8 settembre 1943, giorno di armistizio.
Noi giovani allora eravamo felici per la fine della guerra; ma… fu proprio l’inizio, guerra che toccò tutti: bambini, giovani e vecchi. Mario poco dopo l’8 settembre incontrò in un’osteria del paese due soldati inglesi scappati dalla prigione di Chiavari e, senza pensarci due volte, li portò a casa non pensando alle conseguenze. Poi, attraverso i parenti, riuscì a rivestirli in borghese e a procurar loro un rifugio in una casetta sui monti di Uscio dove una famiglia teneva le mucche. La prima notte quindi la trascorsero lì, ma la mattina dopo, per sicurezza, Mario ed altri amici li trasferirono in una cava d’ardesia, più sicura, dove trovarono modo anche di portar loro qualcosa da mangiare. Ad Uscio, intanto si trovava anche un altro prigioniero fuggitivo da Chiavari, il capitano Orlando Bianchi, che sarà poi, nel 1944, uno dei primi organizzatori della Resistenza a Genova e verrà ucciso dai fascisti il 23 marzo 1945 a Cravasco. Bianchi che conosceva l’inglese parlò con i due prigionieri e per qualche giorno tutto filò liscio. Purtroppo, sparsasi la voce dell’esistenza di questi due prigionieri e temendo rappresaglie da parte dei tedeschi, gli abitanti di Tribogna cominciarono a far girare voce di quanto era accaduto. Fu così che un nucleo iniziale di antifascisti della zona prese la decisione, onde evitare la reazione di rappresaglia dei tedeschi su tutto il paese, di trasferirli presso una villa sicura a Molinetti. Fu Mario che, presa la corriera insieme a loro, li accompagnò fino a Recco.
Fu questa la sua prima “avventura”. Nessuno di noi giovani aveva idea di cosa fosse il fascismo. Li odiavamo soltanto per la prepotenza e l’arroganza che dimostravano nei confronti della povera gente, ma avremmo ben presto imparato a nostre spese a conoscerne il alto più feroce. Noi giovani di allora, non avevamo mai letto un giornale, né sentito la radio; non così i più anziani che, preparandosi a vivere in clandestinità, organizzavano in segreto le prime riunioni facendo finta di incontrarsi casualmente per strada e organizzando poi riunioni clandestine dove, per la prima volta, sentivano parlare di politica e di “democrazia”: una parola mai sentita prima.
Inverno del 1944, fine di una strana tranquillità
Nell’inverno del 1944, l’inverno più freddo del secolo, a Uscio arrivano gli alpini della Monterosa tristemente noti per essere i più feroci alleati dei tedeschi. Iniziano quindi i rastrellamenti e Mario scappa in montagna, appena in tempo per non essere preso. In compenso prendono la sorella, di neanche 15 anni, e il padre di 80 anni; e li portano ad Avegno, dove li tengono per qualche giorno. Io fuggii nei boschi e stetti lì fino a notte fonda. La mattina presto con mio cognato, per fuggire dai rastrellamenti, veniamo a piedi a Genova passando per i monti. A Genova ci incontriamo con Mario ed altri due partigiani. Stiamo li qualche giorno e poi ritorniamo a Uscio dove nella nostra casa viene organizzata una riunione con “Scrivia” [Aurelio Ferrando] e “Bisagno” [Aldo Gastaldi] a cui partecipano altri partigiani.
Tutto questo portava ad una continua atmosfera di paura. Paura di essere rastrellati e mandati in Germania, paura di essere trovati nelle riunioni… che voleva dire essere subito incarcerati. E poi… le notizie sui compagni fucilati….
Dal gennaio del 1945 le visite ormai si fanno più rare! Settimane e settimane prive di notizie. Sintomo che la guerra sui monti si stava facendo sempre più dura. Così arriviamo al 24 aprile 1945. Siamo a Genova. Nell’aria si respira il sentore di quello che succederà: un misto di certezza che le sofferenze siano finalmente finite e la paura per gli ultimi colpi di coda del fascismo. È allora che, mentre stiamo aspettando che arrivino da qualche parte i partigiani, un ragazzino viene a gridarci: “Correte, correte, Oliva passa in piazza Manin!”. Di corsa, in un lampo, arriviamo in piazza Manin, ma ormai il tram carico di partigiani e di bandiere era lontano e neanche questa volta riuscimmo a vederci. Mario arriva il 29 aprile. Finalmente la guerra è finita. Grazie ai partigiani gli americani troveranno la città liberata.
