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sabato 26 novembre 2022

Tra le tante stragi compiute, una assume un valore emblematico


L'"azione antibanditi", come viene definita dalle autorità di Salò, provoca da marzo a novembre 1944, 42.679 perdite (morti, feriti e catturati in combattimento, arrestati e fermati per sospetto di favoreggiamento e per renitenza e diserzione). Le regioni dove più intensa è l'attività repressiva sono: Piemonte (840 operazioni e circa 11.400 perdite inflitte), Lombardia (840 operazioni e 5.500 perdite inflitte), Venezia Euganea (400 operazioni e 8.000 perdite inflitte), Emilia (300 operazioni e 6.500 perdite inflitte), Liguria (300 operazioni e 6.500 perdite inflitte), Venezia Giulia (214 operazioni e 3.500 perdite inflitte). Considerando gli indici di efficacia delle singole azioni di rastrellamento regionali si ottiene la seguente classificazione: Emilia 28, Venezia Euganea 21, Venezia Giulia 16, Liguria 15, Piemonte 14, Lombardia 6. Nel periodo della “reazione a fondo" (luglio-settembre 1944) si raggiungono la più alta intensità e i valori massimi <779.
Lo scontro tra le forze nazifasciste e quelle partigiane assume, in modo evidente e su vasta scala, non solo il carattere della “guerra civile" quanto, piuttosto, quello della “guerra ai civili". Le attività di rastrellamento e di rappresaglia condotte dai nazisti e dai fascisti colpiscono in modo indiscriminato e criminale soprattutto le popolazioni. Non si tratta, però, di una reazione istintiva dettata dalle sconfitte militari subite e dall'avanzata  anglo-americana.
Le innumerevoli stragi compiute sono state già teorizzate dall'alleato tedesco e attuate soprattutto sul fronte orientale. In alcuni casi, insieme ai militari italiani. Dopo l'8 settembre sono state commesse anche in Italia. Dal sud al nord. Ma è soprattutto in questo periodo, in un arco di tempo relativamente breve e in un territorio relativamente ristretto, che viene esercitata una violenza disumana che segnerà drammaticamente l'esistenza di intere comunità e produrrà una spaccatura nella storia italiana che condizionerà le future vicende della guerra e del difficile dopoguerra. Lo scenario in cui si svolge l'azione è territorio italiano e italiani sono le vittime così come, in molti casi, gli stessi carnefici. E' uno scenario di sangue. Di anime straziate e di carni bruciate. Di supplizio, di tormento, di terrore. Di un qualcosa che arriva prima di esalare l'ultimo respiro. Prima di consumare con dignità l'ultimo scampolo di vita rimasto o subito dopo essersi appena affacciati sul mondo. E' qualcosa che, chi sta dall'altra parte, non riesce a immaginare <780. Può solo idealizzare. In queste terre, però, anche a cercarla, non c'è traccia della “bella morte".
[...] Le stragi compiute tra settembre 1943 e maggio 1945 sono più di 400 e provocano la morte di circa 15.000 persone <786. Sono in tanti a morire e spesso senza alcuna relazione diretta con l'attività dei partigiani. I civili sono ritenuti loro complici, anche se si tratta di vecchi e bambini. La rappresaglia nazifascista non ha limiti, neppure di tipo morale. Si manifesta sotto forme diverse, anche apparentemente contrastanti. Da una parte c'è una esibizione della violenza con fucilazioni in piazza sotto gli occhi di tutti e con l'esposizione dei corpi impiccati; dall'altra, invece, c'è un occultamento di corpi che rappresenta, in quel momento, l'eliminazione e dell'altro e dovrà servire, in seguito, a negare quanto è accaduto.
