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lunedì 3 ottobre 2022

Francisco Franco si autocita nel testo come un essere distante e mitico, un dio occulto la cui autorità e il cui prestigio sono imprescindibili


La disamina dei testi filmici di esplicita esaltazione patriottica mira a sondare la diffusione dell’immagine idealizzata delle origini e dei fondamenti del pensiero ideologico del regime proprio attraverso le pellicole considerate più emblematiche. Tra queste figura senza ombra di dubbio 'Raza', il progetto propagandistico forse più ambizioso nell’ambito della cultura ufficiale del primo franchismo, analizzato nel terzo capitolo a partire dall’opera letteraria che lo ispirò, scritta dallo stesso Caudillo [n.d.r.: con pseudonimo di Jaime de Andrade], oltre che nella duplice versione cinematografica e, soprattutto, alla luce delle sue implicazioni di natura politica sia interna che estera [...] Anche 'Raza' (per la cui analisi si rimanda al capitolo successivo) e 'Escuadrilla' di Antonio Román, furono girate nel 1941. Al di là della datazione, le due pellicole non condividevano solo il contesto storico, le finalità di esaltazione patriottica o il legame con il recentissimo passato della Guerra Civile di cui si occupavano [...] Nell’opinione della critica, due film in particolare, pur diversissimi tra di loro, rispecchiano all’inizio degli anni Quaranta quella che è stata definita «l’ortodossia del regime»: si tratta di 'Raza' (José Luis Sáenz de Heredia, 1941) e di quel 'Rojo y negro' di Carlos Arévalo, evocazione dei colori della bandiera falangista, la cui complicata vicenda distributiva è stata interpretata - come già accennato - alla luce dei contrasti interni alla Falange stessa [...] 'Raza' costituisce, infatti, una sorta di tappa obbligata per esperti e appassionati del cinema iberico e per tutti coloro che intendono approfondire, più in generale, le caratteristiche della produzione di propaganda in un’ottica non esclusivamente nazionale, il rapporto tra cinema e potere politico, in particolare in quegli anni in cui le dittature imperversavano in Europa, nonché la rappresentazione di quella Guerra Civile anticamera del secondo conflitto mondiale e prima guerra del Novecento raccontata in tempo quasi reale dai mezzi di comunicazione di massa [...] Com’è stato più volte sottolineato dagli studiosi, 'Raza' è un libro che si caratterizza per la sua assoluta trasparenza ideologica: l’autore non si preoccupa di velare le sue teorie rivestendole con sovrastrutture estetiche o psicologiche, bensì le espone «en toda su brutal desnudez» <302, spesso attraverso i dialoghi e le affermazioni dei suoi personaggi tra i quali compare egli stesso. Non solo, infatti, Franco si proietta nel protagonista José Churruca, ma si autocita nel testo come un essere distante e mitico, un dio occulto la cui autorità e il cui prestigio sono imprescindibili <303: le truppe in Marocco si sono sollevate «a las ordenes del general Franco», che con la sua presenza riesce a trasmettere fiducia e tranquillità ai suoi soldati che, a loro volta, lo celebreranno nel giorno del trionfo quando «los pájaros de acero dibujan en el cielo el nombre del Caudillo de España» <304.
Secondo lo storico Paul Preston l’opera servì al suo ideatore per contornare di un’aurea provvidenziale la sua figura: «Il romanzo apre uno squarcio rivelatore sul desiderio narcisistico di grandezza che animava Franco. Egli non si limita ad attribuirsi natali, un’infanzia e origini sociali più nobili attraverso il protagonista, José Churruca, ma si autocelebra anche come Caudillo cui nulla sfugge» <305.
