Powered By Blogger

giovedì 24 agosto 2023

Lo stesso fenomeno dello squadrismo è considerato, nel contesto langarolo e astigiano, come un qualcosa di esterno

Alba (CN). Fonte: Wikipedia

Gli effetti della guerra non risparmiano neppure i liberali e i cattolici, incapaci, come i socialisti, di dare una reale risposta alle difficoltà e alle esigenze del mondo contadino. La scarsa adesione che riscuote la guerra, coloniale prima ed europea poi, non sono che sintomi di un generale malessere presente nelle campagne a partire dagli anni Dieci. La sottrazione di uomini abili al lavoro non fa che alimentare una crescente ostilità nei confronti del governo, che non sa far fronte alla crisi agricola immediatamente successiva al conflitto. I tentativi di dare esecuzione ai programmi di riequilibrio economico fondato su un coordinamento dei servizi, del credito e dell'istruzione, avviati in provincia di Cuneo dal 1918, falliscono. L'indirizzo produttivistico sostenuto da Nitti su basi socialriformiste, tali da conciliare l'equilibrio fra le principali concentrazioni economiche e l'accoglimento di alcune rivendicazioni popolari in materia fiscale, cooperativa e di legislazione del lavoro, non passa alla fase esecutiva, sia per la diffidenza di alcuni gruppi di comando privati, sia per l'impreparazione delle amministrazioni periferiche. A Cuneo, nei comitati di coordinamento locale, vi è una prevalenza della grande proprietà fondiaria, chiusa nella stretta difesa dei propri interessi.
A peggiorare la situazione intervengono altri fattori. Il primo è il mancato accordo con la Francia (agosto 1918) per le esportazioni agricole e semilavorati, che pregiudica la ripresa dell'industria serica e della concia e il rilancio della frutticultura, risultate più danneggiate al momento dell'ingresso in guerra. Soltanto la coltura della vite non soffre eccessive perturbazioni arrecate dal conflitto, ma nelle Langhe e nel cuneese all'espansione della viticoltura fa riscontro la decimazione del patrimonio zootecnico. Oltre al mancato accordo con la Francia, un'altra decisione, questa volta di natura interna, fa scoppiare le proteste dei lavoratori agricoli. <70 Negli ultimi mesi del 1919 il governo, per far fronte alla grave situazione finanziaria, decide di tassare i produttori vinicoli, già scossi dall'invasione della fillossera che aveva prodotto gravissimi danni all'economia della zona. Intorno a questa vicenda, che genera un'ondata di proteste, si consumano anche le vicende dei partiti di sinistra e dei cattolici. Il comportamento di questi ultimi, ma in particolar modo del partito socialista, che non riusciva a padroneggiare la protesta dei viticoltori, favorisce il successo di u nuovo soggetto politico, guidato da Giacomo Scotti, <71 il quale, uscito dai popolari di Sturzo proprio per i contrasti relativi alla tassa sul vino, da vita al Partito dei contadini d'Italia. <72
La fine del conflitto fa riemergere e ingigantisce i problemi sociali all'interno delle campagne piemontesi, in particolare nel Vercellese e nel Novarese, dove tra il '19 e il '21 si verificano le lotte più accese. La guerra provoca inoltre un ulteriore frazionamento della proprietà fondiaria. Questo fenomeno ha due principali cause. Negli anni del primo dopo-guerra, medi e grandi proprietari, che avevano a contratto diverse decine di braccianti, nutrono crescenti preoccupazioni di ordine politico-sociale, di fronte al generale clima di protesta che è presente nelle campagne. Le occupazioni delle terre, le imposizioni di patti agrari sfavorevoli ai proprietari e i frequenti scioperi convincono il ceto contadino più abbiente a vendere parte della propria terra. Questa tendenza contribuiscono poi altri fattori, di tipo economico: la necessità di ridurre il carico fiscale derivato dal possesso di grandi quantità di terreno e la possibilità di realizzare un buon affare dato l'aumento dei prezzi della terra. Dall'altra, i contadini senza proprietà hanno possibilità di acquistare terra grazie alla maggiore disponibilità economica di cui godevano negli anni Dieci, derivata da diversi fattori, tra cui l'aumento dei salari, il rialzo dei prezzi dei prodotti della terra e l'andamento positivo dei raccolti. Nel giro di dieci anni, tra il 1911 e il 1921, i contadini proprietari dell'area Langhe, Monferrato, Alessandrino salgono dal 44 al 65,6% della popolazione rurale. <73
