Powered By Blogger

domenica 3 settembre 2023

Il partito della Democrazia cristiana e la Chiesa in questi anni creano un modello che i mezzi di informazione, posti sotto il loro controllo, si incaricano di conservare e sviluppare


Dopo lo sbarco in Sicilia, l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR), fu incluso nel sistema di propaganda alleato, ovviamente relativamente agli impianti tecnici e agli uffici dislocati nell’Italia meridionale.
Gli alleati intendevano utilizzare il mezzo radio per un duplice scopo: diffondere capillarmente la propaganda di guerra ma anche educare la popolazione italiana ai valori democratici, in base all’esperienza che gli USA avevano fatto proprio per mezzo della radio negli anni della presidenza Roosevelt, attraverso una informazione caratterizzata da quel pluralismo di opinioni che il fascismo aveva cancellato. Le necessità della guerra, limitarono tuttavia l’impostazione iniziale degli alleati, finendo per fare della radio quasi esclusivamente uno strumento per la diffusione della propaganda. La stessa partecipazione di elementi italiani alla programmazione fu fortemente limitata, riducendo quindi quello slancio pedagogico-democratico inizialmente previsto dagli alleati.
Guido Ferrini, La stampa italiana dal dopoguerra alla seconda Repubblica. Dalle concentrazioni editoriali alla finanziarizzazione dell’editoria, Tesi di laurea, Università di Pisa, Anno accademico 2014-2015