Basta citare alcuni episodi, anche solo fino al mesi di settembre 1944: "19 settembre 1943, Boves (Cuneo). 21 civili uccisi e il paese dato alle fiamme <787; 4 ottobre, Fornelli (Isernia). Tutta la frazione Castello è rasa al suolo e vengono impiccati nella pubblica piazza 6 civili, tra cui il podestà; 7 ottobre, Bellona (Caserta). 54 ostaggi prelevati dalle loro abitazioni (tra cui alcuni ragazzi e 5 religiosi) sono condotti in una vicina cava di tufo e abbattuti a raffica di mitraglia; 13 ottobre, Caiazzo (Caserta), 22 civili vengono assassinati perché sospettati di essere partigiani. In realtà, sono degli sfollati, di cui 6 donne e 9 bambini con meno di 13 anni; 20-30 ottobre, Roccaraso (L'Aquila), vengono fucilati 128 civili, tra cui 50 donne e 31 bambini minori di quattordici anni; 31 dicembre 1943, Boves (Cuneo), nuova rappresaglia. Muoiono altri 36 civili e oltre 400 immobili sono dati alle fiamme; 21 gennaio 1944, Sant'Agata (Chieti). 35 civili, tra cui donne e bambini, rinchiusi in una casa poi colpita e incendiata a colpi di granate; 11 marzo, Acquasanta (Ascoli Piceno), 10 civili uccisi (tra cui due bambine arse vive nell'incendio della loro casa); 4 giugno, provincia di Arezzo: 173 civili mitragliati e fucilati (88 a Castelnuovo dei Sabbioni; 85 a Meleto); 10 giugno, Badicroce (Arezzo), 13 civili (di cui due giovani donne violentate e una donna anziana) uccisi per rappresaglia per la morte di un soldato tedesco; 11 giugno, Onna (L'Aquila). Per il ferimento di un soldato tedesco 16 civili vengono rinchiusi in una casa, mitragliati e sepolti sotto l'edificio fatto esplodere con le mine; 23 giugno, Bettola (Reggio Emilia). Per ritorsione contro un attentato partigiano 36 civili (tra cui quattro bambini) vengono uccisi, in parte a colpi di mitragliatrice e poi bruciati, altri a bastonate e a colpi di pistola; 29 giugno, Bucine
(Arezzo). 65 uomini, chiusi in una cantina, vengono fatti uscire uno alla volta e freddati con un colpo di pistola, poi cosparsi con benzina e bruciati; 30 giugno, nella zona di Civitella della Chiana (Arezzo) vengono uccise 203 persone; 14 luglio, San Paolo (Arezzo). 50 civili (tra cui una donna incinta e un'altra con un bambino in fasce) fucilati dai tedeschi; 12 agosto, Sant'Anna di Stazzema (Lucca), muoiono 560 persone di cui 61 bambini con meno di 10 anni e 241 donne; 23 agosto, Fucecchio (Pisa). 202 civili uccisi a raffiche di mitragliatrice o con bome a mano; 24 agosto, Valle del Lucido (Alpi Apuane). 54 automezzi scaricano soldati che iniziano a incendiare tutte le case che incontrano sulla loro strada e a rastrellare gli abitanti. Muoiono 174 civili di cui 26 bambini (uno di appena due giorni); 16 settembre, Massa Carrara. Le SS prelevano i detenuti del carcere di Malaspina. Saranno 146 i cadaveri riesumati; 28 settembre, Marzabotto (Bologna). I dati ufficiali parlano di 1830 vittime civili, di cui 1562 identificate" <788.
Tra le tante stragi compiute, una assume un valore emblematico, non solo per estensione e crudeltà, ma anche per le vicende che hanno caratterizzato il lungo dopoguerra, fatto di rimozioni e ricordi, occultamenti e disvelamenti.