A parte questa non trascurabile peculiarità, il sistema dei personaggi di 'Raza' è schematizzabile nella classica suddivisione tra personaggi primari e secondari che dal punto di vista sociale possono essere catalogati in tre gruppi principali: militari, civili e religiosi [...] In quanto tessera che contribuisce a formare il controverso mosaico biografico di uno dei protagonisti del XX secolo 'Raza' è, inoltre, un documento certo non trascurabile, anche se variamente interpretato, tanto per gli ispanisti che per gli agiografi del dittatore: si pensi, a puro titolo esemplificativo, al celebre lavoro di Paul Preston 'Franco: a biografy' che vi fa riferimento, o alla strenua difesa di Ricardo de la Cierva, autore dell’introduzione alla più recente edizione della novela. Non trascurabile anche solo perché è piuttosto insolito che un capo di stato o di governo nel pieno esercizio delle sue funzioni utilizzi in prima persona, al fine di giustificare una vittoria, una finzione letteraria/cinematografica in cui egli stesso risulta rappresentato.
A tale già considerevole complesso di motivi d’interesse, va, infine, aggiunta la consapevolezza che lo studio dell’opera e, più in generale, del “fenomeno” 'Raza', non si può ancora considerare concluso: proprio per le sue molteplici implicazioni, infatti, si profila aperto a continui aggiornamenti, come ha dimostrato la recente disamina di documenti inediti ritrovati negli archivi di Salamanca e di Madrid relativi tanto alle sessioni cinematografiche organizzate due sere a settimana nella residenza del Caudillo (che rivelano un’intensità prima insospettata della sua cinefilia), tanto ai dati sulla distribuzione della pellicola oltre che in Spagna anche nei Paesi latino-americani e nelle nazioni europee alleate. Proprio questa prospettiva di ricerca sembra connotarsi come una delle più prolifiche: se, infatti, da un lato Raza sembra aver ottenuto il beneplacito persino di Papa Pio XII che - come viene riportato in un resoconto diplomatico - visionò parte della pellicola in un’anteprima esclusiva in Vaticano, ancora in gran misura inesplorato è il versante della ricezione del film negli Stati esteri nei quali circolò nel breve arco temporale intercorso tra la sua uscita e il rapido precipitare delle sorti dei due governi nazi-fascisti travolti dagli esiti bellici. In quest’ottica, si è ritenuto utile tentare una prima ricostruzione dell’impatto che la proiezione del film ebbe nel panorama culturale dell’Italia di Mussolini, rintracciandone le vestigia negli Archivi della Biennale di Venezia e della Direzione Generale Cinema di Roma..
[...] Dopo la vittoria del fronte nazionalista, d’altronde, la condizione femminile era stata totalmente rivoluzionata: in epoca repubblicana le donne erano state incluse nell’elettorato sia attivo che passivo, avevano ottenuto pari opportunità lavorative all’interno della funzione pubblica ed eguaglianza dei diritti nel matrimonio, che poteva essere sciolto per volere di entrambi i coniugi. Tutte queste conquiste, sancite dalla Costituzione del 1931, furono annullate dalla legislazione successiva che delineò una nuova società assolutamente patriarcale e maschilista. Il divorzio (anche con azione retroattiva) e l’aborto furono semplicemente cancellati: le mogli persero il diritto ad amministrare i propri beni, a ereditare e a lavorare. Tutte le azioni svolte contro il volere o senza l’assenso del marito erano considerate giuridicamente nulle <309.
Naturalmente, alla cinematografia fu affidato il compito di elaborare e diffondere il nuovo modello di femminilità <310, basato sulla rigida separazione dei ruoli che relegava la donna a una condizione secondaria e sottomessa. E 'Raza', testo emblematico dell’azione propagandistica del primo franchismo, non poteva che riproporre questo modello <311 sin dallo scritto letterario. Come sottolinea Nancy Berthier, a questo proposito l’originalità dell’opera come strumento di esaltazione patriottica risiede nel fatto che la maternità, sebbene secondaria poiché non sopravanza il ruolo strutturale che ha la paternità nella costruzione della razza per fondare le basi del paradigma familiare, è essa stessa un oggetto di rappresentazione: essa è parte integrante di un modello familiare più vasto che rinvia, in ultima istanza, a un modello di società <312 e a una retorica patriottica ben precisa.