In seguito alla creazione di uno schema di decreto relativo alla riorganizzazione della radiodiffusione, nasce nell’ottobre del 1944 la società Radio Audizioni Italia (Rai), che nasce come “organo consultivo per il coordinamento ed il controllo dei programmi radiofonici, presso il sottosegretariato per la stampa e l’informazione”.
Rusca mantenne il suo ruolo fino all’aprile del ’45 quando venne costituito il primo vero e proprio consiglio di amministrazione della Rai e Armando Rossini divenne il nuovo direttore generale. Cinque giorni dopo tutte le stazioni radiofoniche attive nel settentrione ripreso a funzionare regolarmente sotto il controllo del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). La divisione che vede il servizio radiofonico al nord controllato dal CLNAI e del centro-meridione controllato dalla Rai continuò ancora per molti mesi.
Il discorso della comunicazione e dell’informazione ha sempre avuto una forte componente politica e nel nostro paese non è stato diversamente. Alle elezioni del 18 aprile 1948 la stragrande maggioranza degli italiani votò per il partito della Democrazia cristiana: questo infatti rispecchiava nel migliore dei modi il modello ideologico-sociale del nostro paese, un modello retorico-nazionalistico alimentato nell’orizzonte della famiglia piccolo-borghese. Parte fondante di questa vittoria si può riconoscere nell’alleanza con la Chiesa e nella comune gestione dei mezzi d’informazione.
Proprio la Chiesa, infatti, ha sempre giocato un ruolo fondamentale nei processi di informazione, grazie anche alla lungimiranza che essa dimostrò nel cercare di sfruttare la risorsa radiotelevisiva, insieme al cinema, per allargare la base sociale di intervento religioso, culturale e politico. La chiesa riesce ad arrivare a quello strato di popolazione dove invece il fascismo aveva fallito, creando spesso più del regime stesso veri e propri caratteri di massa.
Quindi, anche grazie all’aiuto della Chiesa, il partito democristiano vince le elezioni del 18 aprile 1948, legando il gruppo dirigente della Rai al partito cattolico.
Ci troviamo negli anni della guerra fredda, all’interno della quale la Chiesa dimostra una chiara opposizione al bolscevismo e in Italia ciò si traduce in una accanita ostilità verso le sinistre, più precisamente contro comunisti e socialisti. Questi anni saranno caratterizzati da una radio italiana molto di parte, anche se ridimensionato stiamo parlando dello stesso modello che il fascismo adottava durante gli anni della propaganda. Il partito della Democrazia cristiana e la Chiesa in questi anni creano un modello che i mezzi di informazione, posti sotto il loro controllo, si incaricano di conservare e sviluppare.
Dalle sinistre arrivano continui reclami e mozioni che condannano la faziosità della Rai e del suo giornale radio. Una faziosità innegabile, nel giornale radio del 2 giugno 1950 era stata praticamente ignorata la ricorrenza della nascita della Repubblica, il 10 giugno la radio aveva passato in silenzio  la ricorrenza della morte di Matteotti, il 17 giugno l’appello dell’URSS contro la bomba atomica era stato totalmente ignorato. Venivano inventate notizie, inoltre campionando varie edizioni del giornale radio si era potuto constatare come in un periodo di tempo di due settimane “fossero state passate “126 righe” di trasmissione alla riunione della CISL e nemmeno una riga dell’attività della
CIGL” <7 .
Ciò che veniva richiesto dalle sinistre alla Rai era di attenersi alla rappresentanza proporzionale delle forze parlamentari. La sinistra, specialmente il comunismo, trovò nelle radio estere e soprattutto in Radio Praga una valida alleata, in questo modo tentava di proseguire nel suo intento, ovvero nell’informazione clandestina. A modo suo, la sinistra si preparava a possibili svolte ribelli, sovversive. Il partito comunista e più in generale la sinistra, si rifiutava di approcciarsi ai nuovi media, alla televisione in primis, considerandoli mezzi frivoli. La politica culturale del Pci infatti negli anni ’50 riteneva “che […] la Rai lungi dallo svolgere, attraverso il nuovo mezzo tecnico, una funzione tendente all’elevamento culturale del popolo, allo sviluppo delle sue capacità critiche, all’affinamento della sua sensibilità estetica, cerca all’opposto di estraniare le masse dai problemi concreti della vita nazionale, di ottundere ogni capacità di giudizio, di degradare il gusto, di propagandare, in maniera più o meno velata, l’ideologia della classe dominante.” <8
Intanto era diventato presidente della Rai Cristiano Ridomi, che condusse in gran segreto il rinnovo della convenzione del 1952. La convenzione aveva un’importanza cruciale, dal punto di vista politico rappresentava un incremento dei vantaggi per la concessionaria, ovvero aumento dei fondi di finanziamento, il monopolio, il controllo solitario veniva rafforzato e in più i controlli sull’attività dell’azienda venivano ridotti di gran lunga.
Questi non saranno gli unici problemi. Sempre nel 1952 venne costituita l’ARA, ovvero l’Associazione radioabbonati e ascoltatori, per difendere i diritti del pubblico. Le sinistre continuarono nella loro campagna di attacchi al gruppo dirigente Rai, chiedendo delucidazioni sulla concessione dei servizi televisivi, chiedendo di abolire il regime del doppio finanziamento (pubblicità e canone), per non dimenticare le spinte autonome provenienti dalle sedi di Torino, Firenze e Napoli.
