Nel 1961 l’Italia era in pieno boom economico. Grazie agli sforzi interni, agli aiuti americani e alla progressiva integrazione del mercato europeo, il nostro Paese si stava lasciando alle spalle le fatiche dell’immediato dopoguerra. Proprio in quell’anno, in occasione del centenario dell’unità, l’ex ambasciatrice Clare Boothe scrisse un articolo pubblicato su «Foreign Affairs»: 'Italy after one hundred years'. Pur non mancando di sottolineare il cammino fatto, ricordava alcuni problemi strutturali di natura politica:
"Dal punto di vista economico e culturale, l’immagine dell’Italia è luminosa. Ma dal punto di vista politico, il paesaggio si fa tetro e pieno di sorprendenti paradossi. I cittadini italiani oggi godono della libertà di movimento, di associazione, di parola, di religione, e dell’uguaglianza di fronte alla legge, tutte garantite dalla costituzione democratica. Ciononostante, continuano a sostenere partiti politici il cui obiettivo dichiarato è cambiare - o progressivamente o, se si presenta l’occasione, con la rivoluzione - non solo la politica di governo, ma la struttura di fondo dello Stato. Il conflitto parlamentare creato da questi partiti accelera le crisi di governo e la cronica instabilità governativa. Pur essendo tra le nazioni più cattoliche e sede del Vaticano, l’Italia ospita l’unico partito dichiaratamente fascista d’Europa e il più grande partito comunista del mondo al di fuori della cortina di ferro. E una piccola percentuale della sua popolazione vuole la restaurazione della Monarchia in esilio. Quali sono le spiegazioni, si chiedono gli amici dell’Italia, di questi straordinari paradossi politici? […] L’attuale confusione deriva dall’infelice fatto storico che il popolo italiano non ha mai avuto una preziosa tradizione di governo veramente democratico" <1.
Dopo un quindicennio dalla fine del conflitto, lo scenario politico era ancora «tetro e pieno di sorprendenti paradossi». Un giudizio del genere, benché formulato a ridosso degli eventi, sintetizza bene gli altalenanti risultati della politica americana verso l’Italia e, in particolare, verso la destra negli anni Cinquanta.
Sono tre le principali direttrici emerse: la scarsa fiducia nella predisposizione alla democrazia degli italiani; la duplice sfida, affrontata dagli Usa senza venir meno alla pregiudiziale democratica, di un Pci molto forte e di una minaccia neofascista; il fraintendimento reciproco tra americani e destre.
Il primo elemento che emerge con una certa continuità è il pregiudizio “antropologico” negativo sugli italiani. Per gli osservatori statunitensi era inconcepibile che il popolo italiano, liberamente, votasse in massa per dei partiti da loro considerati totalitari. Dopo vent’anni di dittatura, un tale comportamento veniva letto quasi come una confessione dell’incapacità di governarsi da sé e, dunque, della propria inclinazione all’autoritarismo. Una spiegazione ricorrente era che il nostro Paese facesse parte di quel gruppo di Stati che, a causa della loro «natura latina», soffrivano di «instabilità sociale, politica ed emotiva» <2. Il pericolo che l’Italia passasse dal fascismo al comunismo e il rischio di una collaborazione tra gli estremismi andavano a consolidare pregiudizi diffusi. Alimentando, così, sia la frustrazione per gli scarsi risultati raggiunti che la sfiducia - a volte in maniera eclatante, altre meno - nella predisposizione alla democrazia degli italiani, nei bizantinismi del nostro sistema politico e in una società ritenuta feudale <3.
Porre l’accento sullo scarso senso civico e sull’endemica mancanza di responsabilità altrui era anche un modo per procurarsi un alibi. A fronte di una situazione politica complessa, all’interno dell’amministrazione Usa non pochi erano gli orientamenti contraddittori che impedivano una linea d’azione unitaria <4. L’eterogeneità interna agli organi statunitensi presenti sul territorio - ambasciata, consolati, sezione operativa della Cia e Usis - si inseriva in una catena decisionale complessa.