All'alba del 12 agosto 1944, alcuni reparti di SS circondano il paese di Sant'Anna di Stazzema [frazione del Comune di Stazzema in provincia di Lucca]. Gli abitanti, alcune centinaia, aumentati di numero negli ultimi tempi a causa degli sfollamenti, pensano a uno dei tanti rastrellamenti effettuati nella zona. Alcuni riescono a fuggire, altri vengono presi con la forza dalle loro case e radunati in piazza. In poco tempo, lo stupore si confonde con il terrore. I tedeschi aprono il fuoco, con i fucili mitragliatori, con le
pistole, con le bombe a mano, con i lanciafiamme <789. Adesso sono i corpi che si confondono con i mobili accatastati, con il bestiame, con le case incendiate. Il fuoco divora ogni cosa, come un mostro insaziabile, come l'orco delle fiabe. In questa storia ci sono anche i bambini, ma questa non è una fiaba. Sette di loro vengono spinti nel forno preparato per il pane. Bruciano anche loro <790. Alle undici la strage è compiuta. Le vittime sono alcune centinaia <791. I soldati tedeschi possono ora scendere a valle, accompagnati dai canti di guerra e dalla musica degli organetti, pronti a proseguire la lotta contro i “banditi".
A Sant'Anna, invece, c'è un silenzio spettrale, ogni tanto interrotto dai lamenti dei feriti e dei sopravvissuti. Ciò che si presenta agli occhi dei testimoni rimarrà nella memoria e nel tempo: "Corpi dilaniati, quasi completamente distrutti all'interno delle case. L'odore… una sensazione, forse quella più sgradevole, che io avvertii, che ancora ho conservato, è proprio l'odore… il classico odore della carne bruciata, dei corpi distrutti dal fuoco. Poi si trovarono anche i corpi dilaniati, sparsi un po' per tutto il territorio, già ricoperti, ormai, da sciami di mosche, di insetti. Appena noi si cercava di alzare, di vedere, a chi appartenessero questi corpi, questo sciame si allontanava: una scena orrenda. Si trovò anche qualcuno vivo. Circa una trentina di persone erano vive ancora. Alcuni di loro erano feriti, altri addirittura incolumi. Avevano una caratteristica in comune: non parlavano. Erano muti. Impietriti dal dolore, dallo shock, forse, che avevano subito" <792.
Due giorni dopo, don Giuseppe Vangelisti, il parroco di una frazione vicina, si reca a Sant'Anna per seppellire le vittime: “Dopo pochi passi io ed i miei uomini cominciammo a sentire odore di putrefazione di corpi umani e trovammo otto cadaveri sparpagliati. Un uomo giovane abbracciava i corpi dell'amata moglie e della figlia. Aiutai il giovane padre in lacrime a raccogliere i corpi, oltre alla moglie e alla figlia, i tedeschi avevano ucciso suo padre, sua madre e le sue due sorelle. Era rimasto solo al mondo. […] Entrai in chiesa, dalla parte in cui si trovava l'acqua benedetta, panche, sedie ed altri oggetti di valore erano bruciati o distrutti. L'organo e i quadri dei Santi erano stati usati come bersagli. Il tabernacolo e l'immagine di Sant'Anna erano ancora in buone condizioni. C'erano voluti molti anni di offerte ai poveri lavoratori per costruire questa chiesa e i tedeschi l'avevano distrutta in pochi minuti […] Non credo che nella storia dell'umanità sia stata compiuta un'azione atroce come quella che i tedeschi fecero in così poco tempo" <793.
La responsabilità della strage è in primo luogo dei tedeschi ma c'è anche una responsabilità dei fascisti. Non solo politica e storica, ma anche personale, individuale. Diversi testimoni, infatti, ricordano di aver sentito parlare in italiano e, in alcuni casi, in dialetto versiliese da "quelli mascherati" che avevano "una retina che gli copriva il viso". La partecipazione dei fascisti, con compiti e ruoli diversi (guide in un territorio a volte impervio e sconosciuto, delatori, esecutori), alle azioni repressive condotte dai tedeschi <794, rientra nel contesto delle scelte politiche e militari. Non si tratta, però, solo, delle scelte di militi delle Brigate Nere o della Decima Mas ma anche delle scelte di civili che uccidono altri civili, a volte appartenenti alla stessa comunità <795.
