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domenica 22 gennaio 2023

L’ascendente che suscitavano gli Stati Uniti sulla popolazione siciliana


Nel 1948 il già forte legame tra mafia e politica conosce ulteriore sviluppo al momento delle elezioni politiche del 18 aprile. Quel giorno, infatti, i cittadini italiani furono chiamati ad eleggere il primo parlamento della Repubblica. Il risultato che sarebbe uscito dalle urne avrebbe condizionato la vita politica e sociale italiana per molti decenni. Non si trattava, infatti, soltanto di votare i rappresentanti da eleggere al parlamento o il partito in cui ci si riconosceva; si trattava di scegliere chi avrebbe guidato l’Italia nata dalla Resistenza per gli anni a venire ed a quale dei due blocchi contrapposti (Stati Uniti o Unione Sovietica) dover fare affidamento. I partiti che si presentarono alle elezioni (su tutti Democrazia Cristiana e Fronte Popolare, composto da PCI e PSI) non portarono avanti un dibattito politico sui programmi, ma impostarono la campagna elettorale su una scelta quasi referendaria tra l’alternativa comunista sovietica e quella democratica statunitense.
Nel 1948 la divisione tra occidente e oriente era già un fatto compiuto: si trattava di decidere da che parte stare. Da un lato, l’Unione Sovietica il cui intervento in Cecoslovacchia si era concluso con un colpo di stato; dall’altro gli Stati Uniti il cui intervento in Italia non fu meno deciso, ma si concretizzò in maniera più democratica e nel rispetto dell’indipendenza italiana. Gli Stati Uniti intervennero con aiuti alimentari concreti previsti dal cosiddetto piano Marshall. Dalle città americane, inoltre, arrivarono numerose lettere spedite dagli italo americani d’oltreoceano con le quali si invitava i familiari e gli amici a non votare per il Fronte Popolare legato a doppio filo alla dittatura comunista dell’Unione Sovietica.
Importanti rappresentanti statunitensi in Italia, inoltre, controllavano che gli aiuti inviati dall’America arrivassero a destinazione e venissero impiegati nel miglior modo possibile; è questo il caso dell’ambasciatore americano a Roma James Dunn che faceva letteralmente su e giù per l’Italia per accogliere le navi piene di generi alimentari e medicine che attraccavano nei vari porti. Nel caso in cui il messaggio di votare per la Democrazia Cristiana inviato attraverso gli aiuti materiali non fosse stato abbastanza chiaro, George Marshall (l’ideatore del piano omonimo) ammonì che una eventuale vittoria comunista avrebbe di fatto sospeso tutti gli aiuti all’Italia <247.
L’aiuto alla causa della Democrazia Cristiana provenne anche dalla Chiesa cattolica, che, oltre a lanciare condanne ed anatemi contro il comunismo, mobilitò la pietà popolare ed arrivò a sconfinare nella superstizione e nel fanatismo religioso, minacciando che chi avesse votato per il Fronte Popolare non sarebbe stato ammesso nel “regno dei cieli” <248. Per ribadire il concetto, il 17 marzo, ad un mese esatto dalle elezioni, il cardinale americano Spellman dichiarò: “Tra un mese, quando l’Italia sceglierà il suo governo, non posso credere che il popolo italiano... sceglierà lo stalinismo contro Dio, la Russia sovietica contro l’America, quest’America che tanto ha fatto e che è pronta e desiderosa a fare ancora di più se l’Italia rimane una nazione libera, amica e senza catene” <249.
Con tali presupposti la vittoria della Democrazia Cristiana era quasi inevitabile; ciò che però fu sorprendente fu l’entità della vittoria stessa. La DC non vinse, ma stravinse. Raggiunse quasi la maggioranza assoluta e fu un evento talmente eccezionale che, nella storia del partito, quel risultato fu considerato come un vero e proprio miraggio; fu intravisto in altre occasioni elettorali, ma non fu mai più conseguito.