Com’è stato rilevato, la politica estera americana è caratterizzata da un pluralismo e da una frammentazione che rendono difficile individuare un trend coerente e organico <5. Non mancarono, talora, interpretazioni assai approssimative. Tra queste, le più clamorose sono state il timore eccessivo legato all’elezione di Gronchi, l’attenzione spropositata per il “caso Milazzo” in Sicilia e la generale sopravvalutazione dei monarchici.
In secondo luogo, la lotta al (neo)fascismo è stata una priorità nell’agenda di Truman e di Eisenhower, tanto quanto la battaglia anticomunista. Schematicamente, la storiografia ha individuato due approcci, spesso tra loro intrecciati, con cui gli Stati Uniti si sono accostati al “socialcomunismo” <6. Da un lato quello che, considerando arretratezza economica e sovrappopolazione le cause del successo delle sinistre, insisteva sulla necessità di riforme. Dall’altro quello repressivo, che sottintendeva la natura eversiva ed eterodiretta del comunismo italiano <7. L’attività di Clare Boothe Luce a Roma è stata identificata, di solito, con il tentativo sistematico di applicare il secondo approccio <8. Dalla documentazione consultata, però, non si può trarre una conclusione simile. In numerose occasioni vennero avanzate chiaramente richieste di riforme e di una maggiore responsabilizzazione degli italiani.
La minaccia comunista non ha implicato in alcun modo una compromissione con il neofascismo <9. Nel Nsc 5411/2, documento-base per la politica americana verso l’Italia, il Msi veniva definito «un potenziale pericolo». Non si faceva scrupoli a «collaborare con i comunisti per imbarazzare e indebolire il centro». Nonostante lo stemperamento dei suoi caratteri più intransigenti, secondo i funzionari Usa il partito rimaneva «violentemente antioccidentale, antiamericano e anti-Nato» <10, favorevole all’autarchia economica e oppositore dell’attuale forma democratica di governo. Il continuo tentennare di fronte alla Ced - fortemente voluta a Washington - era interpretato in questo senso.
In seguito al ritorno di Trieste all’Italia il Msi non poteva più farsi interprete di un tema di sicuro appeal per l’elettorato, riducendo, così, il suo già scarso credito verso gli americani. Peraltro, a partire dal ’56 l’attenzione degli Usa si era spostata su socialisti e socialdemocratici, aggravando il progressivo disinteresse verso la destra. Con il disinteresse non venne meno la diffidenza. Basti pensare che la fiducia al governo Tambroni venne giudicata un episodio assai preoccupante, e non il culmine della politica dell’inserimento. Anche perché la strategia di Michelini non venne affatto compresa dagli osservatori americani di Roma e Washington. Si può affermare, quindi, che gli Stati Uniti non fornirono aiuti di alcun genere ai neofascisti.
Il rapporto con le destre - terzo e ultimo punto - è quello che più ha evidenziato i limiti interpretativi americani. Contemporaneamente, ha fatto emergere le velleità sia della destra politica che di quella “impolitica”.
Dopo il mancato raggiungimento del premio di maggioranza nel 1953 - che naturalmente avrebbe evitato problemi di allargamento della base democratica - il risentimento degli Stati Uniti nei confronti della Dc aumentò esponenzialmente. Troppo soft nella lotta al comunismo, troppo succube della Chiesa cattolica e poco saldo nel difendere il libero mercato dalle tentazioni stataliste, il partito di De Gasperi e Fanfani era ormai lontano dai successi del ’48. I contatti dell’ambasciata con la destra vanno letti nel quadro della generale delusione provocata dalla Dc.
