Con dati più vicini alla realtà ne prendevano atto le pur ipocrite ed elusive relazioni della GNR dell'aprile. "Il 10 corrente la divisione germanica "Goering", si portò nella zona di Cecina [sic per Cercina] e Sommaia <32, nell'intento di disperdere le bande ribelli […] o […] convogliarle entro i limiti territoriali previsti per il compimento della manovra aggirante […]. Nella fase preliminare dell'azione furono fermate circa 300 persone sospette, parte delle quali […] rilasciate, mentre le rimanenti furono trasportate a Firenze <33." E più tardi: "A tutto il 16 corrente, il reparto misto della G.N.R. e dell'esercito germanico, operante nella zona compresa fra Monte Griffone, Corniolo, Piserno, Strabatenza, S. Paolo in Alpe e Monte Falterona, ha inflitto ai ribelli le seguenti perdite: morti 500, prigionieri 200. Sono stati, inoltre, catturati 61 renitenti alla leva. Nessuna perdita da parte nostra." <34 La verità, faticosamente diffusa attraverso la stampa clandestina, era che "nel Mugello e nel Casentino" si erano combattuti non "i patrioti, ma la popolazione rurale. In Casentino, oltre 400 vittime, in Mugello 300 circa. Sevizie, violenze a donne, incendi di case abitate, furto in massa […] la repressione ha operato soprattutto sui centri abitati, non sulla montagna. È un terrorismo che ci farà molto male, in ordine all'appoggio che i contadini potranno dare ulteriormente alle bande. <35"
A nord-est, in Lucchesia, nel luglio e nell'agosto si fortificano gli accessi all'alta Valle del Serchio (Garfagnana) e a quella della Lima (che conduce al colle dell'Abetone) intervenendo a Borgo a Mozzano, alla confluenza dei due fiumi; mentre sul litorale lucchese e su quello di Massa la distruzione delle case sulla linea del torrente Cinquale, nella seconda settimana di luglio, comincia a prefigurare la trasformazione di quel territorio in un campo di battaglia, che sarà devastato fino al 1945. Nel Pistoiese, la sequenza delle misure che colpiscono il paese di Cireglio può essere ritenuta esemplare. Da questo centro della montagna che sovrasta immediatamente la pianura e dà accesso alla valle del Po attraverso il bacino del Reno, il 14 luglio si fanno sfollare tutti gli abitanti all'infuori dei maschi abili al lavoro; poi, nella prima settimana di agosto, giunti ormai gli Alleati sull'Arno, lo sgombero dei civili si fa totale; infine, la settimana seguente, si procede a distruggere duecento case e le chiese, si rende l'area inabitabile con la distruzione dell'acquedotto, e si fanno saltare i ponti, mentre si ultimano le installazioni per i cannoni della Linea Gotica. Dietro le linee, insomma, le vie di transito anche secondarie che varcano giogaie maggiori e minori dell'Appennino sono oggetto di sorveglianza intensa, in particolare nella Garfagnana. Questa lunga valle parallela alla costa, fortemente protetta rispetto alle offese dal mare, dotata di strade dirette a nord-ovest e percorsa dalla ferrovia Lucca-Aulla <36, vede addensarsi su tutti i villaggi, specialmente quelli a ridosso delle Apuane, operazioni contro i partigiani e contro la popolazione che mirano a rendere gli spazi totalmente agibili per le forze dell'Asse. Sulle montagne che delimitano la valle a ovest, al di qua e al di là del crinale, si trovano ad esempio Vinca, nel bacino interno del torrente Lucido, e Sant'Anna di Stazzema sul versante tirrenico. In questi due centri, fra il 12 e il 25 agosto, si compiono due stragi di civili, punti estremi di operazioni di rastrellamento che devastano tutta l'area dalla Versilia fino a Fivizzano, cioè agli accessi alla Lunigiana e ai valichi che conducono all'Emilia.