Le prime elezioni politiche del dopoguerra avevano bocciato il governo e la sua politica bellica, premiando di poco i socialisti e i popolari, che consolidavano così la loro posizione nelle elezioni comunali e provinciali del 1920. <74 Risultati che però non vengono confermati ai socialisti nelle elezioni del maggio '21, che vedono un forte successo da parte del partito di Urbano Prunotto, contadino indipendente, dimostratosi più sensibile alle esigenze della sua classe rispetto a quanto avevano fatto i partiti della sinistra fino allora. <75 L'ambigua posizione dei vertici socialisti rispetto alla tassa sul vino, la scissione interna, che aveva prodotto un'emorragia dei quadri nelle diverse città, tra cui quella di Roberto, e, non ultimo, l'inizio delle azioni squadristiche, avevano danneggiato fortemente i socialisti, a vantaggio del partito dei contadini. Anche i popolari subiscono pari declino nelle Langhe. Al loro partito è infatti legato lo scandalo finanziario che investe le Casse Rurali dell'Albese, entrate in fallimento. <76
Il partito fascista invece è protagonista di una forte ascesa in alcuni dei centri più importanti del basso Piemonte. Ad Alessandria, dove nel 1921 si contano 2780 iscritti al PNF, i fascisti costituiscono uno dei nuclei più forti e meglio organizzati di tutto il basso Piemonte. <77 Qui, diversamente che in Toscana e in Emilia, furono spesso «i figli di ex mezzadri e di piccoli fittavoli di altre zone […] a fornire da fuori una certa massa di manovra per le rappresaglie nei confronti dei braccianti “renitenti” e per le offensive […] contro i “comuni rossi” del circondario». <78 Nel Cuneese invece i fascisti non ottengono un consistente seguito nelle campagne, dove le squadre locali agiscono solo da supporto a quelle di Torino per azioni condotte nell'Alessandrino e nel Casalese. <79
Diversi studi hanno dimostrato come l'area del Monferrato e delle Langhe, caratterizzata dalla piccola proprietà e dall'assenza di grandi concentrazioni operaie, sia stata meno incline, anche per le sue condizioni sociopolitiche, ad adottare metodi e pratiche che invece erano stati accettati e utilizzati nell'area dell'alessandrino, più sviluppata dal punto di vista agricolo e industriale. <80
Lo stesso fenomeno dello squadrismo è considerato, nel contesto langarolo e astigiano, come un qualcosa di esterno, e percepito dal ceto rurale come «violenza» persino nei suoi riti collettivi. <81
Nel triennio '23-'25, i partiti di massa che avevano caratterizzato le lotte politiche nelle Langhe per i vent'anni precedenti escono progressivamente di scena. Tra il 1923 e il 1924 i socialisti e i comunisti vengono dissolti, tra arresti e defezioni continue. Sempre nel Cuneese, il partito popolare entra in crisi nel 1925, «con la defezione di alcuni fra i suoi esponenti più significativi». <82 La sua presenza nelle zone rurali si esprimerà sempre più nell'associazionismo giovanile a carattere religioso.
Con il 1925, quindi, inizia quello che Giovana ha definito «il sonno ventennale» delle contrade langarole sotto la dittatura, segnato da una generale estraneità alla vita pubblica. <83 Sotto la dittatura, sempre Giovana parla di comportamento «afascista» da parte della popolazione, contraddistinto da un lealismo monarchico-sabaudo, reverenza verso la parola della Chiesa e impenetrabilità ai miti bellici.
La politica del fascismo tenderà a depotenziare il modello cooperativistico che si era sviluppato per iniziativa dei piccoli e medi coltivatori e per impulso dei maggiori partiti dell'area, svuotando in pratica ogni velleità politica del ceto contadino, relegato al suo ruolo subalterno nella gerarchia nazionale. In ambito finanziario, dove i contadini erano riusciti a creare casse rurali, l'ascesa del fascismo determina la fine del credito agricolo dell'area. Nonostante i suoi richiami all'«Italia contadina», il fascismo non porta sviluppi nella zona dell'astigiano e delle Langhe, mancando anche i suoi progetti di riordino fondiario, di sostegno finanziario ai proprietari e di ricostruzione dopo la devastazione fillosserica dei primi anni Venti. <84
[NOTE]
70 “Nuovi fazzoletti di terra”, in V. Castronovo, Il Piemonte, cit, p. 306-308
71 Il fratello, Alessandro, sarà a capo di una formazione partigiana nell'astigiano, oggetto di una intricata vicenda che coinvolge gruppi autonomi e garibaldini.
72 A. Agosti, G. M. Bravo (collana diretta da), Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, cit., p.133; si veda anche G. De Luna, Alessandro Scotti e il partito dei contadini (1889-1974), Franco Angeli, Milano, 1985
73 V. Rapetti, Uomini, collina e vigneto in Piemonte, cit., p. 178
74 M. Giovana, Guerriglia, cit., p. 21-23
75 A. Agosti, G. M. Bravo (collana diretta da), Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, cit., p. 162-174
76 Ivi, p. 22
77 V. Castronovo, Il Piemonte, cit., p. 346
78 Ibidem
79 Ivi, p. 341
80 G. De Luna, “Fascismo e mondo rurale in Piemonte. Il dibattito storiografico” in Aa. Vv., Fascismo di provincia, cit., pp. 32-33
81 Ibidem
82 A. Agosti, G. M. Bravo (collana diretta da), Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, cit., p. 223
83 M. Giovana, Guerriglia, cit., p. 24
84 V. Rapetti, “Caratteri dell'economia agricola astigiana tra le due guerre”, in Aa. Vv., Fascismo di provincia, cit., p. 88
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013