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giovedì 17 novembre 2022

A fine maggio il comando generale garibaldino chiama da Torino a Milano Giovanni Pesce perché ricostruisca la III brigata Gap


"Chi furono i gappisti?
Potremmo dire che furono “commandos”. Ma questo termine non è esatto. Essi furono qualcosa di più e di diverso di semplici “commandos”. Furono gruppi di patrioti che non diedero mai “tregua” al nemico: lo colpirono sempre, in ogni
circostanza, di giorno e di notte, nelle strade delle città e nel cuore dei suoi fortilizi. Con la loro azione i gappisti sconvolsero più e più volte l’organizzazione nemica, giustiziando gli ufficiali nazisti e repubblichini e le spie, attaccando convogli stradali, distruggendo interi parchi di locomotori, incendiando gli aerei sui campi di aviazione. Ancora non sappiamo chi erano i gappisti. Sono coloro che dopo l’8 settembre ruppero con l’attendismo e scesero nelle strade a dare battaglia, iniziarono una lotta dura, spietata, senza tregua contro i nazisti che ci avevano portato la guerra in casa e contro i fascisti che avevano ceduto la patria all’invasore, per conservare qualche briciola di potere". <32
È con queste parole piene di enfasi che Giovanni Pesce, il gappista che più ha contribuito a lasciarci una testimonianza dell’attività svolta da questi “commandos” metropolitani, tenta lui stesso di dare una definizione dei Gap. Un aiuto a comprenderne meglio la natura ci viene dato da quanto riportato dal 'Dizionario della Resistenza' <33 che spiega come essi fossero nuclei partigiani creati per la guerriglia urbana, anche nelle sue forme estreme, quali l’uccisione di esponenti della Rsi o di ufficiali tedeschi.
Un’importante questione storica, non ancora risolta, riguarda la data della loro creazione. Secchia <34 scrive che «nei Gap del Pci venivano arruolati esclusivamente comunisti» e che l’istituzione dei Gap avvenne, su iniziativa del Comando generale delle brigate Garibaldi, verso la fine del 1943. <35 Secondo lo storico Ernesto Ragionieri il Pci ne aveva invece disposto la creazione già con una circolare del maggio 1943. <36 Questo problema di datazione è indice della scarsità - o meglio della quasi totale inesistenza - di documenti e comunicati ufficiali che caratterizzino le attività di queste formazioni. Elemento questo che non deve destare stupore in quanto la natura stessa - cospirativa - dei Gap, imponeva il massimo riserbo sulle azioni, sui componenti e sugli spostamenti; nessun particolare doveva trapelare.
La struttura dei Gap è consequenziale agli scopi: rigidamente separato da tutte le altre organizzazioni della Resistenza, ogni nucleo è collegato al gradino superiore di comando esclusivamente attraverso il sistema dei “recapiti”. Non può contare su più di quattro componenti, compresi comandante e vicecomandante; tre Gap costituiscono un distaccamento guidato da comandante e commissario (responsabile soprattutto del controllo sulla vita privata e sul morale dei membri) entrambi tenuti a partecipare alle azioni più rilevanti.
Nelle grandi città italiane, tra l’autunno del ’43 e la successiva primavera, i Gap non superarono mai la cinquantina di appartenenti per zona, con riduzione anche a poche unità per lunghi periodi dopo operazioni repressive particolarmente efferate.
Molto discussa è stata la tipologia della loro azione sia durante il biennio ’43-’44, ma anche dopo, sia pure senza dissociazioni pubbliche da parte degli organi rappresentanti il fronte antifascista di quel periodo. La rappresentanza della Dc si opporrà per ragioni di principio (non a Genova); quella liberale per considerazioni politiche. La scelta operativa dei comunisti è presto condivisa anche da Gl, mentre l’approvazione socialista - spesso con riserve - a Roma si concretizzerà nell’organizzazione di un nucleo d’azione.
Alla primavera del ’44 quasi tutti i combattenti che hanno costituito i Gap sono caduti, uno dopo l’altro. Ad esempio per quanto riguarda Torino possiamo ricordare: Dario Cagno, Ateo Garemi, Giuseppe Bravin, Dante Di Nanni. Nonostante la gravità delle perdite subite, dovute a tradimenti o a confessioni estorte sotto tortura, nelle piccole e grandi città del Centro-nord i Gap mantengono ed estendono la loro iniziativa.
Il loro sviluppo - con le Sap dall’estate ’44 - avviene in interazione con la crescita della mobilitazione sociale, mentre l’autunno-inverno 1944-’45 segna il periodo della massima difficoltà per l’azione gappista. Un esempio può essere dato dalla città di Milano. Qui dall’autunno ’43 i Gap sono protagonisti della Resistenza nascente. Forse per l’eccesso di sicurezza derivante dall’esito del ciclo di operazioni intenso e cruento dei primi mesi, un anello dell’organizzazione si rompe. La polizia segreta della Rsi penetra fino al vertice. Il comandante Egisto Rubini, garibaldino di Spagna e organizzatore dei Ftp francesi, arrestato e sottoposto a interrogatorio, riesce a impiccarsi in cella; Vittorio Bardini, commissario politico del comando, e Cesare Bruno Roda, capo di stato maggiore, anch’essi combattenti della Repubblica spagnola, sono catturati e deportati a Mauthausen. Altri gappisti vengono arrestati o uccisi.
A fine maggio il comando generale garibaldino chiama da Torino a Milano Giovanni Pesce perché ricostruisca la III brigata Gap. Egli riesce a riorganizzare il gruppo e tra fine giugno e settembre la guerriglia urbana riprende con ritmo incalzante (distruzione di locomotori e attrezzature fisse alla stazione e deposito di Milano-Greco e di due aerei al campo militare di Cinisello, imboscate ad automezzi sulle arterie che collegano Milano a Torino e Varese, attacchi ai militari tedeschi o di Salò).
[NOTE]
32 G. Pesce, Senza tregua, Milano, Feltrinelli 1967, pp. 7-8.
33 Voce GAP, in Dizionario della Resistenza, cit., pp. 209-212.
34 Pietro Secchia (Occhieppo Superiore, 19 dicembre 1903 - Roma, 7 luglio 1973) è stato un politico e antifascista italiano, importante dirigente del Partito Comunista. Liberato dai partigiani nel 1943, partecipò alla Resistenza in qualità di commissario generale delle Brigate Garibaldi, comuniste. Come Longo e altri partigiani comunisti, sosteneva una politica rivoluzionaria che preparasse la prospettiva di un’insurrezione armata, ma aderì nell’immediato dopoguerra alla cosiddetta 'svolta di Salerno' di Palmiro Togliatti, che spingeva il PCI alla collaborazione con gli altri partiti di massa e con le istituzioni. Togliatti nominò Secchia vicesegretario del PCI, carica che mantenne dal 1948 al 1955. Nel 1946 fu deputato all’Assemblea Costituente mentre nel 1948 fu eletto senatore nelle file dei Fronte Democratico Popolare; rimase senatore fino alla morte.
35 Voce GAP, in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, Milano-Roma, Edizioni La Pietra 1971, vol. II, pp. 475-79. Essa era diretta dallo stesso Secchia.
36 Cfr. E. Ragionieri, La terza Internazionale e il Partito comunista italiano. Saggi e discussioni, Torino, Einaudi 1997, pp. 328-329.

Valentine Braconcini, La memorialistica della Resistenza attraverso gli scritti di Giovanni Pesce, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Anno Accademico 2007-2008