Queste richieste da parte delle sedi sopracitate nascono soprattutto dalla volontà di trasferire, o meglio accentrare, la direzione di tutti i programmi a Roma.
A livello di ascolti, nonostante una notevole ripresa rispetto alle perdite avute luogo durante la guerra, l’Italia rimaneva agli ultimi posti in Europa, era necessario un intenso lavoro di espansione della radiofonia in tutta la penisola.
Gli “anni d’oro” dell’espansione radiofonica possono essere considerati quelli che vanno dal 1948 al 1952, con incrementi maggiori del 200% di abbonati, il consolidamento finanziario della Rai, l’aumento del canone (che nel 1954 arrivò a 15 mila lire annue). Tutto ciò fu reso possibile da un’attenta politica di contenimento spese, dall’incremento del gettito pubblicitario gestito dalla SIPRA, che entrò insieme alla Rai a far parte del gruppo IRI, diventando così uno dei fiori all’occhiello dell’economia italiana.
Per quanto riguarda invece la programmazione è importante dire che essa rimane distinta, per il Nord e per il Sud, fino al dicembre del 1946, quando si decide di istituire due programmi in onde medie: la rete rossa e la rete azzurra (le odierne Rai Radio 1 e Rai Radio 2). Questa rimane la suddivisione in programmi fino al 1951, quando venne attuata la distinzione in programma nazionale (ex rete rossa), secondo programma (ex rete azzurra) e terzo programma, istituito l’anno precedente. Questa suddivisione viene messa in atto per assecondare le esigenze del pubblico; infatti, i tre programmi risponderanno a esigenze di ascolto del pubblico differenti: il programma nazionale si rivolgerà a un pubblico medio con notizie italiane ed estere, avvenimenti politici e quant’altro, il secondo programma avrà una caratura più ludica, ricreativa, mentre il terzo sarà improntato sulla cultura.
La dirigenza Rai si impegnò al massimo per cercare di comprendere le sfaccettature e i gradimenti del pubblico, in modo da offrire un servizio ampio e variegato, e funzionò: dal 1946 in poi gli abbonamenti salirono al ritmo di mezzo milione l’anno fino ad arrivare tra il 1950 e il 1953 quando il numero di abbonamenti si stabilizzò verso i 4 milioni e mezzo. <9
Volgendo lo sguardo alla programmazione vera e propria notiamo come le preferenze per la musica leggera sfociarono nel Festival di Sanremo, istituito per la prima volta nel 1951 e vinto da Nilla Pizzi con “Grazie dei fior”. Ciò che appare davvero evidente però è l’attenzione verso il pubblico giovanile, con programmi ludici ma anche altri più formativi, da qui il progetto “La radio per le scuole” istituito nel 1947 e volto a colmare le lacune culturali e le curiosità di chi non poteva permettersi nemmeno di acquistare i libri scolastici. Menzione d’onore in questo caso merita il programma “Motoperpetuo”.
Numerosi programmi di successo si ebbero anche nello spettacolo leggero come “Cico e Pallina” scritto da Federico Fellini, che consisteva in una serie di radioscene, altro programma che divenne apprezzatissimo, nonostante inizialmente fosse uno sconosciuto, fu “Vi parla Alberto Sordi”.
Per ampliare maggiormente il pubblico si realizzò una nuova rubrica “Voci dal mondo”, con l’inconfondibile speaker Guido Notari, e trattava temi come politica, sport, costume.
Se è vero che il terzo programma rispondeva alle esigenze di un pubblico più di nicchia, è anche vero che l’obiettivo di fare della Rai una vera e propria fonte di cultura e insegnamento viene perseguito anche dai primi due programmi, con appunti quali “L’Accademia della radio” e “Al caffè si discute” con ospiti del calibro di Paolo Stoppa, Vittorio De Sica, Alberto Moravia e tanti altri.
Col passare del tempo si notò sempre più la preparazione e l’efficienza della scuola di giornalismo radiofonico nata negli anni Trenta, ciò ebbe riscontro durante l’alluvione del Polesine nel novembre del 1951, quando attraverso inappuntabili servizi e collegamenti la Rai assicurò una copertura continua dell’evento.
Si potrebbero citare altri mille programmi come “Il motivo in maschera” condotto dal mitico Mike Bongiorno, “Il microfono è vostro” che fece diventare famoso lo slogan “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera; buonasera ovunque voi siate!” <10, il nuovo giornale orario del secondo programma che prese il nome di Radiosera <11, “La palla è rotonda”, “Rosso e Nero”, il più famoso programma leggero del dopoguerra, e tantissimi altri, ma ciò che conta è capire che finalmente la radio italiana stava iniziando ad occupare il posto che meritava e aveva ormai creato una solida base di pubblico, con un’ampia scelta di programmi e di generi differenti.
Era tutto pronto per l’inizio di un’epoca nuova, un’epoca fatta di immagini, non più solo di suoni. Un’epoca che stava per rivoluzionare la vita di milioni di italiani e non solo, un’epoca che stava per dare alla luce la Radiotelevisione Italiana.
[NOTE]
7 Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, 238.
8 Giandomenico Crapis, Il frigorifero del cervello, 25.
9 Franco Monteleone, 250
10 Ivi, 262
11 Storia della radio. La storia della radio dal 1949 al 1960. storiadellaradio.rai.it, 12 marzo 2012 http://www.storiadellaradio.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-117dd806-169c-49ce-958c-39efa84bf6af.html?refresh_ce.