I cittadini italiani che votarono per le elezioni politiche del 18 aprile 1948 alla Camera dei Deputati furono 29.117.554, di questi si recarono alle urne 26.855.741, cioè il 92,23 %; una partecipazione elettorale imponente. Le schede nulle furono 591.283 (un numero irrisorio se si considera il numero dei votanti). La DC ottenne 12.740.042 voti, pari al 48,51 % e 305 seggi. Il Fronte Popolare alla Camera, ottenne 8.136.637 voti, pari al 30,98% e 183 seggi. Si suddivisero i restanti seggi; l’Unità Socialista, il Blocco Nazionale, il Partito Nazionale Monarchico, il Partito Repubblicano ed il Movimento Sociale <250. Al Senato, gli aventi diritti erano 25.874.809, di questi votarono in 23.842.919, cioè il 92,15%, le schede nulle furono 1.185.629. Qui, la DC ottenne 10.899.640 voti pari al 48,11% e 131 seggi. Il Fronte Popolare ottenne 6.969.122 voti, cioè il 30,76% e 72 seggi <251. Anche qui gli altri seggi vennero distribuiti tra le altre forze politiche che avevano concorso anche per la Camera.
I numeri parlano da soli: la vittoria della DC fu schiacciante sotto tutti i punti di vista. Non vi fu circoscrizione elettorale (escluse quelle storicamente in mano alle forze di sinistra) in cui la DC non ottenne la maggioranza dei voti espressi.
Conseguita quella straordinaria vittoria elettorale, la Democrazia Cristiana dovette fare i conti con la presenza ingombrante delle forze di sinistra che, erano state sì sconfitte, ma non erano state annientate del tutto. Sorse così il problema di “come comportarsi” nei confronti di comunisti e socialisti. La grande influenza esercitata dagli Stati Uniti e dalla Chiesa cattolica per il conseguimento del risultato elettorale finale faceva presagire una estromissione totale delle forze di sinistra da tutti i centri di potere. Gli Stati Uniti erano assolutamente contrari ad un inserimento di comunisti e socialisti nel governo democristiano e contraria lo era la stessa DC che, da quel momento in poi, diede vita ad una serie di governi cosiddetti monocolore in cui le forze di sinistra non trovarono mai alcuno spazio. Si tendeva sostanzialmente a privare comunisti e socialisti (in misura maggiore i comunisti) di qualsiasi legittimazione politica e si negava loro il diritto di poter divenire, un giorno o l’altro, maggioranza politica del paese <252.
La situazione non fu diversa nemmeno in Sicilia: in tutte le province dell’isola i democristiani ottennero molti più voti rispetto al Fronte Popolare. In Sicilia la DC ottenne il 47,87 % dei voti, raggiungendo un risultato più che doppio rispetto al 21 % delle elezioni regionali del 1947. I deputati siciliani alla Camera furono ventotto e dodici i senatori <253. La provincia che più delle altre appoggiò la DC fu quella di Catania in cui il partito dello scudo crociato ottenne il 56,28 % dei voti <254; oltre che in quella provincia, la DC superò il 50 % anche nelle province di Agrigento (53,09 %), Enna (52,07 %) e Caltanissetta (51,35 %).