La mescolanza di "guerra ai civili" e operazioni strategiche emerge vistosamente dalle indicazioni in apparenza confuse, ma nell'insieme impressionanti, circa la "situazione delle bande", nei rapporti tedeschi, che hanno carattere generale ma riguardano in effetti soprattutto l'Appennino tosco-emiliano. Il 16 agosto si dice che in Italia i partigiani hanno perso, tra l'11 e il 15 agosto, cento prigionieri e ben 884 morti. Nello stesso periodo sono arrestati novemila "sospetti" (verdächtige) e solo 55 renitenti al servizio del lavoro. Il 21 agosto poi si aggiunge non solo che le bande hanno perso, tra il 16 e il 20, altri 705 morti e 126 prigionieri, ma si registrano, per il periodo dal 1° agosto al 15, 621 morti e 100 prigionieri, oltre all'arresto di 531 renitenti al lavoro, che evidentemente devono essere aggiunti ai precedenti <37. Cifre tutte che rivelano, come è già stato ben visto dagli studiosi analizzando altre fonti tedesche, sia la ferocia di azioni che producono un'assurda sproporzione tra i moltissimi morti e i pochi prigionieri (circa uno su sette), sia l'obiettivo reale del rastrellamento di civili, dichiarati a priori sospetti e quindi deportabili, sicché i due o trecento prigionieri e i meno che seicento "renitenti" sono, nell'insieme, quantità trascurabile rispetto ai novemila civili arrestati, dieci volte più numerosi.
[...] Altri motivi d'incertezza si aggiungevano, e in primo luogo stava l'incertezza già ricordata circa il comportamento alleato in direzione delle aree ligure e tirrenica <38. Basta ricapitolare la prima fase dell'avanzata angloamericana per vederlo. Entrate le truppe in Toscana alla metà di giugno, il 15 le troviamo a Grosseto, il 25 a Piombino. Il fatto che forze sotto comando francese venute dalla Corsica, pochi giorni prima, avessero occupato l'isola d'Elba con l'operazione ‘Brassard', concorre a spiegare il rapido ripiegamento tedesco, anche se la resistenza sull'isola era stata ostinata ed aveva trasformato lo sbarco in un massacro: quattrocento morti e seicento feriti solo nella 9ª Divisione coloniale francese <39. Sulla costa la 36ª Divisione americana giunge a Campiglia Marittima lo stesso giorno che a Piombino; qui la 34ª le dà il cambio, ed arriva oltre il fiume e la città di Cecina il 2 luglio. A oriente operano due colonne della 1ª Divisione corazzata del Sesto Corpo US: una supera il Cecina a ovest di Volterra ai primi di luglio, la seconda, a est della città etrusca, che comanda l'accesso alla valle dell'Era, giunge a Càsole, al margine occidentale dell'alta Val d'Elsa <40.
Questa cronologia sommaria indica certo una debolezza tedesca, ma anche la disposizione dei difensori a non impegnarsi a oltranza su un'area considerata persa, perché esposta all'attacco di forze soverchianti da terra e dal mare. Comunque, dopo giugno, visto che la puntata francese nel Tirreno resta un episodio isolato, l'attenzione della Wehrmacht si sposta definitivamente, come abbiamo visto, verso i valichi appenninici che conducono alla Padania centrale e occidentale, vie di transito per i rifornimenti ma anche passaggi vitali per una possibile ritirata, anche perché restano particolarmente vivi, fino almeno agli sbarchi in Provenza del 15 agosto, i timori di un attacco all'area circumgenovese, al punto che nell'estate apparve manifesta la disponibilità della Wehrmacht ad abbandonare perfino il Piemonte, lasciando solo pendente la minaccia di una ritirata sul modello praticato sulle coste francesi atlantiche, cioè con forti presidi abbandonati a difendere i porti per interdirne l'uso agli avversari.
L'incertezza degli occupanti era comprensibile, perché in realtà, nello stesso periodo, neppure gli Alleati avevano ben chiara quale sarebbe stata la loro linea di attacco. Di certo essi dovevano ridefinire l'impiego offensivo di risorse molto ridotte. Stabilita definitivamente la priorità dello sbarco in Provenza, dovettero infatti partire dalla Toscana in luglio, per riposare e riorganizzarsi in vista del nuovo impegno, tre delle divisioni americane e tutte le quattro sotto comando francese. Un drenaggio di forze che si compie rapidamente, e che si conclude entro la fine del mese, quando la 5ª Armata statunitense e l'8ª britannica allargano i loro schieramenti per coprire i vuoti lasciati sia dal Corpo di spedizione francese, che parte subito dopo aver operato molto attivamente nell'area senese, sia dalle divisioni USA che hanno concorso, come si è detto, a liberare la costa. Proprio in quel momento si sta svolgendo la manovra che porterà all'occupazione dell'Oltrarno a Firenze, alla quale concorrono anche i Neozelandesi, costretti a tornare al fronte prima del previsto, dopo gli estenuanti combattimenti da Cassino alla valle del Liri.