Al centro dei colloqui con Covelli e Lauro c’era la possibilità di costruire una destra democratica, occidentale ed europeista. Il voto di fiducia e il sostegno a provvedimenti decisivi come la Ced ne avrebbero accelerato l’evoluzione. Come si è visto, l’ambasciatrice tentò a più riprese di favorire i consensi del Pnm per i traballanti governi centristi o di favorire, con la dovuta cautela, la nascita di un nuovo partito alla destra della Dc. Tuttavia, un’apertura alla destra monarchica così com’era - nostalgica, antimoderna e visceralmente ostile al quadripartito - non interessava <11. La mancata evoluzione in senso democratico ed europeista del Pnm, timoroso di perdere il proprio elettorato nostalgico, indispettì i funzionari dell’ambasciata. I monarchici, inoltre, erano irritati per la scarsa attenzione ricevuta dagli Usa, sia dal punto di vista finanziario che propagandistico. Secondo Lauro e Covelli, gli Stati Uniti avrebbero dovuto essere entusiasti di sostenere e sponsorizzare un partito connotato da un acceso anticomunismo.
Dopo la scissione del 1954, com’è noto, il potere contrattuale delle due formazioni diminuì. E l’approccio degli Usa si fece più pragmatico. Esaurite le speranze di una destra di ampio respiro - sia territoriale che ideale - monarchici (e missini) tornavano utili solo per intercettare voti estremisti. Dovevano rimanere, quindi, confinati al Sud e rimarcare la propria nostalgia della Corona e del passato regime. Analizzando la copiosa documentazione prodotta dall’ambasciata, si può dire che i contatti coi monarchici fossero volti a cercare una maggiore stabilità e non, semplicemente, a riacutizzare lo scontro <12.
[NOTE]
1 C.B. Luce, Italy after one hundred years, «Foreign Affairs», vol. 39, n. 2, january 1961, p. 225.
2 Sono parole di Dean Acheson, Segretario di Stato durante la Presidenza Truman, si veda M. Del Pero, L’alleato scomodo. Gli Usa e la Dc negli anni del centrismo (1948-1955), Carocci, Roma, 2001, p. 113. Riflessioni interessanti anche in A. Brogi, L’Italia e l’egemonia americana nel Mediterraneo, La Nuova Italia, Firenze, 1996, pp. 79-80. Altri esponenti di primo piano che hanno espresso considerazioni simili sugli italiani sono stati George Kennan, si veda M. Del Pero, L’alleato scomodo, cit., p. 23; Ellsworth Bunker, si veda E. Bunker to C.B. Luce, July 11, s.d., LOC, CBLP, Box 610, f. 2 Buc-Buo 1954; Clare Boothe Luce, si veda soprattutto C.B. Luce to A. Dulles (Director, CIA), March 12, 1954, LOC, CBLP, Box 611, f. 3 Do-Du 1954.
3 Sfiducia peraltro ben presente in influenti personalità di matrice comunista e azionista, si vedano C. Novelli, Il partito d’azione e gli italiani, La Nuova Italia, Firenze, 2000, pp. 235-236; E. Galli della Loggia, La perpetuazione del fascismo e della sua minaccia come elemento strutturale della lotta politica nell’Italia repubblicana, in E. Galli della Loggia, L. Di Nucci (a cura di), Due nazioni. Legittimazione e delegittimazione nella storia dell’Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 234 e 245-246.
4 Paradigmatico, in questo senso, è stato il questionario inviato nel ’53 ai consolati sparsi per l’Italia, si veda Capitolo II, paragrafo 4 e i documenti conservati in NARA, RG 84, CBL, Box 10, f. Personal.
5 Tra le tanti analisi si veda S. Fabbrini, L’America e i suoi critici. Virtù e vizi dell’iperpotenza democratica, Il Mulino, Bologna, 2005.
6 Nelle carte americane fino al 1956 Pci e Psi venivano equiparati: il termine “socialcomunismo”, a parte qualche relazione più dettagliata, era molto usato per comprendere socialisti, comunisti e altre organizzazioni che ad essi facevano riferimento.
7 Su questo si rimanda alla puntuale analisi di M. Del Pero, L’alleato scomodo, cit., pp. 285-291.
8 Esempi in S. Lupo, Partito e antipartito. Una storia politica della prima Repubblica (1946-1978), Donzelli, Roma, 2004, p. 106; M. Del Pero, Anticomunismo d’assalto. Lettere di Indro Montanelli all’ambasciatrice Clare Boothe Luce, «Italia contemporanea», settembre 1998, n. 212, p. 634.