[...] Come già accennato, la trasposizione in immagini della vicenda narrata da Francisco Franco risulta alquanto rispettosa della linea contenutistica tracciata nel testo letterario, nonostante gli interventi operati da regista e sceneggiatori: alcune scene sono state, infatti, trasferite di pari passo nel film mentre altre sono state modificate o soppresse. Queste trasformazioni - evidenzia Ferrán Alberich - pertengono soprattutto alla costruzione dello sfondo sociale e politico della storia: quello che cambia è la definizione dei nemici della nazione. Nel libro, la Spagna deve essere salvata da se stessa, da tutta la società, e solo i militari hanno la coscienza vigile e il coraggio per intraprendere questa impresa. Mentre, infatti, don Pedro Churruca muore a Cuba lottando contro gli Stati Uniti, la maggioranza dei suoi connazionali resta assolutamente distante e indifferente: questa indifferenza si concretizza nella difficoltà che le mogli dei soldati riscontrano nel reperire informazioni sull’andamento delle operazioni belliche. Dopo il clamore causato dallo scoppio del conflitto, i giornali di Madrid, infatti, non riportano notizie sulla battaglia in corso e le uniche fonti sono quelle militari. Questa sequenza viene soppressa nel film, sostituita da un’immagine quasi equivalente ma più sottile costituita da un montaggio alternato tra i preparativi dei soldati allo scontro e le riprese di un ballo in una festa popolare; stessa sorte tocca al richiamo agli orientamenti pacifisti sostenuti dal giovane Pedro, studente di Diritto, nel colloquio con l’Ammiraglio Pardo nel giorno del dodicesimo anniversario della morte del padre e che, nel corso di una conferenza all’Università con riferimento alla guerra in Marocco, avevano ottenuto l’acclamazione generale <313.
Del contesto repubblicano viene messa in risalto la vocazione anticlericale con assalti e saccheggi ai danni delle chiese: a un episodio simile si oppone la matriarca Isabel che, al contrario, si rifugia nella religione, mal sopportando le delusioni procuratele dal figlio e il turbamento causato dal coevo clima politico <314.
Insieme alle valutazioni sul problema della docenza, vengono meno nella pellicola anche i riferimenti alla storia della città di Toledo con tutti i suoi contributi alla cultura nazionale, mentre la digressione storica iniziale e la presentazione della famiglia sono riproposte in maniera identica. La seconda parte del libro viene, invece, efficacemente sintetizzata attraverso alcuni fotogrammi di transizione che collegano la preghiera per il marito scomparso, pronunciata da Isabel a tavola con i figli, con la cerimonia nuziale di Isabelita e Luis, per presentare, infine, le scene della morte della vedova e della professione religiosa di Jaime: a questo punto compaiono in sovrimpressione titoli di periodici che riassumono gli eventi fino alla Guerra Civile. Di qui in avanti la narrazione procede di nuovo parallelamente ma l’inserimento di alcune sequenze che hanno per protagonisti i politici risultano funzionali alla definizione più precisa del nemico: responsabile dello smarrimento morale e della decadenza della nazione, della sua perdita di influenza sulla scena internazionale è proprio la classe politica, che in occasione della crisi di Cuba non ha voluto sostenere con ulteriori finanziamenti le spese belliche perché «¡la guerra no es polular!». È quanto dichiara un deputato in una seduta parlamentare convulsa che precede nel film il nuovo incarico dato al capitano di marina Churruca) e che ora deve pagare il fio della sua codardia e della sua obbedienza alla massoneria e ai poteri stranieri che ne hanno influenzato le decisioni <315. Anche alcuni personaggi minori non presenti nel libro compaiono, invece, nella pellicola: tra i più significativi, i due repubblicani che smascherano il tradimento e arrestano Pedro Churruca nel finale del film. Si tratta di un militare, dignitoso e composto, e di un dirigente di estrazione popolare, probabilmente ispirato alla figura di El Campesino che, invece, appare fanatico ed esaltato. In un’intervista rilasciata allo studioso Jordi Sebastian, il regista Sáenz de Heredia chiarisce che l’attribuzione di un’identità reale precisa a questi due personaggi è plausibile quanto arbitraria poiché nel film non se ne esplicitano i nomi. La differente condotta tenuta dai due sarebbe, piuttosto, funzionale a rendere manifesta la composizione variegata delle forze repubblicane, sottolineando la compostezza della reazione di un militare di professione che sente tutti gli obblighi della divisa e, di contro, l’impulsività di un civile, soldato improvvisato <316.