Le responsabilità della strage sono state oggetto di indagine <796, ma anche di polemiche <797, fin dall'inizio. Eppure, ci sono voluti sessant'anni, e la scoperta dell'"armadio della vergogna" <798, per arrivare a una verità giudiziaria <799 che, sulla base di una accurata ricostruzione, costituisce, a distanza di tempo, e in nome del principio di imprescrittibilità del reato di strage, un particolare valore storico e morale.
[NOTE]
779 ACS, Segreteria part. del Duce, Carteggio ris., b. 70, fasc. 642/R, “Ministero della Difesa nazionale", sottof. 17, “Varie", riportato in Renzo De Felice, Mussolini l'alleato, II. La guerra civile (1943-1945), cit.
780 "Morire non è niente: non esiste. Nessuno riesce ad immaginare la propria morte. E' uccidere il punto! Varcare quel confine!... Quello si è un atto concreto della tua volontà. Perché lì vivi, in quella di un altro, la tua. E' lì che dimostri di possedere qualcosa che senti valere più della vita: della tua e di quella degli altri", Carlo Mazzantini, A cercar la bella morte. Romanzo, cit., p. 136.
786 La seconda guerra mondiale ci ha abituati ai grandi numeri, soprattutto ai numeri della morte: più di 50 milioni di morti; più di 6 milioni di ebrei sterminati. Forse è impossibile una raffigurazione, al di là dei dati statistici, delle tabelle, dei grafici. Forse è cambiato il concetto stesso di morte, la stessa elaborazione del lutto. O forse non bisogna dimenticare, al di là di ogni discorso retorico, che ai numeri corrispondono le persone. I film, a volte, ci ricordano quanto non riusciamo più a ricordare o a rappresentare. Ci ricordano, insieme ai testi originali, che "chiunque salva una vita salva il mondo intero", Schindler's List, cit.
787 "[…] A un ordine del maggiore Peiper don Giuseppe Bernardi e Antonio Vassallo vengono fatti salire su una camionetta. "Fategli ammirare lo spettacolo a questi signori" dice Peiper. Il sadismo non è casuale, nella lezione nazista del terrore. La camionetta percorre lentamente il paese in fiamme, perché il signor prevosto possa vedere che ne è dei suoi parrocchiani […] Alla fine del giro, il parroco e l'industriale vengono cosparsi di benzina, colpiti da raffiche, dati alle fiamme mentre agonizzano", Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, cit., p.56.
788 Gianni Oliva, L'ombra nera. Le stragi nazifasciste che non ricordiamo più, Mondadori, Milano 2008, Cronologia, pp. 194-207.
789 "Gli ordini dei comandi che assimilano quasi automaticamente i civili ai ribelli, la garanzia di impunità di fronte ad ogni eccesso, la sopravvalutazione della minaccia partigiana, la tensione di una guerra che volge verso la sconfitta descrivono il quadro psicologico all'interno del quale si consuma una tragedia che non ha nessuna giustificazione sul piano operativo militare. […] Fanatismo nazista, paura, ansia di vendetta, impreparazione militare costituiscono una miscela esplosiva che si abbatte sugli abitanti di Sant'Anna", Ivi, pp. 133 e 134.
790 Per le testimonianze di alcuni bambini sopravvissuti vedi: Oliviero Toscani, Sant'Anna di Stazzema 12 agosto 1944. I bambini ricordano, Feltrinelli, Milano 2003.
791 E' impossibile determinare con esattezza il numero delle vittime, molte delle quali sono state bruciate o non sono state individuate. Diverse, inoltre, sono le fonti (sopravvissuti, testimoni, inchieste militari, ricostruzioni storiche) e diverse sono le stime. Si va da 363 a 650 persone uccise. Il numero ufficiale è 560. I morti identificati sono 434, tra cui 130 bambini.