9 Compromissione ipotizzata, senza base documentaria, da P. Rosenbaum, Il nuovo fascismo. Da Salò ad Almirante. Storia del Msi, Feltrinelli, Milano, 1975, p. 111 e P.G. Murgia, Ritorneremo! Storia e cronaca del fascismo dopo la Resistenza (1950-1953), Sugarco, Milano, 1976, p. 293. Non di una compromissione, ma di funzione aggregante dell’anticomunismo nei confronti della destra hanno scritto altri, tra cui M. Barbanti, Funzioni strategiche dell’anticomunismo nell’età del centrismo degasperiano 1948-1953, «Italia contemporanea», n. 170, marzo 1988, pp. 39-69. Nella medesima direzione vanno le considerazioni sulla costituzione formale (antifascista) superata da quella materiale (anticomunista), si veda F. Barbagallo, La formazione dell’Italia democratica, in Storia dell’Italia repubblicana, vol. I, La costruzione della democrazia. Dalla caduta del fascismo agli anni Cinquanta, Einaudi, Torino, 1994, pp. 5-128.
10 Citazioni tratte da U.S. Policy toward Italy, Nsc 5411/2, April 15, 1954, disponibile in versione completa al sito:
http://galenet.galegroup.com/servlet/DDRS?page=1&img=.25&x=0&y=0&view=image&vrsn=1.0&slb=KE&locID=milano&srchtp=basic&ste=4&txb=neo+fascist&sortType=RevChron&c=1&opg=46&docID=286734. Utili in proposito le osservazioni di L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra. Importanza e limiti della presenza americana in Italia, Laterza, Roma-Bari, 1999, pp. 21-22. Per un documento emblematico sulla netta chiusura ai missini si veda Memorandum of conversation, F. Marinotti (Snia-Viscosa), C.B. Luce, J. Engle (Third Secretary of Embassy), March 10, 1954, NARA, RG 84, CBL, Box 4, f. Memoranda of conversations ’54.
11 È opinione anche di una personalità certo non vicina alle posizioni dell’ambasciata come Colby, si veda W. Colby, La mia vita nella Cia, Mursia, Milano, 1996, p. 86.
12 Su questo punto adottiamo una chiave interpretativa diversa da quella proposta da Nuti, secondo cui l’approccio dell’ambasciata - e in particolare della Luce - non era volto ad allargare la maggioranza, ma a mantenere l’avversario sotto pressione; si veda L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., p. 18.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009/2010
Un altro indice della prossima apertura a sinistra furono i risultati delle elezioni amministrative del 27 maggio, che chiarirono inequivocabilmente il posizionamento dell’elettorato italiano che, pur distaccandosi dal Pci, non rinunciava alle rivendicazioni di carattere economico e sociale fatte proprie della sinistra <565. Inoltre, nell’estate 1956 iniziò a concretizzarsi la scissione del Patto d’unità tra Pci e Psi, e l’avvicinamento di Nenni al Psdi di Saragat <566. A Washington si temeva tuttavia che il progetto autonomistico di Nenni fosse un “cavallo di Troia” del fronte popolare, voluto da Mosca e finalizzato a facilitare l’accesso al governo del Pci <567. Si temeva anche che i membri fuoriusciti dal Pci dopo il XX Congresso confluissero proprio nel Psi, modificando la natura del partito in senso sovversivo e rivoluzionario.
