “creazione di una comunità di memoria e una pedagogia nazionalizzante che recuperi, in senso fascista, immagini e concetti della mistica risorgimentale. [...] Le immagini di carri funebri riccamente adornati che sfilano tra la folla; la descrizione delle reliquie appartenute ai caduti, fazzoletti, bandiere, indumenti ancora macchiati del loro sangue; l’evocazione dei defunti attraverso il dialogo diretto, stabilendo un ponte immaginario tra il mondo dei vivi e quello dei morti” <249.
Grazie al supporto di Mussolini la “Storia” ebbe ampia diffusione ed essa divenne un punto di riferimento nell’immaginario fascista, tanto che i curatori della mostra del 1932 per il decennale sulla Marcia su Roma la utilizzarono come fonte per le esposizioni <250.
Abbiamo visto come poi, dall’inizio sella segreteria di Starace nei primi anni Trenta, il catechismo del PNF si spostò dal culto degli squadristi morti a quella della devozione verso il capo <251.
In questo contesto fece incredibile fortuna la biografia di Mussolini “Dux”, scritta da Margherita Sarfatti, consigliera e amante del protagonista dell’opera, che riscontrò un successo editoriale tale da essere ristampata dieci volte dal 1926 al 1934. Proprio in quest’ultimo anno fu pubblicata l’edizione destinata a un pubblico più popolare, corredata da duecentottantacinque fotografie e introdotta da una presentazione scritta da Mussolini stesso, entro la quale, scrive con efficacia Mimmo Franzinelli, “si crogiolava nella sua dimensione congenita di uomo pubblico” <252.
A concorrere nell’enorme fortuna dell’immagine di Mussolini non contribuirono solo operazioni di “soft power”: i giornali erano tenuti a scrivere la parola “duce” in maiuscolo, gli spettatori nei cinema dovevano, come in chiesa, alzarsi in piedi quando Mussolini appariva sul grande schermo e le giovani reclute delle organizzazioni di massa del regime erano tenute a giurargli fedeltà indiscriminata <253.
Lo stesso Mussolini teneva molto alla sua immagine pubblica, al punto che spesso lui stesso decise quali fotografie dovessero venir pubblicate e quali invece no. Con il susseguirsi delle sconfitte militari e la crisi interna sempre più difficile da affrontare le belle uniformi e le fotografie a cavallo non bastarono più a rincuorare gli italiani e convincerli che la guida del duce fosse infallibile. Come apprezzabile anche dalle lettere analizzate, dopo quella riposta nei gerarchi, anche la fiducia in Mussolini iniziò a svanire tra la maggior parte degli italiani. Egli stesso perse fiducia di sé, come testimonia la trascrizione della telefonata notturna con l’amante Claretta Petacci dove, umiliato, si confida con l’amante riguardo al discorso pronunciato il 24 giugno 1943: “Mussolini: Mi sento la testa vuota... mi sfuggono le idee, le parole... non ti sei accorta che, anche nel mio ultimo discorso, ho commesso delle gaffe... ho anche detto delle frasi fuori luogo. [...] Sono diventato la favola, lo zimbello di tutti con quella maledetta parola! Passerò alla storia non come il Duce del Fascismo e il fondatore dell’Impero, ma più semplicemente come il bagnasciuga»!” <254.
Durante il periodo della RSI, soprattutto quando ormai ogni illusione e ogni speranza di vittoria erano svanite, Mussolini divenne l’ombra di quello che fu un tempo. Il medico che lo ebbe in cura affermò che perse completamente l’energia e l’intelligenza, non dormiva ed ebbe anche un collasso. “In queste circostanze”, scrive il dottore nelle sue memorie, “anche l’arte medica non poteva fare più niente per lui” <255.