792 Testimonianza riportata in Oliviero Toscani, Sant'Anna di Stazzema 12 agosto 1944. I bambini ricordano, cit.
793 Per questa testimonianza vedi: Comune di Stazzema, L'eccidio di S. Anna nella testimonianza di mons. Giuseppe Vangelisti, s.l., Tip. Massarosa 1986.
794 Questo avviene, ad esempio, già prima della terribile estate del 1944: il 18 marzo 1944 a Palagno, in provincia di Modena (129 vittime); il 3 aprile a Cumiana in provincia di Torino (51 civili uccisi); il 13 aprile a Stia in provincia di Arezzo (108 civili uccisi) e a Calvi in provincia di Terni dove un delatore italiano, spacciatosi per un ufficiale inglese, fa fucilare dai tedeschi 14 civili; il 19 aprile a Pomino in provincia di Firenze (11 civili uccisi da SS italiane); il 10 maggio a Forno in provincia di Torino (villaggi incendiati e bombardati; 23 civili fucilati). Vedi Gianni Oliva, L'ombra nera, cit., pp.197-200.
795 "Italiani comunque hanno partecipato a esecuzioni del genere in altre parti d'Italia. La mente recalcitra. Italiani che non si limitarono alla infamia opera di spie, di carcerieri, di aguzzini nelle celle di tortura e nei campi di concentramento, ma che vollero anche macchiarsi del delitto più atroce: la strage degli innocenti. "Vollero" è l'espressione giusta, perché non potevano esservi comandati, e comunque avrebbero potuto facilmente sottrarvisi. "Vollero", alcuni per vera deformità morale, ma i più per criminale vanità, per servile bisogno d'imitazione. Volevano non sentirsi minori dei loro Padroni; dimostrare d'essere capaci di ciò in cui loro eccellevano; dimostrarlo a se stessi e a quanti non lo credevano. Volevano partecipare anch'essi al "gioco" senza preoccuparsi se nella posta vi erano vite umane e la loro stessa anima. Ma non si trattava di vite e di anime per loro, come per i tedeschi, incapaci di commozione e gelati dall'indifferenza. Ma per gli italiani che parteciparono all'eccidio di Sant' Anna come si può parlare d'indifferenza? Non erano gente venuta da fuori; la regione non era per essi un luogo qualunque di passaggio, privo di memorie e di affetti. L'indifferenza lamentata per gli altri non possiamo ammetterla nei loro riguardi, se non a patto di riconoscervi un cinismo ancor più terribile", Manlio Cancogni, La Nazione del Popolo, 29 giugno 1945, riportato in Alfredo Graziani, L'eccidio di S. Anna, Scuola Tipografica Beato Giordano, Pisa 1945. Vedi anche, per questa e per altre notizie, il portale di Sant'Anna di Stazzema www.santannadistazzema.org (Per questa citazione vedi la sezione La Memoria - L'eccidio - Il ruolo dei collaborazionisti).
796 Le prime indagini sono condotte, nel settembre del 1944, da una Commissione d'inchiesta americana. Nel dicembre 1946 le autorità militari americane inviano il governo italiano la documentazione relativa alla strage di Sant'Anna di Stazzema. La Procura generale militare di Roma decide di aprire due fascicoli (il n. 1976 e il n. 2163). Questi fascicoli, però, insieme a tanti altri, scompaiono e per molti anni non si saprà più niente.