Sul fronte opposto - sottolinea, infine, Alberich - la presenza dei falangisti aggiunge alla stirpe di eroi che i militari rappresentano nel libro, un altro gruppo di eroi equiparato al primo; per lo studioso, senza contraddire il testo scritto, la pellicola sfuma la rigidità della separazione tra buoni e cattivi secondo l’appartenenza o meno all’apparato marziale:
«La película define a los diputatos, sin matiz partidista alguno, como los enemigos de España, lo que convierte a la democrazia parlamentaria en la causa contra la que luchan los militares alcistas junto con los falangistas. Militares que aceptan la calificación de fascistas y parecen comportarse como tales» <317.
Oltre alla demonizzazione della politica e della democrazia parlamentare, un altro aspetto che si rinforza nel film è la caratterizzazione in senso simbolico e positivo dei personaggi anche grazie al carisma degli attori scelti - in primis Alfredo Mayo - emblemi a loro volta di una Spagna forte e virile. Tra gli effetti di questa tendenza a privilegiare il modello positivo a scapito di quello negativo, contrappunto necessario sì ma pur tuttavia secondario, si può annoverare uno dei motivi di massima divergenza tra il testo di Jaime de Andrade e l’opera cinematografica <318: il destino di un personaggio secondario come Luis Echevarría, compagno d’armi di José e marito della giovane Isabel. Caratterizzato sin dalla passeggiata a Toledo quale uomo privo delle doti e del travolgente trasporto ideologico dell’amico, nel racconto letterario Luis finisce per perdersi nell’oscurità materiale e spirituale della diserzione. Le sue scelte infami di allontanarsi dal campo, di passare il fronte e di unirsi al nemico pur di riabbracciare i suoi familiari, trattenuti in una zona controllata ancora dai rossi, maturano nel cuore della notte: respinto dalla moglie illuminata da un raggio di luce che proviene dal Cristo, è ancora una volta avvolto dalle tenebre dell’oscurità che lo ammantano facendone perdere definitivamente le tracce <319.
L’oscurità, dunque, diviene metaforicamente simbolo di perdizione e di morte: per peccati simili, e soprattutto per la vigliaccheria di un militare, non può esserci nessuna forma di riscatto e di perdono; solo la morte può avvolgere nell’oblio un tale disonore salvando la rispettabilità della famiglia. Tutto questo nel film resta solo una tentazione: l’arrivo inaspettato del cognato dissuade Luis dal nefasto proposito, sotto l’ombra incombente del Generalissimo, testimone silenzioso della vicenda nella sua posa fiera in piano americano e braccia conserte della foto fissata sulla porta del rifugio militare. Intervistato dalla studiosa transalpina Nancy Berthier, il regista ha addotto come motivazione per questo cambio il fatto che a suo parere per lo spettatore sarebbe stato meglio veder rappresentato sullo schermo un angelo tutelare che un diavolo, un intervento provvidenziale, cioè, che impedisce a un uomo attanagliato da un bisogno di commettere un’empietà:
«Yo lo quité porque me parecía que era mejor para el espectator que hubiese una intencionalidad como puede pasar en la vida con la persona que va a robar porque necesita para comer pero algo le quita la cosa de hacerlo, se lo impide y me parece que es mejor poner al ángel tutelar que al demonio» <320.