Verso la fine degli anni ottanta del ventesimo secolo, la congiuntura strategica toscana dell'estate 1944 ha attirato l'attenzione degli autori della storia ufficiale britannica della campagna d'Italia, i quali hanno individuato in quel momento la svolta decisiva della guerra nel teatro di operazioni mediterraneo. Fino alla prima settimana d'agosto, infatti, Inglesi e Americani concordano nel progetto di raggiungere la Valle Padana principalmente seguendo la via da Firenze a Bologna. Dopo di allora, invece, con una decisione presa il giorno 4, la principale linea di attacco dell'8ª Armata si sposta verso l'Adriatico, nella cui area vengono accumulate scorte per tre divisioni corazzate e otto di fanteria, mentre solo sei (tre corazzate e tre di fanteria) mantengono depositi e linee di comunicazione a occidente del crinale appenninico <41.
Il piano primitivo aveva previsto come conseguenze, per gli Alleati, d'impiegare il massimo di energie e di risorse per liberare in primo luogo tutta la Toscana, e in seguito sollecitare al massimo la ricostruzione di quelle strutture che si rendessero necessarie per alimentare l'offensiva finale già nell'autunno. Il piano modificato ebbe invece due esiti diversi: in primo luogo, il processo di liberazione del territorio toscano occupato dai Tedeschi rallentò molto, tanto che il settore di nord-ovest fu, di fatto, abbandonato a sé stesso fino alla conclusione della guerra in Italia; e in secondo luogo ci fu un cambiamento profondo nelle funzioni delle forze occupanti alleate e nella gestione di quell'economia della guerra che, come accenneremo, ebbe nella parte liberata della regione un'influenza poco minore di quella che esercitò nell'area napoletana, e alla quale non sempre gli storici dedicano adeguata attenzione.
[NOTE]
31 "Das nordostw. [ärds] Florenz durchgeführte Unternehmen gegen Banden wurde abgeschlossen. Gesamtverluste des Feindes: 289 Tote und 115 Gefangene. Die eigenen Verluste sind nur gering." Cfr Die Geheimen Tagesberichte, cit., Band 10, 1. März 1944 - 31. August 1944, cit., TAGESMELDUNGEN VOM 20. APRIL 1944, p. 144, col. 1.
32 Cercina e Sommaia sono toponimi della zona di Calenzano, a nord di Firenze.
33 Notiziario GNR del 21 aprile 1944, p. 29.
34 Notiziario GNR del 24 aprile 1944, p. 33.
35 Cfr. Una lotta nel suo corso, Lettere e documenti politici e militari della resistenza e della liberazione, cit., p. 143.
36 Da sempre la linea è stata considerata strategica per rifornire di proiettili di grosso calibro la squadra navale della Spezia.
37 Cfr. Die Geheimen Tagesberichte der Deutschen Wehrmachtführung im Zweiten Weltkrieg, 1939 – 1945, herausgegeben [...] von Kurt MEHNER, Band 10, 1. März 1944 - 31. August 1944, cit., TAGESMELDUNGEN VOM 16. AUGUST 1944, "In der Zeit vom 11. - 15.8. […] verloren die Banden 884 Tote und 100 Gefangene. Außerdem wurde 9000 verdächtige Personen und 55 Arbeitverweigerer festgenommen." (p. 448, col. 1). Ibidem, TAGESMELDUNGEN VOM 21. AUGUST 1944, "In der Zeit vom 16. - 20.8. verloren die Banden 705 Tote und 127 Gefangene. [...] in der Zeit vom 1. - 15.8. verloren die Banden 621 Tote, 100 Gefangene und 531 Arbeitsverweigerer wurden festgenommen." (p. 463, col. 2)
38 Già il 13 maggio 1944 la GNR registrava voci secondo cui tra la popolazione e i partigiani della Lucchesia circolavano "voci di eventuali ipotetici sbarchi che dovrebbero effettuarsi a Livorno, Viareggio, Pietrasanta e località viciniori." (p. 15). V. anche sopra, nota 16 e testo relativo.
39 La durezza dell'impegno fu, anche all'Elba, usata poi a pretesto dai nuovi occupanti per giustificare abusi e violenze contro la popolazione.
40 Per questa ricostruzione seguo soprattutto William JACKSON, with T. P. GLEAVE, The Mediterranean and Middle East, vol. VI, Victory in the Mediterranean, Part II, June to October 1944, London, Her Majesty's Stationery Office, 1987, soprattutto pp. 3-49 e la carta geografica tra le pagine 12 e 13.
41 L'entità delle conseguenze logistiche del cambio di strategia è precisata in C. J. C. MOLONY, with F. C. FLYNN, H. L. DAVIES, T. P. GLEAVE, revised by William JACKSON, The Mediterranean and Middle East, vol. VI, Victory in the Mediterranean, Part II, cit., pp. 126 - 134.