Era necessario imprimere una svolta alla politica statunitense nei confronti della lotta al comunismo in Italia attraverso la strategia del cosiddetto Ju-jitsu, più subdola della logica dell’ariete adottata fino a quel momento, basata invece su un attacco frontale alle sinistre italiane. Constatata l’inevitabilità di un progressivo spostamento a sinistra dell’elettorato, e quindi di un’apertura a sinistra della maggioranza, era necessario abbandonare gli attacchi diretti e le pressioni sul governo italiano <568. La situazione richiedeva una politica meno aggressiva e più sfumata del passato, che approfittasse dei punti deboli del nemico per indebolirlo fino a provocarne la scomparsa, mediante l’appoggio al riformismo moderato del governo <569. In riferimento al processo di unificazione del Psi, la nuova strategia non mirava a bloccarne gli sviluppi, ma piuttosto a fare in modo che avvenisse nelle migliori condizioni possibili dal punto di vista americano, in maniera non affrettata o poco chiara, e soprattutto al momento in cui il Psi fosse stato in grado di dimostrare la sua indipendenza da Mosca <570. In sostanza, bisognava abbandonare la linea della Luce, e intraprendere una strategia di apparente distacco, senza dare l’impressione di opporsi incondizionatamente all’ammissione di Nenni nell’ambito dei partiti rispettabili, ma anzi esercitando pressioni discrete volte a rallentare il processo di unificazione e ad adattarlo agli interessi statunitensi <571. Parte di questo nuovo corso furono il sostegno al processo di consolidamento del Psdi, per evitare il suo totale assorbimento da parte del Psi e come male minore, ma anche come garanzia contro le tendenze neutraliste del Psi e di certi altri esponenti della Dc <572. Contemporaneamente venne elargito un cauto supporto ad alcune componenti della destra moderata, come il Pm di Achille Lauro, e a quelle autonomiste dello stesso Psi. Furono inoltre attivati i consueti referenti sindacali italoamericani e i vari esponenti socialisti di diversi paesi europei, in modo che questi personaggi contrastassero l’ipotesi unitaria.
Nell’autunno 1956, in corrispondenza della duplice crisi del 1956 e dell’inizio del secondo mandato di Eisenhower, due elementi in particolare accelerarono il processo di revisione della politica statunitense in senso più ambiguo e meno diretto. Da un alto, la sostituzione dell’ambasciatrice Luce con James Zellerbach. Dal temperamento più moderato e meno ideologizzato della signora Luce, Zellerbach si distaccò progressivamente dalle iniziative intraprese da Clare Boothe Luce tornando a pratiche di diplomazia più ortodosse <573. Dall’altro, la nomina di Amintore Fanfani alla segretaria della Dc. A partire dalla sua visita a Washington nell’estate 1956, Fanfani divenne l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti in Italia in netta distinzione da Gronchi <574.
Indubbiamente fece parte degli effetti della duplice crisi di ottobre anche un orientamento a rafforzare i legami tra Italia e Stati Uniti sul piano degli apprestamenti difensivi. Il 28 novembre 1956 il Sifar di De Lorenzo strinse un accordo segreto con il Servizio segreto americano per la costituzione una rete Stay Behind, S/B, che in Italia prese il nome di Gladio. Gladio nacque come organizzazione clandestina destinata ad entrare in azione nel caso di occupazione del territorio italiano, con compiti di informazione, sabotaggio, guerriglia e propaganda <575. L’accordo italo-statunitense sull’attivazione di Gladio fissava gli impegni reciproci tra i due servizi. L'Italia avrebbe messo a disposizione le basi, gli uomini e il supporto sul campo. Fra gli impegni assunti dal servizio americano vi era invece quello di fornire gran parte dei finanziamenti e degli armamenti. Da parte italiana erano a conoscenza dell’accordo l’allora Ministro della Difesa Taviani, il Presidente della Repubblica Gronchi, il Presidente del Consiglio Segni, il Vicepresidente del Consiglio Saragat ed il Ministro degli esteri Martino. All’oscuro dell’esistenza della rete di S/B era invece il Parlamento, sulla base della natura “settoriale” dell'accordo, della riservatezza della materia e dall'analogo comportamento tenuto dai governi di Inghilterra e Francia <576. Gladio non fu l’unico tentativo di creare un apparato da attivare in caso invasione, con il sostegno organizzativo e finanziario della Cia. Nello stesso anno, il Ministro dell’Interno Tambroni aveva creato un ufficio interno alla Divisione Affari Riservati del Viminale, incaricato di portare a termine un’operazione di schedatura di uomini politici e altre personalità <577. Sempre nel 1956, il Ministro della Difesa Taviani aveva invitato gli americani a stanziare nuove divisioni in Italia, e a creare un nuovo comando Nato di stanza a Venezia <578.