Il progetto imperiale fascista non fu frutto della guerra (che lo accelerò), in più occasioni Mussolini ne parlò al grande pubblico e ai suoi gerarchi definendo i tempi e i luoghi delle conquiste italiane: a breve termine la Corsica e l’Albania, a medio Malta e Cipro, a lungo Gibilterra e Suez, considerando virtualmente nemici Stati come la Jugoslavia, la Grecia e la Turchia, in quanto possibili alleati degli inglesi, già presentati dalla propaganda come nemici dell’Italia a seguito delle sanzioni decise dalla Società delle Nazioni dopo l’invasione dell’Etiopia <256. Nella sua opera, Rodogno pone l’attenzione sul fatto che la stampa specialistica dell’epoca scrisse molto riguardo ai possibili assetti post-bellici: il nuovo ordine mediterraneo si sarebbe articolato nello spazio vitale entro il quale un popolo, quello di Roma, avrebbe comandato sugli altri, che avrebbero perso la propria sovranità nazionale anche nell’arena internazionale, nella quale solo l’Italia avrebbe avuto il diritto di partecipare rappresentando anche gli Stati sottomessi. Lo spazio vitale sarebbe stato organizzato entro tre cerchi concentrici definiti in ordine di importanza su basi razziste: il primo, il “piccolo spazio”, sarebbe stato il territorio direttamente controllato dall’Italia, sede della razza superiore, e avrebbe dovuto comprendere, oltre all’Italia metropolitana, la Savoia, Nizza, la Slovenia, la Corsica, la costa dalmata e le isole Ionie, tutte annesse al Regno. Il secondo cerchio avrebbe compreso Stati come Grecia, Albania, i territori della Jugoslavia e la Turchia, tutti assoggettati e posti sotto il controllo economico di Roma dove la lira avrebbe svolto un ruolo simile a quello della sterlina inglese nell’economia internazionale dell’epoca. L’ultima sfera d’influenza sarebbe stata quella delle colonie africane, inferiori, secondo il regime, rispetto sia ai “romani”, sia agli europei del secondo cerchio <257.
I più degli italiani richiamati alle armi ebbero quindi a disposizione un ampio ventaglio di modelli interpretativi per convincersi della giustizia della guerra, forniti sia dalla propaganda di regime, sia dalla Chiesa: guerra per difendere la patria e la famiglia dagli stranieri, guerra per portare la civiltà di Roma sulle razze inferiori e barbare (compresi gli ebrei), guerra come crociata richiesta da Cristo per liberare i popoli dai comunisti atei <258.
[NOTE]
243 M. Franzinelli, E.V. Marino, “Il Duce Proibito”, pp. VIII, IX. Mimmo Franzinelli riporta che in totale i visitatori della mostra furono tre milioni.
244 G. Talbot, “Censorship in Fascist Italy”, pp. 140,142. A dimostrazione dell’importanza di quest’organo ne ressero la direzione sempre personalità di spicco del regime, come il genero di Mussolini Galeazzo Ciano, oppure Alessandro Pavolini, futuro Segretario del Partito Fascista Repubblicano.
245 Nato a Parma nel 1888, fu un esponente dello squadrismo bresciano. Tenne la carica di Segretario generale del PNF dal 1926 al 1930. Successivamente diresse il quotidiano “La Stampa”. Morì a Roma nel 1955.
246 E. Gentile, “Il Culto del Littorio”, p. 271.
247 Ivi, p. 273. Nella pagina precedente l’autore pone l’attenzione sul fatto che gli avanguardisti, ovvero i ragazzi facenti parti all’Opera nazionale Balilla, l’istituzione che controllava la vita dei giovani italiani e ne organizzava il tempo libero, avevano un breviario che recitava le seguenti parole “Tu non sei, Avanguardista, se non perché prima di te, con te e dopo di te, Egli e soltanto Egli è”, presentando “Egli”, cioè Mussolini, come un essere superiore con la propria natura al di fuori del tempo (analogo, si potrebbe notare, al Dio/Sostanza di Spinoza).
248 Ivi, pp. da 274 a 285.
249 M. Borri, “Giorgio Alberto Chiurco”, p. 106.
250 Ivi, pp. da 103 a 117. Questo paragrafo dell’opera di Borri tratta interamente della Storia di Chiurco, approfondendo anche le vicende politiche dietro alla sua pubblicazione e alla sua diffusione.
251 Ivi, p. 116.
252 M. Franzinelli, E.V. Marino, “Il Duce Proibito”, p. XIII.
253 Ivi, pp. XV, XX.
254 Ivi, p. XXXV.
255 Georg Zachariae, “Mussolini si Confessa”, Milano, Garzanti, 1948, p. 19, in M. Franzinelli, E.V. Marino, “Il Duce Proibito”, p. XL.
256 D. Rodogno, “Il Nuovo Ordine Mediterraneo”, p. 73. I discorsi di Mussolini sulle tempistiche dei propri obiettivi militari sono quelli tenuti ai membri del Gran Consiglio del Fascismo il 30 novembre 1938 e il 5 febbraio 1939.
257 Ivi, pp.78,79,80.
258 Per il contesto russo rimando a T. Schlemmer, “Invasori, non Vittime”, pp.72,73.
Emanuele Venchi, Ingranaggio del controllo: la censura postale in Italia e a Lucca nella Seconda guerra mondiale (1940-1945), Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2022-2023