Silvana Oliva (moglie di Mario Oliva), La storia partigiana come l'abbiamo vissuta noi in Giuseppe Morabito, Viaggio nella Memoria. In ricordo dei partigiani, dei patrioti e dei caduti per la Libertà della Bassa Val Bisagno, ANPI Sezioni di Marassi, Quezzi e S. Fruttuoso [Genova], col Patrocinio del C.d.C. III Bassa Val Bisagno, 2005
Noi giovani allora eravamo felici per la fine della guerra; ma… fu proprio l’inizio, guerra che toccò tutti: bambini, giovani e vecchi. Mario poco dopo l’8 settembre incontrò in un’osteria del paese due soldati inglesi scappati dalla prigione di Chiavari e, senza pensarci due volte, li portò a casa non pensando alle conseguenze. Poi, attraverso i parenti, riuscì a rivestirli in borghese e a procurar loro un rifugio in una casetta sui monti di Uscio dove una famiglia teneva le mucche. La prima notte quindi la trascorsero lì, ma la mattina dopo, per sicurezza, Mario ed altri amici li trasferirono in una cava d’ardesia, più sicura, dove trovarono modo anche di portar loro qualcosa da mangiare. Ad Uscio, intanto si trovava anche un altro prigioniero fuggitivo da Chiavari, il capitano Orlando Bianchi, che sarà poi, nel 1944, uno dei primi organizzatori della Resistenza a Genova e verrà ucciso dai fascisti il 23 marzo 1945 a Cravasco. Bianchi che conosceva l’inglese parlò con i due prigionieri e per qualche giorno tutto filò liscio. Purtroppo, sparsasi la voce dell’esistenza di questi due prigionieri e temendo rappresaglie da parte dei tedeschi, gli abitanti di Tribogna cominciarono a far girare voce di quanto era accaduto. Fu così che un nucleo iniziale di antifascisti della zona prese la decisione, onde evitare la reazione di rappresaglia dei tedeschi su tutto il paese, di trasferirli presso una villa sicura a Molinetti. Fu Mario che, presa la corriera insieme a loro, li accompagnò fino a Recco.
Fu questa la sua prima “avventura”. Nessuno di noi giovani aveva idea di cosa fosse il fascismo. Li odiavamo soltanto per la prepotenza e l’arroganza che dimostravano nei confronti della povera gente, ma avremmo ben presto imparato a nostre spese a conoscerne il alto più feroce. Noi giovani di allora, non avevamo mai letto un giornale, né sentito la radio; non così i più anziani che, preparandosi a vivere in clandestinità, organizzavano in segreto le prime riunioni facendo finta di incontrarsi casualmente per strada e organizzando poi riunioni clandestine dove, per la prima volta, sentivano parlare di politica e di “democrazia”: una parola mai sentita prima.
Inverno del 1944, fine di una strana tranquillità
Nell’inverno del 1944, l’inverno più freddo del secolo, a Uscio arrivano gli alpini della Monterosa tristemente noti per essere i più feroci alleati dei tedeschi. Iniziano quindi i rastrellamenti e Mario scappa in montagna, appena in tempo per non essere preso. In compenso prendono la sorella, di neanche 15 anni, e il padre di 80 anni; e li portano ad Avegno, dove li tengono per qualche giorno. Io fuggii nei boschi e stetti lì fino a notte fonda. La mattina presto con mio cognato, per fuggire dai rastrellamenti, veniamo a piedi a Genova passando per i monti. A Genova ci incontriamo con Mario ed altri due partigiani. Stiamo li qualche giorno e poi ritorniamo a Uscio dove nella nostra casa viene organizzata una riunione con “Scrivia” [Aurelio Ferrando] e “Bisagno” [Aldo Gastaldi] a cui partecipano altri partigiani.
Tutto questo portava ad una continua atmosfera di paura. Paura di essere rastrellati e mandati in Germania, paura di essere trovati nelle riunioni… che voleva dire essere subito incarcerati. E poi… le notizie sui compagni fucilati….
Dal gennaio del 1945 le visite ormai si fanno più rare! Settimane e settimane prive di notizie. Sintomo che la guerra sui monti si stava facendo sempre più dura. Così arriviamo al 24 aprile 1945. Siamo a Genova. Nell’aria si respira il sentore di quello che succederà: un misto di certezza che le sofferenze siano finalmente finite e la paura per gli ultimi colpi di coda del fascismo. È allora che, mentre stiamo aspettando che arrivino da qualche parte i partigiani, un ragazzino viene a gridarci: “Correte, correte, Oliva passa in piazza Manin!”. Di corsa, in un lampo, arriviamo in piazza Manin, ma ormai il tram carico di partigiani e di bandiere era lontano e neanche questa volta riuscimmo a vederci. Mario arriva il 29 aprile. Finalmente la guerra è finita. Grazie ai partigiani gli americani troveranno la città liberata.
Silvana Oliva (moglie di Mario Oliva), La storia partigiana come l'abbiamo vissuta noi in Giuseppe Morabito, Viaggio nella Memoria. In ricordo dei partigiani, dei patrioti e dei caduti per la Libertà della Bassa Val Bisagno, ANPI Sezioni di Marassi, Quezzi e S. Fruttuoso [Genova], col Patrocinio del C.d.C. III Bassa Val Bisagno, 2005