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mercoledì 11 maggio 2022

Piazza Fontana: ricordare di non dimenticare


III.6.2. I silenzi degli innocenti, a cura di Giovanni Fasanella e Antonella Grippo
Nel sottotitolo scrivono gli autori: «Sono le vittime di trent'anni di violenza, da Piazza Fontana a oggi. Dopo anni di silenzio, la parola finalmente a loro: a chi non ha mai avuto modo di raccontare la verità». <75
Perché di silenzio? Perché è il silenzio è il comune denominatore di venti storie, tutte dedicate alle vittime del terrorismo degli “anni di piombo”, che fece quasi 600 morti e 5.000 feriti. Un silenzio che deve essere spiegato.
Il libro inizia con una di queste testimonianze, che lascia di ghiaccio il lettore:
«Signore, vorremmo raccontare la sua storia».
«La mia storia! Quale storia?»
«La sua... Lei ha perso una persona cara in piazza Fontana...»
«Piazza Fontana? E cos' è successo in Piazza Fontana?»
«Non starà mica scherzando? La bomba nella Banca dell’Agricoltura... il 12 dicembre 1969, 17 morti, decine di feriti...»
«Sto scherzando, io? Lo Stato ha detto che non esiste un colpevole, dunque nessuno ha messo la bomba, dunque non c'è stata nessuna strage, dunque io non ho una storia da raccontarvi. Per favore, lasciatemi in pace! Non è successo niente, proprio niente, il 12 dicembre 1969». <76
I due autori ammettono che non è stato per niente facile raccogliere le parole di familiari e amici di vittime delle stragi nere e del terrorismo rosso, storie di sofferenza, storie di rabbia. Nel caso di Piazza Fontana è stato addirittura impossibile.
Storie spesso raccontate a bassa voce, tenute rinchiuse nell’ambito familiare, storie che faceva male raccontare o che si vergognavano a narrare, storie che nessuno aveva voluto mai conoscere. <77 Come quella della madre di una vittima della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 che si è fatta suora di clausura; quella di un nonno di due ragazze anche loro morte a Bologna che si è suicidato per protestare contro l’inoperanza dello Stato; quella di un dirigente della Democrazia Cristiana milanese, ferito dalle BR, che vorrebbe spiegare il suo punto di vista sul perdonismo facile, ma non trova spazio sui giornali. Tutti esempi di silenzio, tutti diversi, come anche le reticenze dei colpevoli, l’omertà degli ex-terroristi che non denunciano i loro complici o il silenzio colpevole dello Stato, che continuava a custodire nei suoi archivi i documenti che avrebbero potuto far luce sui tanti punti oscuri di quegli anni.
Gli autori di questo libro si propongono di dar voce a queste storie e a questi testimoni, tutti differenti, per età, ideologia, scelte di vita ecc., ma tutti accomunati dalla protesta verso lo Stato e verso il mondo dell'informazione. Il primo raramente ha fatto giustizia e si è spesso dimostrato più preoccupato della reinserzione degli ex-terroristi nella società che della tutela delle vittime e dei loro familiari. <78 Il secondo ha spesso trasformato gli ex-terroristi in personaggi mediatici. <79 Ciò ha fatto sì che questa volta la storia la scrivessero i vinti e non i vincitori. Fasanella e Grippo vogliono far sentire coloro che hanno chiesto, senza essere stato ascoltati, «il riconoscimento dello status di vittima, una pensione, un nome in più su una targa ricordo». <80 Gli autori hanno quindi deciso di raccogliere i loro ricordi, i ricordi di quei testimoni privilegiati, presenti al momento dell’esplosione della bomba, dell’uccisione dei loro cari, o che sono stati in prima persona colpiti, feriti, gambizzati; li hanno poi rielaborati e trasformati in racconti, ma senza sacrificare il valore della loro testimonianza.
Come si è detto, tutte queste storie sono accomunate dalla protesta contro lo Stato che non è riuscito a fare giustizia, se non una giustizia parziale, perché non è stato capace di trovare la verità. <81 E allo Stato le vittime chiedono unanimemente di ridurre i termini del segreto di Stato e di declassificare i documenti per renderli accessibili agli studiosi. Ma chiedono anche al mondo dell’informazione di continuare a cercare la verità, di mostrare quella che fu secondo gli autori una vera guerra fredda in cui si misero in campo armi al limite della legalità. Non avere fatto i conti con il passato e rimuovere la verità di quegli anni ha prodotto secondo gli autori conseguenze molto gravi nella vita democratica del nostro paese: Tangentopoli, Calciopoli, Intercettopoli, Ricattopoli sarebbero infatti eredità di questo periodo e testimonierebbero l’esistenza di un pericoloso sottofondo della nostra democrazia.
[NOTE]
75 Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi degli innocenti, Milano, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2006.
76 Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi..., cit. p. 5.
77 Ecco lo sfogo di uno dei testimoni, Antonio Iosa, gambizzato nel 1980 (da quel giorno dopo venti ricoveri e cinquantuno interventi, non può più vivere senza dolore):
Sono stanco di parlare al vento, di confrontarmi con dei muri di gomma. Sono giunto al punto da provare quasi imbarazzo a definirmi una vittima del terrorismo. Sì per paura di essere accusato di avere la vocazione al vittimismo o, peggio, di trasformare il mio dramma in una professione. La mia sofferenza è reale... ma il dolore fisico è niente in confronto al dolore provocato dalle ferite dell'anima. È lì, nell'anima, che continuano a spararci e a colpirci.
(Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi... , cit. p. 169 e s.)
78 Così dice Iosa in proposito:
Mi è capitato di incontrare anche qualche ex brigatista rosso. […] È successo casualmente a casa di amici comuni, appartenenti a Comunione e Liberazione. Cl ha fatto una grande opera di proselitismo verso i brigatisti nelle carceri, aiutandoli anche a reinserirsi dal punto di vista lavorativo. Per carità, non voglio dire niente, ma santo cielo! Sapete, per esempio, che fine ha fatto Mario Moretti, il capo militare delle BR, nonché organizzatore del sequestro Moro e di una serie infinita di altri attentati? Vi stupirete, forse: ha avuto dalla Regione Lombardia l’incarico di ingegnere tecnico per l’informatizzazione del carcere San Vittore. Avete capito? Attraverso una cooperativa legata a Comunione e Liberazione, l’"ingegner Borghi" del caso Moro è responsabile dei servizi informatici del carcere di san Vittore! E quando si è trattato di trovare un lavoro a mio figlio Davide, ingegnere anche lui, il posto è saltato fuori solo dalle inserzioni sul “Corriere della Sera”.
(Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi..., cit. p. 167)
Il silenzio delle vittime si oppone all’immagine mediatica degli ex terroristi. Dice ancora Iosa:
Avverto un senso profondo di solitudine. Ci hanno isolati per paura del nostro punto di vista. E hanno stretto intorno a noi un cordone sanitario di silenzio. Tutto questo, mentre le televisioni e i giornali sono piene delle versioni dei fatti fornite dai brigatisti. Versioni di comodo, edulcorate e reticenti.
(Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi..., cit. p. 169 e s.)
80 Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi..., cit. p. 6.
81 Così si presenta uno degli intervistati: «Io sono Manlio Milani, il marito di Livia, morta nella strage di Brescia la mattina del 28 maggio 1974. Da quel giorno, ogni istante della mia vita lo dedico alla ricerca della verità. Non è facile, credetemi. Ma io non desisto». Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi..., cit. p. 12.
Lilia Zanelli, Gli anni di piombo nella letteratura e nell’arte degli anni Duemila, Tesi di dottorato, Università di Salamanca, 2018