Il bacio sulla fronte di Josè, ormai guarito, alla fidanzata Marisol nel momento di ricongiungersi alle truppe nazionaliste: un saluto casto, insolito per una giovane coppia, ma in linea con l’ossessione moralista del franchismo (Raza, 1942). Fonte: Immacolata Del Gaudio, Op. cit. infra

[NOTE]
302 Román Gubern, “Raza”: un ensueño del general Franco, cit., p. 13.
303 Ibidem.
304 J. de Andrade, Raza. Anecdotario para el guión de una película, cit., pp. 110, 172-173 e 239.
305 P. Preston, Francisco Franco. La lunga vita del Caudillo, cit., pp. 417-418.
309 Carme Molinero, Mujer, franquismo, fascismo. La clausura forzada en un "mundo pequeño", «Historia Social», n. 30, 1998, pp. 97-117, consultabile on line al link http://www.jstor.org/stable/40340520, 08/04/2019).
310 Fátima Gil Gascón, Españolas en un país de ficción: la mujer en el cine franquista (1939-1963), Comunicación Social, Sevilla-Zamora-Salamanca 2011.
311 Eduard Huelin, La imagen de la mujer en la película Raza, «Film-Historia», n. 1, 1997, pp. 51-62.
312 N. Berthier, Le franquisme et son image. Cinéma et propagande, cit., p. 64.
313 F. Alberich, Raza. Cine y propaganda en la inmediata posguerra, «Archivos de la Filmoteca» cit., pp. 56-57.
314 L’importanza della componente anticlericale nel nazionalismo spagnolo di tradizione repubblicana affondava le sue radici nel clima culturale del finale del XIX secolo e, in particolare, nella crisi seguita alla disfatta del 1898 quando l’anticlericalismo si intensificò con l’accusa rivolta alla Chiesa e agli ordini religiosi di essere la causa della decadenza spagnola. Da quel momento in poi tali argomenti contribuirono a formare parte della visione politica della fazione repubblicana, rinforzati dai paragoni con l’immagine idealizzata di una Francia laica e repubblicana, libera da ingerenze del Vaticano (María Pilar Salomón Chéliz, El discurso anticlerical en la construcción de una identidad nacional española republicana (1898-1936), «Hispania Sacra», n. 110, 2002, pp. 485-498 disponibile on line: http://hispaniasacra.revistas.csic.es/index.php/hispaniasacra/article/view/179/177, 30/03/2017).
315 F. Alberich, Raza. Cine y propaganda en la inmediata posguerra, «Archivos de la Filmoteca» cit., pp. 57-58.
316 L’intervista è parzialmente riportata in Magí Crusells, La Guerra Civil española: cine y propaganda, cit., p. 209.
317 F. Alberich, Raza. Cine y propaganda en la inmediata posguerra, «Archivos de la Filmoteca», cit., p. 58.
318 N. Berthier, Le franquisme et son image. Cinéma et propagande, cit., pp. 63-64.
319 Nel testo letterario si rintraccia spesso un parallelo tra lo stato d’animo dei personaggi e lo sfondo paesaggistico e naturalistico: per esempio, la partenza del marinaio Churruca per la missione senza ritorno che lo attende è accompagnata dalla pioggia e dai venti del Nord che agitano il mare plumbeo; lo stesso vento freddo batte gli alberi del giardino quando Isabel è costretta dalla morte del marito ad abbandonare la tenuta galiziana con i figli. La relazione tra gli elementi temporali e la moralità delle persone è talvolta stabilita soprattutto in relazione alla notte che, dominata dai pericoli, non è il momento adatto alle azioni degli uomini retti e lavoratori (R. Utrera Macías, Raza, novela de Jaime de Andrade, pseudónimo de Francisco Franco, «Anales de Literatura Española», cit., pp. 229-230).
320 N. Berthier, Le franquisme et son image. Cinéma et propagande, cit., p. 223.
 

Scena dell’arresto di Pedro Churruca con i due personaggi repubblicani, il militare e il volontario identificabile con El Campesino, non presenti nel testo letterario originale (Raza, 1942). Fonte: Immacolata Del Gaudio, Op. cit. infra


La copertina della prima edizione di Raza. Anecdotario para el guión de una película. Fonte: Immacolata Del Gaudio, Op. cit. infra

Immacolata Del Gaudio, Il cinema arma di propaganda nel primo franchismo (1936-1945). Un confronto con il "modello" italiano, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2018/2019