Minori consensi furono invece riservati alla Democrazia Cristiana nella zona occidentale della Sicilia, nella provincia di Trapani infatti il partito ottenne “solo” il 36,01 % e nelle altre province si attestò tra il 40 ed il 45 % <255. La grande mole di voti che confluì nella DC proveniva in larga parte dal ridimensionamento della destra: il Partito monarchico ottenne infatti solo l’8,89 %, il Blocco nazionale il 7,89 % ed il Movimento sociale il 3,15 %. Oltre alla grande affermazione della DC, quelle elezioni segnarono, in Sicilia, la definitiva scomparsa del Movimento per l’indipendenza che non prese parte alla competizione elettorale. Alla grande affermazione della DC, non fece, però, da contraltare una totale disfatta del Fronte Popolare; questo infatti, seppur lontano dai livelli del 1947 (quando aveva ottenuto il 30 % e la maggioranza relativa), si attestò al 20,89 % tornando indietro di due anni e raggiungendo il risultato conseguito nelle elezioni della Costituente del 2 giugno 1946. Il risultato elettorale, non certo entusiasmante, del Fronte Popolare si concretizzò sostanzialmente nelle aree urbane dove prevalsero (confermandosi rispetto ai risultati del passato) i blocchi clerico-moderati di centro destra. In diverse città isolane, infatti, il Fronte riuscì a conseguire molti meno voti rispetto alla DC; ad esempio, a Catania il Fronte ottenne 19.789 voti contro i 68.876 della DC, o ancora, a Palermo il blocco delle sinistre conseguì 26.655 voti contro i 97.820 della DC e addirittura meno del Partito monarchico che ne ottenne 40.113 <256.
Se a livello nazionale la propaganda pro DC fu portata avanti dall’attuazione del piano Marshall e dagli uomini più importanti della Chiesa cattolica; in Sicilia, l’America e gli americani presenti sull’isola svolsero un’influenza molto particolare sugli elettori. Sin dallo sbarco alleato del luglio 1943 molti siculo-americani erano già presenti nell’isola ed attivi in maniera capillare per tenere alto quel già grande consenso di cui godevano gli americani. In pratica, non vi era famiglia siciliana che non avesse un parente, un amico o, in extremis, un vicino di casa che non si trovasse al di là dell’oceano.
In merito all’antagonismo tra America e Russia; molti siciliani, tornati in patria, erano loro stessi stati in passato in America ed avevano sempre cullato il sogno di tornarci prima o poi. In Russia, invece, non c’era mai stato nessuno e nessuno forse sperava di andarci, neanche gli stessi comunisti. L’ascendente che suscitavano gli Stati Uniti sulla popolazione siciliana era di gran lunga superiore a quello dell’Unione Sovietica la cui ideologia politica, nell’immaginario collettivo, metteva in pericolo tutto ciò che di più caro vi era nella società siciliana: la famiglia, la religione, la proprietà e addirittura la democrazia stessa <257.
Archiviata la netta vittoria democristiana, l’amministrazione regionale, così come quella nazionale, si trovò a dover risolvere il dilemma sulle sorti delle forze di sinistra uscite sconfitte dalle urne; nell’isola, però, per certi aspetti, il problema era più ampio di quello nazionale, qui, infatti, oltre al problema delle sinistre, molto girava attorno all’applicazione delle due “costituzioni”, cioè della Costituzione nazionale e dello Statuto di autonomia regionale. La realtà siciliana dovette cambiare sotto un duplice aspetto, sia in rapporto a se stessa (in virtù della Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948), sia in rapporto alla società nazionale (sempre in virtù della Costituzione e dello Statuto regionale).
L’emarginazione sociale e politica cui furono relegati i comunisti fu feroce e decisa in Sicilia come nel resto d’Italia. Senza correre il rischio di esagerare, si può tranquillamente affermare che la popolazione fu letteralmente divisa in due categorie, i “buoni” (coloro che avevano votato per la DC) da un lato ed i “cattivi” (coloro che avevano appoggiato il Fronte Popolare) dall’altro. Tale divisione non aveva ovviamente i crismi dell’ufficialità, ma era forte nella popolazione il sentore di ciò che stava accadendo. I “cattivi” furono privati delle libertà politiche e civili fondamentali, molti addirittura della vita stessa. L’intervento discriminatorio più deciso fu quello inerente la revoca della libertà di associazione, di riunione, di circolazione e di stampa. Il diritto di sciopero fu quello più calpestato; non vi fu manifestazione che non suscitasse la disapprovazione o il malanimo delle autorità costituite e che non si concludesse con diffide o minacce per i manifestanti o gli scioperanti. Anche il diritto di associazione fu precluso ai militanti comunisti; il partito fu posto ai margini della legalità ed i suoi iscritti furono registrati e vigilati dalle forze dell’ordine in nome del pubblico bene. Un pensiero di Piero Calamandrei, che analizzava la situazione italiana, può essere riportato indistintamente per quella siciliana; egli affermò: “Le libertà civili e politiche non hanno più lo stesso significato per tutti i cittadini… La discriminazione contro i comunisti si è pian piano allargata contro tutti i ‘malpensanti’, contro tutti i ‘sovversivi’” <258.