Nell’ottobre 1956, in previsione dell'imminente passaggio alla fase operativa della programmazione S/B, all'interno dell'Ufficio «R» del Sifar fu costituita la sezione Sad (Studi ed addestramento).
La tendenza a rafforzare la cooperazione militare tra i due paesi e quella parallela di creare strutture clandestine erano processi in atto ben prima dell’accordo del novembre 1956 <579. Al momento dell’adesione italiana al Patto atlantico, l’Italia dovette accettare dei protocolli segreti che prevedevano la creazione di un’organizzazione clandestina preposta a garantire con ogni mezzo la collocazione internazionale dell’Italia all’interno dello schieramento atlantico, anche nel caso in cui l’elettorato si fosse orientato in senso opposto <580. I primi tentativi in questo senso si registrarono nell’ottobre 1951, quando l’allora Capo del Sifar, il gen. Umberto Broccoli, aveva prospettato al Capo di Stato Maggiore Efisio Marras la necessità di dotarsi di un organismo di Stay Behind in linea con quanto già avvenuto in altri paesi europei, come Gran Bretagna e Francia <581. La rete di resistenza avrebbe avuto il compito di prevedere l'occupazione nemica del territorio nazionale e di organizzare un primo tentativo di resistenza attraverso attività di informazioni, sabotaggio, propaganda e resistenza <582. Il generale Broccoli asseriva poi che, in assenza di un’iniziativa italiana, gli Stati Uniti avrebbero provveduto a costituire una organizzazione di resistenza alle proprie dipendenze, e faceva riferimento ad una offerta di collaborazione per la predisposizione delle strutture clandestine sia da parte della Gran Bretagna che degli Usa. Tra le due, a detta di Broccoli bisognava privilegiare un più stabile e solido legame con il servizio americano <583.
Nel 1954, con il sostegno finanziario della Cia furono avviati i lavori di costruzione della base di addestramento di Campo Marrargiu, in Sardegna <584. Nell’ottobre dello stesso anno, Taviani firmò un accordo con gli Usa, di cui il Parlamento fu tenuto all’oscuro, sulla base del quale l’Italia concedeva agli Stati Uniti la possibilità di installare basi militari sul territorio italiano <585.
[NOTE]
562 Frus, 1955–1957, vol. XXVII, NIE 24–56, The Political Outlook in Italy, Washington, 7 febbraio, 1956, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/d97.
563 Frus, 1955-57, vol. XXVII, Memorandum of Conversation Between the President and the Secretary of State, White House, Washington, 27 febbraio, 1956, pp. 336-339, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_336.
564 Frus, 1955-1957, vol. XXVII, Memorandum From the Director of the Office of Western European Affairs (Jones) to the Assistant Secretary of State European Affairs (Merchant), Washingtn, 17 gennaio, 1956, pp. 324-327, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_324; Frus, 1955-1957, vol. XXVII, Memorandum of a Conversation, White House, Washington, 1 marzo, 1956, pp. 343-348, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_343.
565 Le elezioni decretarono la vittoria schiacciante dalla Dc e del Psi. Allo stesso tempo, il Pci perse un totale di 298.948 voti, a causa degli eventi provenienti dal blocco orientale. Elezioni amministrative del 27 maggio, in «Aggiornamenti sociali», n.7, luglio 1956.
566 Nel mese di agosto Nenni e Saragat si erano incontrati a Pralognan per discutere i dettagli della riunificazione dei due partiti. Nenni si offriva di riconoscere le ragioni ideologiche dietro la scissione del 1947 e di essere disposto a formare maggioranze di governo senza il Pci. Saragat, da parte sua, accettava di rinunciare ad ogni forma di discriminazione dei comunisti sul luogo di lavoro, e una forma di neutralità limitatamente al campo occidentale. Il 4 ottobre il Patto di Unità tra Psi e Pci venne derubricato a Patto di Consultazione. A. Giannuli, Il Noto Servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro. La clamorosa scoperta di un servizio segreto che riscrive la recente storia dell’Italia, Milano, Tropea, 2011, p. 82; L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 81-86.