La vicenda di Pinelli e di Valpreda, capri espiatori designati su cui far ricadere le colpe degli attentati del 12 dicembre, fu una molla molto importante per la mobilitazione giornalistica: ancora una volta i Giornalisti democratici non si fidarono dei racconti della Questura e cercarono di porre un argine alle calunnie scritte sul conto dei due anarchici.
Camilla Cederna, la giornalista de L’Espresso che nei giorni di Piazza Fontana visse una sorta di trasformazione interiore e di iniziazione politica, ricordò quel cambiamento che ebbe inizio proprio con la morte di Pinelli: “il giorno dopo comincia puntualmente la campagna di intossicazione della stampa, e allora mi si rinnova dentro quella forma di giovinezza (interna) che è l’indignazione”. <28
La giornalista, diventata invisa a gran parte borghesia milanese (la sua classe sociale di provenienza) a causa di quel cambiamento, disse di aver conosciuto durante quel periodo “gente che come me faceva obiezioni morali all’uso del potere e all’ingiustizia di quanto accadeva”: <29 una comunione d’intenti che fece da sfondo alla mobilitazione che prendeva piede sui giornali e nell’opinione pubblica.
Nella ricostruzione di Piazza Fontana che abbiamo proposto emergono in tutta la loro gravità sia le contraddizioni sia le opacità che accompagnarono la vicenda, aspetti che si caricano di ulteriore inquietudine nel momento in cui vengono accostati ad articoli giornalistici che pongono domande e riflessioni elementari su quanto le versioni ufficiali affermavano.
Licia Pinelli disse: “c’è ancora da chiedersi come ha fatto a ribaltarsi tutta quella versione. Uno che non l’ha vissuto non può capire”; <30 chi non c’era non può certo avere la pretesa di sostituirsi a chi visse quella tragedia in prima persona, sarebbe ingeneroso e disonesto. Chi non c’era scorge però l’altezza di determinati valori propri dell’uomo quali l’onestà intellettuale e gli ideali antifascisti e democratici. Chi non c’era vede lo svolgersi di una sfida: da una parte una strage fatta da uomini che avevano in mente “di gettare vittime, indifferenziate e inconsapevoli, tra le ruote del carro della storia per deviarne il cammino”, <31 dall’altra donne e uomini che con la forza delle proprie idee e delle proprie parole cambiarono in medias res l’interpretazione storica del 12 dicembre non accettando versioni codine e misteri più o meno artefatti con il solo scopo di contrastare la ricerca della verità. Cercarono così di riconsegnare una dignità ai morti innocenti e offrirono ai posteri una pagina di Storia meno inquinata, fornendo un alto esempio di impegno civile: è un modo anche questo per fare memoria, per ricordare di non dimenticare.
[NOTE]
28 C. Cederna, Il mondo di Camilla, op. cit., p.220.
29 Ivi, p.221.
30 L. Pinelli - P. Scaramucci, Una storia quasi soltanto mia, op. cit., p.103.
31 G. Boatti, Piazza Fontana, op. cit., p.407.
Matteo Pedrazzini, Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2012-2013 qui ripresa da Redazione, La lezione giornalistica di Piazza Fontana, 20 Novembre 2014, Lsdi