Gianni Perona, La Toscana nella guerra e la Resistenza: una prospettiva generale, in "Storia della Resistenza in Toscana", a cura di Marco Palla, Volume secondo, Carocci editore - Regione Toscana, Consiglio Regionale, Roma-Firenze, 2009
La presenza delle unità della Wehrmacht nell'area regionale toscana fu in linea di massima inferiore alla durata di un anno; nella maggior parte delle sue province essa durò da nove (in quella di Grosseto, la prima a essere liberata) a dodici mesi (come nel caso di Pistoia, Pisa e Lucca), con l'unica eccezione di Apuania (come allora si denominava l'aggregazione in un capoluogo di provincia unico di Massa e Carrara), che subì la sorte dell'arresto del fronte alleato a ridosso della Linea Gotica sui contrafforti delle Apuane, rimanendo con la parte settentrionale della Garfagnana di fatto sulle prime linee dello schieramento tedesco sino alla fase finale dell'offensiva alleata, nell'aprile 1945 (Massa e Carrara furono infatti liberate il 16 aprile 1945, dopo venti mesi di dominazione tedesca).
Fu soprattutto nei mesi dell'estate e autunno del 1944 che le province toscane furono soggette al passaggio della guerra guerreggiata, destinata a lasciare tracce cruente della presenza delle forze d'occupazione in particolare nella fase della ritirata, come vedremo meglio più avanti, e cumuli di macerie nei centri urbani bersagliati dall'aviazione alleata e dalle artiglierie dei due schieramenti che si fronteggiavano. Mentre la presa di possesso da parte delle unità militari e di polizia tedesche nel settembre 1943 era avvenuta senza scontri di rilievo, se si eccettuano primi episodi di resistenza lungo l'area costiera, in particolare a Piombino e all'altezza e nell'isola d'Elba, in un contesto in cui il fronte meridionale delle difese tedesche si assestava tra Napoli e Roma alcune centinaia di chilometri più a sud, la ritirata della Wehrmacht si verificò in condizioni che coinvolsero profondamente il territorio regionale, attraversato dal confronto ravvicinato tra le formazioni tedesche che cercavano di raggiungere posizioni sempre più a nord e le unità alleate che unitamente alle formazioni partigiane le incalzavano da sud <1.
Questa doppia dinamica avanzata-ritirata, il martellamento dell'aviazione alleata, l'incognita di una popolazione tendenzialmente ostile e la presenza di una nutrita guerriglia partigiana diffusa sul territorio, con particolare riferimento alle aree montuose e collinari, e di un'altrettanto diffusa rete di attentati e di sabotaggi nelle aree urbane, costituiscono la cornice all'interno della quale operarono le forze tedesche in ritirata. Ma questo, se si fa astrazione dallo spostamento del fronte nell'estate-autunno 1944, fu anche il quadro di riferimento della fase di “normalità” dell'occupazione, nel cui ambito ogni priorità riguardava la sicurezza delle forze d'occupazione e non già la salvaguardia della popolazione civile, messa a dura prova non soltanto dalle abituali privazioni del tempo di guerra - l'insufficienza dell'alimentazione (soprattutto nelle aree urbane, molto meno per ovvie ragioni in quelle rurali), la deficienza generalizzata di beni di consumo (in particolare per l'abbigliamento), l'insufficienza e spesso la totale inefficienza dei servizi pubblici (difficoltà nei trasporti, erogazione limitata o addirittura sospesa di acqua, gas e luce) - ma anche da vessazioni suppletive come la requisizione di case e di alloggi, l'obbligo di consegnare autovetture, la sottrazione di automezzi da trasporto che spesso erano strumenti di lavoro, l'obbligo di consegna di scorte o materiali che servivano all'esercizio di piccoli commerci o addirittura all'uso domestico, al di là di ogni altra incognita derivante dallo stato di guerra (i danni dei bombardamenti aerei, di scontri armati nelle campagne e via dicendo).
Il fatto in particolare che le unità della Wehrmacht dovevano, in linea di massima, approvvigionarsi sul posto finiva per legittimare ogni onere imposto a carico della popolazione, legittimava ogni gesto di prepotenza non di comandi ma anche di ogni singolo appartenente alle unità militari o di polizia della forza d'occupazione; contro questi atti di prepotenza non vi era alcuna possibilità di ricorso o atto di riparazione che non derivasse dalla buona volontà individuale di un superiore o di un comandante locale. Le cronache private e le memorie locali sono piene di episodi di questa natura.