797 I Partigiani saranno accusati, per questo e per altri episodi, di aver provocato, con le loro azioni, la reazione tedesca. D'altra parte, era già accaduto in occasione dell'attentato di Via Rasella e dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Su questi aspetti vedi, tra gli altri, Giovanni Contini, La memoria divisa, Rizzoli, Milano 1997; Paolo Pezzino, Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca, Il Mulino, Bologna 2007. Vedi anche, per conoscere il punto di vista di uno dei protagonisti (fascista) di quegli anni e delle future vicende italiane, Giorgio Pisanò, Sangue chiama sangue. Storie della guerra civile, Lo Scarabeo Editrice, Bologna 2005 (1ª edizione: Sangue chiama sangue. Le terrificanti verità che nessuno ha avuto il coraggio di dire sulla guerra civile in Italia, Pidola, Milano 1962); Id., Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, edizioni Val Padana, Milano 1974. 3 voll. (ed edizioni successive). Vedi, infine, per una ricostruzione che ha suscitato diverse polemiche: Paolo Paoletti, Sant'Anna di Stazzema 1944. La strage impunita, Mursia, Milano 1998. Più in generale, sulla memoria divisa degli italiani, vedi: John Foot, Fratture d'Italia. Da Caporetto al G8 di Genova la memoria divisa del Paese, Rizzoli, Milano 2009.
798 Nel giugno 1994 avviene il rinvenimento, a Roma, presso l'Archivio di Palazzo Cesi, sede degli Uffici della Magistratura militare, di un armadio contenente un numero di fascicoli, indicato inizialmente in 695, per i quali il Procuratore generale Militare, Enrico Santacroce, aveva disposto, il 14 gennaio 1960, una "archiviazione provvisoria”. Si tratta di materiale di estremo interesse poiché riguarda i crimini di guerra nazifascisti compiuti in territorio italiano nel periodo 1943-1945. Il 7 maggio 1996, la magistratura militare dispone un'inchiesta che si conclude con la Relazione del 23 marzo 1999 (Un'ulteriore indagine si concluderà nel 2005). Il 18 gennaio 2001, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, delibera una indagine conoscitiva "sulle archiviazioni di 695 fascicoli, contenenti denunzie di crimini nazi-fascisti commessi nel corso della seconda guerra mondiale, e riguardanti circa 15.000 vittime". Infine, il Parlamento, recependo l'auspicio formulato dalla Commissione Giustizia della Camera nel documento conclusivo del 6 marzo 2001, con la Legge 15 maggio 2003 n. 107 istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti (Gazzetta Ufficiale n.113 del 17 maggio 2003). Nella seduta dell'8 febbraio 2006, la Commissione approva la Relazione finale (Relatore on. Enzo Raisi) trasmessa, insieme a una Relazione di minoranza (Relatore on. Carlo Carli) alle Presidenze delle Camere. Oltre alle Relazioni citate, sull'"armadio della vergogna" vedi: Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste, cit.; Franco Giustolisi, L'Armadio della vergogna, Nutrimenti, Roma 2004; Maurizio Cosentino, La vergogna dell'armadio. Ricerche, verità e metafore sui crimini di guerra e sulla magistratura militare 1945-2006, Casa Editrice Nuova Cultura, Roma 2009. Più in generale, Daniele Bianchessi, Il paese della vergogna, Chiarelettere, Milano 2007; Aldo Giannuli, L'armadio della Repubblica, a cura di Vincenzo Vasile, Nuova Iniziativa Editoriale, Roma 2005. "[…] un viaggio all'interno dello Stato. Tema che interessa - che può interessare, che deve interessare - una cerchia molto più ampia di quella degli addetti ai lavori. In quelle carte si parla dei misteri d'Italia, delle trame, dell'eversione e delle stragi. Ma anche degli errori, delle dimenticanze, delle sciatterie e dei depistaggi che hanno trasformato queste vicende in misteri, a volte impenetrabili. Si tratta, perciò, di una specie di involontaria autobiografia della Repubblica. Ma molte di queste carte sono sparite. Altre stanno scomparendo, perché abbandonate, disperse, occultate". (Dalla IV di copertina).
799 Tribunale Militare della Spezia, Sentenza n. 45 del 22 giugno 2005.
Antonio Gioia, Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2010-2011