Alessandro Pipolo, Evoluzione della comunicazione in Italia: la RAI nel corso degli anni, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2021-2022


Intanto, alla fine del ’45 venne ricostituita l’unità dell’azienda RAI: il 20 dicembre fu eletto un nuovo consiglio d’amministrazione, presieduto dalle storico cattolico liberale Carlo Arturo Jemolo. Il compito del nuovo consiglio fu tutt’altro che agevole, non soltanto per le difficoltà connesse con la difficile situazione post-bellica - le perdite di esercizio del ’44 ammontarono a oltre 24 milioni, lievitate ad oltre 300 milioni nel ’46, anche per colpa dell’inflazione galoppante - ma anche per le crescenti pressioni esercitate sull’azienda dalla Democrazia Cristiana. Superato il periodo del governo Parri, il primo governo di De Gasperi operò in modo da normalizzare la RAI, eliminando le ultime vestigia di quella condizione di coabitazione fra vecchio e nuovo che si era realizzata nell’anno precedente. Tale operazione fu resa possibile anche dal fatto che la RAI, società concessionaria del servizio pubblico, era titolare del medesimo rapporto giuridico che aveva precedentemente legato l’EIAR allo Stato, e doveva ottemperare agli obblighi previsti dalla convenzione del 1927, la cui scadenza era prevista per il 1952, e che non era stata abolita. Il personale tecnico e amministrativo della vecchia struttura fu confermato, così come, al di là di una blanda epurazione, gli elementi di vertice. Un momento decisivo nel riorientamento in senso conservatore della RAI si ebbe nell’agosto del ’46, in seguito alle elezioni del 2 giugno, quando venne nominato presidente della RAI Giuseppe Spataro, esponente di spicco della DC, al posto di Carlo Arturo Jemolo, che aveva cercato di garantire un maggiore pluralismo nell’azienda, e venne insediato un nuovo consiglio d’amministrazione nel quale vennero reintegrati i rappresentanti della SIP, la società che deteneva la maggioranza delle azioni della vecchia società che controllava l’EIAR ed ora la RAI. La riorganizzazione dell’azienda avvenne quindi all’insegna del recupero dei quadri della vecchia burocrazia, necessari per garantire una continuità nella linea politica conservatrice impressa all’azienda ed una sicura fedeltà al governo democristiano. Un ulteriore passo in questa direzione avvenne nell’ottobre del ’46, quando venne nominato alla vice presidenza della RAI Marcello Bernardi, ex segretario generale dell’EIAR, nomina che confermava la saldatura ormai avvenuta fra i quadri dirigenziali del periodo fascista e la nuova dirigenza politica democristiana.
Analoga piega presero le vicende relative all’informazione radiofonica. All’indomani della liberazione era stato varato il programma La voce dei partiti, che andava in onda tutti i giorni e ospitava esclusivamente i commentatori dei partiti politici del CLN. L’esperienza si era dimostrata però fallimentare, per l’incapacità dei commentatori di utilizzare il mezzo radiofonico - ogni esponente di partito si rivolgeva esclusivamente ai propri sostenitori e non alla generalità del pubblico - e per l’impossibilità di garantire a tutte le forze politiche un’equa partecipazione alla trasmissione. La trasmissione fu quindi sospesa due mesi prima della campagna referendaria del giugno ’46, e successivamente fu sostituita con il programma Opinioni, in cui sei ospiti fissi, ma di diverso orientamento politico, si alternavano nel commento dei principali fatti politici. L’accesso all’informazione politica era tuttavia determinato dalle percentuali elettorali, cosicché rimasero esclusi molti partiti o formazioni politiche che, pur presenti del dibattito politico, non avevano ottenuto successo alle elezioni. Da qui il montare della protesta da parte di numerose formazioni minori, che fu possibile disinnescare solo grazie ad un accordo fra la direzione generale della RAI e la Presidenza del Consiglio. Anche questo caso aveva dimostrato il crescente ruolo giocato dal governo, e più ancora dal suo partito di maggioranza.
Un ulteriore passo nella direzione di un rafforzamento dell’ingerenza governativa fu compiuto nella primavera del ’47, quando la Costituente istituì, con D.L. 3 aprile 1947, n. 428, una Commissione parlamentare di vigilanza e un Comitato per le direttive di massima culturali, artistiche ed educative, quest’ultimo organismo presieduto da Silvio D’Amico: ma mentre il primo di tali organi aveva compiti meramente consultivi, e comunque non pienamente definiti <50, il secondo aveva compiti deliberativi sui piani radiofonici trimestrali approntati dalla RAI circa la programmazione, ed era posto alle dipendenze del ministero delle Poste, in quel momento retto da Mario Scelba <51. Il decreto del ’47, inoltre, prevedeva esplicitamente che il governo potesse intervenire sulla RAI nel caso in cui fossero trasmesse programmi e notiziari considerati “pregiudizievoli”, scavalcando quindi i poteri della Commissione parlamentare di vigilanza. In questo modo veniva reintrodotto il controllo politico dell’esecutivo sulla maggiore azienda culturale del paese, così come era accaduto in periodo fascista. La DC, attraverso la RAI e la gestione dei mezzi di comunicazione di massa, poté mettere in essere un progetto egemonico per la realizzazione di un vasto consenso sociale alle proprie politiche, ed è da sottolineare che, almeno nei primi dieci anni, furono piuttosto i gruppi cattolici legati alle direttive del Vaticano, e non genericamente democristiani, a portare avanti tale strategia.
La vittoria alle elezioni del 18 aprile del ’48, consolidò il controllo sulla RAI da parte della DC, che utilizzò tale azienda per porre le basi di quel regime conservatore di massa la cui realizzazione era iniziata fin dai primi mesi del ’46 e che avrebbe portato a compimento nei decenni successivi.
[NOTE]
50 R. ZACCARIA, Radiotelevisione e Costituzione, Milano 1977, p. 35.
51 F. MONTELEONE, Storia della radio e della televisione in Italia, cit., pp. 213-216.

Guido Ferrini, Op. cit.