Quella “caccia alle streghe”, fortunatamente, non raggiunse mai (salvi casi isolati ed eccezionali) dei livelli tali da far venire meno i principi basilari di una democrazia, né in quella “guerra” intervennero privati cittadini accecati dall’odio per i nemici di Dio e della democrazia. Fu lo Stato che, attraverso i suoi organi, si arrogò il compito di perseguitare i “cattivi”. Lo Stato si mantenne sempre entro certi limiti e non furono rari i casi in cui gli stessi persecutori manifestarono ampia e piena solidarietà nei confronti dei perseguitati, il tutto a dimostrare che, nonostante l’avversione generalizzata nei confronti di coloro che erano vicini a determinati ideali, esistevano ancora delle ampie fette di popolazione che credevano e lottavano per una democrazia vera e compiuta.
La “guerra” assunse dei toni molto accesi in Sicilia. Come si è detto, dopo le elezioni regionali dell’aprile 1947, la situazione in Sicilia fu praticamente insostenibile; decine di morti ammazzati per mano della banda Giuliano e della mafia al fine di stroncare sul nascere l’avanzata della “canea rossa”.
[NOTE]
247 P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 152.
248 F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 287.
249 P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 153. Si veda inoltre a tal proposito, F. Barbagallo, La formazione dell’Italia democratica, pp. 119-128, in AA. VV., Storia dell’Italia Repubblicana, vol. 1 La costruzione della democrazia, Einaudi editore, 1994, Torino ed inoltre, F. Barbagallo, L’Italia repubblicana, Dallo sviluppo alle riforme mancate (1945-2008), Carocci editore, 2009, Roma, pp. 29-31.
250 Ministero dell’Interno, Archivio storico delle elezioni, Risultati elezioni nazionali 18 aprile 1948, Camera dei Deputati, in http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=18/04/1948&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S
251 Ministero dell’Interno, Archivio storico delle elezioni, Risultati elezioni nazionali 18 aprile 1948, Senato della Repubblica, in http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=S&dtel=18/04/1948&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S
252 F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 290.
253 Ministero dell’Interno, Archivio storico delle elezioni, Risultati elezioni nazionali 18 aprile 1948, dati Sicilia, in http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=S&dtel=18/04/1948&tpa=I&tpe=R&lev0=0&levsut0=0&lev1=19&levsut1=1&ne1=19&es0=S&es1=S&ms=S
254 La netta vittoria della DC nella provincia di Catania può essere spiegata, tra le altre motivazioni, con il fatto che quella fosse la provincia di nascita e di crescita politica di don Luigi Sturzo, fondatore nel 1919 del Partito Popolare portatore e precursore degli ideali che sarebbero stati sposati dalla DC nel 1942.
255 Ministero dell’Interno, Archivio storico delle elezioni, Risultati elezioni nazionali 18 aprile 1948, dati Sicilia, in http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=C&dtel=18/04/1948&tpa=I&tpe=I&lev0=0&levsut0=0&lev1=29&levsut1 =1&ne1=29&es0=S&es1=S&ms=S, si veda inoltre a tal proposito, F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 288.
256 F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 289
257 Ivi, p. 288.
258 P. Calamandrei, Scritti e discorsi politici, Vol. 2, in F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 291.
Agostino Amato, Mafia e politica tra lo sbarco alleato e la fine degli anni ’50, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2013/2014