Tra i fattori che già prima dell'arrivo dei tedeschi avevano profondamente inciso sullo stato d'animo e sulle abitudini della popolazione vanno annoverati i processi di sfollamento soprattutto nell'area costiera, derivanti non soltanto
dall'effetto dei bombardamenti ma anche da provvedimenti delle autorità militari per esigenze di difesa contro l'eventualità di sbarchi nemici. Alla metà di novembre 1943, dopo che il comando militare di Livorno aveva ordinato lo sgombero della città, poco più di un decimo della popolazione era presente nella città, secondo quanto comunicava il 18 novembre il comando militare di Livorno <2. E analoga constatazione le autorità tedesche facevano a proposito della situazione di Pisa: «Anche Pisa perciò - notava lo stesso rapporto appena citato - dà l'impressione di una città morta».
Nel quadro della situazione regionale un elemento caratteristico, che influenzò sicuramente sia il comportamento delle forze d'occupazione che quello delle autorità italiane e della popolazione, fu il frequente e rapido avvicendamento delle unità militari della Wehrmacht le quali, al di là del modesto organico, come del resto dappertutto nel resto d'Italia, della Militärverwaltung e delle poche guarnigioni stanziali, finivano per determinare la linea di condotta dell'esercito d'occupazione. Secondo la ricostruzione di Carlo Gentile non furono meno di ventisei le unità delle forze armate tedesche appartenenti alla 10a e alla 14a Armata che si avvicendarono nell'area regionale tra l'8 settembre e il momento dell'assestamento del fronte dopo la liberazione di Firenze e di Prato sul versante centrale della Toscana e di Pistoia, Lucca e Pisa lungo l'arco centro-settentrionale della regione <3. È chiaro che almeno una parte degli episodi di diffusa violenza che accompagnarono la quotidianità della forzata convivenza tra popolazione locale e occupanti furono dovuti al fatto che la transitorietà della presenza delle unità d'occupazione impediva che si creasse qualsiasi consuetudine e convenienza di buon vicinato e contribuiva ad abbattere i freni inibitori di unità e di singoli militari.
È da sottolineare ancora che la vita delle popolazioni fu fortemente influenzata dal martellamento dell'aviazione alleata, forse molto più di quanto non appaia da qualche cronaca locale; soprattutto nell'area costiera e lungo le grandi vie di comunicazione l'intervento dell'aviazione alleata fu ininterrotto, sia che desse luogo ad azioni offensive di bombardamento o di mitragliamento, sia che provocasse semplicemente allarmi aerei, la cui frequenza scardinava totalmente il ritmo della vita quotidiana ma soprattutto ingenerava nella popolazione, e probabilmente negli stessi militari, la sensazione paralizzante di essere totalmente in balia dell'aviazione alleata e privi di qualsivoglia protezione.
Nei carteggi interni delle autorità della RSI (carte di questura e di prefettura) <4 la certificazione puntigliosa degli attacchi aerei sembra rappresentare l'incombere di una minaccia pari almeno alla denuncia delle incursioni dei «ribelli».
[NOTE]
1 Per il contesto della situazione regionale nel periodo considerato vanno tenute presenti alcune opere generali alla cui bibliografia si rinvia per ogni altro approfondimento: Storia d'Italia. Le regioni dall'unità a oggi, La Toscana, a cura di G. Mori, Einaudi, Torino 1986; G. Verni, La Resistenza in Toscana, in “Ricerche storiche”, gennaio-aprile 1987, pp. 61-204; I. Tognarini (a cura di), 1943-1945, la liberazione in Toscana. La storia, la memoria, Pagnini, Firenze 1994.
2 Cfr. Istituto storico della Resistenza in Toscana, Toscana occupata. Rapporti delle Militärkommandanturen, 1943-1944, Introduzione di M. Palla, traduzione di R. Mauri-Mori, Olschki, Firenze 1997, p. 215.
3 C. Gentile (a cura di), Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-45, vol. IV, Guida archivistica alla memoria. Gli archivi tedeschi, Carocci, Roma 2005; Id., Politische Soldaten: Die 16. SS-Panzer-Grenadier-Division “Reichsführer SS” in Italien 1944, in “Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken”, LXXXI, 2001, pp. 529-61.
4 Consultabili in fotocopia presso l'Archivio dell'Istituto storico della Resistenza in Toscana (d'ora in avanti AISRT).
Enzo Collotti, L'occupazione tedesca in Toscana in (a cura di) Marco Palla, Storia della Resistenza in Toscana, Volume primo, Carocci editore - Regione Toscana, Consiglio Regionale, 2006