567 L. Nuti, Commitment to NATO and Domestic Politics: The Italian Case and Some Comparative Remarks, in “Contemporary European History”, 7, 3 (1998): pp. 361-377, p. 365.
568 L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit. p. 63.
569 Frus, 1958-60, vol. VII, Nsc 6014, Draft Statement of U.S. Policy Toward Italy, Washington, 16 agosto, 1960, p. 600-11, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1958-60v07p2/pg_600.
570 Frus, 1955-1957, vol. XVII, Letter From the Chargé in Italy (Jernegan) to the Director of the Office of Western European Affairs (Jones), Rome, 26 giugno, 1956, pp. 361-372, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_361; Frus, 1955-1957, vol. XVII, Telegram from the Embassy in Italy to the Department of State, Rome, 12 settembre, 1956, pp. 381-383, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/pg_381; L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit. p. 64.
571 Frus, 1958-60, vol. VII, Report by the Operations Coordinating Board, Operations Plan for Italy, 8 luglio 1959, p. 529, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1958-60v07p2/d239; L. Nuti, Commitment to NATO and Domestic Politics, cit. p. 365; Frus, 1955–1957, Vol. XXVII, Outline Plan of Operations with Respect to Italy, Washington, 26 settembre, 1956, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1955-57v27/d121.
572 A. Brogi, L’Italia e l’egemonia americana nel Mediterraneo, cit. p. 168;¸L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 69-72.
573 M. Del Pero, Anticomunismo d’assalto, cit. p. 641. 574 E. Ortona, Anni d’America, 1953-1961, cit. pp. 186-192; G. Formigoni, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, Il Mulino, 2016; I verbali dei colloqui sono in Frus, 1955-1957, vol. XVII, pp. 373-378.
575 "Accordo fra il Servizio informazioni italiano e il Servizio informazioni USA relativo all'organizzazione ed all'attività della rete clandestina post-occupazione (Stay-behind) italo-statunitense".
576 Commissione stragi, Relazione del Comitato parlamentare per i Servizi di Informazione e Sicurezza e per il segreto di Stato sulla “Operazione Gladio”, (marzo 1992), in “Atti parlamentari”, X legislatura, doc. XLVIII, n. 1, p. 104.
577 C. Gatti, Rimanga tra noi, cit. p. 47; A. Silj, Malpaese, cit. p. 48.
578 L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 101-103; L. Nuti, Commitment to NATO and Domestic Politics, cit. p. 368.
579 E’ molto difficile ricostruire l’insieme delle organizzazioni paramilitari attive sul territorio italiano sin dalla fine della seconda guerra mondiale, in parte assorbite dalla rete di S/B. Per una analisi dettagliata: G. Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991, Torino, Einaudi, 2014.
580 P. Willan, I Burattinai, cit. p. 34.
581 Le varie S/B nets erano coordinate a livello internazionale dall’Acc e dal Cpc dello Shape. D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 7.
582 Organizzazione informativa operativa nel territorio nazionale suscettibile di occupazione nemica¸ in S. Flamigni (a cura di), Dossier Gladio, Roma, Kaos, 2012, pp. 155-162; M. Coglitore, S. Scarso, La notte dei gladiatori. Omissioni e silenzi della Repubblica, Padova, CaluscaEdizizoni, 1992.
583 Commissione stragi, Relazione sull'inchiesta condotta sulle vicende connesse all'operazione Gladio (aprile 1992), in “Atti parlamentari”, X legislatura, doc. XXIII, n. 51.
584 L’acquisizione dei terreni necessari avvenne attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata (Torre Marina) per consentire di derogare alle norme della legge che vietava agli ufficiali di possedere quote azionarie e di costituire società. A. Cipriani, G. Cipriani, Sovranità limitata, cit. pp. 33 e ss.
585 C. Gatti, Rimanga tra noi, cit. p. 40; A. Silj, Malpaese, cit. p. 46.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020